Genocidio palestinese
Criminale assedio e bombardamenti nazisionisti su Gaza
La resistenza risponde con alcuni attacchi. Gli Usa colpiscono lo Yemen

Il Ministero della Salute della Striscia di Gaza comunicava il 21 aprile che nelle precedenti 24 ore i suoi ospedali hanno ricevuto 39 morti e 62 feriti a causa dei bombardamenti sionisti, portando il bilancio delle vittime del genocidio israeliano a 51.240 morti e 116.931 feriti, in gran parte donne e bambini. Ma altre migliaia di vittime palestinesi sono ancora disperse sotto le macerie delle case bombardate o nelle zone assediate dall'occupante che impedisce qualsiasi accesso agli operatori umanitari.
Dalla Cisgiodania le notizie riguardavano l'avvio, sempre il 21 aprile, di altre demolizioni di massa di case e edifici residenziali a Ramallah e Hebron. Secondo un rapporto dell'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), tra il 25 marzo e il 7 aprile le forze di occupazione hanno demolito più di 105 strutture in Cisgiordania, circa la metà nella valle del Giordano e due a Gerusalemme Est, sostenendo che erano abusive, i proprietri non erano in possesso dei permessi di costruzione che l'amministrazione sionista non concede o non rinnova alla scadenza; un modo “legale” per applicare la pulizia etnica e cacciare altri 300 palestinesi dalle loro terre. In altre parti della Cisgiodania sono scattati altri attacchi dei soldati sionisti contro il campo profughi di Aida a Betlemme, il campo di Al-Fawwar a sud di Hebron e di Balata a Nablus, contro le città di Habla e Rafat a nord-ovest di Gerusalemme che continuano le aggressioni siniste, con incursioni notturne e arresti quasi quotidiani in tutta la regione.
La situazione più critica per la popolazione palestinese resta quella di Gaza, dove il genocidio e la pulizia etnica dei nazisionisti viaggiano ancora a tutta velocità, per quanto la resistenza riesca ancora a far sentire la sua presenza contro gli occupanti e a regire con azioni di commando.
In una dichiarazione del 16 aprile, l'ufficio stampa del governo di Gaza avvertiva che la situazione umanitaria è ormai in uno stato di completo caos dovuto alla deliberata politica di blocco e alla carestia provocata, attuata da Israele, che minaccia la vita della popolazione civile di Gaza, in particolare quella di oltre 1,1 milioni di bambini che soffrono di malnutrizione acuta. L'occupazione sionista ha deliberatamente preso di mira i centri di distribuzione di aiuti umanitari e le cucine comunitarie, bombardandoli e rendendoli inutilizzabili e ciò “riflette una politica sistematica che prevede l'uso della fame come metodo di guerra contro i civili”. L'ufficio stampa sottolineava che la crisi a Gaza non è un'emergenza temporanea, bensì un atto calcolato di punizione collettiva, un crimine di guerra perpetrato dalle forze occupanti con la complicità internazionale dei paesi che hanno fornito copertura politica e militare a quella al genocidio.
Con un comunicato del 16 aprile Medici senza frontiere (MSF) denunciava che a Gaza “gli attacchi mortali da parte delle forze israeliane stanno mostrando un palese disprezzo per la sicurezza degli operatori umanitari e medici. La vita della popolazione palestinese a Gaza viene sistematicamente distrutta, mentre le forze israeliane stanno espandendo l’offensiva militare su Gaza via terra, per via aerea e marittima, sfollando le persone e bloccando deliberatamente gli aiuti essenziali”.
Amande Bazerolle, Coordinatrice delle emergenze di MSF a Gaza, denunciava che “Gaza è stata trasformata in una fossa comune, per i palestinesi e per chi offre loro assistenza. Stiamo assistendo alla distruzione e allo sfollamento forzato dell’intera popolazione di Gaza. Non essendoci alcun luogo sicuro, la risposta umanitaria sta lottando duramente sotto il peso dell’insicurezza e della grave carenza di forniture, lasciando alle persone poche, se non nessuna, possibilità di accedere alle cure”. E che “le autorità israeliane hanno deliberatamente bloccato l’ingresso di tutti gli aiuti a Gaza per oltre un mese. Gli operatori umanitari sono stati costretti a guardare le persone soffrire e morire mentre provavano a soccorrerli, con scorte esaurite e rischiando loro stessi la vita. Non possono svolgere il loro lavoro in queste circostanze. Questo non è un fallimento umanitario, è una scelta politica e un deliberato attacco alla capacità di sopravvivenza di un popolo, perpetrato impunemente”.
