La multinazionale Glencore chiude Portovesme
I 500 lavoratori diretti avranno la cig, per i 700 dell'indotto niente ammortizzatori
In barba agli accordi siglati nelle settimane scorse, il 20 dicembre con una comunicazione inviata alla Rsu, la multinazionale anglo-svizzera Glencore, proprietaria della Portvesme srl, ha deciso unilateralmente di chiudere, a partire dal 23 dicembre, anche la linea di produzione dello zinco nello stabilimento di Portoscuso nel Sulcis, e di gettare così sul lastrico i 1.200 lavoratori (500 diretti e circa 700 impiegati nell'indotto i quali non avranno diritto nemmeno alla cassa integrazione).
“Glencore – ha commentato il segretario della Cgil Sardegna Fausto Durante – certifica la fine della fabbrica. E lo fa senza nemmeno aspettare, come concordato poche settimane fa al tavolo di trattativa presso il ministero delle Imprese e del made in Italy, gli esiti della visita dei funzionari e dei tecnici dello stesso ministero in corso proprio in questi giorni a Portoscuso, programmata con lo scopo di capire come rilanciare lo stabilimento. In spregio a una regione intera in cui ha fatto profitti per decenni, Glencore pensa di potersene andare lasciando solo macerie e senza pagare pegno. In violazione degli accordi presi con i lavoratori e con il governo, l’atto compiuto da Glencore rivela una totale assenza di responsabilità sociale. È un atto inaccettabile”.
Nelle settimane scorse Glencore aveva annunciato di voler chiudere la Portvesme srl perché “il costo dell’energia che si paga nell’Isola è penalizzante rispetto al resto d’Italia e rende l’attività a Portoscuso scarsamente remunerativa”.
La Rsu, i sindacati e la Regione Sardegna erano riusciti a ottenere un tavolo di trattativa al ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit) e davanti al ministro Adolfo Urso le parti avevano sottoscritto un accordo in virtù del quale il governo si impegnava a trovare un acquirente per lo stabilimento e nel frattempo però, la multinazionale anglo-svizzera garantiva che la linea zinco (l’unica rimasta aperta dopo la chiusura del ciclo del piombo già più di un anno fa) sarebbe rimasta attiva sino a che non fosse stato trovato un nuovo gruppo industriale cui vendere gli impianti.
Subito dopo la disdetta dell'accordo, nel tentativo di salvare la faccia, Urso, in una nota diffusa dal ministero aveva definito la decisione di Glencore “inaccettabile, provocatoria e scorretta. Inaccettabile nel merito, perché contraddice clamorosamente quanto concordato al tavolo di trattativa. Scorretta e provocatoria nel metodo, perché avviene proprio mentre una delegazione tecnica del ministero sta visitando il sito industriale sardo per valutarne le potenzialità, come concordato con i sindacati e con Glencore. Ne trarremo immediate conseguenze”.
Un giochino delle parti sulla pelle dei lavoratori che si è ripetuto il 27 dicembre quando Urso, la ministra per il lavoro Marina Calderone e la presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde, su invito dei lavoratori in presidio permanete, hanno preso parte all’assemblea plenaria organizzata in fabbrica dalla Rsu della Portovesme srl.
“Siamo qui per una prima risposta necessaria alla decisione di bloccare gli impianti che Glencore ha assunto unilateralmente, senza comunicarci, come era doveroso fare, prima di spegnere l’attività della linea zinco anticipatamente rispetto a quanto avevamo insieme concordato – ha ripetuto Urso – Abbiamo già comunicato all’azienda che per noi è uno stop inaccettabile nel merito e nel metodo, perché riteniamo che la linea zinco sia strategica per l’Italia. Siamo in campo per garantire la continuità produttiva, noi ci siamo”.
Mentre Calderone ha aggiunto: “Abbiamo la ferma convinzione che ciò che oggi viviamo deve riportarci a un orizzonte lavorativo. Non intendiamo fare sconti a nessuno, il conto che presenteremo sarà molto salato. Non si gioca con i lavoratori, con le famiglie, con il futuro di un territorio che ha già molto pagato per quelle che sono state in passato iniziative imprenditoriali sbagliate”.
“La decisione di Glencore è un fatto gravissimo, che mette in luce una totale mancanza di rispetto verso il governo, verso la regione e soprattutto verso i lavoratori. Reagiremo con fermezza - ha concluso Todde - In questa situazione non c’è governo e non c’è Regione Sardegna. Siamo tutti insieme e abbiamo le carte che dicono delle cose molto precise. Oggi parliamo di come farle cantare queste carte”.
Tante promesse e buoni propositi ma solo a parole; perché dopo due settimane di lotta i lavoratori ancora aspettano le “immediate conseguenze” di Urso, la “fermezza” di Todde e il “conto salato” di Calderone che non è ancora arrivato.
8 gennaio 2025