In dettaglio il ddl fascista Sicurezza

Con 162 voti favorevoli, 91 contrari e 3 astenuti, dopo 10 mesi dalla proposta dei ministri dell'Interno, della Giustizia e della Difesa del governo Meloni, il disegno di legge Sicurezza è stato approvato dalla Camera lo scorso 18 settembre, ed è già passato al Senato per l'esame.
A dimostrazione della rilevanza che il governo attribuisce al provvedimento, il caporione fascioleghista Salvini ha già dichiarato che intende chiedere “un canale di urgenza assoluta” per rendere più rapida possibile la procedura di approvazione al Senato.
Il testo composto da 38 articoli, infatti, comprende un nutrito campionario di norme che sono il vero cavallo di battaglia del governo neofascista, dal reato di blocco stradale o ferroviario attuato con il proprio corpo alle norme che reprimono il dissenso nei confronti del ponte sullo Stretto di Messina e la Tav, dall'ulteriore criminalizzazione delle occupazioni abusive di immobili anche per chi versa in stato di assoluta necessità alle norme che introducono il reato di resistenza passiva in carcere o nei centri per migranti, dai cospicui fondi stanziati per gli appartenenti ai corpi di polizia che delinquono al fine di consentire loro di pagare le spese processuali fino all'equiparazione della cannabis leggera alle droghe pesanti.
Seguirà una disamina delle norme maggiormente rilevanti che, qualora dovessero essere introdotte nell'ordinamento giuridico, contribuirebbero a rendere sempre di più l'Italia uno Stato fascista.

Norme antiterrorismo
L'articolo 1 del disegno di legge, introducendo l'articolo 270-quinquies.3 nel codice penale, vuole creare dal nulla il reato di 'detenzione di materiale con finalità di terrorismo' disponendo la pena della reclusione da 2 a 6 anni per chiunque, al di fuori dei casi di associazione con finalità di terrorismo e di addestramento ad attività con finalità di terrorismo, “consapevolmente si procura o detiene materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull’uso di congegni bellici micidiali ” nonché “di armi da fuoco o di altre armi o di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché su ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione o un organismo internazionale ”. All'articolo 435 del codice penale è poi aggiunto un comma in base al quale si punisce con pena da 6 mesi a 4 anni chiunque “anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza ” materiale contenente istruzioni di tale tipo.
Tale norma è gravissima, in quanto sottrae spazio alla ricerca accademica, scientifica, universitaria e anche agli studi di ricercatori indipendenti sul fenomeno del terrorismo, per cui in futuro sarà vietato agli studiosi dei problemi di terrorismo di interessarsi dell'argomento. E poi inventa un reato che può essere discrezionalmente attribuito a qualsiasi oppositore per incarcerarli.
Anche la ricerca relativa a semplici armi da fuoco rientra nella normativa indicata, con effetti che tutti possono immaginare.

Le occupazioni di immobili
L'articolo 10 del disegno di legge intende introdurre nel codice penale l'articolo 235-bis dedicato a 'occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui', che punisce con una pena da 2 fino a 7 anni “chiunque, mediante violenza o minaccia, occupa o detiene senza titolo un immobile destinato a domicilio altrui o sue pertinenze ”, senza peraltro che si prenda in considerazione il fatto che l'immobile sia effettivamente abitato o meno, senza che si consideri minimamente lo stato di necessità dell'occupante, e addirittura viene criminalizzata l'occupazione di una pertinenza quale potrebbe essere un garage, un capanno degli attrezzi o addirittura un immobile diroccato posto all'interno di una tenuta. È chiaro che si tratta di una vera e propria dichiarazione di guerra agli strati più poveri e più disperati della popolazione, perché mai si è sentito nella storia dell'umanità che un ricco vada a rifugiarsi in luoghi disagevoli o fatiscenti se non addirittura in tuguri inabitabili quali sono normalmente le abitazioni, poste nelle periferie delle maggiori città o nelle campagne, che vengono occupate. E inoltre potrebbe colpire quanti per protesta occupano fabbriche, università o immobili destinati altrimenti a fini speculativi.

