A Milano per gridare “Giù le mani dal Leoncavallo”
Grande corteo antifascista e popolare contro lo sgombero voluto dal governo neofascista Meloni-Piantedosi e le speculazioni di Sala e di Palazzopoli
Oltre 50mila manifestanti in difesa dello storico centro sociale, contro il “modello Milano” e la gentrificazione perpetrati dalla giunta PD Sala col supporto del regime repressivo meloniano. Apprezzata la qualificata partecipazione del PMLI
Redazione di Milano
Il 6 settembre Milano è stata attraversata da un’imponente manifestazione popolare che ha visto decine di migliaia in piazza in difesa del Leoncavallo, storico spazio autogestito sgomberato il 21 agosto per volontà del governo neofascista Meloni e del suo ministro di polizia Piantedosi.
Uno sgombero non casuale, ma politico: un atto di forza per ribadire che la borghesia dominante non tollera spazi di aggregazione, solidarietà, cultura alternativa e resistenza popolare. Un’operazione repressiva che svela la natura autentica del regime neofascista meloniano: il volto feroce della “legalità” borghese, che colpisce poveri, migranti, disoccupati e giovani ribelli, mentre spalanca le porte agli immobiliaristi, agli speculatori e ai padroni delle città.
50 mila voci contro i padroni della città
Dal primo pomeriggio due cortei hanno preso il via: primo a mezzogiorno da Piazza Duca d’Aosta, animato da migliaia di militanti dei centri sociali e attivisti, e il secondo più ampio da Porta Venezia, con bandiere sindacali, associazioni e realtà politiche. Il primo corteo è confluito nel secondo in un fiume di oltre 50 mila manifestanti.
Gli slogan sugli striscioni sono chiari: “Giù le mani dalla città!”, “Leoncavallo il Sogno alternativo” e “Contro i padroni della città, Leoncavallo 50 anni ancora”, “Milano trema-la terra trema: giù le mani dalla città e dalla campagna”.
Variegata la partecipazione al corteo che includeva attivisti, studenti, famiglie e residenti del quartiere Greco, uniti nel sostegno allo storico centro sociale. Erano presenti le Mamme Antifasciste del Leoncavallo che hanno rilasciato dichiarazioni forti e chiare, sottolineando l'importanza della resistenza antifascista e della difesa degli spazi sociali come il Leoncavallo. Hanno espresso preoccupazione per il clima politico attuale e ribadito la necessità di proteggere i luoghi di aggregazione culturale e politica.
C’erano delegazioni di ARCI, ANPI e CGIL e tanti altri, ma anche gli operai ex-GKN, con lo storico striscione “Insorgiamo”, e le attiviste di “Non una di meno”. Nel corteo non mancavano le bandiere palestinesi e lo striscione “From the river to the sea: Palestine will be free” in supporto alla Global Sumud Flotilla.
Oltre agli street artist
che negli anni hanno realizzato opere dentro al Leoncavallo e quelli che ne sostengono il valore artistico, hanno partecipato al corteo, dietro lo striscione dei “The Comedians”, anche noti attori progressisti come Paolo Rossi, Claudio Bisio e Renato Sarti che hanno dichiarato di aver iniziato la loro carriera e di aver fatto le prove per i loro primi spettacoli proprio in spazi autogestiti come il Leoncavallo che ha rappresentato un luogo di sperimentazione e un'alternativa ai teatri ufficiali che, all'epoca come oggi, non offrivano le stesse opportunità.
Durante il passaggio in via Melchiorre Gioia alcuni attivisti hanno occupato simbolicamente il cantiere del cosiddetto “Pirellino”, ex edificio comunale ceduto a Coima al centro delle vicende dello scandalo Palazzopoli, imbrattando le impalcature con vernice rosa e srotolando uno striscione “Contro la città dei padroni” che denunciava la speculazione edilizia. Non un atto “violento” e “illegale” come l’ha definito il boss di Coima Manfredi Catella (dominus di Palazzopoli, inquisito per corruzione e falso, della serie: da che pulpito vien la predica di “illegalità”) - che arrogantemente si dichiara contro qualsiasi modello di Milano alternativo al suo - ma una denuncia lampante di quel “modello Milano” fondato sulla svendita del patrimonio pubblico agli affaristi, modello oggi sotto i riflettori della magistratura per Palazzopoli che coinvolge la giunta del sindaco PD Giuseppe Sala.
