Grandi cortei in 46 città nel giorno dello sciopero generale unitario tra CGIL, UIL e Sindacati di base
In 500mila in piazza contro la manovra e il governo Meloni
A Torino bruciate le foto di Meloni e Salvini e occupati i binari di Porta Susa. A Milano ricordato Ramy, il giovane morto inseguito dalla polizia. A Firenze la Cgil accusa il governo “autoritario e fascista”. Combattiva partecipazione del PMLI a Torino, Milano, Firenze, Napoli, Campobasso e Palermo
Per “rivoltare il Paese” come un guanto ci vuole il socialismo e il potere del proletariato
È stato un successo lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil. In 43 manifestazioni svoltesi in tutta Italia sono complessivamente scesi in piazza oltre mezzo milione di lavoratrici e lavoratori. Una marea di operai, impiegati, pensionati, studenti che, in quanto a partecipazione, hanno dato vita alla più grande protesta contro il governo neofascista della Meloni a due anni dal suo insediamento.
Nel mirino il governo Meloni
I tentativi da parte del governo di farlo fallire o di ridimensionarlo sono andati a vuoto. Ci ha provato Salvini con la precettazione dei lavoratori dei trasporti, che attraverso la Commissione di garanzia sugli scioperi ha ridotto l'astensione dal lavoro in questo settore da 8 a 4 ore. L'ennesimo attacco al diritto di sciopero, giustificato maldestramente con la difesa del diritto alla mobilità, proprio quando i trasporti pubblici, di cui è ministro, mostrano ogni giorno quanto siano inadeguati e insufficienti, e nonostante questo siano continuamente nel mirino dei tagli del governo.
Vari esponenti dell'esecutivo hanno fatto a gara ad attaccare lo sciopero generale del 29 novembre e il segretario generale della Cgil. Oltre al già citato caporione leghista, si sono distinti Tajani: “Landini usa un linguaggio fondamentalista” e il meloniano di ferro Foti di FdI: “Landini pensa più a fare politica che a difendere i lavoratori”, che a loro dire, senza un minimo di vergogna, sarebbero difesi da questo governo neofascista, antioperaio e reazionario. Gli stessi figuri, con l'aggiunta del presidente del Senato Ignazio Benito La Russa, sono poi tornati alla carica dopo alcuni scontri tra polizia e “antagonisti” a Torino, definendo quest'ultimi delinquenti. Infine, non sapendo più a cosa appigliarsi, hanno cercato nervosamente di buttarla sulla “bassa adesione”.
Alta partecipazione
Cgil e Uil invece segnalano un'adesione oltre il 70% delle lavoratrici e dei lavoratori che hanno incrociato le braccia in tutta Italia. Si toccano punte del 100% con numerose aziende ferme, come la Heineken di Taranto, la Sammontana di Empoli, la Citterio di Parma, la Lagostina di Novara e la Dana di Reggio Emilia. Alta la partecipazione in tutti i settori produttivi e in tutto il Paese: 85% alla Lavazza di Vercelli, alle Acciaierie Beltrame Vicenza, nei punti vendita Coop e IperCoop della Liguria e alla Carrefour di Carugate (MI); 80% alla Siemens di Trento e alla Leonardo di Pomigliano d'Arco; 98% alla Pirelli di Settimo Torinese e alla Fincantieri di Castellammare di Stabia; 75% a Poltrona Frau di Macerata, alla Italcementi di Brescia e alla Fincantieri di Palermo; 95% alla Isab di Siracusa. Elevata l'adesione anche nel settore della conoscenza, con tante scuole completamente chiuse nelle maggiori città italiane.
In ogni caso aver portato mezzo milione di manifestanti in piazza non era scontato, data la frammentazione sempre più elevata dei lavoratori, la crisi dei settori industriali, la sfiducia negli stessi sindacati, in particolare nei confederali, che con la loro politica della concertazione hanno stancato i lavoratori. Sicuramente i partiti politici o altre organizzazioni non sono in grado di mettere in campo una mobilitazione di queste proporzioni. Una dimostrazione che la classe operaia e i lavoratori, quando sono chiamati alla lotta, dimostrano di avere la volontà e la determinazione per farla.
