Sulla richiesta di arresto del procuratore della Corte penale dell'Aja
Netanyahu sì, leader di Hamas no
Hamas: “Non si può paragonare la vittima al carnefice”
"Concordiamo all’unanimità sull’esistenza di ragionevoli motivi per credere che i sospetti abbiano commesso crimini di guerra e contro l’umanità", scrivevano sul Financial Times
i sei giuristi inglesi che hanno assistito il procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI), l'inglese Karim Khan, che il 20 maggio annunciava la richiesta dei mandati di arresto per i vertici di Hamas, il capo politico Ismail Haniyeh, il suo leader a Gaza Yahya Sinwar e il capo dell’ala militare Mohammed Deif, e per il premier e il ministro della Difesa sionisti, Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant. Una richiesta che nei paesi imperialisti occidentali con gli occhi tappati dalla campagna propagandistica a senso unico a favore dei nazisionisti, che qualunque crimine compiano li giustifica in nome di un presunto "diritto all'autodifesa" che suona ridicolo anche solo pensando alla sproporzione dei mezzi militari palestinesi rispetto all'arsenale bellico dell'entità sionista e dei suoi alleati, ha fatto gridare molti governi allo scandalo perché l'accusa metterebbe sullo stesso piano aggressore e vittima. Dando per scontato che le vittime siano i criminali nazisionisti, vittime anche della procedura della CPI che per la prima volta nella sua storia ha richiesto mandati d’arresto e mosso i capi di imputazione per capi di governo e dirigenti di paesi che si definiscono "democratici".
Se stiamo alla cronaca e ai numeri del genocidio in corso a Gaza, non certo una invenzione della propaganda palestinese tanto che da gennaio indaga in merito la Corte internazionale dell'Aja, quella che si occupa delle questioni relative alle violazioni e contestazioni tra Stati sovrani su mandato dell'Onu a differenza della CPI che affronta casi singoli sulla base dell'intesa tra i 124 paesi aderenti, appare chiaro che la vittima è il popolo palestinese e i carnefici aggressore sono i nazisionisti.
Tale equiparazione era rigettata da Hamas. "Il movimento Hamas condanna fermamente i tentativi del pubblico ministero della Corte penale internazionale di equiparare la vittima al carnefice emettendo mandati di arresto contro un certo numero di leader della resistenza palestinese", si contestava in un comunicato della principale organizzazione della resistenza palestinese, era un incoraggiamento a Israele a continuare la sua “guerra di sterminio” a Gaza. "Il pubblico ministero sta agendo in violazione di tutte le norme che consentono alle persone sotto occupazione, compresi i palestinesi, di resistere all'occupante", si evidenziava nella dichiarazione di Hamas che si rifaceva al diritto dei popoli dei paesi occupati alla resistenza e al diritto a combattere l'occupazione. Chiedeva quindi l'annullamento della richiesta per i dirigenti palestinesi e l'emissione di mandati di arresto “per tutti i funzionari israeliani che hanno dato ordini e i soldati che hanno commesso crimini, in conformità con lo Statuto di Roma”, l'atto fondativo della CPI.
Il procuratore Khan dichiarava che le prove raccolte ed esaminate dal suo ufficio indicavano “fondati motivi” per ritenere i tre leader di Hamas responsabili di “sterminio, omicidio, stupro e altri atti di violenza sessuale”, che a dire il vero sono in gran parte risultate false da indagini della stampa indipendente e di organizzazioni umanitarie; responsabili di “crimini di guerra e contro l’umanità, nell’ambito di un attacco “diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Israele”. Una accusa palesemente strumentale per tirare in ballo i dirigenti della resistenza palestinese che forse non a caso erano i primi a essere indicati indicati nel provvedimento di arresto e con una serie di accuse superiori a quelle rivolte ai sionisti. Nella seconda parte del documento Khan elencava le accuse di crimini di guerra e contro l’umanità rivolte ai vertici sionisti tra cui “lo sterminio e la persecuzione di civili”, “la fame come metodo di guerra” e quella di aver “intenzionalmente e sistematicamente privato la popolazione civile di Gaza di beni indispensabili alla sopravvivenza umana”. Come la cronaca del genocidio di Gaza conferma senza bisogno di ulteriori prove a carico dell'esercito occupante e spicca casomai il fatto che nella lista degli accusati manchi il capo di stato maggiore delle Forze sioniste, Herzi Halevi il responsabile militare dei quasi 40 mila palestinesi uccisi a Gaza e delle altre devastazioni nella Striscia, oltre che dell'uccisione di operatori umanitari e personale Onu.
I nazisionisti hanno respinto le accuse bollate come di consueto come antisemite e hanno senza problemi raccolto la solidarietà dell'imperialismo americano: quella della Corte è "una richiesta vergognosa (nella parte verso Israele, ndr). Saremo sempre al fianco di Israele contro le minacce alla sua sicurezza. Rigettiamo la posizione della Corte penale internazionale. Quello che sta accadendo a Gaza non è genocidio", sosteneva il presidente Joe Biden liquidando anzitempo anche l'indagine della Corte internazionale sul genocidio.
I carnefici nazisionisti hanno tra l'altro una lunga lista di crimini impuniti commessi contro il popolo palestinese. Le organizzazioni palestinesi si erano rivolte alla CPI una prima volta nel 2009 dopo l’attacco militare Piombo fuso su Gaza; la Corte non prese nessuna decisione perché l’allora procuratore capo, l’argentino Luis Moreno Campo, sostenne che la Palestina non era uno Stato e non poteva ricorrere al tribunale dell'Aja. L’Assemblea generale dell’Onu nel 2012 ha riconosciuto la Palestina come Stato osservatore che nel 2015 poté quindi presentare richiesta alla Corte contro la nuova aggressione sionista a Gaza denominata Margine Protettivo. Solo a fine 2019 la procuratrice gambiana Fatou Bensouda dichiarò conclusa l’indagine preliminare che restò ferma altri due anni in attesa dell'apertura delle indagini nel marzo 2021. Pochi mesi dopo il nuovo procuratore Karim Khan affidò l'inchiesta all’avvocato conservatore britannico Andrew Cayley che già si era dichiarato contrario ad un’azione della Corte sulla Palestina. Nel curriculum di Cayley la vergognosa azione, da procuratore capo militare in Gran Bretagna, della chiusura senza esito di tutte le indagini sui crimini di guerra commessi dalle truppe britanniche in Iraq. La richiesta palestinese era quindi finita su un binario morto e il procuratore Khan si è attaccato agli episodi del 7 ottobre per aprire un procedimento che unisce vittime e carnefici tra l'altro come se la questione iniziasse quel giorno, come pretende la porpaganda dei nazisionisti, e non fosse di lunga data con evidenti vittime palestinesi.
29 maggio 2024