Norme ulteriormente repressive contro le manifestazioni
L'articolo 12 del disegno di legge intende modificare il terzo comma dell'articolo 635 del codice penale inasprendo le pene per il delitto di danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico qualora il fatto sia commesso con violenza alla persona o con minaccia, disponendo la reclusione da un 1 anno e 6 mesi a 5 anni e la multa fino a 15mila euro. È un'ulteriore giro di vite sulle proteste delle masse popolari delle quali, evidentemente, l'attuale governo Meloni ha un certo timore.

Inasprimento del Daspo urbano
L'articolo 13 vuole ampliare i poteri dei questori nell'applicazione del Daspo urbano previsto dal decreto legge n. 14 del 20 febbraio 2017 convertito con modifiche dalla legge n. 48 del 18 aprile 2017, disponendo che essi possano disporre il divieto di accesso alle aree delle infrastrutture di trasporto e alle loro pertinenze nei confronti di coloro che risultino anche solo denunciati o condannati anche con sentenza non definitiva, nel corso dei precedenti cinque anni, non essendo più sufficiente una condanna definitiva come prevede il regime attuale. Insomma, ai capibastone polizieschi viene concesso l'arbitrio di impedire l'ingresso a stazioni della ferrovia, a stazioni delle corriere, a porti e ad aeroporti anche a persone che sono considerate non colpevoli fino a sentenza definitiva, e ad affermarlo è il secondo comma dell'articolo 27 della Costituzione borghese. Il governo si sbarazza degli oppositori con misure di polizia e senza alcun processo e sentenza della magistratura.

Vietate le manifestazioni su strade e ferrovie
Lo stesso timore ha ispirato la norma del successivo articolo 14, il quale progetta di modificare le norme del decreto legislativo n. 66 del 22 gennaio 1948 che detta disposizioni sulla circolazione stradale, facendo sì che la partecipazione a manifestazioni che impediscono la circolazione su strada o ferrovia, finora punita con una semplice sanzione amministrativa pecuniaria, diventi un vero e proprio reato punibile con la reclusione fino a 1 mese o con la multa di 300 euro, e se il fatto è commesso da più persone riunite la reclusione è dai 6 mesi a 2 anni. Carcere a quanti protestano con sit-in e blocchi stradali.

Carcere per donne incinte o con figli fino a un anno
L'articolo 15 del disegno di legge, modificando gli articoli 146 e 147 del codice penale, vuole cancellare il differimento obbligatorio del carcere per le detenute incinte o madri con figli fino a un anno, con la conseguenza che l'esecuzione della pena non sarà rinviabile se il giudice ravviserà il rischio che si possano commettere ulteriori delitti, per cui si apriranno le porte del carcere per la madre e per il nascituro, se la donna è incinta, e anche per il figlio in tenerissima età.

La cannabis light diventa stupefacente
L'articolo 18 ha l'obiettivo di modificare la legge n. 242 del 2 dicembre 2016, che regolamenta la produzione e commercializzazione della canapa, disponendo che la cannabis leggera, finora consentita dalla legge, venga equiparata alla cannabis stupefacente, con il conseguente divieto di commercio, di lavorazione e di esportazione di foglie, infiorescenze, resine e di tutti i prodotti contenenti sostanze derivate dalla pianta di canapa. Così le inflorescenze della canapa prodotta per fini industriali sono equiparate alla droga e saranno sottoposte alle sanzioni previste per gli stupefacenti. Anche in questo caso i neofascisti del governo Meloni, nel nome di una stupida quanto velleitaria crociata contro gli stupefacenti e facendo – è io caso di dirlo, di tutta l'erba un fascio - equipara per legge la cannabis leggera alle droghe, in contrasto con tutti gli studi scientifici che avevano indotto il legislatore del 2016 ad escluderla da tale novero.

