Vertice di Astana in Kazakistan
La SCO strumento di Xi per l'egemonia mondiale del socialimperialismo cinese
Strumentalizzando i 5 principi della coesistenza pacifica di Mao, Xi si autopropone quale guida del mondo

Il 3 e 4 luglio si è tenuto a Astana, capitale del Kazakistan, il 24° vertice del Consiglio dei capi di Stato dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO), di cui fanno parte nove Paesi che spaziano su una vasta area del pianeta, che va da Mosca a Pechino, vale circa il 40% della popolazione mondiale e oltre il 25% in termini di Pil, allargato ai capi delle delegazioni dei paesi osservatori e dei partner del dialogo della SCO nonché ai capi delle organizzazioni internazionali (ONU, Organizzazione islamica per la sicurezza alimentare, CSTO, Organizzazione per la Cooperazione e Sviluppo Economico, CICA e CSI). I membri permanenti sono il Kazakistan, che ha la presidenza di turno, l'India, la Cina, il Kirghizistan, il Pakistan, la Russia, il Tagikistan, l'Uzbekistan e l'Iran, a cui si è aggiunta per l’occasione la Bielorussia. Un’organizzazione targata imperialismo dell’Est, di fatto strumento del nuovo imperatore Xi Jinping per l’egemonia mondiale del socialimperialismo cinese, in stretto collegamento col progetto di sviluppo delle infrastrutture della Belt and Road Initiative, la Nuova Via della Seta, lanciata da Xi nel 2013. Dopo l'incontro di Astana, la Cina assumerà la presidenza di turno SCO per il periodo 2024-2025.

Le decisioni del vertice della Sco
I capi di Stato hanno firmato un pacchetto di documenti riguardanti le decisioni del Consiglio che approvano il progetto di strategia di sviluppo dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai fino al 2035, l’iniziativa della SCO sull’”unità mondiale per la pace e l’armonia giuste”, il programma di cooperazione degli Stati membri della SCO nella lotta al terrorismo, al separatismo e all’estremismo per il periodo 2025-2027, leggasi guerra aperta e totale alle forze antimperialiste islamiche le uniche ad oggi ad impugnare le armi contro l’imperialismo sia dell’Est sia dell’Ovest, la strategia antidroga della SCO per il periodo 2024-2029 e la strategia per lo sviluppo della cooperazione energetica degli Stati membri dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai fino al 2030.
Se il portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao Ning ha riferito alla vigilia del vertice che esso "aiuterà a creare più consenso tra tutte le parti e darà un contributo alla promozione della sicurezza, della stabilità e dello sviluppo dei Paesi membri" verso "la pace duratura e la prosperità comune nel mondo", è stato Xi ad esortare gli Stati membri ad aderire alla visione di “una sicurezza comune, globale, cooperativa e sostenibile”, ad affrontare “sfide di sicurezza complesse e intrecciate attraverso il dialogo e il coordinamento e a rispondere al panorama internazionale in profondo cambiamento con un approccio vantaggioso per tutti, in modo da costruire un mondo di pace duratura e di sicurezza universale”. Il presidente cinese ha sottolineato che la SCO è stata fondata all’inizio del secolo, quando i conflitti e le divisioni lasciati dalla Guerra Fredda dovevano ancora essere risolti, sta ottenendo sempre più spazio e successi, con un numero crescente di membri che copre tre continenti in tutto il mondo.
Mentre il mondo si trova ad affrontare cambiamenti sempre più rapidi, mai visti in un secolo, “la società umana si trova di nuovo a un bivio della storia”, ha affermato Xi, “la SCO si colloca dalla parte giusta della storia, dell’equità e della giustizia, ed è di grande importanza per il mondo…Abbiamo bisogno di una serie completa di misure nell’ambito dei meccanismi di cooperazione in materia di sicurezza, perché più linee di difesa ci daranno maggiore protezione. La SCO dovrebbe muoversi più rapidamente per costruire un centro universale e le sue filiali per affrontare le sfide e le minacce alla sicurezza degli Stati membri della SCO e del Centro antidroga. Dovrebbe rafforzare la condivisione dell’intelligence e condurre operazioni congiunte per salvaguardare congiuntamente la sicurezza nella nostra parte del mondo. In qualità di attuale presidente della struttura antiterrorismo regionale, la Cina farà tutto il possibile per garantire il successo dell’esercitazione antiterrorismo congiunta Interaction-2024 e di altri eventi”.
