Con la Meloni i fascisti vogliono passare da vittime
Saluti fascisti al raduno per Ramelli
Il governo e la magistratura lasciano correre. Sala spinge per una impossibile pacificazione. Dalle finestre gli antifascisti cantano “Bella ciao” al passaggio del corteo nero.
Mettere fuorilegge i gruppi neofascisti e neonazisti
 
Duemila nazifascisti provenienti da mezza Italia hanno commemorato al grido di “Presente” e col saluto romano, il cinquantesimo anniversario della morte dello studente militante del MSI, Sergio Ramelli.
Milano, città medaglia d'oro alla Resistenza, è stata nuovamente oltraggiata da questa vigliacca e pericolosa commemorazione squadristica promossa e realizzata da veri e propri manipoli di neofascisti e neonazisti, giunti in fila per cinque dopo aver sfilato in formazione paramilitare dietro allo striscione nero “Onore ai camerati caduti”.
Ancora una volta sono stati completamente liberi di agire, personaggi del calibro di Gianluca Iannone, leader di Casapound coi suoi scagnozzi, i pluripregiudicati e condannati in ultimo per l'assalto alla CGIL del 2021 Roberto Fiore e Luca Castellini di Forza Nuova, e – fra gli altri - i milanesi Francesco Polacchi, titolare del marchio d’abbigliamento Pivert e della casa editrice Altaforte, Stefano Del Miglio di Lealtà Azione e in testa Ettore Sanzanni della Rete dei Patrioti, con la sua svastica e il suo “Adolf Hitler” tatuati sulle braccia.
Una giornata di fiaccole accese e rune tratte dalla simbologia nazista in bella mostra, assieme ad aquile della RSI tatuate ed altri orpelli di un nuovo ventennio, che anche per la inconsistente ed imbelle opposizione parlamentare, dovrebbero risultare quantomeno incostituzionali.

“Bella ciao” cantata dai balconi
A differenza degli anni precedenti però, dalle finestre di via Giovanni Antonio Amedeo è risuonata “Bella ciao” al passaggio del corteo nero, ed anche in via Paladini, a pochi metri dalla targa alla quale è stato rivolto il “Presente”, alcuni antifascisti al balcone hanno intonato il canto partigiano ed hanno lanciato un petardo verso l'immondizia nazifascista. Paradossale, ma non nel regime neofascista in cui siamo, il fatto che la polizia che faceva quadrato scortando il corteo, allo stesso tempo si sia mossa immediatamente per identificare il ragazzo che ha coraggiosamente interrotto, anche se per poco, la celebrazione.

Meloni e la riscrittura assolutoria degli anni settanta
La vergognosa legittimazione di iniziative come questa, che hanno attraversato governi nazionali e locali di ogni schieramento, trovano oggi un pericoloso rilancio dai neofascisti di governo. La ducessa Meloni è intervenuta con un video al convegno ospitato a Palazzo Lombardia: “Le idee hanno bisogno di coraggio – ha detto - Ramelli è divenuto un simbolo per generazioni di militanti di destra di tutta Italia, ed oggi siamo chiamati a interrogarci su quello che ancora ci può insegnare il suo sacrificio”.
Continua dunque, e si consolida ora che è al governo, tutta l'antistorica narrazione che punta a far passare la lotta antifascista degli anni Settanta, come una vera e propria persecuzione di coloro che “professavano il loro pensiero politico”, “dall'estremismo di sinistra”, in chiave autoassolutoria e soprattutto anticomunista al punto da far convergere in sé anche le reazioni istituzionali di chi, pur professandosi antifascista, non fa nulla di più della scarsa “polemica giornalistica” per combattere l'apologia del fascismo che nel nostro Paese è un reato.
Questa operazione in piena accelerazione, negli ultimi mesi si è avvalsa anche della pubblicazione di almeno quattro libri, diversi convegni e dell’emissione di un francobollo dedicato a Ramelli.
“Ai nostri figli – tuona con piglio fascista Meloni - dobbiamo raccontare che c’è stato un tempo in cui per le proprie idee si poteva essere costretti a cambiare scuola, quartiere, città, si poteva essere minacciati, insultati, aggrediti”.
Riscrivere la storia, stavolta degli anni Settanta, omettendo lo stragismo fascista con la complicità dei servizi segreti, stesso binomio che lavorava in segreto per il golpe, e ridurre a fenomeno di violenza sommaria la lotta antifascista e di classe, è una prassi consolidata del governo Meloni al quale l'imbelle sinistra istituzionale dà ampio spago, persa nel raggiungere questa “pacificazione” che altro non è che legittimazione del fascismo e del neofascismo e attacco verticale all'antifascismo ed alla Resistenza.

