Dal rendiconto sociale dell'Inps
Gli uomini guadagnano il 28% in più delle donne

Presentato una settimana fa dal Civ (Consiglio d'indirizzo e vigilanza) dell'INPS, il rendiconto sociale dell'istituto ha peraltro evidenziato quanto pesi il “gender gap”, ossia il divario fra il genere femminile e il genere maschile nelle retribuzioni settimanali: nel 2023 le retribuzioni settimanali lorde dei lavoratori sono state superiori in media del 28,34% di quelle delle lavoratrici: 643 euro contro 501.
Il rapporto INPS sottolinea che “tutti i dati relativi ai livelli occupazionali, alle condizioni contrattuali, ai livelli retributivi e pensionistici evidenziano la permanenza di una discriminazione di genere ancora rilevante”.
Nel rendiconto si sottolinea come per i dipendenti privati la retribuzione media giornaliera sia 77,6 per le donne e 104,4 per gli uomini (+34,54%) con una differenza significativa soprattutto per le attività immobiliari con 75,1 euro per le donne e 126,2 per gli uomini (+68,04). L'unico settore nel lavoro dipendente con la retribuzione più alta per le donne è quello dell'estrazione dalle cave e miniere (settore dove la percentuale di donne occupate è minima) con 169,4 euro medi per le donne e 165,5 per gli uomini. Nelle attività dove l'occupazione femminile è maggioritaria tipo le manifatturiere, le donne prendono in media 91,9 euro al giorno e gli uomini 115,2 mentre nel commercio la differenza è tra 73,1 euro e 95,7.
Nel pubblico il divario fra retribuzioni lorde settimanali fra uomini e donne, si riduce leggermente rimanendo comunque elevato: 27,78%. Le donne prendono in media 110,5 euro al giorno e gli uomini 141,2. I dipendenti pagati meno nel pubblico sono quelli della scuola con 96,4 euro medi per le donne e 97,1 per gli uomini mentre quelli pagati meglio sono nell'Università e ricerca (148,6 euro al giorno le donne, 183,3 gli uomini) e nelle amministrazioni centrali, magistratura e autorità indipendenti con 149 euro al giorno per le donne e 159,4 per gli uomini.
Per il lavoro domestico le donne prendono i media 52,5 euro lordi al giorno a fronte di 64,7 per gli uomini.
I dati dell'INPS sommati a quelli di Confcommercio, pubblicati nello stesso giorno, che sottolineano che in Italia il tasso di occupazione femminile tra i 15 e i 74 anni “è ancora lontano dai livelli europei” mettono in luce di quanto le donne siano discriminate nel mondo del lavoro.
Dati che sbugiardano il governo neofascista Meloni che nella sua ipocrita logica populista da ventennio non fa che elogiarsi nell'avere a cuore le esigenze delle donne, anche perché non va dimenticato che Fratelli d'Italia (il partito della Meloni) nell'aprile del 2022 all'europarlamento votò contro “la parità salariale tra uomini e donne” nel quadro della sua crociata oscurantista contro la fantomatica “ideologia gender” (un’invenzione dei partiti primi fra tutti FdI dell’ultimo decennio che ha il chiaro scopo reazionario di impedire l’emancipazione da un lato delle donne e dall’altro delle persone gay, lesbiche e transessuali).
Un governo neofascista dove a capo c'è un'ambiziosa ducessa, il peggior governo che le masse femminili abbiano conosciuto dopo quello di Mussolini. Così distante dalle loro esigenze e dai loro bisogni per ideologia, cultura, morale ed etica. E per questi motivi che è urgente che esso venga buttato giù dalla piazza.

6 novembre 2024