Un paradosso dell’elettoralismo borghese
Le masse li abbandonano e loro cantano vittoria

All’indomani del risultato delle elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Umbria abbiamo assistito ad un vero e proprio paradosso dell’elettoralismo borghese: metà dell’elettorato si è astenuto prendendo decisamente le distanze dai governi locali, dalle istituzioni rappresentative borghesi regionali e dai partiti del regime capitalista neofascista e loro glissano, fanno finta di niente e addirittura cantano spudoratamente vittoria.
Con impareggiabile faccia tosta i neoeletti governatori delle due regioni, Michele De Pascale e Stefania Proietti, e le forze politiche che li hanno sostenuti, millantano consensi strepitosi. La segretaria PD Elly Schlein parla di “due straordinarie vittorie“. Il portavoce del M5S Giuseppe Conte parla di “Vittoria strepitosa” in Umbria e di una “grande vittoria” in Emilia-Romagna. Per i due esponenti di AVS, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, addirittura si tratterebbe di una “vittoria storica”.

La verità occultata
I numeri dicono tutt’altro. Dicono innanzitutto che il 54,6% delle elettrici e degli elettori dell’Emilia-Romagna e il 49,1% di quelli dell’Umbria hanno disertato le urne, annullato la scheda o l’hanno lasciata in bianco. Dicono che l’astensionismo è il primo “partito” in entrambe le regioni con un distacco abissale di consensi dal secondo partito, il PD. Dicono che in Emilia-Romagna l’astensionismo è cresciuto di ben 20,9 punti percentuali rispetto alle precedenti elezioni regionali del 2020 e in Umbria è cresciuto del 12,1% rispetto alle precedenti regionali del 2019.
Se non si tiene conto del risultato, questo sì strepitoso, dell’astensionismo la realtà risulta completamente distorta e manipolata. Michele De Pascale è stato eletto in Emilia-Romagna con il 56,8% dei voti validi, ma se rapportiamo i voti ottenuti all’intero corpo elettorale questa percentuale precipita al 25,8%, ossia non la metà ma solo un quarto dell'elettorato lo ha votato. Ugualmente in Umbria, Stefania Proietti che è stata eletta col 51,1% dei voti validi, in realtà ha ottenuto solo il 26% di consensi dell’elettorato, poco più di un elettore su quattro.
La “sinistra” borghese non ha proprio nulla da cantar vittoria. La coalizione che ha sostenuto De Pascale in Emilia-Romagna ha perso 183 mila elettori rispetto alle precedenti elezioni. Il PD ne ha persi 108 mila rispetto alle precedenti regionali e migliaia di voti anche rispetto alle politiche 2022 e alle europee 2024. Il M5S dimezza i consensi rispetto al 2020, perde addirittura 175 mila voti rispetto alle politiche 2022 e quasi 50 mila voti rispetto alle europee 2024.
Anche AVS, che pure si è vantata di essere divenuta la seconda forza della coalizione dopo il PD, perde in Emilia-Romagna oltre 20 mila voti rispetto alle politiche e oltre 50 mila rispetto alle ultime europee. Stesso trend in Umbria dove perde consensi rispetto alle politiche ma soprattutto il 38% dei consensi ottenuti alle europee.
Davvero un magro bottino in due regioni considerate storicamente “rosse” dove fino a qualche decina di anni fa la partecipazione alle urne era stabilmente al 90% e il PCI revisionista da solo otteneva quasi il 50% di consensi.
Non se la passano meglio i partiti della destra del regime e del governo neofascista Meloni. Non solo si son visti strappare il governo dell’Umbria e non sono riusciti a ottenere quello dell’Emilia-Romagna, ma hanno registrato cali considerevoli di consensi. La coalizione di destra nel suo complesso perde in Emilia-Romagna più di un terzo dei suoi elettori rispetto alle precedenti regionali 2020, 387 mila elettori per la precisione. In Umbria la governatrice uscente, Donatella Tesei, passa dai 255.158 voti presi nel 2019 ai 164.727 della consultazione odierna polverizzando nei suoi cinque anni di governo un terzo del proprio elettorato.
Fratelli d’Italia, favorita dal crollo verticale di consensi della Lega, guadagna in Emilia-Romagna,169 mila voti rispetto alle regionali 2020 ma ne perde ben 222 mila rispetto alle politiche 2022 e 201 mila rispetto alle europee 2024. Anche in Umbria il partito neofascista della Meloni guadagna qualcosa rispetto al 2019 ma perde oltre la metà dei voti presi alle politiche 2022 e alle europee 2024.
La Lega fascista e razzista subisce un vero e proprio tracollo perdendo rispetto alle precedenti regionali 9 elettori su 10 in Emilia-Romagna (da 697.205 voti agli odierni 78.734) e 5 elettori su 6 in Umbria (da 154.413 a 24.729).
Forza Italia canta vittoria solo perché avvantaggiandosi del tracollo leghista riesce a superare il partito di Salvini pur con percentuali al di sotto del 5% degli elettori.

