Nell'importante e forte risoluzione finale
Il vertice arabo-islamico condanna il genocidio nazisionista a Gaza e in Libano
Rinnovato l’appello alla creazione di uno Stato palestinese con capitale Gerusalemme Est, invitata la comunità internazionale a intervenire per fermare l’aggressione israeliana, richiesto l’intervento della Corte Internazionale di Giustizia contro Israele
 
Si è svolto l’11 novembre a Riad il vertice straordinario arabo-islamico convocato dall’Arabia Saudita per discutere dell'aggressione israeliana contro i territori palestinesi e la Repubblica libanese e gli sviluppi della situazione nella Regione e per coordinare le posizioni tra gli Stati membri nella ricerca di una soluzione al conflitto in corso in Medio Oriente. Hanno partecipato al summit i 57 membri dell’Organizzazione per la cooperazione islamica (OIC) che ha sede a Gedda e i 22 membri della Lega araba che ha sede al Cairo. Il vertice ha pubblicato un’importante e forte risoluzione finale riguardo alla situazione a Gaza e in Libano, frutto di una posizione unitaria di condanna delle criminali azioni nazisioniste israeliane, definite un genocidio, con fosse comuni, tortura, esecuzioni sul campo, sparizioni forzate, saccheggi e pulizia etnica, in particolare nel nord della Striscia di Gaza nelle ultime settimane. Essa rinnova l’appello per la creazione di uno Stato palestinese indipendente con capitale Gerusalemme Est, chiede la fine dell’assedio di Gaza e l’introduzione di aiuti umanitari, richiede la sospensione dell’esportazione di armi e munizioni a Israele, condanna gli attacchi israeliani contro le strutture delle Nazioni Unite, esprime opposizione a qualsiasi piano di spostamento forzato dei palestinesi da Gaza, invita la comunità internazionale a intervenire per fermare l’aggressione israeliana. Si richiede altresì l’intervento della Corte Internazionale di Giustizia contro Israele, mentre riguardo al Libano viene ribadito l’assoluto sostegno, inclusa la sua stabilità, sovranità e la sicurezza dei suoi cittadini.

L'importante e forte risoluzione finale
All’unisono i rappresentanti dei 79 Paesi arabi islamici hanno dichiarato che non potrà esserci pace in Medio Oriente finché Israele non si ritirerà dai territori occupati. “Una pace giusta nella regione non potrà essere raggiunta finché Israele non si ritirerà dai territori occupati a partire dal 1967, in conformità con le risoluzioni delle Nazioni Unite”, si legge nella dichiarazione finale in 38 punti del vertice, che si riferisce in particolare alla Cisgiordania, a Gerusalemme Est e alle alture del Golan, in Siria.
“Mentre affermiamo la centralità della causa palestinese e il fermo sostegno al popolo palestinese affinché realizzi i suoi legittimi e inalienabili diritti nazionali, tra cui spicca il diritto alla libertà e a uno Stato indipendente e sovrano, sulla falsariga del 4 giugno 1967, con Al-Quds Est (Gerusalemme Est, ndr) come capitale, e il diritto dei rifugiati al ritorno e al risarcimento in conformità con le pertinenti risoluzioni di legittimità internazionale, in particolare la risoluzione 194, e contrastiamo qualsiasi tentativo di negare o indebolire tali diritti; ribadendo che la causa palestinese è come tutte le giuste cause dei popoli che lottano per liberarsi dall’occupazione e ottenere i propri diritti. Mentre riaffermiamo – continua la risoluzione finale del vertice di Riad - la piena sovranità dello Stato di Palestina su Al-Quds Est occupata, l’eterna capitale della Palestina, e respingiamo qualsiasi decisione o misura israeliana volta a giudaizzarla e consolidare la sua occupazione coloniale della città, considerando tali decisioni e misure nulle, non valide e illegittime ai sensi del diritto internazionale e delle pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite, considerando Al-Quds Al-Sharif una linea rossa per le nazioni arabe e islamiche, e ribadendo la nostra assoluta solidarietà nel proteggere l’identità araba e islamica di Al-Quds Est occupata e nel difendere la sacralità dei luoghi sacri islamici e cristiani ivi presenti. Mentre affermiamo il nostro assoluto sostegno alla Repubblica libanese, alla sua sicurezza, stabilità, sovranità e alla sicurezza dei suoi cittadini” i paesi arabi-islamici decidono di “rinnovare la nostra ferma risposta alla brutale aggressione israeliana alla Striscia di Gaza e al Libano e lavorare per porre fine alle sue disastrose ripercussioni umanitarie sui civili, sui bambini, sulle donne, sugli anziani e sui civili disarmati, continuare ad agire, in coordinamento con la comunità internazionale, al fine di porre fine alle gravi violazioni israeliane del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario e alla messa a repentaglio della pace e della sicurezza regionale e internazionale da parte di Israele”; ed ancora di “mettere in guardia dal pericolo dell’escalation che sta travolgendo la regione e dalle sue conseguenze regionali e internazionali, dall’espansione dell’aggressione che dura da oltre un anno contro la Striscia di Gaza e che si è estesa al Libano, e dalla violazione della sovranità della Repubblica dell’Iraq, della Repubblica araba siriana e della Repubblica islamica dell’Iran, senza che la comunità internazionale si preoccupi”.
Il testo finale invita altresì “la comunità internazionale a dare piena attuazione al parere consultivo della Corte internazionale di giustizia del 19 luglio 2024 volto a porre fine all’occupazione israeliana, rimuoverne gli effetti e risarcirne i danni il prima possibile”; “Condannare con la massima fermezza quanto è stato svelato degli orribili e scioccanti crimini commessi dall’esercito di occupazione israeliano nella Striscia di Gaza nel contesto del crimine di genocidio, tra cui fosse comuni, crimini di tortura, esecuzioni sul campo, sparizioni forzate, saccheggi e pulizia etnica, in particolare nella Striscia di Gaza settentrionale nelle ultime settimane, e invitare il Consiglio di sicurezza a formare un comitato d’inchiesta internazionale indipendente e credibile per indagare su questi crimini e adottare misure serie per impedire l’obliterazione di prove e dimostrazioni per assicurare i responsabili alle loro responsabilità e garantire che non sfuggano alla punizione”; “Condannare fermamente la continua e persistente aggressione israeliana contro il Libano e la violazione della sua sovranità e dell’inviolabilità dei suoi territori, chiedere un cessate il fuoco immediato e la piena attuazione della risoluzione n. 1701 (2006) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in tutte le sue disposizioni e insistere sulla solidarietà con la Repubblica libanese nell’affrontare questa aggressione”; “Condannare inequivocabilmente gli attacchi deliberati da parte di Israele contro le forze di peacekeeping delle Nazioni Unite in Libano, che costituiscono una violazione diretta della Carta delle Nazioni Unite, e chiedere al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di ritenere Israele responsabile di aver garantito la sicurezza delle forze di peacekeeping delle Nazioni Unite che operano sotto l’egida della Forza di interim delle Nazioni Unite in Libano (UNIFIL)”; “Rifiutare lo spostamento forzato dei cittadini palestinesi all’interno o all’esterno del loro territorio, che costituisce un crimine di guerra e una flagrante violazione del diritto internazionale che dovremmo affrontare insieme”; “Invitare tutti i paesi a vietare l’esportazione o il trasferimento di armi e munizioni a Israele”; “Sollecitare la Corte penale internazionale a emettere rapidamente mandati di arresto nei confronti di funzionari civili e militari israeliani per aver commesso crimini - rientranti nella giurisdizione della Corte -contro il popolo palestinese”. “Condannare la continua adozione e approvazione da parte della Knesset israeliana di leggi razziste e illegali, tra cui la cosiddetta legge che revoca l’immunità concessa ai dipendenti dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA), impedendole di operare nei territori palestinesi occupati e interrompendo le relazioni con essa, e la decisione di respingere la creazione di uno Stato palestinese; sottolineando che queste leggi e decisioni sono nulle, non valide e illegali, e invitando gli Stati membri delle Nazioni Unite a imporre sanzioni a Israele, potenza occupante, al fine di costringerlo a rispettare il diritto internazionale e le risoluzioni di legittimità internazionale, e invitando tutti gli Stati a fornire un efficace sostegno politico e finanziario all’agenzia”.