“L’Afghanistan – ha proseguito il presidente cinese - è indispensabile per la sicurezza nella regione. Dobbiamo sfruttare al meglio il meccanismo di coordinamento e cooperazione tra i vicini dell’Afghanistan e altre piattaforme per aumentare il sostegno umanitario all’Afghanistan e incoraggiare l’Afghanistan a stabilire una struttura politica ampia e inclusiva e a intraprendere un percorso di pace e ricostruzione”.
Sulla stessa linea il nuovo zar del Cremlino Putin: “È evidente che la SCO è oggi una delle organizzazioni regionali più grandi e influenti. Come ha menzionato il nostro presidente, i paesi membri ospitano quasi la metà della popolazione mondiale, producono circa un quarto del PIL globale e possiedono un notevole potenziale intellettuale e tecnologico, nonché una parte significativa delle risorse naturali mondiali. La partecipazione attiva della SCO alla cooperazione multilaterale in vari campi è particolarmente cruciale nell’attuale difficile panorama internazionale, dove si stanno verificando trasformazioni politiche ed economiche fondamentali… Il mondo sta diventando veramente multipolare, con un numero crescente di Stati pronti a far valere con decisione i propri diritti e interessi legittimi. Stanno emergendo nuovi centri di potere e l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai sta consolidando la sua posizione come uno di questi centri chiave”. “In questo contesto – ha aggiunto Putin risnocciolando la sua proposta neozarista di “pace” per l’Ucraina - apprezziamo le proposte sincere e concrete dei paesi membri della SCO per la risoluzione pacifica della crisi ucraina, risultato delle politiche sconsiderate e invadenti degli Stati Uniti e dei suoi satelliti. Come sapete, la Russia non si è mai rifiutata di negoziare ed è ora pronta a portare avanti i colloqui di pace. È l’Ucraina che si è ritirata dai colloqui, e lo ha fatto anche pubblicamente, su ordine diretto di Londra – il che significa che anche Washington era coinvolta, su questo non c’è dubbio – come hanno ammesso senza mezzi termini e apertamente i funzionari ucraini. Gli accordi di Istanbul – dobbiamo dare merito al presidente della Turchia, Erdogan , per aver accettato di far parte di quel processo in qualità di mediatore – sono ancora sul tavolo. Sono stati siglati dal capo negoziatore ucraino, il che significa che, a quanto pare, l’Ucraina li ha ritenuti accettabili. Questi accordi, gli accordi di Istanbul, restano sul tavolo e possono essere utilizzati come punto di partenza per ulteriori negoziati”.
“Crediamo fermamente – ha concluso Putin - che l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai e i BRICS siano i pilastri principali di questo nuovo ordine mondiale. Queste associazioni sono potenti motori dei processi di sviluppo globale e della creazione di un’autentica multipolarità”.
Anche gli altri leader della SCO presenti all’incontro hanno parlato positivamente del ruolo costruttivo dell’organizzazione nella “salvaguardia della pace e della sicurezza regionale” e hanno espresso la disponibilità a rafforzare ulteriormente la cooperazione in settori quali commercio, trasporti, energia, finanza, agricoltura, economia digitale e innovazione tecnologica, nonché ad approfondire gli scambi interpersonali e la cooperazione nei settori dell’istruzione, della cultura, del turismo e della gioventù, tra gli altri settori. Osservando che l’attuale panorama politico ed economico globale, così come le relazioni internazionali, stanno subendo grandi cambiamenti, i leader hanno affermato che le Nazioni Unite dovrebbero svolgere un ruolo centrale di coordinamento nel promuovere la costruzione di un sistema mondiale multipolare più “rappresentativo, democratico ed equo”, e spingendo per una globalizzazione economica reciprocamente vantaggiosa e inclusiva. Hanno chiesto di rispettare le legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi, di impegnarsi a risolvere le differenze e le controversie tra paesi con mezzi pacifici e di opporsi alle sanzioni unilaterali e alle interferenze negli affari interni di altri paesi. I leader hanno convenuto di migliorare il meccanismo della SCO per affrontare le minacce e le sfide alla sicurezza, combattere risolutamente le “tre forze”, il traffico di droga e la criminalità organizzata transnazionale, sostenere gli sforzi della comunità internazionale per la pace e lo sviluppo in Afghanistan e sostenere una soluzione globale ed equa, della questione palestinese basata sulla soluzione dei due Stati. Hanno firmato e pubblicato una serie di documenti, tra cui una dichiarazione di Astana e un’iniziativa che chiede solidarietà tra i paesi per promuovere la giustizia, l’armonia e lo sviluppo nel mondo.