Crisi della “democrazia”?
Quando non lo ignorano, i partiti del regime e i mass media a loro asserviti sia della destra che della “sinistra” borghese parlano dell’astensionismo come una “ferita alla democrazia”, espressione di una “democrazia malata” e in “crisi”. Secondo il segretario del PRC, Maurizio Acerbo, addirittura “l’astensione testimonia una drammatica crisi democratica”.
Ma di quale democrazia si parla? Della democrazia borghese ovviamente. Di quella democrazia che, come già Marx aveva smascherato, permette alle classi oppresse periodicamente il diritto di votare i rappresentanti della classe borghese che “rappresenteranno e schiacceranno” il popolo in parlamento e nelle altre istituzioni rappresentative. Di quella democrazia borghese ormai fascistizzata che in Italia è sfociata in un vero e proprio regime capitalista neofascista attraverso le controriforme costituzionali, parlamentari ed elettorali, le leggi liberticide e quelle in corso di approvazione come il premierato, l'autonomia differenziata, i decreti “sicurezza”.
L’elettoralismo borghese non dà alcun potere al popolo, tanto meno in una democrazia borghese fascistizzata come l’attuale, ma solo lo inganna il popolo, gli fa credere di poter contare e scegliere, cerca di dare una base di consenso di massa al parlamento e alle istituzioni rappresentative borghesi, al regime capitalista neofascista e ai suoi governi nazionale, regionali e locali, ai suoi partiti.
L’astensionismo non è dunque una “malattia”, ma il primo passo della guarigione dalle illusioni elettoraliste, parlamentariste, governative, costituzionaliste e pacifiste e dalle trappole della democrazia borghese che tengono imprigionati nel capitalismo il proletariato e le masse popolari, giovanili e femminili sfruttate e oppresse. Anche se l'astensionismo non è ancora praticato a livello di massa come un voto anticapitalista e rivoluzionario, come un voto dato al PMLI e al socialismo
Periodicamente la classe dominante borghese crea nuove trappole politiche ed elettorali, dando vita a “nuovi” soggetti e “nuovi” partiti per poter continuare a ingannare e controllare il proletariato, le masse e le nuove generazioni, allontanandoli dalla lotta politica, di classe e di piazza e ingabbiandoli nel pantano del regime.
Trappole che spesso si sono smascherate da sole e si sono esaurite nel giro di pochi anni. È stato così, dopo la liquidazione del PCI revisionista, con il PRC e il PdCI e dei loro derivati PCI, PC, PCL, Rete dei comunisti e altri, con il PD “rinnovato” di Renzi, con i partiti “antisistema” come la Lega di Salvini, il M5S di Grillo e Conte, AVS, Potere al popolo.
C’è da giurarci che la classe dominante borghese continuerà a inventare nuove trappole politiche e elettorali per contenere il dissenso, la protesta e la ribellione delle masse verso le istituzioni e i governi del regime capitalista neofascista a ogni livello. Giuseppe Conte ha già dato il via alla creazione di un suo partito “progressista indipendente” sulle ceneri del M5S di Grillo in concorrenza col PD per “cambiare il sistema”, intanto facendo il gioco di Putin nell'aggressione all'Ucraina.

