I giudici di Catania disapplicano il decreto “paesi sicuri”
La nuova norma rinviata alla Corte di giustizia Ue dai tribunali di Bologna e Roma
ANM dell'Emilia-Romagna solidale col giudice Gattuso
Con decreto emesso lo scorso 4 novembre il Tribunale di Catania, Sezione immigrazione, non ha convalidato il trattenimento presso l’hotspot di Pozzallo di un richiedente protezione internazionale proveniente dall’Egitto, ritenuto dallo stesso Tribunale un Paese non sicuro.
Come per il caso dei migranti condotti in Albania, la provenienza da un Paese qualificato come sicuro ai sensi del combinato disposto dell'articolo 6 bis del decreto legislativo n.142/2015 e dell'articolo 28-bis comma 2 lettera b-bis del decreto legislativo n. 25/2008 aveva fatto sì che la domanda di protezione internazionale fosse inquadrata nella procedura accelerata che, sulla base di una presunzione di protezione sufficiente nel Paese di origine, ha comportato un più rapido esame della domanda.
Chiamato a pronunciarsi sul trattenimento disposto dal questore di Ragusa, il Tribunale di Catania – in linea con altre decisioni assunte nelle scorse settimane da i Tribunale di Roma e di Bologna – non ha quindi convalidato il trattenimento, ritenendo l’Egitto di al-Sisi un Paese non sicuro alla luce del diritto dell’Unione Europea.
Il provvedimento del Tribunale di Catania costituisce la prima pronuncia dopo l’entrata in vigore del decreto legge 23 ottobre 2024 n. 158/2024 voluto dal governo Meloni il 23 ottobre scorso che, modificando l’articolo 2 bis del decreto legislativo n. 24/2008, ha incluso l’Egitto in una lista di Paesi sicuri senza prevedere eccezioni né per aree territoriali né per caratteristiche personali.
In particolar modo, il Tribunale di Catania ha ritenuto, a proposito della qualificazione di sicurezza contenuto nel decreto legge del governo Meloni, che “tale qualificazione
– si legge nel decreto del Tribunale catanese - non esime il giudice dall’obbligo di verifica della compatibilità di tale designazione con il diritto dell’Unione europea, obbligo affermato in modo chiaro e senza riserve dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 4 ottobre 2024 della Grande Camera, nel procedimento C-406/2022, avviato con rinvio pregiudiziale dal Tribunale di Brno (Repubblica ceca) e dalla Corte costituzionale (da ultimo Corte Costituzionale - 12/02/2024, n. 15)”
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Il richiamo alla sentenza della Corte di Giustizia è doveroso da un punto di vista giuridico, perché proprio quest'ultimo organo giurisdizionale ha chiarito in modo inequivocabile che il giudice del singolo Stato membro della Ue ha l’obbligo di verificare anche d’ufficio, soprattutto nei casi in cui la provenienza da Paese di origine dichiarato sicuro è la ragione esclusiva dell’adozione della procedura accelerata, la compatibilità della designazione con le condizioni stabilite dalla normativa comunitaria per la designazione stessa. Tale onere di controllo, da parte del giudice nazionale, sulla correttezza della designazione deriva dal fatto che la “designazione di un Paese
– prosegue il decreto del Tribunale di Catania - come di 'origine sicuro' determina 'un regime particolare di esame avente carattere di deroga'”
che, per ciò che riguarda la legislazione italiana, comporta non solo una sommarietà con conseguente compressione dei tempi di difesa per gli avvocati dello straniero ma anche la privazione della libertà personale di quest'ultimo che si sostanzia nel trattenimento amministrativo, che molto assomiglia a una vera e propria detenzione.
I giudici catanesi hanno ritenuto che, nonostante la qualificazione quale “Paese sicuro” contenuta nel decreto legge n. 158/2024, dalle schede relative agli Stati del mondo redatte dal Ministero degli Esteri (COI, ossia Country of Origin Information) relative all’Egitto emergono criticità direttamente dovute al regime di al-Sisi “che evidenziano
– prosegue il decreto del Tribunale catanese - l’esistenza in Egitto di gravi violazioni dei diritti umani, che – in contrasto con il diritto europeo citato – persistono in maniera generale e costante ed investono non solo ampie e indefinite categorie di persone […] ma anche il nucleo stesso delle libertà fondamentali che connotano un ordinamento democratico e che dovrebbero costituire la cornice di riferimento in cui si inserisce la nozione di Paese di Sicuro secondo Allegato I alla direttiva 2013/32/UE”.
In conseguenza di tutto ciò ai giudici catanesi “non resta
– si legge infine nel decreto - che disapplicare ai fini della presente decisione il decreto-legge 23.10.2024, posto che, come è noto, le sentenze interpretative della Corte di giustizia dell’Unione europea vincolano il giudice nazionale anche se appartenente ad altro Stato membro rispetto a quello che ha proposto il rinvio pregiudiziale”
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Il principio della prevalenza del diritto comunitario su quello statale e della necessaria disapplicazione del secondo a favore del primo, del resto, è stato da ultimo ribadito dalla Corte costituzionale italiana lo scorso 12 febbraio nella recentissima sentenza n. 15/2024 ove quest'ultima ha chiarito che “il principio del primato del diritto dell’Unione discende dal principio dell’eguaglianza degli Stati membri davanti ai Trattati (art. 4 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), che esclude la possibilità di fare prevalere, contro l’ordine giuridico dell’Unione, una misura unilaterale di uno Stato membro”.
Il Tribunale di Catania, quindi, disapplicando il decreto legge del governo Meloni dello scorso 23 ottobre, si unito a quelli di Roma e di Bologna che già avevano posto il problema della chiarezza delle norme relative alla sicurezza o meno dei paesi di provenienza dei migranti e che già si erano interrogati sul primato della normativa comunitaria su quella nazionale italiana, sconfessando così, di fatto, l'operato legislativo del governo Meloni.
L'operato dei magistrati italiani che mette in discussione - con precise motivazioni logiche e giuridiche – l'attività legislativa del governo Meloni non va giù ai sostenitori della stessa Meloni e di Salvini, che hanno fatto del contrasto all'immigrazione il loro principale cavallo di battaglia politico, tanto che il presidente della sezione immigrazione del Tribunale di Bologna che aveva trattato un caso simile a quello di Catania, Marco Gattuso, ha ricevuto attacchi sui giornali e sulle reti televisive come già li aveva ricevuti la giudice Silvia Albano del Tribunale di Roma, che si era pronunciata ancora prima su un caso simile.
Per questo motivo l’assemblea straordinaria dell’Associazione nazionale magistrati dell’Emilia, convocata dopo gli attacchi personali subiti da Gattuso e aperta anche alla cittadinanza, ha attirato alcune centinaia di persone – numerosi erano gli avvocati e c'erano alcuni docenti universitari di diritto, ma ben più numerosi erano i comuni cittadini - nella stanza del Tribunale di Bologna destinata all'evento che hanno manifestato vicinanza al giudice bolognese e adesione alla decisione dell'ANM emiliano romagnola di dare totale e incondizionata solidarietà a Marco Gattuso.
Anche il PMLI e il suo organo Il Bolscevico
plaudono all'iniziativa di solidarietà dell'ANM emiliano romagnola e solidarizzano con i giudici Gattuso e Albano, bersagliati da una vergognosa campagna mediatica orchestrata da un governo che vuole irregimentare e mettere il bavaglio alla magistratura.
13 novembre 2024