Sentenza della Corte penale internazionale dell'Aia
I criminali di guerra Netanyahu e Gallant vanno arrestati
Il papa: “Bisogna indagare se a Gaza c'è un genocidio”
Hamas: “È un passo importante verso la giustizia”
La cronaca che quotidianamente registra il genocidio palestinese dei criminali nazisionisti a Gaza si apriva il 21 novembre con la notizia del massacro a Beit Lahia, nel nord della Striscia, dove i caccia di Tel Aviv distruggevano un intero isolato vicino all'ospedale Kamal Adwan. Secondo quanto riferito da Al Jazeera e dall'agenzia di stampa palestinese Wafa ci sono state almeno 66 morti, la maggior parte donne e bambini, e più di 100 feriti. Molti sono i dispersi in una zona residenziale già densamente abitata e piena di sfollati, cacciati dalla loro case dalla politica di pulizia etnica messa in atto dai sionisti nella zona. Il direttore dell'ospedale denunciava che il personale medico si è ritrovato ad aiutare a recuperare i corpi da sotto le macerie a mani nude: “i bambini sono a pezzi, i neonati vengono tirati fuori mentre stringono i loro biberon. L'attacco è avvenuto così vicino all'ospedale che persino i corpi sono stati gettati nei suoi cortili dalla forza delle esplosioni. La scena è oltremodo orribile, le parole non possono descriverla”.
Appare del tutto conseguente la notizia diffusa poco dopo della decisione all'unanimità dei tre giudici della sezione della Corte penale internazionale (CPI) dell'Aja di emettere il mandato d'arresto per crimini contro l'umanità e crimini di guerra contro il premier nazisionista Benjamin Netanyahu e l'ex ministro della Difesa Yoav Gallant accogliendo la richiesta presentata il 20 maggio scorso dal procuratore Karim Khan, quando il massacro palestinese a Gaza dei nazisionisti non aveva ancora raggiunto il culmine registrato con l'offensiva iniziata ai primi di ottobre e ancora in corso.
Con un comunicato stampa la CPI comunicava il 21 novembre l'emissione dei due mandti di arresto per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi almeno dall’8 ottobre 2023 fino almeno al 20 maggio 2024, quando la Procura ha presentato le sue richieste. “I mandati d’arresto sono classificati come 'segreti’, al fine di proteggere i testimoni e salvaguardare lo svolgimento delle indagini. Tuttavia, la Camera ha deciso di rilasciare le informazioni di seguito riportate, in quanto una condotta simile a quella oggetto del mandato d’arresto sembra essere in corso”, precisava il comunicato avvisando che i crimini sono ancora in corso e l'accusa è chiara: “la Camera ha ritenuto che vi siano ragionevoli motivi per ritenere che entrambi gli individui abbiano intenzionalmente e consapevolmente privato la popolazione civile di Gaza di prodotti indispensabili alla sua sopravvivenza, tra cui cibo, acqua, medicine e forniture mediche, nonché carburante ed elettricità, almeno dall’8 ottobre 2023 al 20 maggio 2024. Questa constatazione si basa sul ruolo di Netanyahu e Gallant nell’impedire gli aiuti umanitari in violazione del diritto umanitario internazionale e sulla loro mancata facilitazione dei soccorsi con tutti i mezzi a disposizione. La Camera ha rilevato che la loro condotta ha portato all’interruzione della capacità delle organizzazioni umanitarie di fornire cibo e altri beni essenziali alla popolazione bisognosa di Gaza. Le suddette restrizioni, insieme al taglio dell’elettricità e alla riduzione della fornitura di carburante, hanno avuto un grave impatto sulla disponibilità di acqua a Gaza e sulla capacità degli ospedali di fornire assistenza medica” e quindi “la Camera ha trovato ragionevoli motivi per ritenere che Netanyahu e Gallant siano responsabili penalmente del crimine di guerra della fame come metodo di guerra”.
Ma non solo, “la Camera ha riscontrato che ci sono ragionevoli motivi per credere che la mancanza di cibo, acqua, elettricità e carburante, e di specifiche forniture mediche, abbia creato condizioni di vita calcolate per portare alla distruzione di parte della popolazione civile a Gaza, che ha causato la morte di civili, compresi i bambini a causa della malnutrizione e della disidratazione” e quindi “ha riscontrato che ci sono ragionevoli motivi per ritenere che il crimine contro l’umanità di omicidio sia stato commesso in relazione a queste vittime”. Inoltre, “limitando o impedendo intenzionalmente l’accesso a Gaza alle forniture mediche e alle medicine, in particolare agli anestetici e alle macchine per l’anestesia, i due soggetti sono anche responsabili di aver inflitto grandi sofferenze con atti inumani a persone bisognose di cure” e “ciò equivale al crimine contro l’umanità di altri atti inumani”; “la condotta summenzionata ha privato una parte significativa della popolazione civile di Gaza dei suoi diritti fondamentali, compresi i diritti alla vita e alla salute, e che la popolazione sia stata presa di mira per motivi politici e/o nazionali. Pertanto, ha ritenuto che sia stato commesso il crimine contro l’umanità di persecuzione”; infine, “la Camera ha valutato che ci sono ragionevoli motivi per ritenere che Netanyahu e Gallant siano responsabili penalmente, in qualità di superiori civili, per il crimine di guerra di aver intenzionalmente diretto attacchi contro la popolazione civile di Gaza”.
