55° Anniversario de “Il Bolscevico”
Pasca: “Il Bolscevico” e i suoi lettori
In occasione del 55° Anniversario de “Il Bolscevico” pubblichiamo la Relazione presentata dal compagno Mino Pasca alla riunione plenaria della Redazione centrale in data 27-28 luglio 1986 e approvata unanimemente.
I tre temi di cui quest’oggi mi occuperò sono: 1) Il Bolscevico e i suoi lettori; 2) La responsabilità individuale di ciascun redattore; 3) Tecnica giornalistica.
“Il Bolscevico” e i suoi lettori
Cominciamo dal primo tema: “Il Bolscevico” e i suoi lettori.
La forza di un giornale dipende dalla sua linea politica e dalla qualità giornalistica dei suoi servizi, tuttavia il successo glielo decretano unicamente i lettori. Se il nostro è un giornale proletario, dobbiamo avere un pubblico operaio, e per conquistarcelo dobbiamo anzitutto studiarlo e conoscerlo bene e quindi soddisfare le sue esigenze contingenti e pressanti.
Chi sono oltre agli operai i nostri lettori? Sono quelle classi o quei raggruppamenti o ceti sociali che secondo il nostro partito fanno parte del fronte unito rivoluzionario. A cominciare dagli alleati più stretti si tratterà di pensare a loro quando si scrive un articolo, di pensare a loro nell’organizzare internamente la redazione e nell’individuare e programmare gli articoli numero per numero e a media o lunga scadenza.
Una volta chiarita la questione di chi sono i nostri lettori, precisiamo che corrispondere alle esigenze fondamentali dei nostri lettori non equivale affatto a rinunciare alla nostra identità e coscienza politiche. Significa dare la priorità assoluta a quei temi di attualità che li interessano da vicino e vengono da loro dibattuti e suscitano interrogativi, polemiche, curiosità, destinati altrimenti a rimanere senza risposta o senza nostre spiegazioni, giudizi, indicazioni.
La presenza attiva dei lettori sul Bolscevico
attraverso le loro rubriche non è un sovrappiù o una sorta di testimonianza o un indice appagante che ci assicura di essere seguiti e di incontrare adesioni. Ciò può andar bene per un giornale qualsiasi, non per il nostro che deve coinvolgere e rendere protagonisti i lettori pena il suo isterilimento. Credo che si dovrebbe instaurare una simbiosi tra noi e i lettori. La simbiosi è un rapporto molto stretto contraddistinto dal vantaggio reciproco, uno non può fare a meno dell’altro e viceversa. Il lettore ha bisogno di noi se vuole conoscere il punto di vista del proletariato e del socialismo sui principali avvenimenti e questioni di attualità, altrimenti difficilmente interpretabili da chi, e sono la maggioranza dei lavoratori, non ha tempo né mezzi sufficienti né quella saggezza collettiva che solo il Partito marxista-leninista possiede. D’altra parte Il Bolscevico
ha bisogno del contributo, della partecipazione attiva e appassionata e della presenza palpabile, permanente e non già occasionale, dei suoi lettori, altrimenti rischierebbe anch’esso col nutrirsi prevalentemente di quelle fonti tradizionali delle notizie che alimentano indistintamente tutti i giornali e i media borghesi secondo un monopolio tematico oltreché ideologico che travalica le proprietà di ciascun gruppo editoriale e contribuisce a garantire quell’informazione di classe spacciata per informazione “libera” e “democratica”.
Per fonti tradizionali delle notizie intendo il Palazzo, le istituzioni e i partiti parlamentari, le sedi dei centri di potere economico, culturale statali e privati. È in genere questa materia premasticata dalle agenzie di stampa (a cui attingono a piene mani i giornali borghesi) a standardizzarli anche se coprono fasce di mercato e aree politiche diverse. Insomma chiamare i nostri lettori a scrivere con noi Il Bolscevico
è un modo per dare voce al proletariato, che voce non ha se non quando si tratta di ratificare passivamente le decisioni della classe dominante; e dargli voce in forma diretta e non mediata, senza pretendere un'adesione assoluta alla linea politica marxista-leninista del giornale.