All’incrocio con corso Monforte, vicino alla prefettura presidiata da un cordone di agenti, i manifestanti hanno acceso fumogeni e fuochi d’artificio e qualcuno ha anche lanciato delle uova. Tuttavia gli attivisti si trovavano a una cinquantina di metri dal cordone e non ci sono stati incidenti né tensioni.
Il corteo, nonostante i divieti iniziali della questura, ha raggiunto Piazza Duomo tra cori, fumogeni, musica e interventi al microfono dei comizi finali. Lì sono esplosi applausi e fuochi d’artificio: Milano ha risposto compatta all’attacco neofascista.
Gli insulti dai gerarchi del regime neofascista e l’ipocrisia del “centro-sinistra”
Dalla destra neofascista sono piovute accuse e criminalizzazioni. Il governatore regionale, il fascioleghista Attilio Fontana, ha latrato di “azioni scellerate”, la seconda carica dello Stato borghese, il fascistissimo amico di Casapound Ignazio Benito La Russa, si è scandalizzato per gli slogan contro il ministro Piantedosi e l’“inaccettabile” lancio di uova allo schieramento di polizia, mentre la Lega ha definito “indecente” la presenza di sindacati, associazioni partigiane come l’ANPI e persino del PD.
Ma le masse popolari non hanno dimenticato che il vero scandalo è un altro: le speculazioni edilizie, la repressione politica, le disuguaglianze crescenti, il razzismo di Stato e le guerre imperialiste a cui l’Italia governata da Mussolini in gonnella si prepara mentre è concretamente complice del genocidio di palestinesi perpetrato dal regime del suo camerata nazisionista Netanyahu.
Non meno ipocrita è stata la presenza del PD e dei suoi esponenti milanesi, che hanno sfilato “senza bandiere” fingendo di condividere le ragioni della piazza. In realtà il “centro-sinistra” porta responsabilità enormi: per decenni ha lasciato il Leoncavallo in una condizione di precarietà giuridica, ha favorito la gentrificazione e oggi è direttamente coinvolto negli scandali di Palazzopoli, con il sindaco Sala in prima fila a tutelare gli interessi della grande borghesia finanziaria e immobiliare.
Il PD si indigna a parole contro Catella e i palazzinari, ma nei fatti ne ha sempre servito gli interessi, rendendosi complice de-facto dell’attacco del governo neofascista Meloni alla Milano popolare e antifascista.
La combattiva presenza del PMLI
In questo grande corteo, che ha unito le diverse generazioni che hanno partecipato all’esperienza del Leoncavallo, spiccava la presenza combattiva del PMLI con la Cellula “Mao” di Milano, diretta dal compagno Angelo Urgo. Sotto la bandiera rossa del Partito e con un grande cartello con un manifesto realizzato dal Comitato lombardo del PMLI raffigurante una mano rossa che afferra al polso una mano nera che si avventa sullo stabile di via Watteau “Giù le mani dal Leoncavallo”, sotto un segnale di divieto che sbarra il simbolo di Casapound rivendicandone la chiusura, e la scritta “Buttiamo giù il governo neofascista Meloni” affiancata dalla raffigurazione in bilico della ducessa. Il cartello ha suscitato particolare interesse e approvazione. Molti hanno riconosciuto che solo i marxisti-leninisti hanno avuto il coraggio di dire fino in fondo la verità: non basta difendere il Leoncavallo, bisogna abbattere questo regime neofascista, chiudere tutti i covi di Casapound (non solo quello di Roma) e riconsegnare gli spazi urbani alle masse lavoratrici, giovanili e popolari, migranti compresi.
Il corteo del 6 settembre non è stato un funerale, ma un atto di vita e di resistenza. Ha dimostrato che Milano non è la vetrina patinata dei grattacieli, ma una città che lotta, che non si piega né ai manganelli di Piantedosi né ai patti scellerati di Sala con i palazzinari.
E il PMLI lo ribadisce: il Leoncavallo non muore! Bisogna moltiplicare gli spazi sociali autogestiti, strappare le aree dismesse e gli immobili inutilizzati alle mani dei padroni, costruire un’altra città e un altro mondo, orizzontale, solidale e popolare, che per noi marxisti-leninisti si avvererà compiutamente nel socialismo col potere politico del proletariato.
17 settembre 2025