Piattaforma sindacale inadeguata
Questa disponibilità non deve essere dispersa. Pur salutando positivamente lo sciopero non possiamo non sottolineare l'insufficienza della piattaforma di Cgil e Uil e la visione strategica riformista. I due sindacati hanno perso fin troppo tempo e si sono mossi solo quando la Manovra era stata già decisa e sopratutto mirano ad ottenere delle modifiche, anziché a rigettarla in toto. Sul Il Bolscevico
abbiamo denunciato ampiamente la legge di Bilancio, ricordiamo solamente che la maggior parte della spesa prevista ricade sul mantenimento del cuneo fiscale, una misura già presa dal governo Draghi che se non fosse stata rinnovata avrebbe causato una diminuzione immediata delle buste paghe. Misura tra l'altro finanziata dagli stessi lavoratori, che si rivolterà come un boomerang contro di loro con il taglio dei servizi pubblici per le minori entrate, e che favorisce i padroni perché sostituisce l'equivalente aumento salariale attraverso i contratti di lavoro.
Per le pensioni ci sarà una elemosina di 3 euro al mese, ma i sindacati non si devono limitare a chiedere un aumento più sostanzioso, sulle pensioni occorre rivendicare la cancellazione della legge Fornero e invece, per Cgil e Uil, questa viene data oramai come una “riforma” metabolizzata, da cui non si può tornare indietro. Sui contratti sia pubblici che privati non bastano generici aumenti, ma il recupero totale dell'inflazione. Nei contratti pubblici il governo mette delle cifre che coprono a malapena un terzo dell'aumento del costo della vita. L'occupazione si salvaguardia anche con il blocco dei licenziamenti (con il Covid si è parzialmente fatto) e una riduzione dell'orario di lavoro a 30 ore settimanali, la lotta senza quartiere al precariato e alle leggi che lo favoriscono.
Questo governo non toglie un solo euro agli enormi e crescenti profitti dei capitalisti realizzati in questi anni ma i sindacati non parlano più nemmeno di patrimoniale. Con i condoni, concordato preventivo, agevolazioni e incentivi fiscali e flat tax favorisce le imprese, le corporazioni del lavoro autonomo e gli evasori fiscali, lasciando solo briciole ai lavoratori. Non è disposto a nessuna concessione ed è fuori luogo la prudenza di Cgil e Uil. Occorre mettere in campo tutta la forza del movimento operaio e dei lavoratori, non solo per respingere in blocco la manovra del governo, ma per arrivare, attraverso un crescendo di scioperi, manifestazioni e lotte di piazza, fino allo sciopero generale nazionale con manifestazione a Roma davanti a Palazzo Chigi, a buttare giù il governo neofascista Meloni, che sta ripercorrendo in tutto e per tutto le orme di Mussolini.
L'azione del governo, accanto all'attacco economico ai lavoratori e alle masse popolari, porta avanti quello alle conquiste sociali e civili, agli immigrati, alle stesse libertà democratico borghesi, come dimostra il “decreto sicurezza”. Infine, ma non per ultimo, sta rilanciando in grande stile il riarmo e gli appetiti dell'imperialismo italiano, anche oltre il tradizionale perimetro mediterraneo. Su questo punto Landini e Bombardieri avanzano solo generici appelli alla pace, invece servirebbe un maggiore coinvolgimento su di un tema che riguarda direttamente il movimento operaio. Si deve dire chiaramente che le lavoratrici e i lavoratori non sono disponibili ad accettare l'economia di guerra né tanto meno a fare carne da cannone per una sempre più minacciosa guerra imperialista mondiale.