La sentenza della CPI è stata accolta con favore da Hamas: “è un passo importante verso la giustizia e può portare a un risarcimento per le vittime in generale, ma rimane limitato e simbolico se non è sostenuto con tutti i mezzi da tutti i paesi del mondo", dichiarava Bassem Naim, membro dell'ufficio politico di Hamas chiamando anzitutto i 124 firmatari dell'atto che ha istituito la Corte penale a applicarla. Così come dichiarava l'ambasciatrice della Palestina in Italia, Abeer Odeh: “la Corte penale internazionale stabilisce che quanto sta accadendo a Gaza è inaccettabile e che chi compie questi atti criminali debba essere perseguito legalmente. Ci aspettiamo che i 124 Paesi aderenti alla Statuto di Roma, compresa l'Italia, attuino gli ordini emessi dalla Corte, perché non si tratta di una scelta ma di un dovere". In altre parole la decisione della Corte non è una posizione politica ma un atto giuridico e va applicato.
Di opposta opinione i nazisionisti che in prima battuta rispondevano col presidente Isaac Herzog, “oggi è un giorno buio per la giustizia, un giorno buio per l'umanità", che condannava “l'oltraggiosa decisione” della Corte, una decisione “presa in malafede che "ha trasformato la giustizia universale in una barzelletta facendosi beffe dei sacrifici di tutti quelli che si sono battuti per la giustizia, dalla vittoria degli alleati sui nazisti ad oggi”; una decisione che "ignora la sofferenza dei 101 ostaggi israeliani tenuti in brutale prigionia da Hamas a Gaza, ignora l'uso cinico da parte di Hamas del proprio popolo come scudo umano" e ignora "il fatto fondamentale che Israele è stato barbaramente attaccato e ha il dovere e il diritto di difendere il proprio popolo", che "ignora il fatto che Israele è una vibrante democrazia che agisce nell'ambito del diritto umanitario ed è impegnato a provvedere alle necessità umanitarie della popolazione". Il presidente sionista ignora, o finge di ignorare, che i settanta anni di occupazione e repressione dei diritti dei palestinesi fino ai massacri dell'ultimo anno, al genocidio in atto a Gaza, sono sotto gli occhi di tutto il mondo e provano l'esatto contrario di quanto afferma. E concludeva attaccando ancora “questo cinico sfruttamento delle istituzioni legali internazionali (dei quali i nazisionisti si fanno regolarmente beffe, ndr) ci ricorda ancora una volta la necessità di una vera chiarezza morale di fronte a un impero iraniano del male che cerca di destabilizzare la nostra regione e il mondo e di distruggere le stesse istituzioni del mondo libero”, richiamando il ruolo dei nazisionsiti di argine contro l'asse avversario nella regione per conto dell'imperialismo dell'Ovest, una patente che legittimerebbe il genocidio palestinese, l'aggressione a Libano e Siria, gli attacchi all'Iran. Il leader nazisionista Netanyahu si limitava a definire quella dell’Aia “un decisione antisemita”, “assurda e falsa”.
Non ci potevano essere dubbi che gli argomenti della propaganda sionista erano presi pari pari dall'alleato e complice imperialismo americano. Dal presidente uscente Biden, “l'emissione di mandati di arresto da parte della CPI contro i leader israeliani è scandalosa”, supportato dal portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale che attacacva “la fretta del Procuratore di richiedere mandati di arresto”, in sintonia col subentrante Trump che tramite Mike Waltz, candidato alla carica di Consigliere per la sicurezza nazionale, annunciava che “a gennaio ci si può aspettare una forte risposta al pregiudizio antisemita della Cpi e dell'Onu”, e possibili sanzioni personali contro il procuratore capo Karim Khan e contro i giudici che hanno emesso i mandati, da parte della nuova amministrazione Usa.
Gli Usa, assieme a Israele, Cina, Russia, India, Arabia Saudita e altri paesi non hanno firmato lo Statuto di Roma e appoggiano la Corte solo quando ne hanno convenienza. I paesi europei invece sono tra i firmatari ed era del tutto normale che l'Alto rappresentate dell'Unione Europa per la politica Estera, il socialista spagnolo Josep Borrell, dichiarasse che i mandati d'arresto emessi dalla Corte contro Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant sono "vincolanti" e tutti i membri della Ue devono garantirne l'applicazione: “non è una decisione politica, è una decisione di un tribunale di giustizia internazionale e la decisione dei tribunali devono essere sempre rispettate e applicate". A dire il vero per i principali paesi europei, sostenitori e complici dei nazisionisti, quella della Corte è una posizione per nulla vincolante. L'unità dei paesi imperialisti dell'Ovest raggiunta a sostegno della Corte quando ha condannato il nemico Putin per l'Ucraina si dissolveva come neve al sole di fronte alla necessità di fare barricate per difendere l'alleato Netanyahu, magari senza dirlo apertamente.