Il vero cambiamento
Battere la destra sul piano elettorale non significa affatto aprire la strada a un vero cambiamento come sostengono Schlein e compagnia.
Negli ultimi decenni in parlamento e nei consigli regionali e comunali si sono avvicendati governi di “centro-sinistra”, di “centro-destra”, di destra e di altre denominazioni, ma niente è cambiato se non in peggio per il proletariato e le masse popolari. Si pensi allo sfascio della sanità, della scuola e delle università, alle condizioni economiche, di vita e di lavoro delle masse, al disastro ambientale.
Come ha dimostrato la storia, l’unico vero e duraturo cambiamento passa dalla distruzione del capitalismo e dalla conquista del socialismo e del potere politico del proletariato.
Per questo occorre liberarsi dall'influenza dell’elettoralismo, del parlamentarismo, del governismo, del riformismo, del pacifismo e del costituzionalismo.
I sinceri e combattivi democratici e antifascisti come Tomaso Montanari hanno capito che il governo Meloni è neofascista, che il PD di Schlein e il Movimento 5 stelle di Conte non sono una vera alternativa e che l'astensionismo di metà dell'elettorato “ha certificato un dato fondamentale: il popolo e la politica si sono separati”.
Ma ancora non sono riusciti a capire che per cambiare realmente le cose bisogna uscire da sinistra dal capitalismo e dalla Costituzione.
Giustamente Montanari, su “Il Fatto” del 25 novembre, sostiene che la “nuova politica è la lotta”. Ma quale lotta? Quella suggerita dal ricercatore americano Adam Greenfield che nel suo libro “Emergenza” sostiene che bisogna partire “dai programmi di sopravvivenza delle Pantere nere negli anni Settanta, agli esperimenti di municipalismo in Spagna e nel Rojava, fino ai gruppi di autoaiuto sorti a New York durante l'uragano Sandy”?
Ma questo non è altro che un'altra variante di riformismo, che per sua natura non è in grado di fare nemmeno un graffio al sistema che Montanari combatte a viso aperto, con forza e coraggio.
Forse è giunto il momento che Montanari e i democratici antifascisti del suo stampo facciano una riflessione più profonda e più generale su quello che occorre per cambiare radicalmente la società. In questa riflessione perché non valutare la proposta del PMLI del socialismo? Noi siamo pienamente disponibili a discuterne, a confrontarci senza pregiudiziali.
Il problema è: quale classe deve essere al potere, il proletariato o la borghesia?; quale sistema economico, il socialismo o il capitalismo?
Prima o poi tutte le forze democratiche antifasciste e progressiste anche credenti, specie cattoliche e islamiche, non potranno non fare i conti con questo storico e decisivo problema.
La lotta di classe, la lotta contro il governo neofascista Meloni, contro i governi regionali e comunali da qualsiasi maggioranza siano formati, va portata tutta quanta al di fuori delle istituzioni rappresentative borghesi. Lo sviluppo della lotta di classe, la lotta per la disgregazione e l'abbattimento dello Stato borghese e per il cambiamento del sistema economico, istituzionale, giudiziario, culturale, morale e sociale richiedono nel nostro Paese una netta separazione, anche sul piano istituzionale, tra il proletariato e i suoi alleati e la borghesia e i suoi alleati.
A ciascuno i propri sistemi elettorali e regole assembleari. Il parlamentarismo alla borghesia, la democrazia diretta al proletariato. E per realizzare ciò il PMLI propone di creare in tutto il territorio nazionale le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia diretta.
Sono concetti basilari della strategia e della tattica del PMLI per la conquista del socialismo in Italia che sono stati messi a fuoco e rilanciati soprattutto in numerosi scritti e discorsi dal compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale e Maestro del PMLI, che merita andare a rileggere e studiare. In questa occasione vogliamo segnalare il discorso di Scuderi al 5° Congresso nazionale del Partito del dicembre 2008, e in particolare il bellissimo capitolo su “Il socialismo”, e il più recente magistrale discorso per il 45° Anniversario della scomparsa di Mao, “Applichiamo gli insegnamenti di Mao sul revisionismo e sulla lotta di classe per il socialismo”, del settembre 2021, nel quale si possono leggere queste illuminanti, stimolanti e rassicuranti parole per tutti i sinceri fautori del socialismo e specialmente per le ragazze e i ragazzi anticapitalisti e rivoluzionari: “In Italia vige il capitalismo che vive grazie allo sfruttamento del proletariato, delle lavoratrici e dei lavoratori, ed è la causa di tutti i mali, le ingiustizie e le sopraffazioni che soffre il popolo italiano. Abbiamo quindi il dovere e il compito di distruggere il capitalismo per eliminare questo stato di cose e instaurare il socialismo e il potere politico del proletariato, affinché il popolo possa avere tutto ciò di cui ha bisogno senza essere più sfruttato e oppresso. Non importa il tempo che ci vorrà: un decennio, un secolo o di più. Se non ci riusciremo noi, ci riusciranno le generazioni future di marxisti-leninisti, sicuri che alla fine il capitalismo sarà reso in polvere… Arriveremo senz'altro al socialismo, come è stato possibile in Russia, in Cina e in altri paesi, ma intanto concentriamoci, con tranquillità, senza ansie e con fiducia verso l'avvenire, nella lotta quotidiana tesa a strappare al capitalismo e al suo governo quante più cose possibile a favore del popolo”.

27 novembre 2024