L’unità arabo-islamica contro Israele
L'unità arabo-islamica espressa a Riad la ritroviamo nelle dichiarazioni dei vari rappresentanti. Hussein Ibrahim Taha, segretario generale dell'Organizzazione per la cooperazione islamica, ha confermato il totale sostegno al popolo palestinese e la difesa dei suoi diritti legittimi, rilevando che: “Questo vertice conferma anche l’importanza dell’azione islamica congiunta e il suo ruolo nel raggiungimento dell’unità e della solidarietà, nel coordinamento delle posizioni, nell’espressione della voce collettiva degli Stati membri e nel rafforzamento dei loro sforzi congiunti nei forum internazionali. Al fine di mobilitare la responsabilità della comunità internazionale nel fermare l’aggressione israeliana in corso, portare aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, ritenere responsabile l’occupazione israeliana e ampliare il riconoscimento dello Stato di Palestina”. “L’Osservatorio Legale, istituito su raccomandazione del vertice precedente, - ha aggiunto Taha - lavora per documentare i crimini dell’occupazione israeliana. Per poterlo utilizzare in futuro per presentare nuove cause contro di lui nei tribunali internazionali”. Il segretario generale dell'OIC ha avvertito altresì del pericolo dei tentativi israeliani di espandere il conflitto in una guerra globale nella Regione, rilevando che “Si teme il pericolo dei tentativi di Israele di espandere il conflitto in una guerra globale nella regione. Come risultato della continuazione e dell’escalation dell’aggressione militare israeliana contro il Libano e altri territori”, e ciò “richiede alla comunità internazionale, in particolare al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, di assumersi le proprie responsabilità e di far rispettare le proprie decisioni relative al conflitto arabo-israeliano, oltre a sponsorizzare un percorso politico che porti a rafforzare la pace e la stabilità nella regione basata sulle risoluzioni di legittimità internazionale”.
Il segretario generale della Lega araba Ahmed Aboul Gheit ha condannato l'impatto delle azioni israeliane sul futuro della regione, affermando che “L'occupazione sta distruggendo il futuro della pace nella regione". Aboul Gheit ha chiesto "un cessate il fuoco immediato in Libano [...] e le parole non sono più sufficienti per le sofferenze sopportate dal popolo palestinese".
In apertura, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha dichiarato che il suo Paese è al fianco del popolo palestinese e libanese, condannando categoricamente il “genocidio collettivo” che Israele sta commettendo contro i palestinesi. Il leader saudita ha esortato i leader mondiali ad assumersi le proprie responsabilità per “preservare la pace e la sicurezza internazionale, fermando immediatamente le azioni israeliane contro i nostri fratelli in Palestina e Libano”. Ha inoltre intimato a Israele di rispettare la sovranità dell’Iran e astenersi da attacchi contro i suoi territori.
Il vicepresidente iraniano Mohammad Reza Aref ha sottolineato che la "falsa esistenza dell'entità sionista fa credere ai suoi leader che la loro sopravvivenza dipenda dal commettere crimini e uccisioni nei territori palestinesi occupati".“Il mondo – ha aggiunto - si aspetta che la futura amministrazione Trump metta fine alle guerre nella Striscia di Gaza e in Libano” ma “Abbiamo assistito all'uccisione di decine di migliaia di donne e bambini con il sostegno degli Stati Uniti", osservando che "a causa del sostegno illimitato dell'amministrazione statunitense all'entità occupante, la comunità internazionale non è in grado di fermare il genocidio e l'uccisione di persone innocenti", sottolineando la necessità di misure per prevenire ulteriori aggressioni israeliane e definendo l’uccisione dei leader di Hamas e di Hezbollah come “terrorismo di stato israeliano”.
