Il Sudafrica alla corte dell'Aja ribadisce le accuse di genocidio ai nazisionisti e chiede il cessate il fuoco permanente
Il procuratore della Corte penale internazionale chiede il mandato di arresto per Netanyahu ma anche per i vertici di Hamas. La Spagna annuncia il riconoscimento della Palestina e vieta l'attracco alle navi che portano armi ai sionisti
Stando alle cronache della campagna propagandistica dei mezzi di informazione dell'imperialismo a favore dei nazisionisti da metà maggio emergerebbero posizioni diverse all'interno del regime che governa l'entità sionista su come gestire l'occupazione delle terre palestinesi nel breve periodo, dando per scontato che non spetta ai diretti interessati, ossia al popolo palestinese, decidere neanche su chi lo rappresenti. Da Tel Aviv a Washington alle capitali europee il rappresentante dei palestinesi sarebbe l'oramai decaduto presidente Abu Mazen che ormai impiega buona parte del suo tempo a attaccare Hamas, la principale organizzazione della resistenza palestinese, e a organizzare la repressione della resistenza all'occupazione in Cisgiordania. La cronaca di quanto succede nella striscia di Gaza, dagli attacchi in tutta la regione palestinese occupata e non solo nel sud, su Rafah, dove si intensificano comunque di pari passo con le finte pressioni imperialiste che solo a parole le condannano, mette in evidenza che il genocidio palestinese compiuto dai nazisionisti continua pressoché indisturbato. Lo denunciano le notizie diffuse dalla rete al Jazeera, che continua il lavoro di informazione nonostante gli impianti sigillati dalla censura sionista avvenuto nel completo silenzio dei complici imperialisti. Continua a denunciarlo il Sudafrica, che ha ottenuto una nuova sessione aperta alla corte internazionale di giustizia dell'Aja, per scuoterla dal torpore che la colpisce quando si tratta di condannare i regimi imperialisti dell'Ovest e gli alleati sionisti, dove ha chiesto anche un cessate il fuoco permanente così come la Lega araba, che nella dichiarazione del summit annuale tenuto a Manama, in Bahrein, ha proposto anche l'invio dei caschi blu dell'Onu a Gaza. Importante anche l'annuncio della Spagna che il 22 maggio riconoscerà lo Stato di Palestina dopo che ha vietato l'attracco nei porti spagnoli alle navi che portano armi ai sionisti. Infine è scattata l'accusa del procuratore della Corte penale internazionale, il tribunale per crimini internazionali con sede sempre all’Aia fondato nel 2002, l'inglese Karim Khan che ha chiesto ai tre magistrati della Camera preliminare l'emissione del mandato di arresto per crimini di guerra e contro l'umanità per Netanyahu e Gallant. Con la stessa accusa nella sua relazione prima ancora del vertice sionista aveva chiesto il mandato di arresto anche per i vertici di Hamas per i fatti dal 7 ottobre 2023, con una operazione che mette provocatoriamente sullo stesso piano la vittima palestinese e il carnefice nazisionista, non l'opposto come pretenderebbero da Tel Aviv a Washington a Bruxelles. Non per nulla la Corte penale aveva già in corso ufficialmente l’avvio delle indagini sui crimini del regime sionista ben prima del 7 ottobre scorso; l'indagine era stata annunciata il 3 marzo 2021 dall'allora procuratrice Bensouda ma era di fatto congelata dal succesore Khan che l'ha riaperta, allargata però anche a Hamas. Così come nel caso del procedimento aperto dalla Corte di giustizia dell'Onu sull'accusa di genocidio ai nazisionisti, che comunque vada intanto ha respinto la posizione imperialista centrata sul preteso diritto alla difesa accampato dall'entità sionista quando è palese che l'aggressore sta a Tel Aviv e non nei campi profughi e nelle città palestinesi, anche il giudizio del Tribunale per i crimini di guerra non modificherà automaticamente le condizioni della guerra di genocidio dei nazisionisti a Gaza. Così come non ha inciso la condanna del marzo dello scorso anno a Putin per la deportazione in Russia di bambini ucraini, catturati nelle zone occupate dalle sue truppe; il nuovo zar del Cremlino ha respinto l’accusa e proseguito nell'aggressione all'Ucraina, unica conseguenza non si reca in visita nei paesi imperialisti concorrenti dove non è comunque benvenuto e potrebbe in teoria essere arrestato. Resta difficile pensare che il boia Netanyahu corra lo stesso pericolo in caso di condanna nelle complici capitali imperialiste dell'Ovest ma deve intanto far fronte a una condanna di carattere politico che ne scalfisce l'immagine di "eroe sionista" e lo smaschera quale criminale di guerra.
