Importante corteo a Roma contro il governo Meloni e per la Palestina. Ma su una piattaforma errata
Il servizio d'ordine allontana i collettivi studenteschi della Sapienza manganellati dalla polizia
Sabato primo giugno si è tenuta a Roma una importante manifestazione antigovernativa, contro il governo Meloni. Un fatto estremamente positivo che potrebbe costituire un passo verso la costruzione di un vasto fronte unito per cacciare quanto prima da Palazzo Chigi gli erdedi di Mussolini, saliti al potere attraverso la propria marcia su Roma elettorale.
Le forze che l'hanno promossa attorno alla parola d'ordine “Basta guerra, basta fascismo, basta sfruttamento. Giù le armi, su i salari”, accusano il governo di “attaccare” la Costituzione borghese del'48, di promuovere l’autonomia differenziata e il premierato, di partecipare alla guerra investendo fondi ingenti per l'acquisto di armi a discapito delle fasce più deboli della popolazione, e di mettere il bavaglio al dissenso a suon di manganello.
Al centro della piattaforma dell’iniziativa, e come largo denominatore di fondo, era posta anche la questione palestinese, arricchita da altre rivendicazioni, come il salario minimo, la necessità di introdurre il reato di omicidio sul lavoro e tanti altri temi all'ordine del giorno, che poi vedremo più approfonditamente.
Diecimila in corteo
Il corteo, promosso da alcuni partiti della cosiddetta “sinistra radicale” come PAP, PCI e PRC assieme a qualche decina di movimenti politici e sindacali della sinistra “di classe” e pacifista e ad altre associazioni antifasciste e popolari, è partito intorno alle 15 da piazza Vittorio, aperto dallo striscione con lo slogan della manifestazione "Basta sfruttamento, fascismo e guerre". Appena dietro, su di un secondo striscione si leggeva "Stop genocidio, accordi con Israele. Fine dell'occupazione. Palestina libera" a firma del Movimento degli studenti palestinesi. All’interno del corteo era presente lo spezzone studentesco organizzato dal collettivo OSA e da Cambiare Rotta che avevano aderito formalmente alla manifestazione. Diecimila i manifestanti presenti, di tutti i generi ed età, che hanno animato il tragitto con slogan contro l’occupazione sionista e contro il Governo e con numerose bandiere della Palestina ed altrettante rosse al vento.
Scontri fra studenti e polizia
Mentre il serpentone era nei pressi dell’arrivo a Porta Pia, alcune centinaia di studenti e di studentesse de La Sapienza provenienti dalle cosiddette “acampade” universitarie, hanno tentato di unirsi al corteo. I giovani sono stati inspiegabilmente bloccati dal servizio d’ordine degli organizzatori che invece di spalancar loro le braccia, ha preferito relegarli in fondo allo stesso.
Una volta in coda, l’hanno vivacizzato con il lancio di tantissimi slogan, ma anche di palloncini pieni di vernice rossa contro la Sede di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare ed ancora bersagliando la sede del Ministero delle Infrastrutture con bucce di melone. All’altezza di via Vicenza lo spezzone del collettivo ha cercato di sfondare il cordone delle forze dell’ordine borghese per raggiungere la Stazione Termini, ma ha dovuto desistere di fronte al lancio cospicuo di lacrimogeni ed alle manganellate mussoliniane della polizia, tentando comunque di resistere rispondendo ai colpi con petardi e fumogeni.
Obiettivo giusto, piattaforma errata
Questa manifestazione ha avuto un obiettivo giusto, e noi lo appoggiamo convintamente, lealmente e attivamente, ma una piattaforma errata in moltissimi aspetti e punti programmatici voluti dagli organizzatori che noi riteniamo parziali, fuorvianti o addirittura dannosi al fronte unito contro il governo Meloni che mette giustamente nel mirino.
In tale piattaforma, ci riconosciamo pienamente ed appoggiamo con forza la richiesta di stop immediato al genocidio dei palestinesi, l'appoggio incondizionato al popolo palestinese e alla sua resistenza fino al riconoscimento dello Stato di Palestina.