Il comunicato di MSF si chiudeva con un appello, “chiediamo alle autorità israeliane di mettere immediatamente fine all’assedio disumano e letale su Gaza e di proteggere le vite dei palestinesi e del personale umanitario e medico, e chiede a tutte le parti di ripristinare un cessate il fuoco duraturo. Le autorità israeliane devono porre fine alla punizione collettiva dei palestinesi”.
Il 17 aprile 2025 l'aviazione sionista tirava due missili sulle tende nella cosiddetta "zona sicura" di Al-Mawasi, dove sono spinti i profughi cacciati dai soldati da Khan Yunis, 16 morti e 23 feriti. Altre 10 vittime nell'attacco aereo contro alcune abitazioni ancora abitate a Khan Younis; tutte vittime civili e senza neanche la vigliacca e falsa motivazione di una attacco contro le forze della resistenza, il bersaglio diretto dei nazisionisti è chiaramente il popolo palestinese.
Come indirettamente confermava il criminale ministro della Guerra, il nazisionista Israel Katz, che confermava l'illegale politica del blocco degli aiuti umanitari a Gaza, una punizione collettiva contro una popolazione stremata. “La politica di Israele è chiara e nessun aiuto umanitario sarà consentito a Gaza”, affermava Katz, “impedire l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia è uno dei principali strumenti di pressione che impedisce ad Hamas di usarli per controllare la popolazione”. Le organizzazioni umanitarie e l'Onu hanno dichiarato che dispongono già di meccanismi per garantire che gli aiuti non vengano dirottati a altri usi e che sono “pronte a fornire assistenza ai più bisognosi sulla base dei principi umanitari”, quindi la giustificazione sionista per il blocco non ha ragione di esistere, è palesemente strumentale. I sionisti preparano la rioccupazione intanto di una parte di Gaza e infatti Katz confermava che l’esercito rimarrà nelle aree che ha sgomberato “con qualsiasi accordo, che sia temporaneo o permanente”, come nelle altre zone cuscinetto occupate in Libano e Siria, e minacciava che “se Hamas persiste nel suo rifiuto, le operazioni si espanderanno e procederanno alle fasi successive”. Intanto l'entità sionista sta promuovendo piani per il “trasferimento volontario” dei palestinesi da Gaza, a partire dalle “centinaia di migliaia di residenti” già “evacuati” dalle loro case, concludeva Katz.
Le Brigate al-Qassam, braccio armato di Hamas, rispondevano il 18 aprile con una serie di attacchi contro i soldati occupanti attorno alla città di Khan Younis. Un comunicato dell'organizzazione della resistenza faceva sepere che i suoi militanti avevano distrutto tre bulldozer impegnati a demolire le case nella zona di Guizan Najjar, a sud della città di Khan Younis, nella zona dove avevano preparato una trappola esplosiva all'imbocco di un tunnel scattata non appena i soldati occupanti vi erano entrati per farlo saltare in aria, uccidendo diversi soldati e ferendone altri.
Un altro attacco della resistenza che ha avuto successo è del 20 aprile presso lla città di Beit Hanoun, nel nord della Striscia. I militanti delle Brigate Al-Qassam in un'imboscata distruggevano un veicolo militare sionista e colpivano altri mezzi delle forze occupanti arrivate in soccorso. I media sionisti hanno riportato la notizia e riportato che un ufficiale è stato ucciso e altri cinque soldati sono rimasti feriti.