L’importante è che le masse popolari, a cominciare dai nostri lettori, sappiano di avere un giornale che darà eco alle loro denunce del regime capitalistico, soddisfazione ai loro dubbi e quesiti e spazio al dibattito sulle questioni che riguardano da vicino la loro vita, le loro lotte, il loro futuro. Si tratta per noi di capovolgere il rapporto che di norma lega i lettori ai giornali borghesi. Chiamarli a collaborare è importante, non stancarsi mai di ricordar loro questo diritto-dovere attraverso ripetuti e diversificati appelli è ancor più importante, ma decisivo è l’esempio che sappiamo dare curando settimanalmente il rapporto con i nostri lettori in modo da soddisfare pienamente i loro desideri, intuire ciò che si aspettano da noi tempestivamente ancor prima di esplicitarlo e richiederlo apertamente.
Non si può certo aspettare che siano loro a muoversi per primi. Chiamarli equivale a venirgli incontro, giacché siamo noi che dobbiamo formare, educare, sollecitare chi ci legge e spingerli a un ruolo attivo. Quanto più ci sentiranno vicini, quanto più corrisponderemo alle loro esigenze di carattere politico, economico e sociale attraverso servizi giornalistici efficaci, competenti e chiarificatori, quanto più proporremo notizie e commenti che la stampa in genere ignora, nasconde e mistifica sfacciatamente, tanto più saranno coinvolti dal nostro lavoro giornalistico e vi si potranno appassionare fino a sentire urgente e insopprimibile l'esigenza di contribuire a far emergere grazie alla loro personale e diretta collaborazione quell'Italia del popolo, altrimenti destinata a rimanere muta e nell’ombra. E così la verità di classe si arricchirà di nuove testimonianze, sarà ripetuta da più voci e soprattutto saremo riusciti a rendere il nostro un giornale davvero speciale, perché sarà scritto dagli stessi protagonisti degli avvenimenti che noi proponiamo settimanalmente ai lettori.
Non crediate che i giornali borghesi non siano scritti dai protagonisti degli avvenimenti di cui si occupano. Non è questo l'abisso che ci divide. È vero che i giornali nel nostro Paese sono di estrazione e ideologia borghesi a parte poche eccezioni; e chi non è borghese di famiglia lo deve diventare nei costumi, nello stile e nei principi che lo ispirano per riuscire a filtrare tra le maglie di questa corporazione esclusiva e per certi versi potente. Tuttavia basta scorrere le pagine dei giornali più diffusi, quelli di partito e i cosiddetti "indipendenti", per accorgersi che ci scrivono i potenti, i signori del Palazzo, l'Italia che conta. Sono quest'ultimi a monopolizzarli, sia quando vengono ampiamente citati dai resoconti sia quando compaiono nella veste di collaboratori stabili o saltuari sia, infine, quando chiedono, e ottengono, ospitalità per dire la loro o polemizzare o chiarire il loro pensiero. Onorevoli, banchieri, presidenti degli organismi statali e privati, industriali, papa e cardinali, insomma sono loro che popolano i giornali borghesi e ognuno di loro interviene in veste di protagonista della vita pubblica.
Ebbene Il Bolscevico
non si può sottrarre alla polemica diretta con costoro, deve anch'esso citarli per attaccarli e metterli alla berlina e in cattiva luce presso le masse popolari magari sottolineando quelle frasi, quegli aspetti o quegli episodi che gli altri nascondono o deformano, tuttavia non si può limitare a sostenere da solo questo scontro senza dare la parola a quegli altri protagonisti della vita pubblica che sono gli oppressi e gli sfruttati. Va bene riportare le dichiarazioni dei capitalisti e vertici sindacali per criticarle ma va molto meglio se sapremo contrapporgli il pensiero degli operai interessati da quel provvedimento o avvenimento. L’ideale è che lo facessero collettivamente, che fossero cioè il Consiglio di fabbrica, la sezione sindacale o gruppi di lavoratori a scriverci il loro giudizio sotto forma di corrispondenza. E se ciò non è possibile si tratterà di dare ampio risalto ai loro comunicali, mozioni, dichiarazioni a caldo raccolte direttamente da noi o da altri.
Ecco come si può capovolgere il rapporto che lega di norma i lettori agli altri giornali e trasformare il proletariato in autentico padrone del Bolscevico.
