Il Garante si appella ridicolmente alla difesa dei “servizi essenziali”
Vietato scioperare contro l'invio di carico di armi
Giusta mobilitazione dell'Usb ma attenzione a distinguere se le armi sono destinate agli imperialisti aggressori o a paesi aggrediti
“Abbiamo proclamato uno sciopero contro l’invio di un carico di missili dall’aeroporto di Brescia Montichiari e il Garante ci ha chiesto di revocarlo. Sostiene di fatto che il trasporto di armi sia un servizio di pubblica utilità e che, al massimo, potrebbe essere escluso solo da un accordo coi sindacati validato dalla stessa commissione. È folle”. A denunciare l’episodio è l’Usb, sindacato di base che il 24 giugno aveva scoperto l’arrivo di un lotto di armi in partenza dallo scalo bresciano alla volta di Doha, proclamando immediatamente uno sciopero.
La Commissione di garanzia degli scioperi ha subito comunicato l’apertura di un procedimento, che potrebbe anche culminare con una sanzione. In sostanza, la delibera del Garante dice che solo un accordo sindacale omologato dalla commissione può escludere una attività, come il trasporto di armi, dall’applicazione della legge sui servizi pubblici da garantire e che, siccome quell’accordo non c’è, il carico di missili su un aereo ricade nelle attività necessarie e quindi soggette a una serie di obblighi per il sindacato: i tempi di preavviso dello sciopero, il tentativo di conciliazione per evitare l’astensione, il divieto di concentrare troppi scioperi dello stesso settore in un tempo limitato (la cosiddetta “rarefazione”). La Commissione ricorda anche una precedente delibera per cui “tutti i soggetti che concorrono all’erogazione del servizio di movimentazione delle merci in ambito aeroportuale rientrano nel campo di applicazione della citata regolamentazione provvisoria”.
Insomma ridicolmente i trasporti di armi ricadono per il garante (espressione della maggioranza di governo) nella pubblica utilità e nei ''servizi essenziali''.
Per l’Usb questo è un punto inaccettabile: “La questione non è se nel regolamento rientrino i lavoratori, ma se vi rientrino le armi...”. Il sindacato ricorda che nella legge 146 del 1990 vengono elencati i servizi pubblici essenziali e, tra questi, non viene mai citato il trasporto di materiale bellico. Si parla infatti di servizi “volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all'assistenza e previdenza sociale, all'istruzione e alla libertà di comunicazione”. Nel secondo comma si va nello specifico, si parla per esempio di “merci deperibili”, ma non di armi e affini. Il sindacalista Usb, Francesco Staccioli, sostiene anche che, in un caso come questo, dovrebbe subentrare il diritto all’obiezione di coscienza, a disobbedire per affermare una posizione etica e politica: tanto più, dice Usb, laddove queste armi vengano inviate “verso zone di guerra o dove è in atto un vero e proprio genocidio”.
“L’unico modo per opporsi pacificamente alla guerra è prendere attivamente una posizione contro di essa, ogni volta che se ne abbia l’occasione”. Con queste parole, il 25 maggio 2021, Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti annunciavano la loro “vittoria” al porto di Ravenna, con l’armatore Zim che rinunciò a imbarcare sulla nave Asiatic Liberty un carico di esplosivi destinati al porto di Ashdod, in Israele, armi destinate al conflitto nella Striscia di Gaza. Il dietrofront arrivò dopo le dure proteste dei portuali, pronti a scioperare il 3 giugno successivo. Pochi giorni prima la stessa cosa era accaduta a Ligione, Livorno, con protagonista questa volta la nave Asiatic Island: a opporsi furono i lavoratori dell’Usb, in coordinamento con Calp (Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali).
È dal 2019 che i lavoratori portuali e aeroportuali si sono eretti a presidio contro il transito di materiale militare negli scali a vocazione civile. Con la città di Genova in prima fila. Proprio nel capoluogo ligure, il 4 maggio 2019, i camalli della Cgil si unirono al presidio Calp per bloccare la nave saudita Bahri Yanbu, carica di armi (generatori militari e cannoni) destinate allo Yemen.
Nel 2022, complice anche l’invasione russa dell’Ucraina e i venti di guerra le spedizioni militari aumentarono. E di conseguenza le mobilitazioni. A fine marzo ancora una protesta a Genova, di nuovo contro la flotta Bahri, poiché “carica di armamenti destinati all’Arabia Saudita per il conflitto in Yemen”.
Pochi giorni prima, il 19 marzo, si verificò un caso ancora più eclatante. I lavoratori dell’Usb bloccarono l’aeroporto di Pisa per fermare a un volo diretto in Polonia perché non caricava “materiale umanitario” bensì casse di armi destinate alla guerra in Ucraina.
Secondo noi la posizione dei sindacati è corretta, è giusto opporsi ai carichi di morte, bisogna però fare attenzione: un conto sono i trasporti verso paesi imperialisti e teatri di guerra come la striscia di Gaza, altra cosa sono le armi che transitano verso paesi aggrediti, come l'Ucraina, che stanno lottando per la propria liberazione nazionale. In questo ultimo caso non è opportuno bloccare il trasporto e il carico poiché si finirebbe con il danneggiare la lotta di un popolo oppresso dall'imperialismo e viceversa rafforzare l'imperialismo aggressore,occorre quindi avere una corretta linea antimperialista.
La solidarietà antimperialista non demonizza tutte le armi alla stessa stregua ma considera anzitutto da chi e per quale causa vengono impiegate: una cosa è sabotare e impedire l'invio di missili e armi agli aggressori imperialisti e un'altra è non opporsi al riarmo di quei popoli e paesi che non hanno altro mezzo che combattere con le armi in pugno per difendere la loro libertà, indipendenza e sovranità territoriale come accade al popolo palestinese e all'Ucraina.
9 luglio 2025