Coordinata dalla rete “A pieno regime”, non si ferma la mobilitazione contro il decreto fascista. Manifestazioni in tutta Italia, presente il PMLI a Campobasso
Oltre 20 piazze contro il ddl Sicurezza
Unire le lotte in un unico e vasto movimento d'opposizione al DDL per cacciare il governo neofascista Meloni
Continua la mobilitazione contro il decreto ex-1660 ora 1236. La rete “A pieno regime” della quale fanno parte numerose organizzazioni sociali, studentesche, sindacali della “sinistra” istituzionale fra le quali ANPI, ARCI, CGIL, Amnesty International, ed alcuni partiti riformisti quali PD, 5 Stelle, AVS, PRC, PCI e Potere al Popolo, ha promosso una giornata nazionale di lotta, sabato 22 febbraio con manifestazioni in decine di città.
“Zone rosse, sgomberi e sfratti, daspo e guerra ai poveri – si legge nel comunicato di lancio della rete - Nelle nostre città e nelle nostre periferie il Ddl Sicurezza è già operativo, con la repressione del dissenso e la persecuzione delle classi popolari trasformate in classi pericolose”.
In ogni caso, grazie soprattutto alle mobilitazioni di “A pieno regime” e dell'altra rete che si oppone al DDL “Liberi e libere di lottare contro il DDL Sicurezza” che vanno avanti da mesi, i tempi di approvazione del decreto si sono allungati. In questi giorni si parla però di una nuova accelerata e dell'avvio della discussione in Senato nei primi giorni del marzo prossimo. Entrambi gli organismi hanno già dichiarato che la lotta per affossare questo provvedimento fascista, antidemocratico e liberticida andrà oltre l'approvazione in Parlamento, proprio perchè sono i ballo i più elementari diritti democratico-borghesi, a partire dalla libertà di manifestare.
Ma in tutte le piazze del 22 febbraio è stato chiaro che il DDL 1236, le zone rosse e il proseguimento ideale e legislativo del decreto Caivano, non finiscono di certo per colpire solamente i soggetti attivi nelle piazze; partendo certamente dalla loro impunita repressione, provvedimenti come il DDL sicurezza rappresentano il manifesto ideologico della destra neofascista di governo capeggiata da Giorgia Meloni, con i quali l'esecutivo percorre a tutta velocità la strada per consolidare definitivamente il regime neofascista già in atto.
Allo stesso modo le antifasciste e gli antifascisti, i sinceri democratici siano essi lavoratori o studenti, sono pienamente consapevoli di combattere una doppia battaglia, innanzitutto per affossare un decreto irriformabile, ma anche e soprattutto nell'ottica di dare una spallata decisiva al governo Meloni che ad oggi rappresenta una componente delle destre neofasciste d’Europa che fanno da ponte con gli USA di Donald Trump in un quadro in cui Orbàn, Milei e compari stanno formando una vera e propria internazionale nera neofascista.
A nostro avviso le due reti oggi esistenti che si sono date l'obiettivo comune di bloccare il Decreto devono confrontarsi e trovare un unico percorso di lotta incentrato su questa irrinunciabile finalità. A nulla importano le altre divergenze; in questo momento deve contare prevalentemente la volontà di affossare il decreto e di mandare a casa il governo più a destra della storia del nostro Paese. Senza farsi illusioni che per affossare questo Ddl si possa contare sull'intercessione e sull'intervento dell'europarlamento, come lascia intendere l'assemblea organizzata dalla rete “A pieno regime” a Bruxelles.
La “carovana” di Bruxelles è ovviamente un accredito delle associazioni che compongono la rete “A pieno regime” nei confronti dell'UE che per noi andrebbe distrutta anziché alimentata perché espressione della superpotenza europea. Anche le divergenze sulla questione palestinese e sull'appoggio di “A pieno regime” all'ANP sostanzialmente capitolazionista, pone questo cartello di organismi tutto interno al riformismo istituzionale.
E tuttavia per creare piazze da centinaia di migliaia di antifasciste e antifascisti capaci di affossare il DDL ex-1660, è indispensabile mettere da parte le divergenze e lottare uniti fino al raggiungimento dell'obiettivo comune. Poi in seguito ognuno andrà liberamente per la propria strada.
Ecco una breve carrellata delle principali iniziative svoltesi lungo tutta la penisola.
A Milano
in quasi duemila hanno sfilato da piazza XXIV Maggio fino in corso Lodi per la manifestazione "No stato di polizia, No ddl 1660". Nel corteo, aperto dagli striscioni “No Ddl sicurezza, contro la deriva autoritaria del governo” e “No DDL Stop genocidio, contro la criminalizzazione delle lotte, al fianco della resistenza palestinese”, erano presenti tante bandiere della Palestina e numerosi cartelli contro il disegno di legge del governo Meloni.
Tra i manifestanti anche la fidanzata di Ramy, il ragazzo morto lo scorso 24 novembre in sella a uno scooter speronato dai Carabinieri.
Numerosi anche gli slogan contro la premier Meloni, contro Israele e contro le “forze dell'ordine”, così come le scritte lasciate sui muri al passaggio del corteo fra fumogeni e petardi.
