Spionaggio degno dell'Ovra mussoliniana
Meloni, Piantedosi e Mantovano non dicono la verità sulle infiltrazioni in Potere al popolo
Rispondano pubblicamente davanti al parlamento
Dopo la prima denuncia da parte di Potere al Popolo, lo scorso maggio, dell'infiltrazione di un poliziotto dell'antiterrorismo nella sua organizzazione di Napoli, la già gravissima vicenda si sta allargando con la scoperta, documentata da un'inchiesta di Fanpage
, che l'infiltrazione è avvenuta anche in altre tre città, e che lo spionaggio andava avanti dall'ottobre scorso.
E a fronte di tutto ciò, i diretti responsabili di questo intollerabile atto di spionaggio degno dell'Ovra mussoliniana ai danni di un partito politico, che sono la presidente del Consiglio Meloni, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti Mantovano, e il ministro dell'Interno Piantedosi, non si degnano neanche di assumersene pubblicamente la responsabilità, continuando a tacere e fare finta di nulla. O al massimo cercando di cavarsela con l'assurda tesi che non si tratti tecnicamente di un'infiltrazione vera e propria, ma di una sorta di normale attività di “osservazione” delle organizzazioni studentesche da parte di agenti realmente iscritti ai corsi universitari, come ha sostenuto con perfetta faccia di bronzo il sottosegretario agli Interni di FdI, Emanuele Prisco, inviato al loro posto in parlamento per rispondere ad un'interpellanza del M5S.
L'inchiesta di Fanpage
è uscita il 26 giugno, ad un mese dalla denuncia di PaP sulla scoperta di un poliziotto infiltrato nelle fila del Partito a Napoli. Sulla vicenda erano state presentate tre interrogazioni parlamentari a cui il governo Meloni non ha mai risposto, e intanto si scopre che non si è trattato di un singolo caso, per quanto già di per sé grave, ma di una vasta operazione su scala nazionale di infiltrazione e spionaggio di un partito politico e degli ambienti universitari, messa in campo dalla Direzione centrale della polizia di prevenzione. Operazione che andava avanti da otto mesi e che ha coinvolto oltre a Napoli anche le città di Milano, Bologna e Roma e cinque agenti in tutto.
Secondo i documenti venuti a conoscenza di Fanpage
, i cinque poliziotti appartengono tutti al 223esimo corso allievi agenti di polizia, e dopo un periodo di prova, che hanno trascorso in diverse questure italiane, nel dicembre del 2024 sono stati trasferiti tutti alla Direzione centrale della polizia di prevenzione, ossia all'antiterrorismo. Ma i cinque agenti erano già stati infiltrati in Potere al Popolo, principalmente attraverso le sue organizzazioni giovanili, il Collettivo Autorganizzato Universitario di Napoli e Cambiare Rotta, tra ottobre e novembre 2024.
A Milano i poliziotti infiltrati erano due. “Il primo soggetto si è avvicinato a Cambiare Rotta nell'università statale di Milano, all'inizio dell'anno accademico, nel mese di ottobre”, ha raccontato a Fanpage
Samuele Ortolini di Cambiare Rotta Milano. “Si è presentato come uno studente fuori sede che aveva particolarmente a cuore il tema del carovita nella città di Milano. Ha partecipato alla contestazione che abbiamo fatto al teatro dal Verme di Milano a Carlo Calenda ed a molte altre manifestazioni. Il secondo soggetto invece si è avvicinato a Cambiare Rotta nell'università Bicocca, nel mese di dicembre”, ha aggiunto Ortolini.
Non “svolta autoritaria”, ma fascismo operante
Lo stesso giorno dell'articolo di Fanpage
le opposizioni parlamentari – PD, M5S e AVS - hanno tenuto una conferenza stampa al Senato annunciando un'interrogazione al governo affinché Meloni venga a chiarire la questione perché, hanno sottolineato, “il caso PaP, lo scandalo Paragon e il decreto Sicurezza tracciano un quadro inquietante”. “Abbiamo prove inoppugnabili per cui il governo non può continuare a negare un’operazione pianificata dall’alto e ordinata da qualcuno”, ha ribadito il portavoce di PaP Giuliano Granato, lo stesso che aveva denunciato il primo caso a Napoli. “Chiediamo alla presidente del Consiglio, al ministro degli Interni Piantedosi e a Mantovano di dare un risposta: Chi ha ordinato e perché questa operazione”?