Repressione rafforzata per proteste contro infrastrutture strategiche
L'articolo 19 intende modificare gli articoli 336, 337 e 339 del codice penale in tema di minaccia, violenza e resistenza a pubblico ufficiale inasprendo le pene e stabilendo, alla fine dell'articolo 339 del codice penale, che “se la violenza o la minaccia è commessa al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica, la pena è aumentata ”: è chiaro che la norma è dettata per le proteste contro la Tav e, in prospettiva, anche per quelle che potrebbero scoppiare per il ponte sullo Stretto di Messina.

Giro di vite per reati contro appartenenti a corpi di polizia
L'articolo 20, poi, vuole modificare l'articolo 583-quater del codice penale con la previsione generalizzata del reato di lesioni personali a un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza che svolge le sue funzioni, con pene da 2 a 5 anni nel caso di lesioni semplici, da 4 a 10 anni nel caso di lesioni gravi e da 8 a 16 anni nel caso di lesioni gravissime, con una differenza sostanziale rispetto al regime normativo attuale, che circoscrive il reato alle sole lesioni personali subite da agenti di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive. Se si ricorda che i dodici agenti di polizia giudiziaria riconosciuti responsabili, con sentenze tutte definitive, degli efferati omicidi di Federico Aldrovandi, di Riccardo Rasman, di Gabriele Sandri, di Giuseppe Turrisi e di Stefano Cucchi furono condannati rispettivamente a 6 mesi, 6 mesi, 9 anni e 4 mesi, 12 anni e 12 anni, e se si ricorda anche che sono certamente morti Giuseppe Pinelli nel 1969, Salvatore Marino nel 1985, Serena Mollicone nel 2001, Marcello Lonzi nel 2003 e Manuel Eliantonio nel 2008 senza che la giustizia abbia mai cavato un ragno dal buco, è chiaro che per lo Stato borghese, il suo ordinamento giuridico e i suoi magistrati i pesi sono chiaramente due, uno per la classe dominante al potere nonché per i suoi cani da guardia e l'altro per i lavoratori e i figli del popolo.

Ingenti spese per videocamere portatili per appartenenti a corpi di polizia
L'articolo 21 del disegno di legge vuole introdurre, con notevole spesa di oltre 23 milioni di euro nel triennio dal 2024 al 2026, dispositivi di videosorveglianza da far indossare alle forze di polizia al fine di far registrare l’attività operativa e il suo svolgimento durante i servizi di mantenimento dell’ordine pubblico, di controllo del territorio, di vigilanza di siti sensibili, nonché in ambito ferroviario e a bordo treno, nonostante già nel 2021 il garante per la protezione dei dati personali avesse precisato che le videocamere indossabili potevano essere attivate solo in concrete situazioni di pericolo di turbamento dell’ordine pubblico. La norma che il governo Meloni vorrebbe introdurre prevede una conservazione illimitata delle registrazioni, mentre lo stesso garante aveva espressamente fissato a sei mesi il periodo massimo di conservazione dei dati. Ovviamente il disegno di legge tace sui codici identificativi – che sarebbero, tra l'altro, costati molto di meno delle telecamere portatili - da far indossare dal personale in servizio di polizia, e tace perché tutti i sindacati delle forze di polizia, nessuno escluso, da sempre combattono contro tale introduzione come a suo tempo combatterono contro l'introduzione del reato di tortura, e le recenti condanne nei confronti di appartenenti alla polizia penitenziaria spiega anche la ragione di tale accanimento, e allo stesso modo è intuibile – a pensare male spesso ci si indovina - la ragione della lotta senza quartiere contro i codici identificativi.