I cinque principi della coesistenza pacifica di Mao strumentalizzati da Xi
Una settimana prima, il 28 giugno a Pechino, il presidente cinese Xi Jinping aveva tenuto un discorso alla conferenza che celebrava il 70° anniversario dei cinque principi della coesistenza pacifica, adottati nella Conferenza di Bandung nel 1955. “Portare avanti i cinque principi della coesistenza pacifica e costruire insieme una comunità dal futuro condiviso per l’umanità” il titolo, col quale, strumentalizzando i 5 principi della coesistenza pacifica di Mao e della Cina socialista, Xi si autopropone quale guida del mondo.
Questo rinnegato, imbroglione patentato e criminale socialimperialista conosce bene origine e natura di ciò di cui sta parlando: “Negli ultimi 70 anni, - ha affermato nella Conferenza di Pechino - i Cinque Principi di Coesistenza Pacifica hanno trasceso il tempo e lo spazio e superato l’alienazione, mostrando una solida resilienza e una rilevanza eterna. Sono diventate norme fondamentali aperte, inclusive e universalmente applicabili per le relazioni internazionali e principi fondamentali del diritto internazionale. Hanno dato un contributo storico indelebile alla causa del progresso umano.
In primo luogo, i cinque principi della coesistenza pacifica hanno fissato un punto di riferimento storico per le relazioni internazionali e lo stato di diritto internazionale. Sono pienamente conformi agli scopi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite, alla tendenza in evoluzione delle relazioni internazionali dei nostri tempi e agli interessi fondamentali di tutte le nazioni. Inoltre, sottolineano l’importanza della reciprocità e dell’uguaglianza nella gestione delle relazioni stato-stato...
In secondo luogo -ha proseguito Xi- i Cinque Principi di Coesistenza Pacifica sono serviti come guida principale per la creazione e lo sviluppo di relazioni tra paesi con sistemi sociali diversi. Seguendo i Cinque Principi, anche i paesi che differiscono tra loro per sistema sociale, ideologia, storia, cultura, fede, stadio di sviluppo e dimensioni possono costruire un rapporto di fiducia reciproca, amicizia e cooperazione. I Cinque Principi offrono un nuovo percorso verso la soluzione pacifica delle questioni storiche e delle controversie internazionali, trionfando su mentalità obsolete, ristrette, antagoniste e conflittuali come la politica dei blocchi e la sfera di influenza.
In terzo luogo, i Cinque Principi della Coesistenza Pacifica sono stati una potente forza trainante a sostegno degli sforzi dei paesi in via di sviluppo volti a perseguire la cooperazione e l’auto-rafforzamento attraverso l’unità…
In quarto luogo, i cinque principi della coesistenza pacifica hanno contribuito con saggezza storica alla riforma e al miglioramento dell’ordine internazionale. I Cinque Principi sono stati istituiti con lo scopo di proteggere gli interessi e gli interessi dei paesi piccoli e deboli dalle politiche di potenza. Si oppongono categoricamente all’imperialismo, al colonialismo e all’egemonismo e rifiutano le pratiche belligeranti e prepotenti della legge della giungla. Hanno gettato un’importante base intellettuale per un ordine internazionale più giusto ed equo”.