Alla conferenza stampa era presente anche don Mattia Ferrari, cappellano della ong Mediterranea, che insieme a Luca Casarini e altri due attivisti è stato oggetto di intercettazioni con il software spia Graphite della israelo-americana Paragon. E questo da parte dei servizi segreti italiani su richiesta della magistratura, almeno secondo il Copasir; mentre non si sa ancora chi ha ordinato invece l'uso dello stesso spyware per spiare il direttore di Fanpage
, Francesco Cancellato, il suo caporedattore Ciro Pellegrino, il direttore di Dagospia
, Roberto D'Agostino e altri soggetti, perché Palazzo Chigi continua ostinatamente a negare ogni coinvolgimento dei servizi segreti ai suoi ordini, infischiandosene peraltro di indagare per scoprire i responsabili. Anzi, si sa che Paragon ha detto di aver rescisso il contratto con i nostri servizi proprio perché il governo Meloni aveva rifiutato la sua proposta di indagine per risalire facilmente alla fonte dell'illecito spionaggio. “Con i casi Paragon e PaP si sono aperte ferite profonde”, ha detto don Ferrari. “Solo dando risposte si possono sanare. Da chi siamo stati spiati io e il direttore di Fanpage Francesco Cancellato”?
“Siamo davanti a comportamenti che vanno al di là di una normale dialettica politica – ha detto il Senatore di AVS, Peppe De Cristofaro – Questa clamorosa infiltrazione, subita da un partito, insieme a quella sui giornalisti, Mediterranea, allo spionaggio, sono cose inquietanti che si accompagnano a una serie di scelte politiche che sta facendo il governo: premierato, autonomia differenziata, separazione delle carriere, decreto sicurezza, atti che configurano un tentativo di svolta autoritaria”. “Tutto questo è legato anche ai tagli nel servizio pubblico al giornalismo di inchiesta. Unendo i puntini viene fuori un quadro inquietante”, ha aggiunto a sua volta la deputata del M5S, Gilda Sportiello.
Parole condivisibili, quelle dei due parlamentari dell'opposizione parlamentare, anche se purtroppo la forza della denuncia del governo Meloni viene meno quando si riduce il suo disegno complessivo di stampo neofascista, presidenzialista e piduista alla solita “svolta autoritaria”, mentre il fascismo è già presente e operante nelle vesti femminili, “democratiche” e costituzionali di Mussolini in gonnella, e lo spionaggio di partiti, attivisti e giornalisti antifascisti e democratici come ai tempi dell'Ovra lo sta a dimostrare. Specie adesso che il decreto fascista “Sicurezza” appena convertito in legge, consente agli agenti segreti infiltrati in movimenti presunti “terroristici” perfino di dirigerli ed organizzare attentati.
Le risibili “spiegazioni” del sottosegretario
Davanti all'aggravarsi dello scandalo, il ministro Piantedosi ha cercato di gettare acqua sul fuoco annunciando di essere disposto ad andare a riferire in aula, ma che la sua fosse solo una melina per menare per il naso il parlamento e il Paese è apparso chiaro quando, per rispondere all'interpellanza urgente della pentastellata Sportiello, per avere “chiarimenti in merito al presunto tentativo di infiltrazione di agenti di Polizia all'interno del partito Potere al Popolo”, il Viminale ha inviato alla Camera solo un suo sottosegretario, il meloniano Prisco. Il quale, come recitando un copione scritto per una commedia grottesca, ha sostenuto in sostanza che “così si è sempre fatto”, e che il governo considera l'intera operazione illegale come parte della normale sorveglianza volta a tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica.
Dopo aver evocato infatti le “tensioni internazionali connesse ai conflitti in atto” (cioè Gaza, ndr), che hanno “determinato “l'incremento delle manifestazioni di protesta”, in particolare da parte di “agguerriti collettivi universitari”, con “livelli crescenti di conflittualità nelle principali città italiane e in alcune sedi universitarie”, il sottosegretario ha giustificato la decisione dell'antiterrorismo di rafforzare “gli strumenti informativi” all'interno dei suddetti ambienti, in quanto “si tratta di attività ordinarie per le Forze di Polizia, che sono sempre state svolte, anche in passato, perché previste dalla legge per la tutela di interessi primari della collettività”.
