Bologna
50.000 in piazza. Grande partecipazione allo sciopero e alla manifestazione regionale

Dal corrispondente del PMLI per l'Emilia-Romagna
Si è svolto il 29 novembre lo sciopero generale proclamato da Cgil e Uil contro la manovra finanziaria ritenuta “del tutto inadeguata a risolvere i problemi del paese, e per rivendicare l'aumento del potere d'acquisto di salari e pensioni e il finanziamento di sanità, istruzione, servizi pubblici e politiche industriali”, rivendicazioni a cui si aggiungevano la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e il ritiro del ddl 1660 “sicurezza”.
Uno sciopero che, seppur proclamato tardivamente, in quanto la legge è già stata scritta e depositata, praticamente blindata in parlamento, ha rappresentato risposta quantomai attesa contro la terza manovra antipopolare consecutiva del governo neofascista Meloni, ancor peggiore e devastante delle precedenti.
Grande partecipazione alle 43 manifestazioni territoriali in tutto il Paese, a partire da quella che si è svolta a Bologna, dove ha concluso gli interventi il Segretario generale della Cgil Maurizio Landini, e che ha visto la partecipazione di oltre 50.000 lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, studentesse e studenti.
A livello regionale le adesioni sono state molto alte, spesso con il 100%, solo come esempi: a Bologna 100% alle Biblioteche comunali, 98% Lamborghini, 95% Ducati, 90% Marelli, Granarolo 70%, a Rimini 60% nel commercio e turismo a Rimini e Riccione, a Rimini 95% alla Scm, Afv 90%, 85% Olivieri mobili, 80% Aesse, a Reggio Emilia 100% Dana Motyon System, Interpump-Reparto macchine, Margaritelli Ferroviaria 85%, a Piacenza 97% in Diamond Service, 85% alla Paver, A Parma 100% alla Citterio e alla Crown, 90% alla Zampieri Halding, 75% alla Parmalat, a Modena 95% all’Emmegi e all’Angelo Po, 90% alla Rossi Spa, a Ravenna 100% alla Cab Cervi, Marini 80%, anche a Forlì e Cesena 100% in diverse aziende.
In tutte le province della Regione i numeri sono stati questi, come grandi sono stati i numeri di coloro che hanno raggiunto il capoluogo per la manifestazione regionale: 2.500 da Modena, un migliaio da Rimini, 12 pullman sono partiti da Forlì-Cesena, ecc.
Sin dalla prima mattinata vi sono stati picchetti ai cantieri del Tram, davanti alle scuole (Altrovandi Rubbiani), e di fronte a tante aziende, enti pubblici e punti vendita della grande distribuzione del territorio (Automobili Lamborghini, Coop Alleanza 3.0 in Piazza Martiri, In's a San Donato, Acer, Inps, Magazzino Brt a Calderara di Reno).
La manifestazione è partita da Porta Lame e dopo aver sfilato combattiva e rumorosa per il centro di Bologna è giunta in Piazza Maggiore dove gli interventi sono stati aperti dal segretario generale Uil Emilia-Romagna, Marcello Borghetti, che ha detto tra l’altro, con un riferimento molto vago ai partigiani e alla Resistenza antifascista : "Sono state uccise delle persone per costruire la nostra Repubblica, la democrazia e la Costituzione. Pretendiamo rispetto per chi rinuncia a un giorno di stipendio per le proprie rivendicazioni. E non sciocchezze", e rivolto a Salvini, il cui nome ha ricevuto una salva di fischi: “Caro ministro Salvini, scendi dai barconi. Non ci sono solo i barconi in Italia, torna tra noi nel Paese reale che tutti i giorni ti vorrebbe impegnato nel trasporto pubblico. Anche ieri i treni erano in ritardo e non era sciopero".