Vedremo se la richiesta del procuratore della Corte penale allargherà la frattura all'interno della coalizione di governo nazisionista per far fuori l'unico colpevole designato, l'oramai indifendibile Netanyahu, e salvare comunque il progetto sionista o la ricompatterà. Il 17 maggio al centro della cronaca filo sionista ci stavano le dichiarazioni del ministro del Gabinetto di guerra Beny Gantz che chiedeva un piano d'azione sulla guerra entro l'8 giugno, un piano su come "riportare a casa gli ostaggi, abbattere Hamas e smilitarizzare Gaza e definre una direzione Usa-Ue-araba-palestinese che getti le basi di un alternativa futura a Gaza che non sia né Hamas né Abu Mazen". Altrimenti la sua formazione sarebbe uscita dal governo per ritornare all'opposizione dove era fino al 7 ottobre. Le condizioni di Gantz sono "eufemismi dal significato chiaro: la fine della guerra, la sconfitta di Israele e l'abbandono della maggior parte degli ostaggi, Hamas intatto e la fondazione di uno Stato palestinese" rispondeva il boia Netanyahu nel tentativo di liquidare anzitempo la minaccia di ultimatum e intanto riceveva l'appoggio dei partiti fascisti della sua coalizione, a partire da Potere Ebraico del ministro Itamar Ben-Gvir che gli chiedeva di sciogliere il gabinetto di guerra e cacciare sia Gantz che il ministro della Difesa Yoav Gallant, che pure dirige sul campo il genocidio palestinese ma "colpevole" di aver detto il 15 maggio di essere contrario al controllo militare diretto o all'assunzione di responsabilità nel governo di Gaza. La soluzione di Ben-Gvir è una sola: "l'unico modo è occupare Gaza e avviare un'operazione per incoraggiare la migrazione volontaria", una pulizia etnica volontaria.
D'altra parte negli stessi giorni si registravano almeno 15 morti e 30 feriti palestinesi nel campo profughi di Jabalya, nel nord della Striscia di Gaza, per un bombardamento degli aerei sionisti di uno dei rifugi che ospitano gli sfollati che vorrebbero tornare nelle loro case nell'area. Altre 35 erano le vittime palestinesi, dei quali sette bambini e nove donne, del raid aereo sul campo profughi di Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza, che aveva come bersaglio una serie di abitazioni civili. Tutta la Striscia è quindi ancora sotto attacco degli occupanti, e non solo la parte di Rafah, dopo il criminale ennesimo blocco totale degli aiuti umanitari in corso da settimane; la distruzione sistematica delle abitazioni civli e l'uccisione degli abitanti che continuano senza interruzione sono una delle ulteriori dimostrazioni dei crimini dei nazisionisti.
Quei crimini denunciati di nuovo dal Sudafrica alla Corte internazionale di giustizia (ICJ) dell'Onu nella nuova udienza del 17 maggio, richiesta affinché siano prese quelle ulteriori misure d’emergenza "minacciate" da mesi, ma mai decise dai giudici dell'Aja, se non fosse cessato l’assalto sionista a Gaza e a Rafah in particolare. La delegazione sudafricana denunciava che l'attacco a Rafah viola la clausola della Convenzione sul genocidio che proibisce di “infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita tali da provocarne la distruzione fisica, totale o parziale”.