Mi rendo conto che non è facile tessere rapporti di simbiosi là dove esistono passività, mistificazione e corruzione seminate dalla tradizionale stampa operaia di matrice revisionista. Eppure dovremo conquistare la fiducia dei nostri lettori con tenacia, attraverso un'azione combinata politica e giornalistica. Quanti episodi, drammi, questioni che interessano da vicino le masse sono censurate dalla congiura del silenzio dei mass media borghesi. Li sostituiscono sovente sulla carta stampata squallidi pettegolezzi, indiscrezioni e morbose supposizioni su episodi di cronaca nera e rosa che catturano l'attenzione del pubblico e lo inebetiscono. Senza mai smettere di tenere i riflettori puntati sul Palazzo e i centri di potere del regime capitalistico affinché le masse vedano e siano educate alla conflittualità e non alla collaborazione e subordinazione, noi dobbiamo essere in grado di attingere a quelle fonti delle notizie presenti tra il proletariato e le masse popolari e di portare alla luce i fiumi da esse alimentati, altrimenti destinati a rimanere sotterranei e sconosciuti ai più. Stringere i rapporti con i lettori è un modo per attingere a quelle fonti.
Non è detto, dicevamo poc'anzi, che il lettore riesca a inviarci un articolo completo e pronto alla pubblicazione. Risulta comunque assai utile che ci procuri le notizie che poi noi, in misura diversa a seconda del caso, rielaboreremo e quindi pubblicheremo. L'appetito vien mangiando: all’inizio ci rilascerà solo delle dichiarazioni poi, magari, incoraggiato dalle nostre attenzioni e dalla considerazione in cui è tenuto, proverà a fornirci notizie più ampie, solleverà quesiti, fino a scrivere un articolo intero sul nostro giornale. Un ruolo importante lo giocano in questo senso le redazioni locali giacché attraverso le cellule e il loro lavoro di massa sono a quotidiano contatto con i nostri potenziali collaboratori. Ma non crediate che centralmente si possa contribuire poco o punto nel coinvolgimento dei lettori. Utilizzare appieno le rubriche già esistenti, pubblicizzarle spiegandone instancabilmente le caratteristiche e farle vivere in modo esemplare affinché diventino per il lettore interessato una consuetudine agevole ricorrervi, aprirne di nuove all’occorrenza e rispondere settimanalmente alle esigenze fondamentali di lettura, di denuncia e di riflessione politica presenti nel pubblico proletario e popolare: ecco come potremo conquistarci la sua fiducia e sollecitarlo a scrivere con noi il giornale oltreché a leggerlo con interesse.
C'è poi una forma indiretta di richiamo, si tratta del modo in cui ci proponiamo al lettore, e dipende dalla qualità e leggibilità di ciascun articolo e del giornale nel suo complesso, visto pagina per pagina ma anche numero dopo numero.
Il lettore, assiduo o saltuario che sia, ha un sesto senso, finisce sempre coll'accorgersi della considerazione in cui lo teniamo, se veramente e non solo a parole ci preme la sua collaborazione e lo vogliamo attore e non spettatore. Riesce rapidamente a provare verso l'atteggiamento demagogico ma accattivante, alla Biagi per intendersi, pari repulsione rispetto a chi lo guarda dall'alto in basso.
Quando si è sulla stessa lunghezza d'onda è facile tanto inviare quanto ricevere i messaggi reciproci ed è appunto questa sintonia a garantire il dialogo e la dialettica. I lettori proletari o rivoluzionari ci devono sentire come fratelli di classe e come i più fermi, conseguenti e intelligenti paladini del proletariato e del socialismo, al di là delle differenze e divergenze che pure potranno esistere tra noi e loro a proposito di singoli aspetti della lotta di classe o delle grandi questioni strategiche.