Spese gratuite per gli appartenenti a corpi di polizia, militari e loro famigliari che finiscono sotto processo
L'articolo 22 del disegno di legge vuole rafforzare quello che fino a oggi era un ingiustificato privilegio previsto dall'articolo 32 della legge n. 152 del 22 maggio 1975 a favore di tutti gli appartenenti ai quattro corpi di polizia statali (polizia di Stato, arma dei carabinieri, guardia di finanza e polizia penitenziaria), ossia il pagamento, da parte dello Stato, delle spese legali dei procedimenti e dei processi penali dove sono imputati, per fatti legati al servizio, appartenenti a tali corpi di polizia. Se fino ad oggi. In base a tale norma, lo Stato garantiva la difesa o attraverso l'avvocatura dello Stato o rifondendo le spese di un avvocato privato scelto dal pubblico ufficiale imputato, secondo il progetto della norma in questione lo Stato si impegna a pagare le spese legali agli appartenenti a tali categorie per un importo che può andare fino a 10.000 euro per ogni fase processuale. Agli appartenenti ai corpi di polizia di cui sopra l'articolo 22 aggiungono anche gli appartenenti al corpo nazionale dei vigili del fuoco nonché i coniugi, i conviventi e i figli superstiti degli appartenenti a tali cinque corpi. Inoltre il beneficio economico si estende dai processi penali a quelli civili e amministrativi. Per garantire tali privilegi lo Stato ha previsto di stanziare 860 mila euro all’anno, e se si considera che i processi penali, civili e amministrativi possono avere fino a tre gradi e che ciascun grado ha necessariamente più fasi, è verosimile pensare che lo Stato dilapidi letteralmente molte decine di migliaia di euro per ognuno di questi galantuomini sotto processo (oltre che per consorti, conviventi e figli che non si comprende cosa c'entrino in queste vicende che riguardano il loro famigliare coinvolto in un processo). Insomma, se un appartenente a un corpo di polizia - o un suo congiunto – delinque o comunque viola la legge il suo avvocato lo paga lo Stato borghese con i soldi dei lavoratori e dei pensionati che pagano le tasse mentre se a delinquere o comunque a violare la legge è una persona qualsiasi come un lavoratore o un pensionato – o un suo congiunto – costui deve dissanguarsi pagando costose spese legali. Ogni commento ulteriore è inutile.
L'articolo 23 del disegno di legge vuole estendere anche al resto delle forze armate (esercito, aeronautica militare e marina militare) gli stessi privilegi che l'articolo 22 riserva ai soli appartenenti ai corpi di polizia statali, e anche qui i privilegi sono estesi ai famigliari e riguardano i processi penali, civili e amministrativi, salvo che la spesa annua stanziata dallo Stato è soltanto di 120 mila euro l'anno.

Pugno di ferro sulle proteste di carcerati e migranti
Gli articoli 26 e 27 del disegno di legge vogliono da una parte modificare l'articolo 415 del codice penale e introdurre un articolo 415-bis e dall'altra modificare l'articolo 14 del testo unico sull'immigrazione introducendo norme specifiche contro le rivolte. Per ciò che riguarda i detenuti il nuovo articolo 415-bis del codice penale dispone che chi "partecipa ad una rivolta mediante atti di violenza o minaccia o di resistenza all'esecuzione degli ordini impartiti, commessi in tre o più persone riunite, è punito con la reclusione da uno a cinque anni ", e vengono espressamente considerati atti di resistenza anche "le condotte di resistenza passiva ". Specifiche aggravanti sono poi previste per i promotori della rivolta e anche nell'ipotesi in cui a seguito della rivolta qualcuno riporti lesioni personali, quantunque non volute. Quanto ai migranti rinchiusi nelle strutture destinate al trattenimento degli stranieri extracomunitari, all'articolo 14 del testo unico sull'immigrazione viene aggiunto il comma 7.1 che detta norme identiche a quelle dettate per le carceri, con pene leggermente inferiori. Sostanzialmente con queste norme da una parte si vuole usare il pugno di ferro per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario e dall'altra, nei fatti, si equiparano le strutture destinate al trattenimento degli stranieri alle carceri, rendendo ormai palese ciò che essi sono, cioè veri e propri luoghi di detenzione nei quali viene inflitta la pena della reclusione a persone che non hanno commesso alcun delitto, colpevoli soltanto di emigrare in vista di una vita migliore.