I sindacati devono convergere
Tornando alle manifestazioni, accanto alle 46 di Cgil e Uil ci sono state quelle organizzate dai sindacati di base Cub, Sgb, ADL Cobas, Confederazione Cobas, Sial Cobas, Usi, CLAP, spesso unitariamente, che hanno portato in piazza altre migliaia di lavoratori. Tra gli assenti, a livello confederale la Cisl, che oramai è arrivata a un crumiraggio e ad un allineamento organico al governo tanto da non suscitare più alcuna sorpresa. Tra quelli di base è mancata una delle maggiori sigle, l'Usb, che ha confermato uno sciopero in solitaria per il 13 dicembre.
Due assenze che hanno motivazioni diverse, ma che entrambe hanno provocato dei forti malumori nelle proprie basi. Oltre un centinaio di ex dirigenti ed iscritti al sindacato di Sbarra hanno lanciato un appello dal titolo “Dissentiamo dalla scelta della Cisl” dove criticano il giudizio positivo sulla Manovra e la scelta di non scioperare. Un altro appello firmato da diversi iscritti è circolato in Usb, dove si chiedeva di: ”Fare come in Francia, anche Usb deve convergere sullo sciopero generale del 29 novembre, come già deciso da tutti gli altri sindacati di base”, dove si richiama il fatto che nel paese transalpino, in occasione di scioperi generali, esiste una “intersindacale” che concorda assieme la data per riunire sia le sigle collaborazioniste che quelle conflittuali.
Quello che ha sempre chiesto il PMLI, anzi, i marxisti-leninisti hanno sempre invitato i sindacati di base non solo ad unirsi tra di loro, ma a convergere assieme ai confederali per dare maggiore spessore agli scioperi, specie quelli generali, portando le proprie posizioni e rivendicazioni, a pure le critiche che si meritano Cgil, Cisl e Uil, ma senza disperdere in tanti rivoli la lotta sindacale e di classe. Stavolta un piccolo passo avanti è stato fatto ma solo grazie alla coincidenza, perché alcune sigle avevano già dichiarato lo sciopero la stessa data del 29 novembre. Auspichiamo che adesso si faccia un passo più significativo, scioperare assieme e manifestare nelle stesse piazze, mantenendo ognuno la propria autonomia.
La combattiva partecipazione del PMLI
Dove ne ha avuto la possibilità, il PMLI ha partecipato alle manifestazioni, scegliendo quelle organizzate da Cgil e Uil per la loro maggiore rappresentatività e partecipazione. Ovunque la presenza dei marxisti-leninisti è stata apprezzata: tantissime foto ai nostri cartelli e bandiere, alle nostre locandine, saluti a pugno chiuso. I nostri slogan, i nostri volantini con le nostre parole d'ordine, poche ma chiare, erano tutte incentrate contro la politica economica e sociale del governo, sulla denuncia di salari e pensioni da fame, sui tagli alla sanità, servizi sociali e scuola. Abbiamo puntato il dito contro le “riforme” di stampo neofascista e federalista del premierato, sulla “sicurezza” (leggi repressione) e sull'autonomia differenziata.
Da parte nostra abbiamo lanciato anche un appello a lottare tutti uniti contro il governo neofascista Meloni, cercando di alzare il mirino dalle critiche alla Manovra, giuste e sacrosante, perché qui c'è la necessità di fermare questo governo prima che faccia ulteriori danni, e fermarlo attraverso la lotta di classe e la lotta di piazza, anche perché l'opposizione parlamentare si è dimostrata completamente inadeguata a farlo, perfino quando ha governato, aprendo la strada, anziché sbarrarla, ai già citati provvedimenti antipopolari e liberticidi che sta portando a compimento la destra. Come abbiamo apprezzato che i Giovani palestinesi d'Italia - GPI e Udap l'Unione Democratica Arabo Palestinese – UDAP abbiano appoggiato lo sciopero generale del 29 novembre in un comunicato dove si legge: “Come organizzazioni palestinesi in Italia, invitiamo tutti i lavoratori e i sindacati a scioperare il 29 novembre per fermare il genocidio in Palestina e l’aggressione sionista in Libano. Dobbiamo opporci al crescente militarismo dell’Europa e dell’Italia e alla repressiva legge DDL 1660, che mira a soffocare la resistenza alla guerra e allo sfruttamento.