Ci sono poi stati gli interventi di delegate e delegati di diversi settori e territori e a conclusione ha parlato Landini: "Se mettiamo assieme i numeri di tutti quelli che oggi hanno deciso di scendere in piazza possiamo tranquillamente dire che più di 500mila persone in tutta Italia hanno scelto di essere in piazza per difendere la libertà e i diritti di tutti". Continuando, sia dal palco e a margine della manifestazione: “Siamo pronti a mobilitarci per impedire che ci siano licenziamenti e chiusure di fabbriche. Chiediamo che si ripristini il blocco dei licenziamenti come è stato per il periodo del Covid, continuiamo ad andare avanti, a partire dal rinnovo dei contratti anche nel pubblico impiego. Chiediamo che il Parlamento, che deve ancora discutere e votare la manovra, produca dei cambiamenti radicali… Per quello che ci riguarda proseguiremo anche nelle prossime settimane chiedendo anche il ritiro del decreto sicurezza e cambiando quelle politiche sbagliate del governo… Siamo di fronte al 19esimo mese consecutivo di calo della produzione industriale nel nostro Paese, quindi al di là delle balle che questo governo racconta, noi siamo di fronte, in alcuni settori, dall'abbigliamento all'automotive ad altri settori a un rischio molto concreto di recessione, di regressione", il governo "oggi è assente e silente, sta raccontando balle e un Paese che non c'è e le piazze si stanno riempiendo perché la gente non vive da un'altra parte, ognuno guarda la propria condizione e le condizioni stanno peggiorando". "Mi sono permesso di usare una parola che ad alcuni esponenti del governo non è piaciuta, ci hanno detto fondamentalisti. Ho spiegato che siamo in piazza perché vogliamo rivoltare questo Paese come un guanto. Cosa significa? Una cosa molto semplice: noi pensiamo a un Paese dove c'è zero evasione fiscale, a un Paese dove c'è zero precarietà, un Paese dove ci sono zero morti sul lavoro, noi pensiamo a Paese dove c'è zero sfruttamento, dove c'è zero lavoro nero. È essere fondamentalisti questo? Oppure essere stanchi ed esserci rotti le scatole perché paghiamo le tasse anche per chi le evade o ha i condoni di questo governo?", senza però ovviamente dire che questi obiettivi non sono raggiungibili nel sistema capitalistico, ma solo con il suo abbattimento e la conquista del socialismo. Bene chiamare alla rivolta, male invece ridurla a una semplice invocazione verbale senza farla diventare lotta di classe per dar vita a quel fronte unito che si proponga di rovesciare il governo neofascista Meloni. E sul “decreto sicurezza noi chiediamo che sia ritirato, che vuole far diventare un reato lo sciopero, i blocchi stradali, l'occupazione delle fabbriche quando chiudono. È chiaro che siamo di fronte al tentativo serio di una svolta autoritaria che mette in discussione la libertà di esistere e la libertà delle persone”. Ben lungi, quindi, dal chiamare questo governo col suo vero nome, cioè neofascista, e denunciare che il regime neofascista è già imperante da tempo, non si tratta certo solo di “un tentativo di svolta autoritaria”.
In concomitanza allo sciopero confederale vi è stato anche il corteo organizzato dal Sindacato Generale di Base, Cobas e Giovani palestinesi partito da Porta Galliera e giunto in Piazza XX Settembre “dove i fascisti non riusciti ad arrivare” lo scorso 9 novembre grazie alla grande manifestazione antifascista che lo ha loro impedito, e il corteo indetto da Adl Cobas e Collettivo “L’una” partito da Piazza Verdi, con lo striscione "Casa, reddito, dignità, salute, giustizia climatica, no Cpr", al quale hanno partecipato anche studenti di Scienze Politiche occupata dal 29 novembre contro il Ddl Scurezza.
Una grande mobilitazione quindi quella del 29 novembre contro la legge di Bilancio che però non va solo cambiata, come auspicano i sindacati confederali, ma affossata con lo sciopero generale, al quale va dato un giusto indirizzo di classe, e con la lotta di piazza. Quel che occorre è mettere con decisione in campo tutta la forza del movimento operaio e dei lavoratori, e non solo per respingere in blocco la manovra del governo, ma per arrivare, attraverso un crescendo di scioperi, manifestazioni e lotte di piazza, fino allo sciopero generale nazionale con manifestazione a Roma davanti a Palazzo Chigi, per buttare giù il governo neofascista Meloni, che sta ripercorrendo in tutto e per tutto le orme di Mussolini.

4 dicembre 2024