E con tale certezza, se noi sapremo infonderla e alimentarla incessantemente tra le loro file, scrivendogli, i lettori riconosceranno Il Bolscevico
come il proprio giornale. In una lettera del 1903, per garantire il successo a un nuovo giornale estero Lenin si appellava agli operai perché gli scrivessero con impegno. Rispetto a una consistente fetta di realtà italiana anche il nostro può essere ritenuto un giornale estero incapace di conoscerla e pubblicizzarla a dovere se non riceve dai protagonisti dirette notizie sotto forma di articoli, corrispondenze, materiale informativo. I quali avvertiva Lenin, “sono pienamente alla portata dei giovani operai e soprattutto degli studenti; bisogna quindi richiamarvi l'attenzione, propagandare questo lavoro, smuovere e scuotere i compagni, insegnando loro, con esempi concreti, che cosa occorre e come si deve saper sfruttare ogni piccolezza, dandone una spiegazione, dicendo loro che all'estero si ha arcibisogno di materiale grezzo dalla Russia (all'elaborazione stilistica e all'utilizzazione giornalistica sapremo provvedere noi stessi!), che è arcistupido aver paura del difetti di stile, che bisogna abituarsi semplice- mente a conversare e a tenere una corrispondenza alla buona con il giornale estero, se si vuole che sia il proprio giornale. (...) Se non lo si fa il giornale non andrà. C'è estremo bisogno di corrispondenze operale, e sono poche. Bisogna che decine e centinaia di operai scrivano direttamente, spontaneamente...”
(Lenin, ad A.A. Bogdanov, 10 gennaio 1905, Opere complete vol. 8 p. 34)
La responsabilità individuale di ciascun redattore
Passiamo ora al secondo tema: La responsabilità individuale di ciascun redattore.
“Nel quadro del peso strategico per il Partito rappresentato da Il Bolscevico
e in riferimento alla necessità che il giornale dia settimanalmente gli spazi dovuti alla classe operaia, al Mezzogiorno, alle donne, ai giovani, alla lotta ideologica e all'internazionalismo proletario, la Sessione ha anche proceduto alla nomina e al notevole rafforzamento della Redazione centrale de Il Bolscevico
.” Questo passo del Comunicato della 1ª Sessione plenaria del CC eletto dal vittorioso 3° Congresso del PMLI ci mette davanti con chiarezza alle ragioni che hanno consigliato il Partito a nominarci redattori centrali e, in estrema sintesi, ci ricorda che cosa esso si aspetta da ciascuno di noi e dalla redazione collettivamente.
Guai a dimenticarle o semplicemente a sottovalutarle. Il giudizio negativo sul nostro lavoro non tarderebbe a prendere copro e inevitabilmente il Comitato centrale ci toglierebbe la fiducia accordataci e non meritata e avrebbe il dovere di scegliere altri compagni tra i quadri e i militanti del Partito in grado di essere all'altezza del compito, tale è il “peso strategico” del nostro organo centrale. Con tempestività la Redazione Centrale, in una delle sue prime riunioni, procedette alla suddivisione interna degli argomenti, sezioni e di certe rubriche e mansioni. Cosicché oggi ciascuno di noi sa esattamente o quasi quali sono le sue competenze, quel quasi non vuol essere un alibi e una giustificazione per chi tuttora stenta a tenere il passo ma piuttosto la consapevolezza che certe scelte e suddivisioni sono perfettibili alla luce del bilancio del nostro lavoro che periodicamente svolgiamo.
Il livello qualitativo cui è giunto il nostro lavoro politico impone una conoscenza assai approfondita dei tanti aspetti della realtà che ci circonda. Occorre bandire dalle nostre file il genericismo e il pressappochismo, figli legittimi della superficialità, disinformazione e di una sorta di sottocultura politica che consiste nell'ignoranza del ricco patrimonio ideologico e politico elaborato sin qui dal PMLI e nella scarsa conoscenza degli elementi fondamentali che ci fanno riconoscere senza difficoltà l'esperto dall'azzeccagarbugli o peggio dal venditore di fumo. La conoscenza della storia e dell'attualità nonché delle elaborazioni dei revisionisti e del nemico di classe su un certo argomento diventano assolutamente indispensabili. È definitivamente tramontato il tempo in cui a certi compagni si tolleravano, nostro malgrado, interventi lacunosi e spenti, cui si ovviava con supplenze di tipo ordinario e straordinario. Alla Redazione centrale siamo stati nominati con precisi incarichi, ulteriormente precisati e definiti da noi stessi, e questi incarichi devono essere assolti.
