Malgoverno e tradimento dei sedicenti comunisti, in realtà revisionisti
Rivolta dei giovani nepalesi contro la corruzione e il blocco dei social
51 morti e oltre mille i feriti nei due giorni di scontri di piazza. A fuoco il palazzo del governo, il parlamento e le case del premier, del ministro degli interni, nonché la sede del Nepal Congress, il principale partito di opposizione
Il 12 settembre il presidente nepalese Ram Chandra Poudel nominava come prima ministra ad interim, la ex presidente della Corte suprema Sushila Karki di 73 anni, una nomina concordata dal presidente con i vertici dell'esercito sulla base della proposta avanzata dagli organizzatori della rivolta dei giovani nepalesi. La rivolta accesa dalla decisione del governo del blocco dei social che ha liberato la protesta contro la corruzione governativa, il malgoverno e tradimento dei sedicenti comunisti, in realtà revisionisti dell'ex primo ministro Sharma Oli, del Partito Comunista del Nepal (CPN), spazzato via dalle proteste. La nuova premier indicava il prossimo 5 marzo come data per le elezioni anticipate e il presidente le indiceva sciogliendo formalmente il vecchio parlamento. La richiesta di nuove elezioni era una delle principali dei manifestanti. Intanto l’esercito iniziava a togliere le restrizioni imposte dopo le proteste, come il coprifuoco in gran parte della capitale Katmandu, salvo nel quartiere dei palazzi istituzionali assaltati dai manifestanti.
Le immagini delle sedi istituzionali date alle fiamme mostravano l'ampiezza e la determinazione dei giovani manifestanti che assaltavano il palazzo del governo, del parlamento e di altre sedi istituzionali, le case del premier, del ministro degli interni, nonché la sede del Nepal Congress, il principale partito di opposizione. Due giorni di scontri di piazza con l'esercito che registravano un bilancio di 51 morti e oltre mille feriti.
La protesta di piazza era inziata l'8 settembre con pacifiche manifestazioni a Kathmandu indette dai giovani della cosiddetta Generazione Z contro la chiusura di 26 piattaforme social decisa 4 giorni prima da parte del governo con l’accusa formale di non aver ottemperato alle norme di registrazione e gestione previste dalla legge; una motivazione giudicata pretestuosa soprattutto dai giovani che la definivano un tentativo di reprimere il dissenso che si esprimeva sui social con denunce in particolare contro la corruzione dilagante. Molti hastag popolari sulle piattaforme social con slogan del tipo “I figli dei politici tornano dall’estero con le borse di Gucci, i figli della gente tornano nelle bare” diventavano simboli della protesta nella capitale e in altre città. Alla repressione della polizia manifestanti rispondevano con la rivolta e già il l'8 settembre si contavano una ventina di morti e centinaia di feriti. Lo stesso giorno era costretto alle dimissioni il ministro dell’Interno, Ramesh Lekhak, seguite a ruota da quelle dei Ministri dell’Agricoltura, dell’Acqua e della Salute e di funzionari del CPN, nonché alcuni parlamentari del partito di opposizione centrista Rastriya Swatantra Party (RSP). Per ultime arrivavano le dimissioni del primo ministro Sharma Oli, subito ratificate dal presidente Paudel. La protesta cessava dopo il pesante intervento dell'esercito fra il 9 e il 10 settembre; in ogni caso era passata la richiesta della caduta del governo e nuove elezioni.
Già lo scorso 9 marzo i cortei di protesta erano sfilati in molte città contro la corruzione e la mancata azione del governo per far fronte alle pesanti difficoltà economiche della popolazione, in particolare giovanile segnata da un tasso di disoccupazione oltre il 20%. Allora la protesta era organizzata dai filo-monarchici che chiedevano il ritorno dell’ex re Gyanendra Shah, cacciato dalla rivoluzione democratica del 2008. Una protesta bloccata dall'intervento della polizia che con una pesante repressione protesse le sedi istituziinali dall'assalto dei manifestanti. Il governo dei revisionisti del CPN allora resse l'urto ma nulla ha potuto a fronte della rivolta dei giovani partita ai primi di settembre. Il primo ministro Oli era appena tornato dalla parata militare di Pechino e stava lavorando, nonostante un passato di più forte vicinanza con l’India di Modi, a sviluppare maggiori rapporti economici e commerciali con la Cina di Xi.
17 settembre 2025