Alle manifestazioni nazionali contro la violenza sulle donne di Roma e Palermo in prima linea le ragazze
Marea di donne in piazza
Stop al patriarcato, alla violenza sulle donne e di genere. Meloni e Valditara stupratori. Alle manifestazioni locali di Biella e Catania ben accolta la partecipazione del PMLI e tante discussioni tra i marxisti-leninisti e i partecipanti ai corteo
Il 23 novembre, data scelta dal movimento transfemminista Nonunadimeno (NUDM) per celebrare la giornata internazionale contro la violenza sulle donne (che ricorre il 25 novembre), una marea di donne, giovani e giovanissime ha invaso le piazze di Roma e Palermo dietro la parola d'ordine “Disarmiamo il patriarcato”. In tutte e due i cortei un lungo striscione riportava i nomi delle 106 donne vittime di femminicidio dall'inizio dell'anno.
Due cortei che hanno visto sfilare più di 155mila manifestanti. In prima linea le ragazze, che con la loro vivace, creativa e determinante combattività hanno caratterizzato i due colorati e rumorosi serpentoni. A Palermo sono scese in piazza intere famiglie per dire basta al patriarcato e condannare l'emarginazione nella quale le istituzioni centrali hanno da sempre relegato le donne del Sud. Il disagio per la mancanza di lavoro stabile, di servizi tipo asili nido, consultori, ospedali dove rivolgersi per l'interruzione di gravidanza, centri antiviolenza al Sud è una vera e propria mannaia che ricade sulle masse femminili meridionali.
Forte anche la partecipazione di uomini che ci hanno tenuto essere a fianco delle proprie compagne di vita, di lavoro o di studio.
In testa ai cortei hanno sfilato i centri antiviolenza. Numerosi i cartelli che riportavano slogan come: “siamo rivoluzione”, “se il patriarcato non esiste perché continuiamo a morire” e “vietare alle donne di lavorare è violenza”. Tanti gli slogan che denunciavano la totale noncuranza da parte del governo Meloni nei confronti dei centri antiviolenza e dei tagli perpetrati dal governo nei confronti dei finanziamenti destinati alle Regioni per i suddetti centri.
Ragazze, donne giovani e meno giovani che insieme hanno levato il grido unanime contro il patriarcato, contro Giorgia Meloni e il ministro Valditara accusati di fare violenza di Stato: "Gli stupratori sono i violenti, gli stupratori sono Giorgia Meloni e il ministro Valditara perché fanno violenza di Stato, non ci vogliono libere".
Prima della partenza del corteo di Roma viene bruciata da alcune attiviste del movimento “Aracne”, davanti alla sede del Ministero dell'Istruzione, la foto di Valditara, in risposta alla sua provocatoria affermazione a pochi giorni di distanza dalla manifestazione del 23 novembre, in occasione dell'inaugurazione della Fondazione Giulia Cecchettin (a un anno dal suo barbaro assassinio), che il patriarcato è solo una questione ideologica: “come fenomeno giuridico è finito con la riforma del diritto di famiglia del 1975” e che oggi “l'incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale”. In un punto stampa posto lungo il corteo una portavoce di NUDM ribadisce che “il patriarcato esiste e lo vediamo anche nei numeri. 106 femminicidi in un anno che sono soltanto la punta di un iceberg di una violenza che si perpetua nei posti di lavoro, nelle scuole, in ogni ambito della nostra esistenza - proseguendo - Le parole del ministro Valditara confermano l’urgenza di scendere in piazza. Il patriarcato esiste, non è ideologia e il razzismo istituzionale non è la risposta. L’assassino, il violento, l’abusante sono figli della nostra società e hanno quasi sempre le chiavi di casa... Se vogliamo stare sui dati è interessante vedere che più dell’80% delle persone che commettono violenza sono partner o ex partner. Questo ci dice che non conta la nazionalità ma la relazione che le donne instaurano con gli uomini e il senso di possesso che gli uomini hanno sulle donne che considerano proprie e questo è vero a ogni latitudine e in ogni parte del mondo”. Per questo motivo ad un certo punto dei due cortei di Roma e Palermo si è levato il suono assordante delle chiavi a simboleggiare le quattro mura domestiche sono luogo, per alcune donne, di violenza fisica e nei casi più estremi di morte.
A Roma il suono delle chiavi è salito mentre il corteo si è fermato sotto la sede della Fao per condannare il “silenzio complice dei governi occidentali sul massacro della popolazione palestinese. Le donne sono un bersaglio privilegiato”. A testimoniare la vicinanza con le donne e il popolo palestinesi vittime del genocidio perpetrato dal criminale di guerra nazisionista Netanyahu le molte bandiere palestinesi, le uniche bandiere permesse, che sventolavano insieme ai consueti “pañuelos” (fazzoletti color fucsia) di NUDM oltre ai numerosi cartelli riportanti lo slogan “Palestina libera, dal fiume fino al mare“.
