Aumentano i morti sul lavoro a Forlì-Cesena
Condizioni di lavoro critiche anche per il caldo
Scioperi alla Trevi e Astercoop
Dal corrispondente della Cellula “Stalin” di Forlì
+250%. È la percentuale di aumento di morti sul lavoro nella provincia di Forlì-Cesena nei primi 4 mesi di quest'anno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Ovvero 7 morti sul lavoro da gennaio a oggi, mentre l'anno scorso se ne erano contati 8 da gennaio a dicembre (non che fossero pochi...), e rappresentano il 35% dei 20 decessi a livello regionale. +6,4% è invece la percentuale di aumento di infortuni sul lavoro riferita sempre al confronto tra il 2024 (2.150 infortuni tra gennaio e aprile) e il 2025 (2.287). Tra questi il 72,1% sono italiani, il 22,7% stranieri e il 5,1% provenienti dall'Ue.
Per Maria Giorgini, Segretaria generale Cgil di Forlì-Cesena, a proposito anche del mancato raggiungimento del quorum ai referendum sul lavoro e sulla cittadinanza, il sindacato “non ha sufficienti strumenti per cambiare le cose, per questo continuiamo a chiedere al governo e al parlamento un cambio di passo deciso, abolendo sub appalti a cascata (7 infortuni su 10 avviene nel sistema degli appalti), e riducendo la ricattabilità e precarietà nel lavoro aumentata con il Decreto primo maggio, il Collegato al lavoro e il Decreto Lavoro. In aggiunta va cambiata la legge sull’immigrazione, se sei sotto ricatto per paura di perdere lavoro e permesso di soggiorno è molto difficile denunciare. Servono riforme importanti, e va abbattuto il muro dell’indifferenza”. Ribadendo così che con i referendum è già esaurito “il grosso” della lotta sindacale così come la intendono Landini e il gruppo dirigente, come se non fosse nelle sue possibilità (dovere) chiamare le lavoratrici e i lavoratori, le pensionate e i pensionati, alla mobilitazione di massa e di piazza in difesa dei propri diritti, a partire dallo sciopero generale nazionale!
A peggiorare le condizioni già precarie delle lavoratrici e dei lavoratori, si aggiunge in questo periodo il forte caldo che crea grandi difficoltà e pericoli a chi lavora in certi ambienti, in particolare come denuncia la Fiom-Cgil.
“A essere maggiormente esposti sono gli addetti alla produzione, in particolare nei reparti degli stabilimenti siderurgici, nei capannoni con scarsa ventilazione, sulle linee di montaggio e in tutti quei contesti in cui si svolgono mansioni pesanti e fisicamente stressanti. Il caldo torrido, unito a livelli di umidità variabili e a ritmi di lavoro elevati, può provocare malori, collassi, tachicardie, emorragie, con conseguenze anche gravi”. Per questo viene chiesta “la riduzione o la rimodulazione dell’attività lavorativa nelle ore più calde”, “l’introduzione di pause aggiuntive”, “il potenziamento della ventilazione e il raffrescamento nei reparti”, la “disponibilità continua di acqua fresca gratuita e di integratori salini”, la “sospensione dell'attività nei casi in cui il rischio diventa elevato o persistente”.
Le Rsu-Rls della Fiom si sono “attivate affinché, in ogni territorio e in ogni fabbrica, vengano promosse tutte le iniziative utili a salvaguardare la salute e la sicurezza di chi lavora”.
In tal senso si è mossa l’assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori dello stabilimento di Cesena della Trevi Spa, che si occupa di grandi opere edili e che fa parte del Gruppo Trevi, che il 9 giugno ha approvato a grande maggioranza lo sciopero a singhiozzo senza ulteriore preavviso e blocco delle trasferte nei cantieri della società, in risposta alla decisione dell'azienda di interrompere le trattative per l’accordo aziendale di terzo livello in relazione anche alla richiesta dell'aumento del premio di risultato in virtù degli ingenti ricavi ottenuti dalla Società nell’ultimo periodo, che ha visto il superamento degli obiettivi delineati dal piano industriale, addirittura con un anno in anticipo, e le risposte insufficienti sull’orario estivo in un’ottica di prevenzione delle patologie legate al caldo estivo, in quanto non evita il lavoro nelle ore più soggette al caldo torrido che supera di molto i 35°C soprattutto nel piazzale aziendale.
Sul grave problema del grande caldo nei posti di lavoro è intervenuta anche la regione Emilia-Romagna che ha varato un’ordinanza, in funzione dal 2 luglio al 15 settembre, che prevede in tutto il territorio regionale il divieto di lavorare in condizioni di esposizione prolungata al sole dalle 12.30 alle 16 nei settori agricolo e florovivaistico, quello dei cantieri edili e affini, della logistica (limitatamente ai piazzali destinati in via esclusiva e permanente al deposito merci, con esclusione delle pertinenze dei magazzini coperti), in cui il lavoro si svolge all’aperto senza che sia possibile per i lavoratori ripararsi dal sole e dalla calura, escludendo però tutti coloro, e sono davvero tanti, che lavorano in condizioni “estreme” dentro a capannoni privi di qualsiasi sistema di ventilazione (e di riscaldamento d'inverno) e sottoposti a ritmi frenetici e a lavori pesanti.
Le misure organizzative, tecniche e procedurali di mitigazione del rischio, che evitino l’esposizione dei lavoratori nelle fasce orarie più pericolose, come l'anticipo dell’orario di inizio mattutino e suo eventuale prolungamento nelle ore serali, l'effettuazione di lavorazioni al coperto o all’ombra, anche a mezzo di tettoie fisse o mobili, la riprogrammazione delle attività, le frequenti turnazioni dei lavoratori esposti, le frequenti pause in zone ombreggiate, l'utilizzo di carrelli elevatori o macchine cabinate, dovranno essere adottate dalle aziende sulla base del rischio stilata dal padrone stesso che evidentemente non ha nessun interesse a tutelare la salute dei lavoratori in quanto questo costituisce un minor plusvalore per lui.
Un provvedimento che prevede sanzioni difficilmente applicabili per il già esiguo personale addetto ai controlli nei luoghi di lavoro, per nulla potenziato.
Intanto continua la lotta dei lavoratori del settore logistica del magazzino Astercoop di Pievesestina a Cesena, che gestisce in appalto il magazzino Coop Alleanza 3.0, in sciopero il 23 maggio. Sdl Cobas denuncia come “da mesi va avanti la lotta di questi lavoratori e lavoratrici contro il sistema degli appalti e delle cooperative che produce precarietà, condizioni di lavoro povero e di salario inaccettabili, un sistema che nega il pieno riconoscimento del sindacato. Un sistema 'a marchio Coop' che vuole lavoratori sottocosto e senza diritti”, che mostra totale chiusura alle richieste dei lavoratori, ma mette in atto anche un continuo attacco antisindacale con licenziamenti, provvedimenti disciplinari, cambi di turno di chi è iscritto e maggiormente attivo nel sindacato ADL Cobas”. Una lotta dei lavoratori “privati dei diritti previsti dal contratto collettivo nazionale e delle tutele adeguate sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro", come ribadisce anche la Cgil.
9 luglio 2025