Il marxismo-leninismo è una scienza e come tale pretende di essere studiata e applicata, studiata e incessantemente applicata con buona volontà, precisione infaticabile e intelligenza. Se smetteremo di studiare, in quel preciso momento inizierà il nostro deperimento politico che ci condurrà alla morte politica. Sì forse per qualche tempo riusciremmo goffamente a ingannare noi stessi e gli altri ma presto pagheremmo caro l'inganno.
Non si tratta di studiare a casaccio ma in modo mirato, né pretendere di studiare librescamente il marxismo dalla a alla zeta. Quando saremo riusciti a risolvere anche solo un problema, avvertiva Mao, allora potremo dire che il nostro studio è stato fruttuoso e varrà la pena di insistere per liberare il terreno dagli ostacoli che ancora si frappongono sul nostro cammino. I nostri problemi sembrano essere gli articoli che dobbiamo scrivere e molte volte ci ostiniamo a credere che le ragioni dei nostri insuccessi risiedano in un imprecisato malessere personale. In realtà quando l'articolo vede la luce i problemi sono già stati risolti in tutto o in parte, cosicché esso ci soddisferà in tutto o in parte, altrimenti difficilmente vedrà la luce.
Il mestiere del giornalista marxista-leninista si apprende solo alla scuola del proletariato. Alcuni, forse tutti i nostri compagni hanno iniziato senza saper scrivere un servizio o una breve notizia, ora sanno redigere ottimi servizi e non di rado raggiungono risultati eccellenti. Ciò è accaduto perché hanno lavorato sodo in questi anni senza concedersi pause o giustificazioni di sorta davanti ai loro limiti, difetti e scarsa preparazione. Eppure la nostra Redazione non ha mai vantato giornalisti professionisti a tempo piano. Questo handicap abbiamo cercato di trasformarlo in un punto di forza: privi di esperienza ma anche liberi dai modelli negativi del giornalismo borghese, privi di supporti logistici e di una macchina già avviata ma anche liberi di inventarci un'organizzazione, uno stile e un metodo di lavoro che calzino a pennello per le nostre esigenze rivoluzionarie. La Redazione li ha certamente aiutati a imparare a leggere, studiare e scrivere meglio ma senza il loro impegno individuale ogni sforzo collettivo sarebbe risultato vano.
L’unica scuola di giornalismo che noi conosciamo è l'esperienza concreta accumulata settimana dopo settimana nel discutere, programmare e quindi nello scrivere gli articoli che appaiono sul Bolscevico
. È una scuola speciale dove sono messe alla prova volontà e capacità individuali e dove gli esami non finiscono davvero mai perché ogni volta siamo chiamati a scrivere articoli migliori, ad approfondire le nostre conoscenze e allargare gli orizzonti del nostro lavoro per conquistare orizzonti che prima erano nascosti alla nostra vista.
La palude ristagna e imputridisce, invece il cammino di un redattore può essere paragonato al corso del fiume: dapprima ruscelletto di montagna fresco, limpido ma povero di acqua, costretto ad aprirsi varchi con impeto, poi pian piano si fa più ampio e abbondante, si arricchisce di limo e vi esplode la vita, cambia il volto dei territori attraversati, resi fertili e dissetati dalle sue acque. Per noi questo territorio sconfinato è rappresentato dal proletariato, dal popolo, e la foce dal comunismo.
Ma come si diventa degli specialisti nei settori negli argomenti a noi assegnati? Occorre tanto lavoro e una lunga preparazione, compiuta attraverso un programma ordinario e quelle occasioni straordinarie e speciali che si presentano saltuariamente con certi avvenimenti o ricorrenze. Si tratta di arricchire il nostro bagaglio di conoscenze generali e particolari, politiche e storiche, relative alle strutture e organizzazioni collettive e agli uomini che le compongono, non accontentandosi di rimasticare gli elaborati altrui ma ricercando incessantemente le fonti originali delle notizie. Conoscenze solide, circostanziate, aggiornate, altrimenti le nostre analisi degli avvenimenti saranno lacunose ed errate e le previsioni prive di fondamento. Quando più conosceremo la realtà attuale, così com'è andata evolvendosi negli anni, tanto meno gli eventi futuri ci coglieranno impreparati anzi sapremo sfruttare il vantaggio di anticipare previsioni credibili
Non è detto che chi conosce a fondo un determinato argomento riesca sempre a scrivere un articolo valido, vivo e interessante per i lettori ma è certo che all'ignorante sono precluse tutte le possibilità e il suo prodotto giornalistico sarà senz'altro pessimo. Della tecnica giornalistica parleremo dopo tuttavia non possiamo non notare che mai redattori ben preparati nel loro settore sono rimasti a lungo prigionieri degli stessi vizi e limiti tecnici senza migliorare poco alla volta la qualità del commento, la chiarezza dell'analisi, la spigliatezza della polemica e l'efficacia dell'esposizione.
