Intervento all'assemblea FISAC regionale del 12 settembre a Firenze
Chiavacci: La Cgil promuova lo sciopero generale contro il genocidio del popolo palestinese
Care compagne e cari compagni,
In questo contesto, è impossibile non parlare della questione palestinese
, ma mi ripeterei se esprimessi temi già toccati più volte sui quali conoscete già la mia modestissima e personale opinione (genocidio, sostegno alla Resistenza palestinese senza discriminanti di sorta, l’obiettivo finale di Uno Stato palestinese e due popoli).
Spendo allora questi minuti per introdurre una riflessione che mi pare necessaria e urgente sull’atteggiamento della CGIL ai vari livelli sulla questione palestinese.
Non possiamo ignorare che in tutte le città da mesi e mesi si ripetono settimanalmente o ogni 15 giorni, manifestazioni a sostegno del popolo palestinese molto partecipate, eterogenee nella presenza e con parole d’ordine chiare che personalmente condivido.
Oltre alle classiche, che ogni organismo istituzionale può condividere, ce ne sono altre: “Palestina libera dal fiume al mare”, “Netanyahu nazisionista” ecc., che mettono in difficoltà la nostra organizzazione.
La natura stessa degli attivisti per la Palestina (alcune associazioni civili, centri sociali, sindacati di base e partiti della sinistra extraparlamentare), mette in difficoltà la CGIL, che a livello nazionale, ma anche regionale o provinciale, preferisce fare asse con le compagne di viaggio di sempre (Istituzioni e “centrosinistra” immobili, forze pacifiste, ed ANPI) anziché mescolarsi con le manifestazioni di piazza, finendo per essere autoreferenziale e parziale nella denuncia e nella proposta politica anche di fronte ad un massacro come quello che si sta verificando in Medioriente in questo momento.
Un modo questo per attirarsi altre antipatie anche fra gli oppositori al sionismo israeliano più moderati, che non comprendono affatto l’assenza della CGIL da certe piazze.
Nessuno dice di rinunciare alle proprie posizioni (che per chiarezza personalmente ritengo ampiamente insufficienti ed affogate nel legalitarismo istituzionale), ma nell’organizzazione nessuno è così arretrato da capire che gridare alla “pace” senza qualificarla è un mero esercizio di opportunismo, perché pace non è in questo caso il tallone imperialista d’Israele che schiaccia un popolo ma non spara come prima del famigerato 7 ottobre, ma libertà ed indipendenza per un popolo soggiogato e massacrato da decenni.
Pace senza giustizia, di fatto significa resa dell’aggredito, dello schiavo, all’aggressore, e non credo che un’associazione come la CGIL, che sostiene di avere nel proprio DNA la lotta partigiana del nostro Paese, non comprenda questa grande contraddizione.
Sabato scorso ad esempio, la manifestazione di Firenze del pomeriggio aveva un titolo per me di fondamentale importanza “La Resistenza è la nostra bussola” – e non a caso l’iniziativa era promossa dai Giovani Palestinesi - , per ricordare anche in un momento in cui i fari sono puntati a ragione soprattutto sulla Global Sumud Flottiglia, (altra iniziativa importantissima e dall’ampio respiro internazionale, di disobbedienza, e che mette nel mirino l'immobilismo complice dei Paesi occidentali), che gli aiuti umanitari anche se arrivano finiscono, e che quello che deve cessare per risolvere il problema è l’occupazione, il genocidio a Gaza e il regime di apartheid israeliano che fra l’altro anche autorevoli organismi internazionali riconoscono e denunciano.
Ecco dunque che non possiamo aver alcun timore di partecipare e di “mischiarci” in queste manifestazioni di piazza anche se al suo interno vi sono anime diverse da quelle della CGIL. Ma poi, il paradosso è che a certe manifestazioni ci sono tantissimi e tantissime iscritte alla CGIL, e ciò non è un caso, ma un dato di fatto che dovrebbe far riflettere i nostri alti quadri dirigenti.