Siamo d’accordo anche sulla necessità di farla finita la repressione poliziesca scatenata dal governo, con il rilancio dello stato sociale, della sanità pubblica gratuita e universale e della questione ambientale con l'uscita dal fossile, così come ci ritroviamo pienamente nella denuncia di imbavagliamento della stampa, dell'attacco alle libertà democratiche e alle modifiche reazionarie che peggiorano la Costituzione borghese demolendola ulteriormente da destra e cancellando anche i residui diritti democratico-borghesi. Naturalmente anche la necessità di introdurre leggi più dure contro la strage continua di lavoratori e di lavoratrici sul lavoro, ci trova pienamente concordi.
No alla copertura della UE e dell’imperialismo italiano
Appoggiamo con forza anche noi la necessità dell'uscita immediata dell'Italia dalla Nato e della Nato dall'Italia, ma a differenza degli organizzatori che ritengono l’Italia “pienamente a rimorchio di USA e Nato”, noi denunciamo anche l'ambizioso, interventista e guerrafondaio imperialismo italiano da combattere mentre in piattaforma non c’è traccia.
Non possiamo poi limitarci semplicemente a “contestare la politica del riarmo promossa dai vertici dell’Unione Europea” come viene proposto, perché così facendo si contesta l’UE solo per le sue politiche (come se, con una guida diversa, potesse farne altre nell'interesse dei lavoratori e delle masse popolari), mentre non se ne mette in discussione la sua natura di alleanza imperialista, proprio come la Nato stessa. Questo specifico elemento, che non è una questione marginale ma la madre di tutte le questioni nell'analisi dell'UE, fa maturare la nostra scelta astensionista di principio alle elezioni per il parlamento europeo. Ma di questo parleremo più avanti.
Parziale è anche la rivendicazione che limita l'appoggio ed il sostegno ai popoli oppressi dall'imperialismo USA e Nato, che ovviamente condividiamo, ma che non può che essere esteso anche a tutti quelli sotto il giogo dell'altro imperialismo, quello dell'Est, salvo che non si veda in quest'ultimo quell'aurea di “liberazione” dalla Nato che in realtà non ha. Infatti, a meno che non si ritenga l'orda nazizarista di Putin un esercito con tale fine, questa “dimenticanza” è a nostro avviso inaccettabile, proprio perché si trasforma in uno sfacciato sostegno all'imperialismo dell'Est, giustificandone la natura difensiva e negandone l'aggressività e pericolosità. Quasi che Xi e Putin siano meno imperialisti e aggressivi di Biden e Ue. La nostra critica trova conferma in un altro passaggio contenuto in tutti i rilanci fatti dai principali promotori, e che riguarda la richiesta di stop all'invio di armi all'Ucraina e l'immediato cessate il fuoco, affinché si apra immediatamente un negoziato.
Uno sfacciato sostegno all’imperialismo dell’Est
Naturalmente noi siamo pienamente d'accordo allo stop dell'invio delle armi ad Israele e a tutti gli altri Paesi aggressori che hanno governi al soldo della Nato, ed avremmo potuto anche accettare, nel nome del fronte unito e del suo allargamento, un generico “rifiuto all'invio di armi”. Ma la lotta all'imperialismo non può essere a senso unico, non può contrapporsi solo a quello dell'Ovest e giustificare quello dell'Est. Perché ciò facendo si diventa oggettivamente dei filoputiniani.
Come si fa negare il sostegno alla guerra di difesa e giusta, che sta conducendo eroicamente l'Ucraina contro l'aggressore nazizarista russo? È innegabile infatti che se Kiev, che da Paese aggredito ha tutto il diritto di recuperare armi a chiunque gliele fornisca per respingere l'aggressore, non ricevesse più un fucile, la sua strenua resistenza cesserebbe e Putin farebbe man bassa di quei territori, che ha già raso al suolo. Inoltre, chiedere in questo contesto un cessate il fuoco e un negoziato, favorirebbe solamente il nuovo zar del Cremlino che non rientrerebbe entro i confini russi mentre riceverebbe una sorta di legittimazione della conquista dei territori occupati militarmente in Crimea e in Donbass.
Parlare di “rifiuto e lotta contro il sistema di guerra” è infatti puro opportunismo, che oggi serve soprattutto a corrompere i pacifisti di sinistra. E invece ci sono guerre giuste, di resistenza e di liberazione, com'è quella dell'Ucraina contro Mosca, e guerre ingiuste, come sono invece quella di Israele e di Putin, guerre di aggressione, guerre imperialiste. Eppure questa distinzione nella piattaforma non compare mai, e così si finisce per aumentare la confusione ideologica e disarmare le masse da una coscienza autenticamente e conseguentemente antimperialista. Quello sulla guerra, quantunque si configuri come il più evidente, non è certo l'unico motivo di dissenso.