Ufficiali e agenti di pubblica sicurezza diventano sceriffi
Con l'articolo 28 del disegno di legge si autorizzano tutti gli agenti e ufficiali di pubblica sicurezza – ovvero gli appartenenti alla polizia di Stato, all'arma dei carabinieri, alla guardia di finanza, alla polizia penitenziaria, ai corpi forestali regionali, alle compagnie barracellari della Sardegna, ai corpi di polizia provinciale e di polizia comunale, ma anche gli appartenenti al corpo nazionale dei vigili del fuoco e gli autisti di veicoli che trasportano alte cariche istituzionali sono considerati tali – a portare senza licenza e senza limiti le armi elencate nell'articolo 42 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931, ovvero fucili, rivoltelle, pistole e bastoni animati. Poiché tali individui potranno scorrazzare armati su tutto il territorio nazionale, la norma è ancor più grave per ciò che riguarda i vigili del fuoco (che è una struttura di soccorso pubblico che mai ha visto i propri appartenenti dotati di armi) e gli autisti di auto blu (che per svolgere il loro compito lavorativo non hanno certo bisogno di armi) ed è assurda per gli appartenenti ai corpi territoriali di polizia (forestali regionali, barracelli, poliziotti provinciali, vigili urbani) la cui competenza si esaurisce nel territorio di competenza e non oltre mentre è inquietante per ciò che riguarda poliziotti, carabinieri, finanzieri e poliziotti penitenziari che già, per compiere i loro atti previsti dalla legge, hanno le armi di ordinanza, delle quali devono rispondere, che possono portare su tutto il territorio nazionale, e non si comprende il motivo per cui dovrebbero andare in giro con armi delle quali, non avendo l'obbligo della licenza, essi non risponderanno a nessuno.
È chiaro che il governo Meloni non si accontenta di uno Stato di polizia, ma vuole per le strade dei veri e propri sceriffi dalla pistola facile.

Servizi segreti sempre più invasivi
L'articolo 31 del disegno di legge intende modificare la legge n. 124 del 3 agosto 2007 che disciplina l'attività dei servizi segreti, obbligando gli enti pubblici, le società a partecipazione pubblica o a controllo pubblico e i soggetti che erogano, in regime di autorizzazione, concessione o convenzione servizi di pubblica utilità a collaborare con i servizi segreti, i quali a loro volta vengono autorizzati a stipulare convenzioni con i predetti enti ed anche con università ed altri enti di ricerca. Tutto ciò è gravissimo, ed è sintomo di un progetto con il quale il governo dello Stato borghese vuole imporre una collaborazione forzata ai vertici di poste, banche, assicurazioni, società di trasporto, università, istituti di ricerca che finiscono così per essere militarizzati.

I migranti irregolari non potranno più avere schede telefoniche
L'articolo 32 del disegno di legge, infine, intende imporre alle imprese di telefonia di identificare i clienti e di rifiutarsi di vendere schede telefoniche sim a stranieri privi di permessi di soggiorno, sotto la comminatoria di chiusura dell'esercizio: così anche i negozianti di telefonia si dovranno trasformare in manovalanza governativa e agli stranieri privi di permessi di soggiorno sarà inflitta una ulteriore vessazione, in quanto saranno privati della possibilità di poter telefonare ai loro Paesi di origine, spesso l'unica cosa che gli possa dare conforto in mezzo alle tante difficoltà.
Le norme contenute in questo disegno di legge sono fatte su misura per una dittatura fascista di stampo mussoliniano.

9 ottobre 2024