Potremmo ricevere fischi? Sì, certo. E direi che sul tema sarebbero anche più che meritati per quanto poco fatto finora. Ma cesserebbero rapidamente, perché in quelle piazze tutti hanno a mente l’importanza della CGIL e quanto inciderebbe anche nell’opinione pubblica un nostro maggiore impegno, più chiaro e diretto, sul tema.
Per essere ancora più chiaro, i Flash Mob ad esempio, così come le decine di petizioni on-line che si moltiplicano per ogni argomento, possono rappresentare tutt’al più un contorno, un’attività di sensibilizzazione e di promozione di una lotta che però va fatta con tutti noi stessi e fino in fondo. Non possono essere questi gli strumenti di lotta contro un genocidio in particolare e, più in generale, contro il calpestio del diritto internazionale agito e tollerato da praticamente tutti i Paesi occidentali (mentre quelli dell’Est lo stracciano in Ucraina), perché semplicemente non lo sono! Qualcuno di noi ha mai visto petizioni che risolvono le questioni che trattano?... Io sarò stato sfortunato, ma in trent'anni di attività politica e sociale non mi è mai capitato, così come non mi è mai capitato di vedere concretizzate leggi di iniziativa popolare, altro strumento spuntato nel quale continuiamo a riporre energie e fiducia.
Fra l’altro – ed è anche tema della discussione confederale del post referendum – la CGIL si trova a dover colmare un gap con il “popolo”, con le masse lavoratrici, con i pensionati a partire dai più poveri, ed anche con gli studenti e le studentesse che sono lavoratori e lavoratrici del domani e che oggi dimostrano di essere più avanti di noi nel reagire alla enorme gravità dei fatti, e lo dimostrano gridando in piazza tutto il loro sdegno, ed appoggiando senza timore di essere tacciati di antisemitismo dalle destre e dai filosionisti ai quali anche la nostra città continua a dare copertura politica.
E permettetemi un inciso; Marco Carrai, console onorario di Israele, filo sionista dichiarato, Presidente della Fondazione Meyer, è un ossimoro intollerabile che dura da anni e che deve essere risolto senza indugi. È un bene che finalmente anche la CGIL Toscana l'ha detto nel presidio della scorsa settimana.
Ma in generale sul tema, con il nostro atteggiamento marginale, troppo attento a non scomodare le istituzioni, ed in ogni caso ancorato a quel pacifismo incapace in questo momento di portare giustizia e quindi ad una pace reale, giusta e duratura, quel GAP con le masse popolari lavoratrici ed antifasciste si sta allargando, fino a diventare un vero e proprio solco profondo che sarà difficile superare.
Ecco perché, - e chiudo – la CGIL dovrebbe armarsi (in questo caso sì) di indipendenza e di coraggio e promuovere immediatamente uno sciopero generale di tutte le categorie con manifestazione a Roma, non solo se la Sumud Flottiglia sarà colpita - come peraltro già accaduto - ma semplicemente perché il genocidio del popolo palestinese deve terminare e Israele deve ritirare le sue truppe da Gaza e dalla Cisgiordania.
Questa piattaforma, ridotta all’osso su 3 punti essenziali che credo siano condivisibili da tutti al nostro interno, otterrebbe vasto appoggio e convoglierebbe questo largo fronte che esiste già e si mobilita, del quale però ad ora la CGIL, il più grande sindacato italiano, nella pratica non fa parte.
Se il nostro sindacato ci sarà, se scenderà in piazza con forza, saranno eventualmente gli organismi frazionisti a dover decidere come giustificare l’assenza se proprio non hanno intenzione di scendere in piazza con la CGIL; la responsabilità politica sarà la loro, mentre la CGIL potrà essere ancora una volta il centro ed il traino di una battaglia unitaria, sacrosanta, e di massa.
Viva la Resistenza palestinese!
Viva la CGIL!
17 settembre 2025