Riguardo alla questione delle trattative, che il criminale Netanyahu blocca di fatto con la complicità del protettore Trump pretendendo la resa totale della resistenza , era intervenuto il 17aprile il negoziatore palestinese Khalil Al-Hayya annunciando che Hamas avrebbe accettato un accordo che include il rilascio di tutti i prigionieri della resistenza e di un numero concordato di prigionieri palestinesi in cambio della cessazione completa della guerra e del ritiro completo da Gaza. Insisteva sul fatto che il movimento non avrebbe fatto parte degli accordi parziali utilizzati dal primo ministro sionista Netanyahu per nascondere il suo programma genocida, anche a costo di sacrificare i suoi stessi prigionieri. Al-Hayya ribadiva che la Resistenza e le sue armi sono legittime di fronte all'occupazione, un diritto naturale del popolo palestinese.
La solidarietà alla resistenza palestinese era ribadita dal leader yemenita di "Ansar Allah", Abdelmalek al-Houthi, affermando che i nemici israeliani e americani vogliono ricattare i palestinesi affinché rilascino i detenuti israeliani senza concludere un accordo di scambio. E denunciava che i sionisti stanno prendendo di mira i palestinesi della Cisgiordania con uccisioni, rapimenti e distruzioni sistematiche nel tentativo di costringerli ad abbandonare le loro città e i loro quartieri. Il leader yemenita affermava che il genocidio nella Striscia di Gaza viene portato avanti con la collaborazione degli Stati Uniti: "Gli israeliani ammettono che gli americani hanno dato loro completa libertà di agire nella Striscia di Gaza". Al-Houthi sottolineava che la solidarietà yemenita è caratterizzata dalla simbiosi tra la decisione ufficiale e popolare da un lato e il costante e continuo sostegno militare dall'altro e invitava la nazione araba e islamica ad attivare il boicottaggio politico ed economico dei sionisti. Denunciava inoltre l'aggressione Usa al suo paese ricordando che le forze americane hanno effettuato più di 900 raid e bombardamenti navali durante il mese di aprile senza però riuscire a fermare le operazioni di supporto a Gaza o a garantire la sicurezza delle navi israeliane in transito nel Mar Rosso, a Bab el-Mandeb e nel Golfo di Aden.
L'ultimo massiccio attacco dell'imperialismo americano allo Yemen, con un bilancio di 38 morti e più di 100 feriti, era del 18 aprile quando quasi un centinaio di raid aerei colpivano varie zone del paese e in particolare le istallazioni petrolifere del porto di Ras Isa. Immediata la solidarietà di Hamas che nel suo comunicato esprimeva piena solidarietà al coraggioso popolo yemenita e ai "fratelli di Ansar Allah", elogiando la resilienza delle forze armate yemenite di fronte alla brutale aggressione statunitense, e affermava che questo brutale attacco viola palesemente la sovranità dello Yemen e costituisce un crimine di guerra. Un'aggressione che conferma la continuazione delle aggressive politiche americane contro i popoli liberi che rifiutano l'egemonia sionista e americana nella regione. Il Movimento di resistenza islamico affermava che queste incursioni mortali nello Yemen sono semplicemente "un'estensione della guerra genocida nella Striscia di Gaza e dell'aggressione israelo-americana che prende di mira tutti i popoli della nostra nazione" e evidenziava il silenzio della comunità internazionale di fronte a questi palesi attacchi contro il popolo yemenita che sta pagando a caro prezzo il suo coraggio e il suo sostegno alla causa palestinese.
La risposta militare delle Forze Armate yemenite (YAF) scattava il 21 aprile e, secondo il portavoce delle Forze Armate, il Generale di Brigata Yahya Saree, con droni e missili da crociera contro siti israeliani, nell'Askalan occupata e a Umm al-Rashrash (Eilat) occupata, e le portaerei statunitensi Truman e Vinson e le navi di supporto, rispettivamente nel Mar Rosso settentrionale e nel Mar Arabico. Il generale yemenita afffermava che tutte le operazioni "hanno raggiunto con successo i loro obiettivi" e avvertiva che le azioni militari si sarebbero intensificate, “i raid americani non ci distoglieranno dal nostro atteggiamento di supporto a Gaza finché l'aggressione non cesserà e l'assedio non sarà revocato".

23 aprile 2025