Niente di più vero. Il problema è che il neoimperatore cinese da una parte si guarda bene dal citarli e dall'altra li strumentalizza per ergersi a guida del mondo. In tutta la politica estera socialimperialsta cinese degli ultimi anni non c’è traccia di questi cinque principi. L’esportazione cinese di capitali ha superato l’ammontare del capitale straniero nel paese, negli ultimi anni la Cina è risultata essere il più grande esportatore di capitale in Africa, segnatamente in Algeria, Sudan, Mauritania, Ciad, Congo e Angola, dove sfrutta la manodopera e i popoli locali come i peggiori schiavisti del secolo precedente. Da stime recenti si apprende altresì che la Cina ha fatto più prestiti in America Latina della Banca mondiale, della Banca interamericana di sviluppo e della Banca degli Stati Uniti per l’import-export messe assieme. Approfittando della bancarotta dello Sri Lanka dal luglio 2022 si è praticamente comprata il paese. Svolge di fatto il ruolo di guida di tutta una serie di alleanze che puntano alla conquista dei mercati mondiali, come il Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) decollato il 1° gennaio 2022, di cui fanno parte i 10 membri dell’ASEAN, nonché proprio la Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. L’imperialismo cinese svolge un ruolo da protagonista anche nel blocco dei BRICS, l’Associazione originaria di cinque paesi tra le maggiori economie emergenti, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, che ora conta anche su Iran, Egitto, Etiopia ed Emirati Arabi Uniti.
Ma è con la cosiddetta “Nuova via della seta” che il socialimperialismo cinese intende affermarsi nel mondo, partendo dallo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e logistica; la strategia di Pechino mira a favorire i flussi di investimenti internazionali e gli sbocchi commerciali per le sue produzioni. Essa rappresenterà il più grande progetto di investimento mai compiuto prima, superando di almeno 12 volte il Piano Marshall dell’imperialismo americano all’indomani della seconda guerra mondiale. E cosa vogliono dire le basi militari cinesi a Gibuti, nella Guinea Equatoriale, in Tagikistan, nelle Isole Salomone, in Cambogia e in Afghanistan?
Incurante di tutto ciò Xi afferma: “Settant’anni dopo, oggi, sfidata dalla storica questione di ‘che tipo di mondo costruire e come costruirlo’, la Cina ha risposto alla chiamata dei tempi proponendo una comunità con un futuro condiviso per l’umanità. Oggi, questa iniziativa cinese è diventata un consenso internazionale. La bella visione è stata messa in azioni produttive. Sta portando il mondo verso un futuro luminoso di pace, sicurezza, prosperità e progresso.La visione di costruire una comunità con un futuro condiviso per l’umanità porta avanti lo stesso spirito dei cinque principi della coesistenza pacifica. Entrambi sono radicati nei valori tradizionali cinesi come 'Sii gentile con il tuo prossimo', 'Cerca l’amicizia attraverso l’integrità' e 'Promuovi l’armonia tra tutte le nazioni'. Entrambi attestano i principi diplomatici cinesi di fiducia in se stessi, giustizia, protezione degli svantaggiati e benevolenza. Entrambi dimostrano l’ampia visione del Partito Comunista Cinese di contribuire maggiormente all’umanità. Entrambi manifestano la ferma determinazione della Cina a seguire la via dello sviluppo pacifico. … Dovremmo lavorare tutti insieme per attuare la Global Development Initiative, la Global Security Initiative e la Global Civilization Initiative, promuovere la cooperazione di alta qualità sulla Belt and Road e offrire maggiori
benefici a tutti i popoli”.
Ricordiamo ai nostri lettori che la Cina di Mao iniziò ad attirare l’attenzione internazionale durante la Conferenza di Ginevra del 1954, dove si cercò di trovare un accordo di pace in Corea e nell’Indocina francese. Nell’occasione vennero applicati per la prima volta all’interno di un accordo internazionale i “Cinque principi di coesistenza pacifica”. Poco prima della nascita della RPC, durante una conferenza consultiva politica popolare guidata dal Partito Comunista c’era già stato un richiamo indiretto ai Cinque principi. Infatti, con riferimento all’articolo 54 del programma comune, nel primo documento relativo alla priorità della politica estera cinese è scritto: “I principi della politica estera della RPC sono la salvaguardia dell’indipendenza, della libertà, dell’integrità del territorio e della sovranità del Paese a sostegno di una pace internazionale duratura e di una cooperazione amichevole tra le persone di tutti i Paesi con un’opposizione alla politica imperialista di aggressione e guerra”.
