Israele nazisionista occupa altro territorio del Golan e distrugge la flotta navale e aerea e le basi militari della Siria
Netanyahu processato per corruzione

Una foto postata su X il 13 dicembre dal ministro della difesa israeliano Hermon Israel Katz, che lo mostra assieme al primo ministro Benjamin Netanyahu ammirare con un binocolo il paesaggio dalle alture del Golan il relativo commento, “Con vista sulla cima siriana del monte Hermon, tornata sotto il controllo israeliano dopo 51 anni. Un momento storico emozionante", dovrebbe non certo esaltare le nuove vittorie dei nazisionisti, quanto confermare la arrogante politica sionista che si fa beffe della cosiddetta legalità internazionale e nella più completa impunità garantitagli dai complici paesi imperialisti dell'Ovest.
Alle prime ore dell'8 dicembre le agenzie di informazione battevano la notizia della caduta del regime di Assad e della fuga del dittatore verso Mosca. A tambur battente seguivano gli sviluppi della guerra in Siria dai quali possiamo estrapolare due episodi significativi. Diversi tra i paesi imperialisti della Ue fanno sapere che sospenderanno le domande di asilo dei siriani, come se la guerra fosse quasi finita o comunque in via di normalizzazione; gli ipocriti imperialisti europei in questa situazione pensano anzitutto a cacciare i profughi. E quando un portavoce della Commissione Europea precisava che “i rifugiati siriani sognano da 10 anni di poter tornare nel loro Paese e ci sono elementi che fanno ben sperare ma al momento è prematuro valutare gli effetti sulla dimensione migratoria. Il rientro o meno nel Paese è una decisione individuale, per ora giudichiamo che non ci siano le condizioni per rimpatri sicuri e dignitosi in Siria", vari governi se ne infischiavano. In una corsa vergognosa ad arrivare primi nel sospendere le domande di asilo dei rifugiati siriani si registravano le dichiarazioni dei governi di Austria, Grecia e Germania; seguivano Svezia, Francia e Gran Bretagna e infine nel pomeriggio dell'8 dicembre si accodava anche l'Italia della neofascista Meloni. Eppure in quelle ore le notizie di vari sviluppi della guerra per la spartizione del paese da parte delle potenze imperialiste occupanti erano più che esplicite.
La notizia più importante era certamente la nuova aggressione e occupazione dei nazisionisti nella regione siriana del Golan, oltre la zona già sotto il loro controllo dalla guerra del 1967 e annessa unilateralmente da Tel Aviv nel 1981 condannati ripetutamente come illegali e nulli dall'Onu, fino alla sentenza del 19 luglio scorso della Corte internazionale di giustizia dell'Aja. La notizia era lanciata dal New York Times, che citando due anonimi funzionari sionisti, e prima ancora che le forze jihadiste annunciassero la presa di Damasco rivelava che i soldati di Tel Aiviv avevano già attraversato la linea demilitarizzata al confine con la Siria e erano entrate nel Paese per la prima volta dalla guerra dello Yom Kippur dell'Ottobre 1973. Con foto documentavano l'occupazione del versante siriano del monte Hermon. Si tratta di una misura limitata e temporanea dettata da ragioni di sicurezza, minimizzava il ministro degli Esteri sionista, Gideon Saar. Una definizione che seppure ignorasse confini e diritto internazionale era accreditata e sostenuta anche dal padrino imperialista americano. Era chiaro invece che il progetto annessionista del criminale Netanyahu è un altro e lo annunciava: "le alture del Golan rimarranno per sempre parte integrante di Israele".
Il 10 dicembre all'Onu l'ambasciatore sionista Danny Danon, in una lettera al Consiglio di sicurezza ripeteva che si trattava di "misure limitate e temporanee" nella striscia demilitarizzata al confine con la Siria e aggiungeva che “è importante sottolineare, tuttavia, che Israele non sta intervenendo nel conflitto in corso tra gruppi armati siriani; le nostre azioni sono focalizzate esclusivamente sulla salvaguardia della nostra sicurezza", e non intendeva violare l'accordo di separazione delle forze tra i due paesi del 1974. L'opposto di quanto appena detto da Netanyahu che aveva dichiarato nullo il patto del 1974 con l'ipocrita constatazione che il contraente siriano Assad non c'era più.
