Nel suo discorso alla parata per il 79° della vittoria sul nazifascismo
Putin strumentalizza la vittoria dell'URSS di Stalin in base al suo disegno di restaurare l'impero zarista
In quello di inaugurazione del suo quinto mandato di nuovo zar aveva reclamato le “terre storiche”
In continuità col suo disegno nazizarista il rieletto presidente della Federazione russa, nuovo zar del Cremlino e criminale di guerra Putin, il 9 maggio ha presenziato alla parata di Mosca in occasione del 79° anniversario della vittoria sul nazifascismo. Ancora una volta l'ha strumentalizzata per inventare una sorta di continuità e analogia storica tra quell'avvenimento e la presente invasione militare russa dell'Ucraina e dunque per sostenere la necessità di continuare la guerra di aggressione con la sua criminale scia di stragi di civili e città ridotte in macerie dai bombardamenti.
Non riuscendo in alcun altro modo a difendere e giustificare l'attuale guerra di aggressione all'Ucraina davanti al proprio popolo Putin si appropria della vittoria della Grande guerra patriottica eroicamente vinta dall'URSS di Stalin per compiere una mostruosa opera di falsificazione e strumentalizzazione storica tra l'URSS socialista di allora e la Russia imperialista di oggi. Dopo aver demonizzato Lenin, Stalin e l'esperienza sovietica nei suoi famigerati discorsi a partire da quello fatidico e ingannevole del 21 febbraio 2022, ora cerca di rifarsi il trucco all'ombra di quei giganti del proletariato internazionale che erano tutt'uno col loro popolo perché ne difendevano fino in fondo gli interessi e lo guidavano nell'impresa di costruire il primo grande paese socialista al mondo. Il nuovo zar del Cremlino in realtà ha operato questo finto ritorno al passato, ma solo per abbindolare il popolo russo ancora legato al glorioso ricordo dell'URSS di Lenin e di Stalin pieno di fiducia nell'avvenire e nella grandiosa, esaltante ed eroica opera di trasformazione socialista avviata contro il nazionalismo grande russo, l’oscurantismo religioso, il richiamo nostalgico al passato zarista al fine di scacciare i fantasmi di un presente dominato dalla decadenza capitalistica, dalla disgregazione sociale e dall'immiserimento della stragrande maggioranza della popolazione a fronte di una piccolissima minoranza di ricchi oligarchi sfruttatori. Nel primo caso si parla di "patria'' sovietica, ma come roccaforte dell'amicizia tra i popoli, di lotta per il trionfo del comunismo, degli insegnamenti di Lenin e di Stalin, di lavoro e di eroismo, di fedeltà alla bandiera rossa, nel secondo trionfano i simboli nazionalisti, gli odiati e imperialisti riesumati dal nuovo zarismo putiniano: "l'aquila russa'', il "tricolore”, la "Z”, la "patria'' benedetta da Dio, e altre simili icone reazionarie, scioviniste e imperialiste.
“Noi oggi – ha affermato Putin al riguardo - assistiamo al tentativo di travisare la verità della Seconda guerra mondiale. Coloro che cercano di costruire una politica sulla menzogna cancellano la memoria dell'eroismo e il valore dei nostri liberatori, di quel grande sacrificio che hanno dovuto fare per noi. Assistiamo al revanscismo e la presa in giro della storia. C'è un tentativo di giustificare il nazismo di oggi da parte della politica occidentale per scatenare nuovi conflitti regionali e anche mettere zizzania. Noi chiaramente respingiamo qualsiasi tipo di contrasto alla nostra dipendenza". “Nazismo di oggi”, ma da parte di chi? Chi strategicamente e quotidianamente ha invaso e continua a invadere un altro paese radendolo al suolo, compiendo massacri di civili, chi ha calpestato il diritto internazionale occupando con la forza territori di un altro paese?
