Sulla manifestazione del 30 giugno a Genova
Landini e la sindaca Salis non hanno tratto la giusta lezione della grande e storica Rivolta antifascista di Genova nel 1960
Dal corrispondente di Genova de “Il Bolscevico”
Sulla manifestazione del 30 giugno promossa da ANPI e CGIL tenuta a Genova per ricordare la vittoriosa lotta antifascista condotta dai portuali, dagli operai, dai giovani con le “magliette a righe”, dagli ex-partigiani e dalla popolazione genovese, è utile investire ancora due parole. Sul numero scorso de Il Bolscevico
è stato pubblicato un articolo, un resoconto della giornata che ha visto la città di Genova attraversata da due distinti cortei, quello appunto organizzato da ANPI e CGIL e quello promosso dagli antagonisti e anticapitalisti.
Che la sindaca Silvia Salis nel suo saluto ai manifestanti, intervenuti al corteo istituzionale, dichiari che - l’eredità ricevuta dalla Resistenza tocca a noi difenderla ogni giorno attuando fino in fondo la Costituzione repubblicana -. Innanzitutto, che parli di difesa c’era da aspettarselo, è il minimo, magari non precisa i tempi e il metodo, tuttavia, rappresentando le istituzioni cittadine il minimo sindacale richiesto era proprio quello. Lei, il martello, che è uno dei simboli dell’alleanza fra operai e contadini per la lotta per la Rivoluzione socialista, a quanto risulta è sempre stata molto brava a lanciarlo lontano, non certo a tenerlo fra le mani per rivendicarne il ruolo. D’altronde quell’idea di Rivoluzione socialista non le appartiene, tanto meno i moti popolari del 1960. Lei è una borghese. Alla sindaca la Costituzione repubblicana italiana, promulgata sin all’origine liberale borghese e anticomunista, per come è stata applicata, per cosa regolamenta, va sicuro più che bene. E poi occorre ricordarlo. Già nel 30 giugno del 1960 la Costituzione repubblicana, varata 1° gennaio del ’48, vietava la ricostruzione del partito fascista. Eppure, il MSI esisteva sin dal ’46. Ma gli antifascisti genovesi non si sono appellati alle norme costituzionali. Non sono saliti a discutere il da farsi sull’Aventino. Non si sono accontentati di segnalare, alle istituzioni, il gesto provocatorio di tenere il congresso del MSI in una città Medaglia d’oro per la Resistenza. Hanno piuttosto preteso lo sciopero generale. Si sono presi la piazza. Hanno assediato l’intera città. Si sono rivoltati e hanno fatto il 30 giugno del 1960.
Altro discorso per ciò che ha affermato durante il comizio Maurizio Landini. Lui è il Segretario generale della CGIL. Un sindacato con alle spalle una storia di lotte. Con delle responsabilità che devono essere tenute in conto. In un suo passaggio, e non certo marginale, ha dichiarato: che ci sia oggi il rischio di una deriva autoritaria non solo in Italia, ma anche in Europa, e negli Stati Uniti mi sembra sotto gli occhi di tutti. Sì, è sotto gli occhi di tutti. È soprattutto sotto gli occhi di tutti il tentativo di Maurizio Landini di semplificare il presente per allontanare una necessaria reazione che dovrebbe tenere il maggiore sindacato italiano, reazione che non deve che essere autenticamente antifascista. Non siamo di fronte al rischio di una deriva autoritaria, la deriva autoritaria, ma più precisamente neofascista, è già presente. Altro che rischio!
Se non fosse bastato l’assalto fascista alla sede della CGIL di Roma del 9 ottobre del 2021 (derubricato dalla Cassazione come resistenza a pubblico ufficiale), o le incredibili, persino insane e provocatorie, dichiarazioni del presidente del Senato, seconda carica dello Stato, il fascista convinto Ignazio La Russa, sui musicisti vicino alla pensione caduti in via Rasella in un’azione dei gappisti romani, o altri svarioni, ma non casuali piuttosto voluti. Ecco che allora se non bastassero questi esempi, come lo si vuole intendere o valutare il Decreto sicurezza? L’autonomia differenziata? La repressione al dissenso? I tamburi di guerra suonati, attraverso il riarmo, dal governo della ducessa Meloni? Imbrigliamento della Magistratura? L’atteggiamento prepotente della Confindustria di chiusura sul contratto dei metalmeccanici? E per andare oltre alla percezione del rischio di una deriva autoritaria, per riuscire a nominare il più corretto termine neofascista, per comprendere che tutto questo è già in atto, compiuto, per organizzare un qualcosa di serio per mandare a gambe all’aria questo governo che è neofascista, cosa ancora deve succedere? Forse il premierato, la separazione delle carriere dei magistrati, oppure la riesumazione e il ritorno alla vita, attraverso grazia divina, per l’eversivo golpista Licio Gelli?
Nel lontano 30 giugno del 1960, gli antifascisti genovesi con alla testa portuali, operai, studenti, giovani con le “magliette a strisce”, gente del popolo, non hanno atteso la revoca del congresso missino per eventuali, o possibili, problemi di ordine pubblico. Hanno preso in mano la situazione, sono andati incontro al loro destino, e hanno consegnato alle generazioni future la dimostrazione: il popolo, e solo il popolo, è la forza motrice che crea la storia del mondo; e questo, se ce ne fosse stato bisogno, è stato il loro insegnamento.
9 luglio 2025