Elezioni amministrative ed europee
Cresce l'astensionismo in Valdisieve
Un elettore su tre sfiducia Bruxelles e anche i sindaci neoeletti. A Rufina nonostante la campagna di convincimento aggressiva e senza precedenti del PD e della lista civica, l'astensionismo tiene. A Pontassieve sfiduciano le istituzioni locali quasi seimila elettori
Dal corrispondente della Cellula “F. Engels” della Valdisieve
I risultati elettorali nei principali comuni della Valdisieve (Firenze) hanno confermato il distacco sempre crescente delle masse popolari nei confronti delle istituzioni borghesi europee e, per certi versi, anche locali. Il dato sull'astensione (diserzione dalle urne, schede annullate o lasciate in bianco) parla chiaro, e conferma di gran lunga l'astensionismo quale primo “partito” alle europee sul territorio.
Astensionismo primo “partito” alle europee
A Pontassieve
coloro che si sono astenuti sul rinnovo dell'europarlamento si attestano al 34,32% del corpo elettorale (CE), aumentando del 5,46% rispetto alle europee del 2019 e del 6,94% rispetto alle politiche del 2022. In pratica su 15.803 potenziali votanti, hanno votato i partiti in lizza per il parlamento europeo 10.378 elettori. A Rufina l'astensione arriva al 31,46% (1.844 in valore assoluto), e fa registrare un nuovo record. Dato in aumento del +3,71% rispetto alla tornata omologa 2019 e del +2,06% se raffrontato alle politiche 2022.
Nel paese del ponte mediceo, il PD guadagna in termini assoluti 600 voti rispetto alle politiche 2022, fermandosi però al 28,43% degli elettori, ma non riesce certo a recuperare i livelli raggiunti nel 2019 (-1.182 voti). Analogamente a Rufina
(26,30% sul CE) dove i voti in più sono 200 su un corpo elettorale di 5.861 elettori, se paragonati alle scorse politiche, ma 250 in meno rispetto al 2019. Perde qualcosa la destra, che rimane intorno al 13% sul CE.
Continua il crollo del Movimento 5 Stelle, praticamente dimezzato a Pontassieve rispetto alle europee 2019 (ora appena al 5,26% dell'elettorato), e in calo di altri 120 voti, pari al 3% circa dei voti validi, se confrontato con le scorse politiche.
A Rufina, leggera flessione della destra, che continua a travasare voti da un partito all'altro in base al momento, che si ferma al 20,26% del CE, con Fratelli d'Italia al 16%. Analoga la situazione a Pontassieve dove coloro che votano i partiti neofascisti in blocco sono al 17% degli aventi diritto; primo fra essi Fratelli d'Italia che ne ha raccolti il 12,45%.
AVS non va oltre il 5% circa sul CE né a Pontassieve né a Rufina. Irrisorie le altre liste, inclusa quella di Santoro che si ferma all'1,70% degli elettori, segno evidente che i cartelli opportunisti della “sinistra” che si definisce “radicale” ma che in realtà è tutta all'interno del sistema capitalista al servizio della borghesia, non riescono più a raggiungere i risultati sperati, anche in zone tradizionalmente a “sinistra” come queste.
Il PD conferma il sindaco a Pontassieve
Relativamente alle elezioni amministrative, Pontassieve conferma sindaco Carlo Boni (alfiere e braccio destro della uscente Monica Marini) espressione del PD (dopo il suo spostamento da SEL a SI per approdare appunto al PD in odore di candidatura) e sostenuto da due liste stampella come la solita “civica” per Marini e il blocco di centro a trazione Italia Viva.
Nonostante ciò il PD perde quasi 550 voti rispetto alle amministrative del 2019 e si ferma al 29% degli elettori. L'ampissima coalizione raccoglie il 43,38% del corpo elettorale e stacca la candidata Cappelletti sostenuta da tutta la destra che si attesta al 13,9%. Marginale, e al di sotto delle aspettative, l’alleanza elettorale M5S e PRC (inesistente sul territorio prima delle elezioni) e gli esuli di SI che raccolgono appena 1.004 voti (pari solo al 6,3% sul CE) per il suo candidato, il pentastellato Simone Gori. Questa coalizione in tutta evidenza non è stata ritenuta credibile dalle masse popolari di sinistra, e ha completamente fallito anche nel suo tentativo dichiarato di recuperare voti dagli astensionisti. L'astensionismo è infatti salito del 5% e, nonostante l'appoggio degli alleati, gli stessi 5 Stelle perdono 272 voti rispetto alle scorse amministrative alle quali correvano da soli.
A Rufina la faida nel “centro-sinistra” manda a casa il PD di Maida
A Rufina invece si è concretizzata una battaglia tutta in seno alla sinistra riformista e istituzionale, iniziata 5 anni fa con la costituzione della lista (ma in realtà creata da fuoriusciti dal PD) “Rufina che verrà”, che a questa tornata ha mandato a casa il sindaco Vito Maida dopo appena un mandato.
I rufinesi hanno assistito a una campagna elettorale senza precedenti, tutta incentrata sulla figura individualista e da “neopodestà” del sindaco PD, anziché sui programmi e sugli impegni politici che per entrambe le liste erano ridotti all'osso e allo spesso tempo generici e anche molto simili fra di loro.
Nonostante il martellamento mediatico sui social
, via whatsapp e telefonico all'ultimo voto e fino all'ultimo giorno utile, l'astensionismo ha tenuto riducendosi di appena lo 0,4%. Daniele Venturi di Rufina che verrà, lista che per la cronaca non presentava nemmeno un operaio o una operaia fra i suoi candidati, diventa sindaco con 2.185 voti pari al 37,2% degli elettori che hanno voluto punire soprattutto il sindaco uscente Maida tant'è vero che fino a una manciata di mesi prima delle elezioni erano stati fitti i contatti per giungere a una lista unica fra il PD e Rufina che verrà, a patto che il PD rivedesse il nome del candidato sindaco.
Adesso il PD rufinese con la sua ampia lista che comprendeva anche i renziani di IV che presentavano un loro candidato molto conosciuto nel territorio, perde il 5%.
I voti della destra unita sono invece passati dai 784 del 2019 agli attuali 475, con una flessione significativa di 5,1 punti percentuali, facendoli fermare ad appena l’8,1% degli elettori.
Non cambiano i compiti rivoluzionari del PMLI in Valdisieve
A parte gli interessi spiccioli di coloro che tirano le fila di questa lista piuttosto che di quella, al di là della continuità o della discontinuità formale che una parte dell’elettorato vede nei candidati e che si ripercuote nell'urna, poco o nulla cambierà per le masse popolari di Rufina, di Pontassieve e di tutti i restanti comuni della Valdisieve.
Chiunque governi lo farà sempre completamente inserito nelle dinamiche di potere borghesi e con i vari lacci e lacciuoli con i quali l'istituzione stessa della nostra Repubblica borghese tiene imbrigliate le masse popolari.
Nulla cambia nemmeno per noi che continueremo a svolgere la nostra attività politica come sempre, con uno sguardo rivolto alla stella polare del socialismo, e con una pratica locale che possa continuare nel tentativo di elevare la coscienza di classe delle masse popolari fino a renderle libere dall'elettoralismo e dall'istituzionalismo in cui sono ancora in larga parte costrette, cercando di soffiare sul fuoco delle proteste sui temi locali che possano essere di loro interesse, in maniera tale da poter risolvere con la lotta i loro bisogni primari e le loro necessità immediate.
19 giugno 2024