In Occidente, ha detto ancora Putin, “vorrebbero dimenticare le lezioni della Seconda guerra mondiale, ma la Russia ricorda bene che il destino dell’umanità si è deciso nelle epiche battaglie presso Mosca e Leningrado, Stalingrado, Kursk, Kharkiv, Minsk, Smolensk e Kiev, sui campi di battaglia insanguinati da Murmansk al Caucaso, alla Crimea. Per questo la Russia non ha mai sminuito l’importanza dell’apertura di un secondo fronte, e il contributo degli alleati. Noi onoriamo il coraggio di tutti i combattenti della coalizione anti-hitleriana, i partigiani. Il coraggio del popolo cinese impegnato a difendere la propria indipendenza contro l’aggressione del Giappone. Non dimenticheremo mai la nostra lotta comune”. Un palese tentativo strumentale di sollecitare il sentimento patriottico delle masse popolari russe per indirizzarlo a sostegno di una aggressione imperialista. Così come il riferimento del nuovo zar a una guerra mondiale che tra l'altro si avvicina proprio con la ingiustificabile guerra scatenata dal Cremlino: "Noi festeggiamo oggi la vittoria in condizioni di operazione militare speciale. Chiunque ora stia combattendo, lungo la linea di contatto al fronte, è un eroe: ci inchiniamo di fronte alla vostra resistenza, alla vostra abnegazione, al vostro spirito di sacrificio. Tutta la Russia è con voi. Siamo uniti dalle nostre generazioni di eroi della patria. Oggi noi ci inchiniamo di fronte a questa memoria eterna di chiunque ha perso la vita nella grande Guerra patriottica. Ci inchiniamo di fronte ai veterani, alla memoria di civili che sono morti sotto i colpi dei nazisti di fronte ai nostri compagni che sono caduti nella lotta contro il neonazismo per la Russia”. Pertanto "La Russia farà tutto quello che può per non permettere un conflitto globale, ma al contempo non permetteremo a nessuno di minacciarci - ha proseguito Putin -. Le nostre forze strategiche sono sempre pronte per intervenire in Occidente”.
A ben vedere la chiave del discorso di Putin si trova tra le pieghe di quello di due giorni prima per l’inizio del suo quinto mandato presidenziale. Allorché il 7 maggio si è rivolto “ai cittadini della Russia di tutte le regioni del nostro Paese, agli abitanti delle nostre terre storiche ai quali è negato il diritto di essere uniti alla Patria”. Le “terre storiche”, ossia tutti gli Stati dell’ex Unione sovietica, ma anche i territori dell’impero russo fino al 1918, che verso ovest includevano Finlandia e Polonia. Gli Stati che si trovano oggi in quelle terre, dall’Ucraina alla Georgia, dai Baltici alla Moldova, sono illegittimi, “fascisti”, che usurpano ai popoli il diritto di essere russi. A questi popoli il nuovo zar del Cremlino dice: il vostro presidente sono io, questione di tempo e vengo a riprendervi, non importa se lo volete o no.
“Oggi dobbiamo rispondere alla nostra storia millenaria e ai nostri predecessori – aveva aggiunto Putin -. Hanno raggiunto traguardi apparentemente insormontabili perché hanno sempre messo il Paese al primo posto. Sapevano che obiettivi veramente impegnativi possono essere raggiunti solo insieme al Paese e alla sua gente, e hanno creato una grande potenza, la nostra Patria, lasciando un’eredità di conquiste gloriose da cui continuiamo a trarre ispirazione oggi. La volontà consolidata di milioni di persone è una forza colossale, prova della nostra ferma convinzione comune che determineremo il destino della Russia da soli e solo per il bene delle generazioni attuali e future. Guardiamo avanti con fiducia, pianificando il nostro futuro, pianificando e già implementando nuovi progetti e programmi per rendere il nostro sviluppo ancora più dinamico, ancora più potente”, ringraziando in particolare “per il loro sostegno tutti i russi che lottano per la Patria”. “Voglio inchinarmi ai nostri eroi – ha concluso Putin – partecipanti a un'operazione militare speciale, a tutti coloro che combattono per la Patria. Grazie ancora per la vostra fiducia e sostegno”.
15 maggio 2024