Da parte delle studentesse e delle insegnanti non sono mancate le contestazioni “contro il progetto di una scuola autoritaria” di Meloni e Valditara. Un'insegnante in uno dei tanti comizi volanti rilancia la manifestazione nazionale del settore dell'istruzione per il 29 novembre.
Forte anche la condanna del famigerato ddl fascista sulla sicurezza “che si realizza nella criminalizzazione delle scelte di vita e del dissenso e nella militarizzazione del territorio”.
Sia a Roma che a Palermo spicca dai cartelli la necessità che hanno le donne di un lavoro vero, per renderle indipendenti economicamente. Le donne non hanno bisogno di una lavoro “povero”, si legge, che le costringe a rimanere in balìa del ricatto economico del marito, partner o compagno violenti, in riferimento e contro il part-time obbligatorio femminile che col governo neofascista Meloni ha raggiunto picchi da record. La ducessa non fa altro che pavoneggiarsi che da quando è salita al governo l'occupazione femminile è aumentata ma è pura falsità, si parla di contratti a tempo determinato, lavori sotto pagati e appunto part-time. Contrariamente a ciò che asserisce il livello di occupazione femminile in Italia è basso tanto da posizionarla all'ultimo posto in Europa, con il 55% contro la media europea del 70%.
Il governo Meloni sotto accusa anche per i suoi attacchi alla legge 194 fatti di tagli alla sanità e finanziamenti alle associazioni antiabortiste oltre che aver aperto loro le porte dei consultori. Fra l'altro al corteo di Roma è stato impedito di passare sotto la sede dell'associazione Pro Vita, “Vergogna, fateci passare”, hanno protestato alcune manifestanti con la polizia che blindava la strada, schierando anche gli idranti, “Manco rispondete quando chiamiamo il 1522 (numero istituzionale per denunciare una violenza, ndr) e voi chiudete una strada per difendere i pro vita”, hanno gridato alcune ragazze giovanissime. Molti giovani innalzavano cartelli con rivendicazioni come “aborto libero e sicuro”, nei consultori e in telemedicina con la pillola abortiva (o del giorno dopo).
Manifestazioni in contemporanea si sono tenute a Biella e Catania dove è stata molto apprezzata la partecipazione del PMLI e tante sono state le discussioni tra i marxisti-leninisti e i partecipanti ai corteo. Nell'occasione sono stati fatti volantinaggi e esposto il manifesto del PMLI “Fermare il femminicidio”, rimandiamo per ulteriori notizie alle cronache pubblicate a parte.
La giornata del 23 novembre di quest'anno ha confermato quanto emerso un anno fa il 25 novembre 2023, svoltasi dopo pochi giorni il barbaro assassinio di Giulia Cecchettin per mano del fidanzato Turetta, un avvenimento storico senza precedenti: la presa di coscienza delle nuove generazioni che il patriarcato va combattuto e abbattuto, che l'uomo non può e non deve in alcun modo condizionare la libertà della donna, che va fermamente e concretamente tutelata dal governo e dalle istituzioni.
Nelle manifestazioni del 23 novembre emerge un'ulteriore consapevolezza delle giovani generazioni: che il governo neofascista Meloni è oggi complice e sostenitore del patriarcato. È un fatto estremamente positivo ma è necessario fare un ulteriore salto di qualità. È necessario che la componente anticapitalista e antifascista delle nuove generazioni di ragazze comprenda fino in fondo che il governo Meloni è una dittatura neofascista in contrasto persino con la democrazia borghese e rappresenta una vera e propria iattura per le masse femminili. Il governo Meloni non può essere trattato come un qualsiasi governo borghese. L'antagonismo di classe e antifascista verso di esso è irriducibile e irrinunciabile. I segnali ci sono in questo senso come i cartelli con su scritto “Contro femminicidi, violenza, moderno medioevo. Lottare per rovesciare il governo Meloni che li fomenta” alla manifestazione di Palermo, essi ci fanno ben sperare che la componente anticapitalista, antifascista e antiMeloni delle masse femminili raccolga l'appello del PMLI per formare un vasto fronte unito in grado di buttar giù il governo Meloni dalla piazza.
Il passo successivo sarà quello di comprendere che se si vuole sradicare in modo definitivo il patriarcato dalla cultura e dalla prassi di ogni giorno occorre rovesciare questa marcia società capitalista e borghese e conquistare il socialismo e il potere politico da parte del proletariato femminile e maschile.
27 novembre 2024