Votare SÌ ai 5 referendum dell'8 e 9 giugno

La Corte Costituzionale ha concesso l'ammissibilità ai 4 referendum sul lavoro promossi dalla Cgil e a quello sulla cittadinanza, promosso da numerose associazioni e da alcuni partiti. Non ammesso invece quello sull'autonomia differenziata. Il PMLI ha scelto di sostenere i referendum votando SÌ a tutti e cinque i quesiti. Alle elezioni europee il nostro astensionismo è di principio (perché rifiutiamo l'UE), e alle consultazioni nazionali e alle amministrative invece è tattico, ossia in base all'attuale situazione politica. I referendum invece sono un altro tipo di consultazione, dove si è chiamati a esprimerci con un SÌ o un NO su di una determinata legge. In base a quello che riteniamo più utile per il proletariato e le masse popolari, oppure se si ampliano o si riducono diritti sociali e civili, decidiamo di votare Si o NO (o astenerci).
A volte si possono ritrovare assieme partiti e movimenti che solitamente sono su fronti opposti, perché ognuno può partire da motivazioni diverse per dare magari la stessa indicazione di voto. Non è questo il caso, perché tutta la destra è compatta contro questi referendum e cercherà di farli fallire con l'astensione. I reazionari e i razzisti sono a favore del Jobs Act, (che 3 referendum abrogativi tendono a ridimensionare), se ne infischiano di mettere restrizioni alle aziende per tutelare la sicurezza sul lavoro, preferiscono ostacolare l'integrazione dei migranti anziché favorirla.
In questi casi si deve fare fronte unito per il successo dei referendum e nel caso specifico per la vittoria dei 5 SÌ. Questo non significa affatto che noi sposiamo in tutto e per tutto le motivazioni dei promotori. Ad esempio nel riportare lo schema sottostante che abbiamo scaricato dal sito internet della Cgil, e che pubblichiamo per informare i nostri lettori, nella parte descrittiva abbiamo apportato alcune modifiche perché dal tono fin troppo enfatico e non del tutto corrispondente alla realtà (naturalmente non abbiamo toccato i quesiti, che difatti sono pubblicati tra virgolette e in neretto).
Ma soprattutto non condividiamo assolutamente le parole d'ordine della Cgil: ““il voto è la nostra rivolta”, e “Votiamo sì per cambiare l'Italia”. La rivolta sociale la si fa con la lotta di classe e non con i voti, e per cambiare radicalmente l'Italia ci vuole il socialismo. Noi sosteniamo i 5 Sì perché siamo da sempre contro il Jobs Act e contro qualsiasi riduzione delle tutele nei riguardi delle lavoratrici e dei lavoratori. Perché siamo contro qualsiasi legge e provvedimento che tende a sacrificare la sicurezza dei lavoratori in nome del profitto. Perché siamo per la totale uguaglianza tra le persone nate in Italia e quelle nate o figlie di persone prevenienti da altri Paesi.
 

1) Stop ai licenziamenti illegittimi con il “contratto a tutele crescenti”
Quesito:
«Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?»
Il PRIMO dei quattro referendum sul lavoro chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti, uno dei punti cardine del Jobs Act. Nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi (sono oltre 3 milioni e 500mila ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni) non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo, ma liquidati con un piccolo indennizzo sulla base della loro data di assunzione.
 

2) Più tutele e maggiori indennizzi per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese
Quesito:
« Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.”? »
Il SECONDO quesito riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. In quelle con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Obiettivo è innalzare le tutele di chi lavora nelle piccole imprese (circa 3 milioni e 700mila dipendenti) cancellando il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato affinché sia la/il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite.
 

3) Reinserimento delle causali lavoro per i contratti a tempo determinato
Quesito:
« Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”? »
Il TERZO quesito referendario punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine per ridurre la piaga del precariato. Si ripristinerebbe l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato, che oggi possono essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato.
 

4) Estensione della responsabilità della sicurezza alla ditta appaltante
Quesito:
« Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”? »
Il QUARTO quesito interviene in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ammontano a 500mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. Quasi 1000 i morti, che vuol dire che in Italia ogni giorno tre lavoratrici o lavoratori muoiono sul lavoro. Si modificherebbero le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante, cambiando le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro.
 

5) Riduzione dei tempi per richiedere la cittadinanza italiana
Quesito:
« Volete voi abrogare l'articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”? »
Il QUINTO referendum abrogativo propone di dimezzare da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana, ripristinando un requisito modificato con l’articolo 9 della legge n. 91/1992 con cui si è raddoppiato il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia ai fini della presentazione della domanda di concessione della cittadinanza da parte dei maggiorenni.
Il referendum per ridurre i tempi della Cittadinanza Italiana rappresenterebbe una conquista importante, non va comunque a modificare gli altri requisiti richiesti per ottenere la cittadinanza, che in Italia rimangono molto rigidi e penalizzanti.
 
23 aprile 2025