Mentre Sala apre alla “pacificazione”, la polizia identifica gli antifascisti
È parte di questo processo l'affermazione del fascista presidente del Senato, Ignazio Benito La Russa: “Io a Sergio Ramelli metto sempre vicino due giovani di sinistra, Fausto e Iaio. Questa memoria condivisa di giovani che hanno perso la vita solo perché credevano in alcune idee, non importa se di destra o di sinistra, è un insegnamento che credo debba restare forte in questa fase storica in cui vedo riaffacciarsi nei fuocherelli che non mi piacciono”.
Naturalmente i fuocherelli che vede La Russa non sono altro che i coraggiosi antifascisti che contestano celebrazioni di questo genere di piazza, oppure che tentano di fermare convegni e altra robaccia neofascista, purtroppo ormai inserita anche nelle università e nei luoghi pubblici.
E pensare che l'assist per mandare in rete l'ennesimo pallone revisionista, glielo aveva fornito direttamente il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che nel pomeriggio dello stesso giorno davanti alla lapide di un altro fascista vittima di quegli anni (il consigliere regionale missino Enrico Pedenovi, ucciso nel ’76 da militanti di Prima Linea), aveva addirittura lanciato la proposta di una piazza intitolata genericamente alle vittime “della violenza politica”, senza distinguo alcuno, con pari dignità per tutti. Tutta l'erba un fascio, è proprio il caso di dire. Roba da non credere, se non accadesse ormai un giorno si e l'altro pure.
Insomma, una combutta istituzionale che poi viene tradotta dalla polizia di regime. Un residente antifascista di via Paladini infatti, che nella notte ha provato a staccare i manifesti abusivi sulla commemorazione di Ramelli, nella cui grafica compariva addirittura una runa simbolo della gioventù hitleriana e delle SS, è stato fermato e identificato da due poliziotti, che poi a loro volta hanno chiamato due agenti della Digos. “Siamo qui per vigilare che nessuno li stacchi”, è stata la spiegazione ricevuta dal giovane, che dimostra in pieno l'asse che lega gran parte della polizia di Piantedosi alla galassia neofascista, come emerso in più di una occasione nelle piazze di tutta Italia.
In questo quadro, a poco servono le interrogazioni alla giunta, se poi l'antifascismo rimane “da salotto”; in ogni caso se il consigliere comunale di Europa verde Carlo Monguzzi critica la mancata rimozione dei manifesti e chiede multe, la deputata del Pd Lia Quartapelle chiede addirittura che “il giusto tributo dovuto a Ramelli” si faccia istituzionalmente per evitare parate neofasciste.
Incoraggiante l'intervento dell'Anpi Dergano: “Tutta la nostra solidarietà e il nostro appoggio va a quel cittadino. È esattamente quello che abbiamo fatto anche noi insieme a molti altri antifascisti del quartiere: nelle notti scorse siamo andati in giro per i quartieri (...) per togliere le centinaia di manifesti su Ramelli appesi ovunque”.

Siamo nel regime capitalista neofascista
Se da un lato la Procura di Milano guidata da Marcello Viola aprirà un nuovo fascicolo sugli ultimi raduni neri in città (come ad esempio la cerimonia in onore degli appartenenti alla Repubblica di Salò svolta a Milano lo scorso 25 aprile in sfregio all’80esimo anniversario della Liberazione), dall'altro il tribunale ha assolto i 23 militanti neofascisti identificati tra oltre mille partecipanti alla commemorazione di Ramelli del 2019 per aver risposto alla chiamata del "presente" e aver fatto saluti romani al corteo, “perché il fatto non sussiste”.
La procura di Milano ha presentato ricorso in appello, ma sintomo del manto nero che sta coprendo ogni struttura istituzionale, sono le motivazioni dell'assoluzione.
Per il tribunale, i mille neofascisti sarebbero stati infatti ben lontani dal "costituire" una "condotta potenzialmente idonea alla ricostituzione del partito fascista", perchè avrebbero avuto "solo una specifica valenza di omaggio e di ricordo del giovane trucidato per le sue idee politiche".

Sciogliere subito i gruppi neofascisti e neonazisti
Perché ci sia un pericolo per le istituzioni democratiche, secondo il Tribunale, devono esserci una "elaborazione di programmi, una continuità di riunioni e manifestazioni, magari reiterate più volte l'anno per svariati motivi". Per commemorare Ramelli, invece, "il gruppo di persone è solito incontrarsi solo annualmente e unicamente per salutare, con la gestualità anche in uso al gruppo politico al quale partecipava il giovane assassinato, il giovane stesso". E il saluto romano sarebbe solo un "richiamo" a quella "militanza politica", che ha "costituito l'abbietto motivo ed il movente del suo barbaro assassinio".
Eppure il moltiplicarsi di iniziative nelle quali migliaia di teste rasate marciano come truppe militari a braccio teso come nel ventennio, il fatto che spadroneggiano nelle città con la protezione delle forze dell'ordine , l'apertura delle sedi e la conservazione di quelle abusive, e la loro accettazione nel quadro politico-istituzionale del nostro Paese, smentiscono senza appello e nei fatti la pronuncia del Tribunale.
A nostro avviso, al pari dell'ANPI e degli altri organismi antifascisti, i gruppi dichiaratamente o sostanzialmente di stampo neofascista e neonazista devono essere immediatamente sciolti ed i loro covi chiusi senza batter ciglio. E non solo in nome della dodicesima disposizione transitoria della Costituzione borghese del '48 che non ha mai rappresentato un argine concreto contro il neofascismo, o delle leggi Scelba e Mancino, ma soprattutto perché è un atto concreto per stroncare questa deriva neofascista già radicata, e che si sta estendendo nel nostro Paese.
Abbattere con la piazza il governo Meloni è l'altro compito urgente che hanno oggi le masse popolari antifasciste, e tutti i partiti ed i sindacati che tali si definiscono, prima che sia troppo tardi.


7 maggio 2025