Raid e bombardamento israeliano contro la Siria
I nazisionisti cacciano l'Unrwa dalla Palestina
Invece sarebbe Israele da espellere dall'Onu
Con la notifica ufficiale al presidente dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, l'ambasciatore di Israele presso le Nazioni Unite, Danny Danon, il 4 novembre ha messo fine alla cooperazione con l'Unrwa, l'Agenzia dell'Onu che si occupa dei rifugiati palestinesi, dopo la sua messa al bando decisa con due leggi approvate a fine ottobre dal parlamento di Tel Aviv: “nonostante le prove schiaccianti che abbiamo presentato all'Onu che comprovano l'infiltrazione di Hamas nell'Unrwa, l'Onu non ha fatto nulla per rettificare la situazione. Lo Stato di Israele continuerà a cooperare con le organizzazioni umanitarie, ma non con quelle che promuovono il terrorismo contro di noi", scriveva l'ambasciatore sionista su X. L'Unrwa nata nel 1949 si occupa di fornire servizi sociali, sanitari ed educativi ai circa 5,9 milioni di profughi palestinesi sparsi nei campi in Cisgiordania, Striscia di Gaza, Giordania e Siria con circa 30 mila addetti palestinesi. Le fantomatiche “prove schiaccianti” richiamate dall'ambasciatore riguardavano 12 addetti palestinesi dell'organizzazione e non risultano neanche consegnate all'Onu e alla Ue ma quello che interessa ai sionisti è portare al termine la guerra all'Unrwa, inziata da diversi anni e avallata già da Trump che nel 2018 durante la sua presidenza sospese i finanziamenti all'organizzazione così come ha fatto successivamente Biden. Da un anno i nazisionisti hanno ucciso 233 membri del personale dell’Unrwa e distrutto oltre i due terzi delle sue strutture nella Striscia di Gaza con l'obiettivo di liquidare assieme all'agenzia Onu la questione dei profughi palestinesi e il loro diritto al ritorno. Per cancellare i diritti del popolo palestinese sradicandolo dalla sua terra, ossia quella politica criminale messa palesemente in atto dai nazisionisti dal 4 ottobre scorso con i massacri e le deportazioni nel nord di Gaza e da tempo in Cisgiordania con gli attacchi alle città e ai campi profughi e persino con l'assassinio dei contadini palestinesi che raccolgono le olive.
Nella legge approvata a larga maggioranza dal parlamento di Tel Aviv il 28 ottobre e che entrerà in vigore dopo 90 giorni l'entità sionista proibiva tutte le attività dell’Unrwa, ordinava la chiusura dei suoi uffici e revoca tutte le esenzioni fiscali, lo status diplomatico e i visti d’ingresso del suo personale. Proibiva specificamente le sue attività “nel territorio di Israele” quando queste si svolgono principalmente in Cisgiordania e a Gaza e i suoi uffici principali sono a Gerusalemme Est, ossia in luoghi che secondo il diritto internazionale non fanno parte del territorio di Israele. E che invece i nazisionisti considerano parte del grande Stato ebraico che nelle mire di una parte del regime criminale di Tel Aviv arriverebbe sino a Damasco.
Il responsabile dellUnrwa, Philippe Lazzarini, inviava una lettera al presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Philemon Yang, e chiedeva all’Assemblea di intervenire per fermare l’applicazione della legge che avrebbe anzitutto nell'immediato pesanti conseguenza sulla situazione della popolazione palestinese di Gaza già privata degli aiuti umanitari. In precedenza aveva denunciato su X che la legge israeliana non è altro che una “punizione collettiva” per i palestinesi che comunque non saranno privati del loro status di rifugiati, che è protetto dalla risoluzione 194 del 1949 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite in cui si afferma anche che i rifugiati palestinesi hanno diritto al ritorno e al risarcimento.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres invitava Israele ad “agire in modo coerente con i suoi obblighi ai sensi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale”, aggiungendo che “la legislazione nazionale non può alterare tali obblighi”. Ma la successiva presa di posizione del Consiglio di sicurezza, sotto l'attento controllo dell'imperialismoi americano, non andava oltre a una puramente formale espressione di “messa in guardia contro qualsiasi tentativo di smantellare o limitare le operazioni e il mandato” dell'agenzia e esprimeva “seria preoccupazione per la legislazione adottata dalla Knesset israeliana”. Due giorni dopo l'ambasciatore sionista all'Onu confermava la posizione di Tel Aviv e si metteva per l'ennesima volta sotto i piedi la “seria preoccupazione” del Cds Onu.
