Nel giorno del compleanno della guida suprema Khamenei
Attacco dimostrativo di Israele all’Iran
Teheran minimizza. La Cina preme per una de-escalation. La Russia non condanna nessuno dei due
Venerdì 19 aprile è scattato tra le 4 e le 5 del mattino l’atteso raid di risposta di Israele alla rappresaglia di autodifesa lanciata dall’Iran il 13 aprile contro siti militari del regime di Tel Aviv, in risposta all'attacco terroristico del regime israeliano del 1° aprile contro la sede diplomatica della Repubblica islamica nella capitale siriana Damasco. Un attacco, quello israeliano che seppur sferrato nel giorno del compleanno della guida suprema iraniana, l’ayatollah Khamenei, si è rivelato dimostrativo, “mirato e limitato” nelle stesse dichiarazioni dei sionisti, con droni sulla città iraniana di Isfahan. Il distretto di Isfahan, a 1.500 chilometri in linea d’aria da Gerusalemme, è sede di strategici siti nucleari, di una grande base aerea, fabbriche e depositi militari. Si trova nel centro dell’Iran, a oltre 500 chilometri dal confine con l’Iraq. In altre parole, gli ordigni israeliani (non è ancora stato chiarito se piccoli droni o missili lanciati dai caccia) hanno viaggiato per mezzo migliaio di chilometri sopra il suolo iraniano venendo intercettati solo quand’erano sull’obiettivo. Fonti di Washington hanno confermato di essere stati avvertite dell’operazione poco prima, respingendo ogni ipotesi di un coinvolgimento USA, da cui non è arrivato “nessun avallo”.
Da subito dopo l’attacco è iniziata la corsa a minimizzare. Da Israele Ben Gvir, il ministro della Sicurezza nazionale, ha addirittura parlato di una operazione “moscia”, mentre l’entourage del nuovo Hitler Netanyahu ha rassicurato gli alleati imperialisti che chiedevano, come poi avvenuto, tuttalpiù un’operazione mirata che scongiurasse l’escalation. Ha minimizzato anche Teheran. L’Iran nel rilevare che erano stati lanciati solo alcuni piccoli droni e che non avevano causato alcun danno, tramite il ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian ha affermato, nei commenti fatti agli inviati dei paesi musulmani a New York e citati dai media iraniani: "I media sostenitori del regime sionista, in uno sforzo disperato, hanno cercato di trarre vittoria dalla loro sconfitta, mentre i mini-droni abbattuti non hanno causato alcun danno o vittima". In un incontro con il suo omologo brasiliano, Amir-Abdollahian ha ribadito che “Il fattore principale per la stabilità e la sicurezza nella regione è fermare i crimini del regime sionista a Gaza e in Cisgiordania e stabilire un cessate il fuoco duraturo”.
Lo stesso giorno i ministri degli Esteri del G7 riuniti a Capri hanno invitato Iran e Israele a “lavorare per prevenire un’ulteriore escalation”. Come si legge nel comunicato conclusivo della riunione “il G7 continuerà a lavorare a tal fine” e rivolge un appello “a tutte le parti, sia nella regione che oltre, a offrire il loro contributo positivo a questo sforzo collettivo”. I ministri degli Esteri di Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti d’America, insieme all’Alto Rappresentante dell’Unione Europea, hanno tuttavia puntato il dito contro l’Iran e i suoi gruppi alleati che devono “cessare i loro attacchi” e condannato “con la massima fermezza l’attacco diretto e senza precedenti dell’Iran contro Israele”.
Anche la Cina preme per una de-escalation. “La Cina ha preso atto delle notizie dalla stampa. Si oppone a qualsiasi azione che possa portare a un’escalation delle tensioni.” Così Lin Jian, portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, commentando l’attacco israeliano contro l’Iran.
D’accordo anche la Russia, che tramite la portavoce del Ministero degli Esteri Maria Zakharova, ha ribadito che “siamo uniti con Pechino nella nostra posizione secondo cui è necessaria la massima moderazione nell’attuale situazione esplosiva. Esortiamo tutte le parti coinvolte a comportarsi in modo estremamente responsabile e ad astenersi da azioni che potrebbero far andare la situazione fuori controllo e portare a conseguenze irreparabili, fino a includere una guerra su larga scala”.
È quanto sostiene anche Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, secondo cui “È stato applicato il principio del contrappasso. Israele, a Gaza, non ha avuto alcun riguardo per quanto concerne la proporzionalità della risposta. Adesso, invece, ha dovuto subirla. Pur essendo stato oggetto di un massiccio attacco, realizzato per far danni, ha dovuto contenere la reazione. La scelta dell’Iran, a differenza di come vogliono far passare molti, non è stata uno scherzo o una messa in scena”.
Per Hamas tramite Sami Abu Zuhri “l’aggressione di Israele all’Iran è un’escalation contro la regione”. Mentre Houssein Hajj Hassan, alto dirigente di Hezbollah in un’intervista apparsa sul “Corriere della Sera” del 21 aprile ha dichiarato che “Hezbollah non riconoscerà mai Israele, neppure se lo dovessero fare i palestinesi in terra di Palestina”. “Per ciò che riguarda l’attacco contro l’Iran, sono i suoi leader che decideranno come reagire. Per ciò che concerne invece il Libano posso ribadire che noi risponderemo puntuali a ogni loro raid con le armi e le strategie decise dalla nostra Resistenza. Non va dimenticato che all’origine di tutti i problemi del Medio Oriente e della sua instabilità cronica c’è la creazione nel 1948 di un’entità terrorista, razzista e aggressiva quale è Israele con il pieno sostegno di voi occidentali… Perché nessun governo occidentale ha condannato il raid israeliano sul consolato iraniano a Damasco il primo aprile? Se una pietra viene tirata contro un’ambasciata europea a Beirut, subito tutti puntano il dito contro l’Iran. Ma il vostro silenzio è scandaloso, due pesi e due misure”.
24 aprile 2024