Dalle recenti mobilitazioni è emerso un fronte unito di lavoratori e studenti per contestare il sostegno del governo al criminale regime sionista e chiedere giustizia e liberazione per il popolo palestinese. Insieme, rifiutiamo la complicità dell’Italia, della NATO e dei paesi occidentali nella sofferenza del nostro popolo e siamo solidali con loro nella loro resistenza contro l’imperialismo e l’oppressione quotidiana.
Chiediamo pertanto a tutti i sindacati e a tutti i lavoratori impegnati per la giustizia di fermare le attività nelle fabbriche, nei porti, nei magazzini e ovunque possibile. Dobbiamo unirci in un’azione collettiva finché non verrà fermato il genocidio di un popolo che chiede giustizia e libertà.
La nostra resistenza è un invito all’azione: alziamo la voce e fermiamo la macchina da guerra
.”
Le manifestazioni
Qui faremo una breve carrellata delle manifestazioni principali, a parte pubblichiamo alcuni articoli di approfondimento delle singole iniziative. Partiamo dalla manifestazione regionale di Firenze
, quella che ha avuto la maggiore presenza con 70mila lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, e dove ha sfilato una combattiva e qualificata delegazione del PMLI. Un corteo che ha disegnato un lunghissimo serpentone sulle strade che scorrono sui lati del fiume Arno. I marxisti-leninisti hanno animato il loro spezzone lanciando incessantemente slogan contro la Meloni e il suo governo e cantando Bella ciao, molto apprezzata dai manifestanti e in certi casi cantata da lavoratrici e lavoratori che sfilavano vicino a noi. Da segnalare l'importante denuncia di Rossano Rossi, segretario generale Cgil Toscana, che ha dichiarato: “Questo governo non accetta chi dissente. Che fosse autoritario e fascista lo avevamo già capito. Oggi gli abbiamo dimostrato che più loro fanno di tutto per fermarci, più noi saremo sempre più numerosi. Salvini venga a contarci”. (si legga la corrispondenza locale)
Altra grande manifestazione a Bologna
, dove era presente Landini. Una piazza Maggiore strapiena di 50mila lavoratori, pensionati, studenti. Per la Cgil del capoluogo felsineo, dopo l'affronto di Casapound e del governo che aveva fatto sfilare i fascisti, il corteo ha “restituito Bologna alla sua identità, dopo lo sfregio del 9 novembre: quella di una città profondamente antifascista, antirazzista e solidale, una città partigiana della pace, dei diritti e della giustizia sociale". Tra i manifestanti ha sfilato con la bandiera della Cisl, in polemica con il suo sindacato, Francesco Meli, ex segretario della Fim Cisl. (si legga la corrispondenza locale)
A Torino
combattivo corteo con 20mila manifestanti, a cui ha partecipato il PMLI. Una piazza arrabbiata per un lavoro sempre più povero e precario e per le condizioni di vita sempre più misere dei ceti popolari. Dallo spezzone dell' “Opposizione Sociale” hanno lanciato uova e acceso fumogeni davanti alla Prefettura di Torino, e davanti alla stazione di Porta Nuova hanno dato fuoco alle sagome in cartone di Matteo Salvini e della ducessa Giorgia Meloni, successivamente ci sono stati alcuni scontri con la polizia. Tanto è bastato per gridare ai “facinorosi e delinquenti”. Questo governo evidentemente tollera solo proteste “composte” e moderate, mentre per la rabbia sociale sa usare solo il manganello e la repressione. (si legga la corrispondenza locale)
A Milano
hanno sfilato in oltre 15 mila. Al corteo ha partecipato anche il PMLI, che si è mosso come un pesce nell'acqua tra le lavoratrici e i lavoratori in lotta. Dal palco è stato ricordato Ramy Elgaml, il 19enne del quartiere Corvetto morto durante un inseguimento con i carabinieri nella notte tra sabato e domenica scorsi. A Milano si è svolta anche una manifestazione organizzata dai Cobas. Inoltre in Lombardia, così come in Veneto (in 20mila nelle piazze) e in Emilia-Romagna ricordiamo che le iniziative non erano concentrate nel capoluogo, ma spalmate su più province. (si legga la corrispondenza locale)
Imponente la manifestazione regionale di Genova
, con 25mila partecipanti. Un grande striscione con su scritto “Sciopero generale in Liguria contro la manovra finanziaria” ha aperto il corteo. Preso di mira sopratutto Salvini, per il suo attacco al diritto di sciopero. In Umbria la manifestazione regionale si è svolta a Terni, sede delle acciaierie Ats dove l'adesione è stata del 95% ed hanno aderito anche i lavoratori iscritti alla CISL. (si legga la corrispondenza locale)
A Roma
ci sono stati 2 cortei, in questo caso partecipati allo stesso modo: 5mila a quello organizzato da Cgil e Uil e altrettanti a quello dei Cobas.