Esplicativo l'esempio dell'imperialismo italiano col governo della ducessa Meloni che esprimeva tre posizioni diverse. La prima era del ministro della Difesa Crosetto che anticipava tutti e affermava che “ritengo che la sentenza della Corte penale internazionale sia sbagliata ma se Netanyahu e Gallant venissero in Italia dovremmo arrestarli perché noi rispettiamo il diritto internazionale”; la seconda del vicepremier Matteo Salvini che in piena sintonia col camerata ungherese Orban dichiarava che “se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri". La ducessa Meloni come sempre più spesso le capita nelle delicate questioni nazionali e internazionali, aspettava a prendere posizione, la efficacissima macchina propagandistica del suo governo neofascista forse si inceppa e con inspiegabile ritardo interveniva solo per dire: devo leggere le carte, che su una vicenda in primo piano da più di un anno, si può leggere come: sono dalla parte dei criminali ma non so come dirlo e prendo tempo. La scusa era quella di aspettare la riunione dei ministri delgi esteri del G7 del 25 e 26 novembre a Fiuggi per concordare una posizione comune, come fosse una questione politica. Per coprire l'imbarazzante dichiarazione di Crosetto, la ducessa ricorreva al fido ministro degli Esteri Antonio Tajani per inondare le agenzie con una serie di dichiarazioni che presentavano la posizione ufficiale del governo secondo la sua prima definizione: “approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte Penale Internazionale. Motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica”. Ci mancava solo che si lanciasse nella consueta e ridicola accusa contro le “toghe rosse”, mentre Tajani dal G7, che al momento un cui scriviamo non è finito, attaccava la Corte definendo la sentenza una decisione che “non serve alla pace, è irrealizzabile. La pace è la cosa principale, non si risolve con queste scelte", sono “scelte velleitarie che servono solo a prolungare la guerra e dare forza a Hezbollah e all’Iran”. L'imperialismo italiano è in piena sintonia coi nazisionisti.
I criminali di guerra Netanyahu e Gallant saranno arrestati se metteranno piede in Spagna, “la Spagna rispetta la decisione della CPI e rispetterà i suoi impegni e obblighi in relazione allo Statuto di Roma e al diritto internazionale”, così come in Irlanda, Finlandia e Portogallo. Il portavoce del Ministero degli Esteri francese dichiarava che Parigi avrebbe agito “in linea con gli statuti della CPI” ma non garantiva alcun arresto affermando che si trattava di “un punto giuridicamente complesso”, un modo ipocrita per dire che la Francia non avrebbe rispettato l'ordine della Corte per non pregiudicare il ruolo di “mediatore” che ambisce ad avere in Libano. Stessa posizione della Germania, fra i maggiori sostenitori dei nazisionisti, espressa dalla Ministra degli Esteri, Annalena Baerbock dal G7 di Fiuggi: Berlino sta esaminando i mandati, evidentemente li studierà assieme alla Meloni, e per quanto sia “vincolata” dal tribunale in quanto paese che riconosce l’organismo e rispetta il diritto internazionale, ritiene al momento solo “teorica” la questione dell’arresto o meno di Netanyahu e Gallant. Eppure neanche due giorni prima aveva dichiarato che “il governo tedesco rispetta la legge, nessuno è al di sopra della legge” e Berlino, se dovesse presentarsi l’occasione, rispetterà i mandati di arresto perché rispetta “l’indipendenza della magistratura. Che in questo caso è giunta alla conclusione che ci sono prove sufficienti per compiere questo passo”. La Gran Bretagna, secondo un portavoce del Primo Keir Starmer, “rispetta l’indipendenza della CPI”, ma non è detto che eseguirà i mandati. Il Primo Ministro canadese Justin Trudeau dichiarava che il Canada “rispetterà tutti i regolamenti e le sentenze dei tribunali internazionali”. Vedremo come il G7, a cui si è affidata la ducessa Meloni, risolverà la questione.
Svicolava anche il cardinale Pietro Parolin, a margine di un evento all'Università Lumsa di Roma del 22 novembre, “abbiamo preso nota di quanto avvenuto ma quello che a noi interessa è che si ponga fine alla guerra”, mentre difendeva la posizione espressa dal Papa nel suo nuovo libro che uscirà per il Giubileo ed anticipata da La Stampa del 17 novembre sulla necessità di “indagare se a Gaza c'è un genocidio”. “A detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per determinare se s’inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali”, ha scritto il Papa e Parolin per rispondere alle accuse sioniste precisava che “non c’è nessun antisemitismo in quello che ha detto il Papa, è la posizione della Santa Sede”.
Ricordiamo infine che al 25 novembre il ministero della Salute della Striscia di Gaza aggiornava il bilancio del genocidio nazisionista a 44.235 morti e 104.638 feriti.
27 novembre 2024