"Il Sudafrica sperava, l'ultima volta che siamo comparsi davanti a questa corte, di fermare questo processo di genocidio per preservare la Palestina e il suo popolo", sosteneva l'avvocato Vusimuzi Madonsela, "invece, il genocidio di Israele è continuato a ritmo sostenuto e ha appena raggiunto uno stadio nuovo e orribile". “Il punto chiave di oggi è che l’obiettivo dichiarato da Israele di cancellare Gaza dalla carta geografica sta per essere realizzato”, dichiarava l'avvocato Vaughan Lowe, "inoltre, le prove di terribili crimini e atrocità vengono letteralmente cancellate e coloro che hanno commesso questi crimini si fanno beffe della giustizia”. L’avvocato Max du Plessis sosteneva che non esistono le "zone sicure" annunciate dai sionisti, tanto che talvolta i profughi che tentavano di raggiungerle erano colpiti dagli occupanti, e affermava che “il genocidio dei palestinesi da parte di Israele continua attraverso gli attacchi militari e la fame provocata dal blocco degli aiuti”. “Invece di rispettare le decisioni di questa corte di gennaio, febbraio e marzo, Israele ha sfidato questo Tribunale intrappolando, assediando e bombardando una Rafah sovraffollata, aggravando la sicurezza e l’incolumità di 1,5 milioni di palestinesi altamente vulnerabili”, denunciava, "i giudici di questa corte hanno riconosciuto che la ragione alla base delle ordinanze di gennaio e marzo era che il diritto stesso all’esistenza della popolazione palestinese a Gaza è attualmente a rischio di pregiudizio irreparabile e che l’unico modo efficace per preservare il diritto all’esistenza del gruppo protetto è attraverso la funzione di prevenzione” concludeva chiedendo una nuova azione alla Corte, che è rimasta a guardare la disapplicazine della precedente sentenza di gennaio che comunque "ordinava a Israele di fare tutto il possibile per prevenire atti di genocidio e consentire l’invio di aiuti umanitari a Gaza", a partire da un immediato “cessate il fuoco permanente a Gaza”.
Il 18 maggio il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, confermava che la Spagna riconoscerà ufficialmente lo Stato palestinese con un atto del Consiglio dei ministri del 22 maggio. Un atto conseguente anche alla decisione del governo di rifiutare l'ingresso nei porti del Paese alle navi che trasportano armi destinate a Israele e messo in pratica immediatamente con la Marianne Danica, una nave battente bandiera danese carica di esplosivi proveniente dall'India e diretta in Israele che aveva chiesto il permesso di approdo. Rimanendo in Spagna registriamo anche la decisione dell'Università spagnola di Granada di sospendere ogni collaborazione scientifica, tecnica e di scambio di personale e di studenti con gli atenei e le istituzioni universitarie israeliane dopo aver fermamente condannato la violazione dei diritti umani da parte di Tel Aviv.
Da qualche mese il segretario di Stato americano Antony Blinken è il protagonista assoluto del teatrino montato dall'imperialismo americano sulle trattative che pilota tra il Cairo e Doha, dove l'Egitto e il Qatar farebbero da interfaccia tra i negoziatori dei servizi segreti sionisti e le delegazioni di Hamas, negoziati falliti per esplicito rifiuto di Tel Aviv ad accettare la proposta sottoscritta ad inizio maggio dall'organizzazione palestinese. Una conclusione che evidenziava come il falso mediatore Usa lavorasse essenzialmente a supporto dell'alleato sionista e a coprire il genocidio palestinese. Fallito il primo tentativo, l'imperialismo americano sposta l'attenzione sul progetto più a lunga scadenza di un accordo con il regime reazionario dell'Arabia saudita, quello protagonista di un "nuovo rinascimento" certificato da Renzi tanto per intenderci, che di recente aveva aperto le porte al concorrente socialimperialismo cinese e alla Nuova via della seta. Se Trump era riuscito a definire gli accordi di Abramo solo con Emirati Arabi Uniti e Bahrein, Biden punta al bersaglio grosso e all'intesa certamente più determinante con Riad e ha inviato in missione in Medioriente il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan che il 18 maggio ha incontrato il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Siamo a un passo dall'intesa, rivelava la Cbs, basata su tre punti che riguardano le garanzie di sicurezza militare offerte dagli Usa all’Arabia Saudita dai pericoli che potrebbero venire dall’Iran, la normalizzazione publica dei rapporti con Tel Aviv e la ripresa del processo per creare lo Stato palestinese nella oramai più che screditata e irrealizzabile formula imperialista dei due Stati. Che tra l'altro il governo sionista di Netanyahu boccia senza repliche. Le diverse opinioni all'interno della coalizione nazisionista al governo a Tel Aviv riguardano un futuro ancora tutto da definire ma hanno come punti in comune la prosecuzione del genocidio palestinese e la completa negazione dei diritti del popolo palestinese. E intanto il bilancio del genocidio sale al 20 maggio a 35.562 morti, 106 in più del giorno precedente, e 79.652 feriti, in gran parte donne e bambini.
22 maggio 2024