Altrettanto falsa la dichiarazione che i nazisionisti non stiano intervenendo nel conflitto in Siria, dopo che tra l'altro hanno bombardato per oltre un anno tutta la zona controllata dal regime di Assad, col permesso della Russia di Putin e il via libera di fatto della Turchia di Erdogan, e distrutto armamenti e caserme dell'esercito governativo e delle milizie libanesi e filoriraniane che lo sostenevano contribuendo in maniera determinante alla caduta della dittatura. Un merito rivendicato dal criminale Netanyahu che definiva il crollo del regime di Assad “una svolta storica”, “il risultato diretto della nostra energica azione contro Hezbollah e l’Iran, i principali sostenitori di Assad”. Il compito nazisionista adesso era quello di blindare il confine occupando le postazioni “abbandonate” dall’esercito di Damasco. “Tendiamo la mano a tutti coloro che sono oltre il nostro confine in Siria: ai drusi, ai curdi, ai cristiani e ai musulmani che vogliono vivere in pace con Israele. Se sarà possibile stabilire relazioni di buon vicinato con le nuove forze emergenti in Siria, questo è il nostro desiderio. Se no, faremo tutto il necessario per difenderci”, sosteneva Netanyahu che peraltro era già impegnato a “difendere” l'entità sionista scatenando gli attacchi in Siria.
In una intervista a al Jazeera del 14 dicembre il leader di Hts, Ahmed Al-Sharaa, dichiarava che la nuova amministrazione non “sta per impegnarsi in un conflitto con Israele, ma la parte israeliana ha violato l’accordo di cessate il fuoco del 1974. Gli israeliani hanno chiaramente oltrepassato i limiti dell'impegno in Siria, il che minaccia un'ingiustificata escalation nella regione, e gli argomenti israeliani sono diventati deboli e non giustificano le sue recenti trasgressioni”. Al-Sharaa affermava che deve essere rispettata la sovranità siriana, sottolineando che "le soluzioni diplomatiche sono l'unico modo per garantire sicurezza e stabilità, lontano da avventure militari non calcolate".
Gli attacchi aerei sionisti sulla Siria continuavano anche se dagli stessi comunicati dell'esercito sionista del 10 dicembre risultavano già distrutti in circa 480 attacchi dell'aviazione “la maggior parte delle riserve di armi strategiche in Siria, impedendo che cadessero nelle mani di elementi terroristici", tra cui Hezbollah. Tanto per essere chiari la nuova aggressione alla Siria è stata ribattezzata dai nazisionisti "Freccia di Bashan", dal nome biblico della regione delle alture del Golan e della Siria meridionale. Territori evidentemente da occupare definitivamente. Intanto le truppe nazisioniste si sono accampate nella nuova zona siriana a poche decine di chilometri da Damasco.
Con una nota diffusa il 10 dicembre dall'ufficio governativo di Tel Aviv il criminale Netanyahu minacciava che “se il nuovo regime in Siria permetterà all'Iran di tornare a stabilirsi o permetterà il trasferimento di armi a Hezbollah, risponderemo con forza e gli faremo pagare un prezzo pesante. Siamo intenzionati a fare tutto il necessario per garantire la nostra sicurezza. In questo contesto, ho autorizzato l'aviazione a bombardare capacità militari strategiche lasciate dall'esercito siriano, affinché non finiscano nelle mani dei jihadisti". E dava il via a una nuova serie di attacchi fra i quali quelli che distruggevano quel che restava della marina siriana nella baia di Minet el-Beida e nel porto di Latakia, e le basi missilistiche di Scud e Tochka usati dal regime durante la guerra civile contro le milizie ribelli. Gli attacchi aerei sionisti continueranno nei giorni successivi sui siti dove si sono ritirati reparti dell'esercito del deposto dittatore nelle province costiere di Latakia e Tartus. La zona dove sono presenti le basi russe che appaiono in via di chiusura ma non è scontato che il neozarista Putin sia orientato ad abbandonare le sue importanti postazioni e basi nel paese.