Fra le varie prese di posizione registriamo quella di Amnesty International che ha affermato in una dichiarazione che la legge israeliana equivale alla “criminalizzazione degli aiuti umanitari” e quella di 52 organizzazioni umanitarie internazionali che hanno firmato un “appello globale per salvare l’Unrwa” denunciando “la strategia del governo di Israele per delegittimare l’Unrwa, screditare il suo sostegno ai rifugiati palestinesi e minare il quadro giuridico internazionale che protegge i loro diritti, incluso il diritto al ritorno”. AssopacePalestina con un comunicato stampa del 31 ottobre “condanna fermamente la decisione della Knesset di mettere al bando l’Unrwa” e denunciava che tale “decisione serve anche colpire ancora più a fondo gli organismi internazionali e in particolare l’Onu che Netanyahu aveva recentemente definito una 'palude antisemita'”. L'organizzazione invitava “l’opinione pubblica a far sentire il proprio sostegno e mobilitazione per la popolazione palestinese e chiede al governo italiano di agire coerentemente con i propri impegni internazionali, condannando la decisione israeliana e agendo in ogni sede affinché venga ristabilita l’inviolabilità delle Nazioni Unite e la piena operatività delle sue agenzie. È necessario, inoltre, un intervento coordinato sia a livello europeo che internazionale per far pressione sul governo di Israele, attraverso un immediato sistema di sanzioni e di embargo di armamenti, la sospensione del Trattato di Associazione tra Unione europea e Israele e la revoca del seggio di Israele alle Nazioni Unite”.
L'appartenenza di Israele all’Onu dovrebbe essere sospesa anche per Francesca Albanese, la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati dal 1967, che il 30 ottobre ha presentato il Rapporto intitolato “Genocidio Come Cancellazione Coloniale”, e lanciato un appello urgente alla comunità internazionale affinché imponga un embargo totale sulle armi e sanzioni a Israele fino a un cessate il fuoco permanente e finché il Genocidio dei palestinesi non verrà fermato.
Il Rapporto espone in dettaglio i passaggi dell'aggressione sionista a Gaza e in Cisgiordania nel tentativo di sradicare “l’esistenza stessa del popolo palestinese in Palestina” e denuncia che sono passaggi di un “genocidio in corso, senza dubbio la conseguenza dello status eccezionale e dell’impunità prolungata che è stata concessa a Israele. Che ha violato sistematicamente e flagrantemente il Diritto Internazionale, comprese le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e gli ordini della Corte Internazionale di Giustizia. Ciò ha rafforzato l’arroganza di Israele e la sua sfida al Diritto Internazionale”.
Fra i crimini compiuti dagli occupanti sionisti il rapporto elenca quello dell'ordine impartito dall'esercito israeliano ai palestinesi di fuggire in “zone sicure” designate, sfollati che una volta in queste “zone sicure” sono stati attaccati e hanno ricevuto l’ordine di spostarsi in nuove “zone sicure”. “Gli sfollati sono stati sistematicamente inseguiti e presi di mira nei rifugi, comprese le scuole dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’Impiego dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (Unrwa), il 70% delle quali è stato ripetutamente attaccato da Israele” e “Israele ha ripetutamente attaccato siti di distribuzione di aiuti, accampamenti di tende, ospedali, scuole e mercati “attraverso l’uso indiscriminato di fuoco aereo e cecchini”, denuncia il Rapporto che mette in evidenza tra le altre che “almeno 13.000 bambini, tra cui più di 700 neonati, sono stati uccisi, molti colpiti alla testa e al petto”, mentre circa “22.500 palestinesi hanno riportato ferite che li hanno resi fisicamente menomati”. “La frequenza inquietante e l’insensibilità dell’uccisione di persone chiaramente civili sono ‘emblematiche della natura sistematica’ di un intento distruttivo”, si legge nel Rapporto.
Il rapporto respinge l’affermazione secondo cui Israele sta portando avanti l’assalto a Gaza e in Cisgiordania per “difendersi”, “sradicare Hamas” o “riportare a casa gli ostaggi”, accusando queste affermazioni di “camuffamento”, un modo per “invisibilizzare il Crimine”. L’Intento Genocida, come sottolinea il Giudice Dalveer Bhandari della Corte Internazionale di Giustizia, “può coesistere con altri secondi fini”. Piuttosto, l’incursione in Israele da parte di Hamas e altri combattenti della Resistenza il 7 ottobre “ha fornito l’impulso per avanzare verso l’obiettivo di un ‘Grande Israele'”. “Nel contesto in cui Israele ignora la direttiva della Corte Internazionale di Giustizia per porre fine all’Occupazione illegale, l’obiettivo di sradicare la Resistenza contraddice i diritti all’autodeterminazione e di Resistere a un Regime Oppressivo, protetti dal Diritto Internazionale Consuetudinario”, si legge nel Rapporto. “Inoltre, descrive l’intera popolazione come impegnata nella Resistenza e quindi eliminabile. Continuando a sopprimere il diritto all’autodeterminazione, Israele sta replicando casi storici in cui l’autodifesa, la controinsurrezione o l’antiterrorismo sono stati utilizzati per giustificare la distruzione di un gruppo, portando al Genocidio”.