“Chiediamo una sicurezza reale – hanno affermato i promotori - una casa, un lavoro dignitoso, l’accesso alle cure, l’istruzione, la cittadinanza, l’autodeterminazione dei corpi. Il governo Meloni invece con i suoi provvedimenti pensa a colpire da un lato le persone già marginalizzate, dall'altro chi lotta per migliorare le condizioni di vita e lavoro, avendo quindi in mente una sicurezza basata sulla repressione del dissenso e della libertà di manifestazione”.
A Roma
il corteo contro il DDL si è fuso con l'appuntamento previsto per il quarantacinquesimo anniversario dell’uccisione del militante di autonomia operaia Valerio Verbano da parte di tre neofascisti rimasti ancora anonimi. In migliaia si sono radunati in via Monte Bianco, dove Verbano viveva e fu ucciso, e la convergenza con lo spezzone studentesco ha dato poi il via al corteo antifascista, al grido “uccidono un compagno ne nascono altri cento”.
Una particolare rappresentazione di strada ha denunciato il genocidio del popolo palestinese a Gaza. Alla manifestazione hanno partecipato fra gli altri, gran parte degli organismi aderenti alla rete “A pieno regime”, il fumettista Zerocalcare ed il docente romano e scrittore Christian Raimo.
È partita alle 16 da piazza Garibaldi la manifestazione di Napoli
sullo slogan “Sfiduciamo il governo Meloni: siamo contro il Ddl 1660”. Quasi un migliaio i partecipanti che si sono mossi in corteo fino alla Prefettura in piazza del Plebiscito. “Zone rosse non ne vogliamo”, è stato uno dei cori più scanditi, unitamente agli striscioni “No al modello Caivano”, “Nessuna sicurezza da chi semina la guerra”, “La repressione non passerà”.
“Con queste norme uno studente o un lavoratore che manifestano per il diritto allo studio o per la difesa del proprio posto di lavoro, rischia fino a due anni di carcere – ha spiegato il segretario campano della Cgil, Nicola Ricci – Il Governo non vuole sentire voci contrarie ed è per questo che oggi siamo in piazza insieme a tante lavoratrici e lavoratori provenienti da tutta la regione”.
Circa cinquemila manifestanti erano presenti a Bologna
, al corteo a cui hanno partecipato centri sociali, collettivi, sindacati e associazioni aderenti alla rete.
Il corteo, combattivo e colorato, ha percorso il centro città fino ad arrivare in piazza Maggiore, ed oltre al disegno di legge del governo Meloni, ha toccato diversi temi, fra i quali il diritto alla casa, allo studio ed al lavoro, carceri e migranti.
I manifestanti hanno sostato davanti al nuovo studentato che sorgerà nella ex sede dell’Inps di via Gramsci dove sono stati lanciati alcuni slogan contro la svendita ai ricchi della città e l'assenza di alloggi a prezzi popolari per gli studenti fuori sede. Altra sosta anche davanti alla Camera del Lavoro, che esibiva gli striscioni di alcune delle aziende attualmente in crisi in Emilia-Romagna.
Gli interventi che si sono alternati al microfono, hanno definito il DDL “un attacco frontale allo Stato di diritto. La sicurezza non è repressione, sicurezza è un tetto sopra la testa e sicurezza sul lavoro. Questo DDL criminalizza il dissenso, che da sempre è il motore del progresso e il sale della democrazia”.
A Venezia
centinaia di manifestanti si sono concentrati davanti alla stazione ferroviaria, identificata come possibile “zona rossa”, anche in occasione del Carnevale. Alcuni manifestanti sono saliti sul tetto della stazione srotolando uno striscione con la scritta “Diamo il Daspo a questo governo. No al Ddl paura”.
A Pisa
invece oltre duecento ragazze e ragazzi, in particolare studenti, sono scesi in piazza sotto lo slogan “Mai più un 23 febbraio a Pisa”, in riferimento dalla repressione fascista che colpì il corteo studentesco a sostegno della causa palestinese un anno fa, e che finì nel dibattito parlamentare.
Il movimento giovanile “Cambiare Rotta” ha inviato una lettera firmata da centinaia di persone e da associazioni e partiti, al prefetto Maria Luisa D’Alessandro per chiedere l’annullamento di qualsiasi procedimento investigativo e penale ai danni degli studenti e studentesse manganellati il 23 febbraio 2024, le dimissioni dei dirigenti di piazza che ne hanno ordinato le cariche, la rimozione delle zone rosse e delle ordinanze anti-degrado a Pisa, l’introduzione dei codici identificativi sulle divise delle forze dell’ordine, il ritiro del DDL Sicurezza prima del voto al Senato e la rottura di ogni complicità tra Italia e Israele.
Altre iniziative e cortei si sono svolte a Genova
, Treviso
, Schio
, Padova
, Trento
– dove hanno aderito in forza anche le ACLI – Brescia
, Vicenza,
Lecce
, Campobasso
(dov'era presente il PMLI, si legga il servizio a parte), Termoli
e Isernia
. Una mobilitazione nazionale che in sintesi ha portato decine di migliaia di manifestanti in piazza contro il DDL e il governo neofascista che vuole renderlo legge. Avanti dunque, la battaglia è solo agli inizi.
26 febbraio 2025