Dopodiché si è spinto a sostenere, senza mostrare il minimo imbarazzo, la tesi ridicola che tali attività sono state svolte “da agenti della Polizia di Stato, regolarmente iscritti all'università, dove frequentano lezioni e sostengono esami con le proprie vere generalità. Gli agenti, quindi, non hanno mai operato sotto copertura, non avendo mai fatto ricorso a false identità, né nei loro rapporti sociali, né durante la frequentazione universitaria”. “Nessuna operazione sotto copertura, dunque, nessuna infiltrazione in partiti e movimenti politici”, ha concluso l'ineffabile Prisco, ma semmai i cinque agenti, quasi fossero lì per caso, “hanno semplicemente partecipato ad iniziative pubbliche organizzate da aggregazioni studentesche con connotazioni estremistiche che avevano manifestato una crescente aggressività, venendo in contatto, quindi, con molteplici realtà antagoniste”.
A tale proposito Tomaso Montanari, in un articolo su Il Fatto Quotidiano
del 7 luglio, nel riferire che nell'aprile 2024 “un alto rappresentante dei nostri sistemi di sicurezza” gli aveva escluso che esistessero veramente i tanto strombazzati pericoli di trasformazione delle università in “incubatrici di un nuovo terrorismo filo-palestinese”, si è chiesto giustamente se si fosse scelta proprio “questa singolare forma di infiltrazione ‘a viso aperto’ per non passare attraverso il vaglio dell’autorità giudiziaria. Un’ipotesi, questa, gravissima. Che farebbe pensare non alla volontà di garantire sicurezza, ma invece a quella di controllare le opinioni”, anche nel quadro di “una vasta campagna di disciplinamento delle comunità accademiche” in tutto l'Occidente.
Quando la ducessa tuonava contro le “infiltrazioni da regime”
Insomma, siamo sempre di fronte allo stesso atteggiamento reticente e strafottente che il governo neofascista della ducessa Meloni usa ogni volta che viene pescato con le mani nel sacco a compiere operazioni illegali e violare pesantemente la stessa democrazia borghese, rivelando il suo vero volto mussoliniano. Si tratti dell'infiltrazione di spie in partiti politici, come nel caso di PaP, come dello spionaggio di ong che soccorrono migranti e di giornalisti indipendenti colpevoli di aver fatto inchieste sulla presenza di neofascisti e neonazisti dichiarati tra le fila dei notabili e nella giovanile del partito della premier, come Fanpage
.
E il colmo dell'ipocrisia fascista è che quest'ultima, a giugno dell'anno scorso, per confutare la legittimità dell'inchiesta di Fanpage
sulle nefandezze dei suoi balilla di Gioventù nazionale, ebbe a proclamare furibonda che tale inchiesta rappresentava “una nuova frontiera dello scontro politico: da oggi è possibile infiltrarsi nei partiti politici e sindacati, riprendere le riunioni e pubblicarle”. Appellandosi pure ad un intervento di Mattarella perché “infiltrarsi nelle riunioni dei partiti politici è un metodo da regime”!
È sempre lo stesso atteggiamento ipocrita da pesce in barile, del resto, che questo governo neofascista sta usando anche sul caso Al-Masri, di fronte alle nuove rivelazioni che dimostrano come il ministro della Giustizia Nordio abbia mentito spudoratamente – e per questo dovrebbe dimettersi immediatamente - quando sostenne in parlamento di essere venuto a conoscenza, e in maniera parziale e confusa, del mandato di arresto della Corte penale internazionale per il torturatore libico solo il 20 gennaio scorso. Ritardo che ne avrebbe determinato “automaticamente” la scarcerazione e l'accompagnamento in Libia con tanto di aereo di Stato. Quando invece ora emerge che la sua capo di gabinetto lo sapeva perfettamente già dal 19, giorno del suo arresto a Torino, come dimostrano le e-mail ai suoi collaboratori con l'avvertenza di parlarne solo sul canale non intercettabile Signal.
La premier neofascista Meloni, il sottosegretario Mantovano e il ministro Piantedosi smettano perciò di nascondersi dietro il muro di silenzio o, ancor peggio, cercare di coprire lo scandalo con scuse ridicole, e si presentino invece subito davanti al parlamento e al Paese per spiegare pubblicamente tutti i risvolti dell'operazione di infiltrazione in Potere al Popolo, chiarendo chi l'ha autorizzata e per quali scopi politici e se sono stati coinvolti altri partiti e organizzazioni studentesche.
16 luglio 2025