Successivamente, nella bozza ufficiale, i cinque principi elaborati da Mao furono così espressi:
1. Rispetto reciproco dell’integrità territoriale e della sovranità reciproca;
2. Non aggressività reciproca;
3. Non interferenza reciproca negli affari interni dell’altro;
4. Uguaglianza e mutuo vantaggio;
5. Coesistenza pacifica.
Il 28 giugno 1954 il compagno Zhou Enlai, massimo responsabile esteri della RPC visitò l’India e i Cinque principi furono confermati in una dichiarazione congiunta col premier indiano Nehru.“Se questi principi fossero applicati - vi si leggeva - , non solo tra i vari Paesi, ma anche nelle relazioni internazionali in generale, formerebbero una solida base per la pace e la sicurezza e le paure e le apprensioni che esistono oggi lascerebbero il posto a un sentimento di fiducia […]”.
A Bandung dal 18 al 24 aprile 1955 i protagonisti della Conferenza furono l’indonesiano Sukarno, lo jugoslavo Tito, l’indiano Nehru, il cinese Zhou Enlai e l’egiziano Nasser. Politicamente il contesto della conferenza non fu omogeneo, tra i 29 partecipanti ci furono Paesi socialisti come la RPC, centristi come l’India e la Birmania, di destra come Turchia e Filippine. Nonostante ciò ci fu coesione sugli obiettivi prioritari che erano fondamentalmente due: la fine del colonialismo e la protezione della pace. Le risoluzioni della Conferenza di Bandung tracciarono una ferma condanna del colonialismo, del razzismo e delle politiche di segregazione e discriminazione razziale. La strategia era chiara: superare le divergenze politiche, ma identificando l’imperialismo come l’unico nemico.
Con questa storica conferenza dei paesi afroasiatici la Cina di Mao diventò di fatto la guida e il portabandiera del Terzo mondo, di cui difendeva strenuamente gli interessi in tutti i consessi internazionali a cui partecipava. Ovunque essa potesse parlare, anche all’Onu da quando nel‘71 le fu restituito il seggio al Consiglio di sicurezza, sosteneva risolutamente e con forza che tutti i paesi, grandi e piccoli, forti e deboli, devono godere di uguali diritti nelle relazioni internazionali e che la loro integrità territoriale e la loro sovranità sono sacre e inviolabili. Inoltre si batteva per un nuovo ordine economico internazionale basato sullo sviluppo dell’economia nazionale dei paesi del Terzo mondo e sulla lotta contro le multinazionali. Non c’era battaglia antimperialista che non vedesse la Cina di Mao schierarsi in prima fila e a fianco dei popoli del Terzo mondo. Si trattasse della riforma del sistema monetario mondiale o dell’estensione delle acque territoriali e zone di pesca a 200 miglia marine; del disarmo nucleare o della lotta contro l’inquinamento; del commercio o delle materie prime. Tagliare gli artigli dell’imperialismo, ridurne lo spazio politico ed economico fino a chiuderlo del tutto, e aiutare i popoli del Terzo mondo a liberarsi dal dominio, dal saccheggio, dalla penetrazione e dal controllo finanziario ed economico dell’imperialismo cercando di renderli indipendenti anche economicamente, e al contempo fare avanzare la rivoluzione mondiale, questa era la politica estera della Cina di Mao. Una politica estera e un ruolo internazionale della Cina socialista di Mao che sono diametralmente opposti a quelli della odierna Cina socialimperialista di Xi, interessata unicamente a contendere agli Usa e all'imperialismo dell'Ovest l'egemonia mondiale su tutti i fronti, da quello economico, a quello politico, a quello militare.
 

10 luglio 2024