Ispirandosi alla linea del 3° Congresso occorre che ciascun redattore individui con esattezza tutti gli argomenti e le loro priorità relativi al settore di sua competenza, proceda al loro studio sistematico e garantisca una loro presenza permanente e argomentata attraverso ripetuti servizi che suscitino nei lettori l'attenzione desiderata. Quanto più sarà padrone di quell'argomento tanto più ampia, convincente, argomentata e mai monotona diventerà la campagna di stampa da noi condotta.
Prendiamo un esempio a caso: la disoccupazione giovanile. Quando potremo giudicare esperto il redattore che se ne occupa? Solo quando egli conoscerà bene: il giudizio del PMLI su questo argomento e insieme la nostra linea di massa; l'analisi marxista del fenomeno della disoccupazione in generale e di quella giovanile in particolare; la sua entità quantitativa e l’incidenza tra le diverse classi sociali, sue evoluzioni e tendenze storiche; la politica economica dominante e le diverse linee, se ci sono, esistenti tra i partiti borghesi; la linea generale e programmatica del partito revisionista e della sua organizzazione giovanile; proposte, piani e leggi che se ne occupano; storia della lotta dei giovani contro di essa, movimenti di massa, opinioni e principali rivendicazioni oggi presenti nelle diverse realtà locali.
E ora dal particolare passiamo al generale. Questi criteri valgono per tutti i redattori e su ogni argomento. Ci possiamo considerare degli esperti nei settori di nostra competenza? Nessuno di noi, me compreso, sarebbe in grado di rispondere affermativamente eppure esistono delle differenze sostanziali tra chi è consapevole dei suoi limiti e chi vive alla giornata arrabattandosi malamente, tra chi sin dal suo ingresso nella Redazione centrale si è rimboccato le maniche e ha iniziato questo lungo cammino senza temere fatiche e difficoltà e chi batte la fiacca o perché gli piace fare la cicala o perché non è conseguente con gli impegni assunti. Dalla nostra esperienza concreta mi sono convinto, anzi arciconvinto, che pretendere l’impossibile da noi stessi è non soltanto ragionevole ma l’unico modo per rivelare a noi ancor prima che agli altri doti individuali che credevamo non ci appartenessero. L’imperativo è: esigere molto da noi stessi prima di pretenderlo dagli altri. Invece dei monotoni appelli che rischiano di andare a vuoto lo spirito dell’emulazione deve animare la vita redazionale, ciascuno deve imparare dagli altri e insieme insegnare agli altri.
Tecnica giornalistica
Ed eccoci al terzo tema: Tecnica giornalistica.
Affinché esso sia trattato anche solo negli aspetti essenziali non basterebbero delle ore, che noi non abbiamo a disposizione. E presupporrebbe una esposizione manualistica sul giornalismo e quindi l’applicazione dei principi al nostro caso concreto, lo non escludo anzi sono favorevole a programmare per il futuro cicli di lezioni, affidate di volta in volta a compagni diversi, sugli argomenti che riguardano da vicino la nostra attività politica giornalistica, e mi pare che in più di una occasione sono stati sollevati dai redattori più giovani e anche dai più esperti argomenti precisi che dovremmo collettivamente conoscere e soprattutto discutere di più. Quest'oggi mi proverò a suggerire alcune riflessioni critiche sull’ampia materia proposta.