Secondo l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, che finora ha documentato i crimini della dittatura di Assad, “il piano di Israele è che la nuova Siria abbia a disposizione solo armi semplici da usare dentro la Siria. Israele ha distrutto e sta distruggendo ogni capacità militare presente e futura delle forze armate siriane, ha distrutto completamente centri di ricerca, aeroporti, installazioni radar, difesa aerea, strumentazioni della marina, depositi di munizioni”.
Un comunicato del 12 dicembre dell'esercito sionista annunciava trionfante che “negli ultimi giorni, centinaia di jet e aerei dell'aviazione israeliana hanno inflitto gravi danni alle armi più strategiche della Siria: gli attacchi hanno danneggiato gravemente i sistemi di difesa aerea, distruggendo oltre il 90% dei missili strategici terra-aria identificati. La rete di difesa aerea siriana è tra le più forti del Medio Oriente ora ne resta poco e non è considerato una minaccia seria per l'Iaf, che può operare liberamente nei cieli del Paese”, e una volta eliminate “la maggior parte delle difese aeree siriane, l'esercito israeliano ritiene che ora ci sia l'opportunità di colpire i siti nucleari dell'Iran”. Quelli già messi nel mirino anche dall'imperialismo americano, dalla nuova amministrazione Trump.
Nel pomeriggio dell'11 dicembre, accogliendo alla Knesset il presidente del Paraguay Santiago Pena, che se ne è infischiato del mandato di cattura della Corte penale spiccato contro il leader nazisionista, Netanyahu dichiarava che Israele sta "smantellando l'asse del male dell'Iran”, passando per il genocidio palestinese arrivato il 16 dicembre a 45.028 morti e 106.962 feriti, in gran parte donne e bambini e senza contare le migliaia di corpi ancora sepolti sotto le macerie o in aree non accessibili ai medici. E con queste due medaglie imperialiste sul petto si presentava nell'aula di Tel Aviv dove si tiene il processo per corruzione, frode e abuso di potere nei suoi confronti, iniziato nel 2020.
Sono “accuse assurde, una persecuzione politica”, le definiva l'accusato riecheggiando linee di difesa ipocrite già sentite dai governanti delle democrazie borghesi occidentali e che non è riuscito anche con tentativi di modificare il sistema legislativo a bloccare il procedimento.
La mattina del 15 dicembre le agenzie battevano la notizia che almeno 14 palestinesi erano rimasti uccisi e altri 30 feriti, tra cui donne e bambini, sotto le bombe sioniste a Gaza, dove pulizia etnica e genocidio dei nazisionisti continuano indisturbati. Il 16 dicembre l'genzia palestinese Wafa riferiva di un bombardamento sionista su una scuola gestita dall'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) che si trova vicino al complesso medico Nasser nella zona meridionale di Khan Younis con almeno 20 morti e molti feriti. Nella mattinata del 16 dicembre l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria denunciava che nelle ultime 48 ore Israele aveva lanciato più di 70 attacchi aerei in tutto il paese contro basi e depositi siriani, dalle regioni centrali di Hama e Homs alla costa mediterranea e lungo il confine con Libano, fino alle regioni sudorientali, al confine con l'Iraq, nella zona dove da inizio dicembre i bombardamenti erano stati effettuati dagli Usa per bloccare le milizie filoiraniane che sarebbero arrivate a Damasco in soccorso al dittatore Assad. Gli attacchi più massicci i nazisionisti li effettuavano nella notte del 15 dicembre su Latakia e Tartus, dove si trovano le basi militari russe, e La Stampa ci informava che si trattava di quelli più potenti avvenuti nella zona in più di dieci anni e che secondo una fonte di intelligence occidentale, fanno parte di una serie di operazioni decise da Tel Aviv che avvengono dopo aver informato gli alleati imperialisti e rientrano in nell'operazione denominata “Bashan’s Arrow”, che prevede di distruggere tutte le principali strutture militari in Siria.

 

18 dicembre 2024