Governo semplicemente “reazionario” e non “neofascista”
Noi appoggiamo le critiche che la piattaforma rivolge al governo Meloni e che lo identificano effettivamente per quello che è, e cioè un governo neofascista e borghese. Eppure nessuno dei promotori, né la piattaforma unitaria lo definisce tale.
Anche il fatto che oggi tali forze non vadano oltre il termine di governo “reazionario”, è la riprova che è giusto quanto indicato dal compagno segretario Giovanni Scuderi nel messaggio di ringraziamento alla delegazione nazionale del Partito alla manifestazione del 25 Aprile a Milano, e cioè che “la sinistra borghese, in tutte le sue ramificazioni, non può dire che l'attuale governo è la riedizione del governo di Mussolini perché allora sarebbe costretta a mobilitare le masse per abbatterlo con la violenza antifascista della piazza”.
E questo è un vero peccato che non si voglia bollare come neofascista il governo Meloni, perché si perde un'occasione d'oro per dirla tutta e fino in fondo, e per stimolare ancora di più la mobilitazione delle masse popolari antifasciste che in realtà hanno capito qual è la vera natura di questo governo in misura certamente maggiore dei partiti che si ostinano a raccontare loro solo la metà della verità.
Parlamentarismo e esaltazione della Costituzione borghese
I contenuti della piattaforma e le soluzioni che essa propone sembrano riecheggiare la linea della “sinistra” borghese, Landini in testa, che vede nella Costituzione borghese la stella polare e la leva in grado di cambiare l'Italia.
D’altra parte tutti i partiti promotori continuano a spargere illusioni governative di ogni tipo, a partire da quella che vedrebbe nel parlamentarismo un'alternativa reale sia al governo, sia al sistema che esso rappresenta. E tutto ciò nonostante i loro stessi numeri elettorali, tornata dopo tornata, si assottiglino sempre di più conducendoli da tempo nell’extraparlamentarismo, loro malgrado.
Chiaramente non c’è da dimenticare che questa iniziativa arriva nel pieno della campagna elettorale per le elezioni amministrative ed europee, in virtù delle quali ciascuno tira acqua al suo mulino; chi direttamente avendo presentato proprie liste, e chi, come PAP, che seppur non avendo liste per Bruxelles, boicotta l'astensionismo strategico contro la Ue con pretesti opportunistici, come quello di votare Ilaria Salis per strapparla alle carceri
ungheresi.
Il marcio parlamentarismo e costituzionalismo borghesi finiscono per non rendere credibile né questa piattaforma né i promotori di questa manifestazione, mentre i tanti antifascisti scesi in piazza sventolando la bandiera rossa meriterebbero ben altra guida e ben altri obiettivi.
Unirsi sui temi comuni per costruire un forte e compatto fronte anti-Meloni
In ogni caso, e ferme restando le critiche precedentemente espresse sulle quali invitiamo le forze promotrici e più in generale le masse popolari antifasciste a riflettere, la nostra speranza è che questa manifestazione segni davvero l'inizio della costruzione di un fronte unitario di lotta contro il governo neofascista Meloni e le sue politiche antipopolari, antisociali e antidemocratiche.
Il nostro auspicio è anche quello di vedere questa mobilitazione proseguire e sopravvivere al voto di giugno. La lotta per abbattere dalla piazza e da sinistra il governo neofascista Meloni è infatti ben altra cosa, molto più importante di una tornata elettorale per accaparrarsi poltrone nelle istituzioni borghesi; la cacciata dei neofascisti italiani da palazzo Chigi rappresenta un obiettivo assolutamente prioritario che non passerà certamente dalla via istituzionale, ma da quanto le forze antifasciste ed anticapitaliste sapranno essere unite su questo punto, da quanto esse riusciranno a mobilitare le masse popolari antifasciste e democratiche colorando le piazze di rosso e costringendo anche le altre forze politiche più moderate e l'associazionismo di sinistra a fare altrettanto, Serve creare una marea quanto più rossa possibile per mandare a casa Meloni e il suo nero governo. Poi ciascuno andrà per la sua strada. Il PMLI continuerà a marciare risolutamente sulla via dell’Ottobre verso il socialismo.
5 giugno 2024