Noi marxisti-leninisti ben sappiamo che la politica ha il primato su tutto. Una politica sbagliata, contraria agli interessi del proletariato inficia la migliore tecnica. La tecnica è dunque subordinata alla politica, tuttavia, a un esame meno superficiale del rapporto dialettico che lega questi due aspetti della nostra attività, è facile comprendere che anche la tecnica ha una valenza politica, ossia l’ignoranza, la lacuna, l’inconsistenza tecniche finiscono sempre per ripercuotersi sulla sfera politica, indebolendola in misura diversa fino a svilirla nell’essenza se risulta essa stessa radicalmente sbagliata.
La conoscenza del mestiere è una questione tecnica ma sfido chiunque a trasmettere efficacemente attraverso un articolo anche la più chiara delle notizie se non si conoscono le più elementari leggi dello scrivere e dell'informazione. Sovente è proprio questa barriera a precludere la via della presenza attiva delle masse popolari sui giornali borghesi: prevalentemente perché questi giornali sono sordi al loro contributo e il giornalismo viene inteso come mestiere privilegiato e riservato a chi sottostà ai condizionamenti dominanti; ma anche perché il popolo viene ridotto a uno stato di inferiorità e indotto all'autocensura a causa delle sue scarse conoscenze e delle ancora più scarse capacità di esprimersi nella lingua scritta. Il giornalismo diventa monopolio di una corporazione borghese.
La correttezza formale si pone soprattutto in termini di leggibilità e comprensibilità di un articolo e non di vuota ricerca della perfezione linguistica. Sulle caratteristiche peculiari del nostro linguaggio abbiamo già ampiamente parlato in una precedente riunione redazionale, soffermiamoci quest'oggi sulla tecnica giornalistica. Non basta saper scrivere in astratto un buon articolo, occorre saper compiere delle scelte tra le mille notizie e i mille argomenti di attualità, rielaborare il materiale a nostra disposizione e dargli forma giornalistica appropriata, che sarà diversa a seconda del tipo di articolo deciso in sede redazionale.
Pur senza rimanere prigionieri di una classificazione schematica non di rado distante dalle ricche sfumature presenti in realtà, ogni redattore centrale deve conoscere quali differenze esistono tra un servizio di cronaca e una nota di commento, tra un resoconto e un articolo di fondo, tra un pastone e un’intervista, un'inchiesta, un corsivo polemico. Ma non per lutti noi è così, spesso tali differenze ci appaiono approssimative e sono poco assimilate tanto che facciamo fatica a tradurle in articoli che rispondano davvero ai diversi scopi e caratteristiche che ciascuno di essi ha. Restringiamo invece di allargare il ventaglio della nostra produzione giornalistica e finiamo per mescolare gli ingredienti dell'uno con quelli dell'altro fino a che il risultalo finale diventa piatto e difficilmente catalogabile.
Nel nostro giornale non esiste come altrove, una divisione tra redattori di serie A, B e C, chi scrive semplici notizie o servizi di in formazioni e gli editorialisti, chi raccoglie prevalentemente materiale in forma grezza e chi lo rielabora e lo riscrive in bella copia. Tutti dovremmo essere in grado di svolgere ogni mansione, da reporter trasformarci all’occorrenza in commentatori. Il che non impedirà, evidentemente, ad alcuni di noi di essere in un preciso momento più esperti, e quindi potenzialmente capaci di scrivere bene l'intero ventaglio di articoli proposti ai lettori, mentre altri sapranno solo assicurarci servizi semplici, resoconti, pastoni. Una cosa è il pari diritto teorico di assolvere anche alla mansione più impegnativa e altra cosa è la possibilità di riuscirvi in concreto.
I redattori più giovani cominciano sempre dagli articoli più semplici, non si può mandarli allo sbaraglio pretendendo da loro l'impossibile. Cominciano dapprima a scrivere semplici servizi d'informazione dove sono chiamali a rispondere alle ben note cinque domande la cui assenza rende evanescente la notizia stessa: chi?, dove?, quando?, che cosa?, perché? Poi piano piano si misurano con le domande che il nostro lettore si pone esplicitamente o alle quali avrebbe comunque interesse di ottenere una risposta. E arricchiscono la narrazione di nuovi elementi, informandolo di quei richiami retrospettivi annessi all'attualità che non tutti conoscono e ricordano. Sono costretti così a una regola dialettica chiara: esiste sempre una contraddizione principale, finché non la si individua non si riuscirà mai a segnalare in modo efficace gli aspetti essenziali sui quali polarizzare l'attenzione del lettore e neppure a presentate la ragnatela di contraddizioni e aspetti secondari secondo un ordine preciso. Il risultato sarà scorretto o, nel migliore dei casi, illeggibile e sciatto. Si tratta di una regola d'oro da non dimenticare mai. Persino quando si redige il classico pastone guai a impastare i suoi tanti ingredienti (notizie, dichiarazioni, dibattito in aula ecc.) secondo modalità e quantità casuali o fissate a priori. La freschezza e la vivacità sono sempre il risultato di scelte che ci consigliano di privilegiare questo aspetto sull'altro, di dare un gusto dominante e caratteristico al cocktail di notizie altrimenti destinate a rimanere piatte e insulse.