Al Sud la più grande iniziativa si è svolta a Napoli
, con oltre 30mila manifestanti, tra cui una combattiva delegazione del PMLI. Molto alte le adesioni in tutta la Campania. In città era presente il segretario generale della Uil Bombardieri, che dal palco ha concluso con queste parole: “Siamo organizzazioni sindacali che non hanno paura delle loro azioni ….non molleremo di un millimetro”. Staremo a vedere. (si legga la corrispondenza locale)
Tantissime lavoratrici e lavoratori in piazza a Palermo
. In 15mila, con la presenza militante del PMLI, hanno animato la manifestazione in una città e una regione tra le più povere d'Italia e dove l'inflazione, che nei due anni di governo della Meloni ha falcidiato in tutta Italia il potere d'acquisto del 15%, ha reso le condizioni dei siciliani ancora più drammatiche. (si legga la corrispondenza locale)
Anche a Bolzano
lo sciopero generale ha registrato alte adesioni nell'industria pesante: 90% all'Aluminium, 80% alle Acciaierie, 60% all'Iveco. Il corteo è partito da piazza Mazzini per raggiungere la sede del commissariato di Governo. (si legga la corrispondenza locale)
Occorre una vera rivolta sociale
Lo sciopero generale è riuscito, il nervosismo e gli attacchi scomposti del governo anche dopo il suo svolgimento lo dimostrano. Non vorremmo però che tutto si concluda come nel recente passato, con uno sciopero che rimane isolato, questo deve essere solo l'inizio di una mobilitazione ancora più forte, e i lavoratori devono incalzare Cgil e Uil affinché non mollino la presa. Come minimo bisogna cambiare pagina e accantonare definitivamente la cogestione e la collaborazione con il padronato, il governo e le compatibilità capitalistiche, portare fino in fondo e senza compromessi la difesa e lo sviluppo di salari, pensioni, diritti, sanità, scuola, trasporti e servizi pubblici; non con gli inconcludenti “tavoli” a cui si siedono le “parti sociali”, ma alzando la conflittualità a tutti i livelli con la lotta di classe.
Landini dal palco di Bologna ha detto “vogliamo rivoltare il Paese come un guanto” e ha ribadito che “Quando dico rivolta sociale, intendo proprio rivolta sociale” contro un governo definito “autoritario” e per cambiare la condizione sempre più miserabile riservata ai lavoratori e alle masse popolari. Siamo pienamente d'accordo, non lo siamo invece quando il segretario della Cgil lascia intendere che questa rivolta la si faccia attraverso l'attuazione della Costituzione borghese del '48. Se stanno così le cose questa è una rivolta sociale solo a parole, di tipo riformista, che non scalfisce di un millimetro il capitalismo e non porta nemmeno benefici immediati, come dimostra ampiamente la storia del nostro Paese. Perché solo col socialismo si può realmente e totalmente cambiare l'Italia sui piani economico, politico, istituzionale, sociale, culturale e morale e trasferire il potere dalla borghesia al proletariato, altre strade non esistono.
4 dicembre 2024