Il primo ministro libanese Najib Mikati ha ribadito l'impegno del Libano nei confronti della risoluzione 1701 delle Nazioni Unite, che mira a mantenere la pace lungo il confine tra Libano e Israele. "Siamo impegnati nella risoluzione 1701 in tutti i suoi termini", ha affermato, sollecitando il sostegno alle istituzioni libanesi e la continuazione degli aiuti di emergenza. Mikati ha messo in guardia dalla "crisi esistenziale senza precedenti del Libano dovuta alla continua aggressione israeliana", sottolineando che "gli impatti economici dell'escalation israeliana si aggiungono alla portata di questa tragedia".
Il presidente siriano Bashar al-Assad ha dato priorità alla protezione delle vite palestinesi, dichiarando che "la priorità è fermare il genocidio e i massacri perpetrati dall'occupazione israeliana". Al-Assad ha messo in discussione il significato dei diritti "se ai palestinesi viene negato il diritto di vivere". Ha anche chiesto un approccio pratico, sottolineando, "Saremo partner nel genocidio in corso senza un piano esecutivo", sollecitando "decisioni sane per prevenire ulteriori atrocità in Libano e a Gaza".
Il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas ha criticato l'inazione della comunità internazionale, affermando che "La comunità globale non è riuscita a fermare l'aggressione israeliana a Gaza". Ha chiesto la sospensione dell'appartenenza dell'occupazione israeliana alle Nazioni Unite se non rispetta le risoluzioni internazionali, esortando "le nazioni di tutto il mondo a riconsiderare le loro relazioni con Israele a causa delle sue violazioni del diritto internazionale".
Il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi ha sottolineato la gravità del momento, dichiarando che "il futuro della regione e del mondo è ora a un bivio, soprattutto alla luce dell'aggressione contro il Libano e Gaza". El-Sisi ha ribadito l'impegno dell'Egitto a resistere ai tentativi di mettere da parte la causa palestinese, sottolineando che "Il Cairo si opporrà a qualsiasi piano per eliminare la questione palestinese". Ha sostenuto che "la condizione essenziale per la stabilità è la creazione di uno stato palestinese indipendente".
Il re di Giordania Abdullah II ha sollecitato un'azione immediata per alleviare la crisi, chiedendo una "rapida intensificazione degli sforzi per rompere il blocco di Gaza, allentare le tensioni in Cisgiordania, sostenere la sovranità libanese e porre fine alla guerra in Libano". Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha messo in guardia dalle ambizioni del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, accusando il governo israeliano di aumentare le tensioni militari contro l'Iran mentre continua gli attacchi al Libano. Ha sostenuto che l'obiettivo israeliano era "stabilirsi a Gaza e sradicare la presenza palestinese in Cisgiordania e al-Quds orientale". Erdogan ha sottolineato la necessità di un'azione globale per contrastare questi piani, proponendo "l'isolamento internazionale di Israele a meno che non ponga fine alla sua aggressione". Ha esortato tutte le nazioni a sostenere la causa legale del Sudafrica contro l'occupazione presso la Corte internazionale di giustizia e "incoraggiare più paesi a riconoscere lo Stato di Palestina".
Hamas ha invitato i paesi arabi e musulmani a “mettere in atto le dichiarazioni fatte al vertice e a costringere Israele a fermare la sua aggressione”. Da Tel Aviv pronta è giunta la solita risposta sprezzante del ministro degli esteri israeliano Gideon Saar, che ha definito la creazione di uno stato palestinese “un progetto irrealistico”. “Sarebbe in realtà uno stato di Hamas”, ha affermato.

20 novembre 2024