A maggior ragione se si scrive una nota politica o polemica, un commento, l'articolo di fondo: sarà prevalentemente una sola tesi, un solo argomento centrale il fulcro dell'intera enunciazione, analisi, commento finale.
Ne trarranno giovamento chi scrive e chi legge: il primo liberato dall'affanno di gestire una gran mole di materiale e quindi sollecitato a essere conciso e pertinente e a far corrispondere la lunghezza dell’articolo alla complessità dell’argomento trattato. Scoprirà, così, che si può esser brevi senza risultare non dialettici, si può essere essenziali, ricchi di sostanza e nient’affatto schematici. Taglierà senza pietà ogni orpello e inutile leziosità, concentrerà invece di annacquare. Il secondo, chi legge, avvertirà un senso di sollievo dalla lettura di articoli che vanno subito al cuore del problema, non sarà assalito dalla noia né si torturerà per poter arrivare alla parola fine.
L’articolo lungo, e per lungo intendo quello che supera le quattro-cinque cartelle, è l’eccezione e non la regola; quando lo pubblichiamo possiamo pretendere dal lettore un impegno particolare, giustificato appunto dal suo carattere straordinario. Abbiamo di recente imparato a scomporre gli argomenti complessi in più aspetti e quindi in più articoli di differenti lunghezza, tono, caratteristiche. Ciascuno di noi dovrebbe d’ora in poi autonomamente procedere a questa operazione allorquando il materiale di cui si occupa gli cresce in mano e avere l’accortezza di rendere “appetitoso” il servizio che comparirà in parte, in tutta o in più pagine.
A mano a mano che si passa dal servizio d'informazioni, al resoconto, al pastone, alla nota politica e polemica, al commento, all’articolo di fondo il baricentro dell'articolo si sposta dalla semplice notizia e informazione al commento e alla riflessione. Il che non significa la soppressione della notizia bensì il suo ridimensionamento a vantaggio del commento. La notizia non deve scomparire perché essa è la base di tutto, non va data mai per scontata e già conosciuta e non è poi così separata dal resto.
La borghesia sostiene l’oggettività e imparzialità delle notizie contrapposte all’opinabilità dei commenti. Non c’è niente di più falso: primo perché la scelta delle notizie pubblicate presuppone di per sé una scelta politica, secondo perché la stessa notizia può essere narrata in mille modi diversi dai punti di vista dei suoi protagonisti o dei suoi spettatori e terzo perché ogni notizia assorbe in sé in misura non sempre avvertita dal lettore le convinzioni politiche e ideologiche di chi l’ha scritta. Noi invece non abbiamo alcun timore a confessare di essere schierati dalla parte del proletariato e del socialismo, preferiamo i partigiani che manifestano apertamente la loro scelta ai cecchini che sparano a tradimento.
Mi premeva soltanto sottolineare che talvolta la notizia è di per sé eloquente e la sua stessa conoscenza assicura l'informazione di classe, talaltra induce riflessioni contraddittorie e necessita di essere accompagnata dal nostro esplicito commento che trasmette al lettore il nostro giudizio politico.
Questi sono solo alcuni principi e indicazioni, spesso utili, sulla tecnica giornalistica che ciascuno di noi deve acquisire, ampliare e migliorare con l’esperienza, ispirandola all'insieme di regole che rendono anche da questo punto di vista Il Bolscevico
diverso da ogni altro giornale e non mancando di arricchirla in modo personale. Ho finito a voi la parola.
18 dicembre 2024