Sulla base dei crimini sionisti presentati nel Rapporto la relatrice raccomandava la sospensione di Israele dall’Onu riferendosi al Capitolo Sei della Carta dell’Onu che autorizza l’Assemblea Generale, su raccomandazione del Consiglio di Sicurezza, a prendere questa misura quando uno stato membro ne “viola persistentemente” le prescrizioni. Quest’anno “l’escalation della violenza nella regione contro le stesse Nazioni Unite ha posto un terribile precedente”, ricordava citando gli attacchi all’agenzia per i profughi Unrwa, alla forza di pace Unifil e al personale Unicef, e aggiungendo che, “se lasciata impunita”, potrebbe spingere a simili reazioni verso l’Onu da parte di altri Paesi. “Non deve succedere”, concludeva, “è arrivato il momento di fare un passo esemplare”. Nell'immediato raccoglieva gli insulti della Rappresentante permanente americana all’Onu Linda Thomas Greenfield che chiedeva le sue dimissioni perché “antisemita”, spappagallando i componenti del regime nazisionista, dal premier Netanyauh al ministro degli Esteri, all'ambasciatore all'Onu che lanciano questo anatema contro chiunque osi criticarli mentre impuniti portano avanti il genocidio palestinese. E intanto l'imperialismo americano manda i suoi super bombardieri B-52 in Medioriente contro l'Iran mentre il genocidio palestinese si aggiorna al 4 novembre a 43.374 morti e 102.261 feriti in poco più di
un anno nella Striscia di Gaza. Alla stressa data il ministero della Salute del Libano aggiornava a oltre 3.000 i morti e almeno 13.492 feriti. Oramai nella regione non c'è Paese che non finisca nel mirino degli attacchi israeliani: ora è stata la volta della Siria che ha subito prima l'incursione via terra delle truppe israeliane e poi i bombardamenti della città di Set Zaynab, situata a 10 km a sud della capitale Damasco.
Tanto basterebbe per chiedere l’espulsione di Israele dall'Onu come anche sostenuto in un importante appello di giuristi, primo firmatario Pino Arlacchi già Vicesegretario delle Nazioni Unite, che recita: “Da oltre cinquant’anni i governi che si sono succeduti alla guida di Israele hanno costantemente disatteso i loro obblighi attinenti al diritto internazionale, facendosi beffe e violando le risoluzioni delle Nazioni Unite, fossero esse adottate dall’Assemblea generale o dal Consiglio di sicurezza o consistessero in chiare pronunce della Corte internazionale di giustizia. Questo atteggiamento di aperto spregio del diritto Internazionale e delle Nazioni Unite ha raggiunto livelli parossistici nell’ultimo anno col genocidio in corso che ha già causato la morte di oltre quarantamila Palestinesi, in gran parte bambini, e determina ogni giorno nuove vittime a Gaza, in Cisgiordania, in Libano e in Siria. Si tratta di crimini che sono la diretta conseguenze della politica aggressiva, suprematista e colonialista portata avanti da Israele sotto l’egida del sionismo. Da ultimo l’arroganza del governo Netanyahu si è spinta fino a Insultare l’ONU, definendolo “una palude di antisemitismo “, a dichiararne persona non grata il Segretario generale e a cannoneggiare deliberatamente i caschi blu dell’UNIFIL, forza di interposizione pacifica dispiegata dalle Nazioni Unite in Libano. La misura è colma. Riteniamo che i tempi siano più che maturi per l’applicazione nei confronti di Israele dell’art. 6 della Carta delle Nazioni Unite, il quale prevede che “un Membro delle Nazioni Unite che abbia persistentemente violato i principi enunciati nel presente Statuto può essere espulso dall’Organizzazione da parte dell’Assemblea generale su proposta del Consiglio di Sicurezza”. Un tale provvedimento andrebbe accompagnato dall’adozione di sanzioni, a partire da un embargo totale immediato sugli armamenti, coi quali ogni giorno Israele porta avanti la sua politica di sterminio. Rivolgiamo un appello in questo senso all’opinione pubblica mondiale e a tutti i governi. Siamo consapevoli del possibile veto che membri permanenti delle Nazioni Unite, fra i quali soprattutto gli Stati Uniti, da sempre protettori e complici di Israele, potrebbero interporre, ma riteniamo che tale veto possa essere aggirato da una votazione a maggioranza dell’Assemblea generale, come già avvenuto in altre occasioni”.
6 novembre 2024