Contributi
Le fake news e la propaganda mediatica nell'invasione della Palestina

di Davide - Milano
Il fenomeno delle cosiddette “fake news” non è affatto recente: sin dall'antichità e sicuramente dall'antica Grecia le notizie venivano distorte o inventate per rabbonire il popolo, denigrare gli avversari o diffondere l'incertezza negli eserciti. Le condizioni affinché una notizia falsa sia efficace sono essenzialmente due: rapidità di diffusione e mancanza di contraddittorio. In epoca antica la parola era sicuramente il mezzo di propagazione più efficace.
Venendo ai giorni nostri possiamo facilmente intuire come la rapidità abbia trovato nella Rete un terreno molto fertile: la diffusione di una notizia sul web ha una propagazione a stella; partendo da una fonte centrale la notizia viene ripresa spesso senza alcun controllo (repost) da X nuove fonti, ciascuna delle quali è ripresa su Y siti e così via. Ciò fa sì che anche nel caso in cui una notizia sia stata pubblicata senza alcun intento propagandistico la correzione di eventuali errori diventi impossibile a causa della tendenza a non citare la fonte originaria di provenienza. Opportuno fare un distinguo tra fake news e “click baits”. Le prime hanno lo scopo di diffondere falsità e renderle veritiere, i secondi si avvalgono di titoli tipici della stampa scandalistica per ottenere click, visualizzazioni e carpire i dati del navigatore.
Nel corso della rappresaglia israeliana nei confronti della Palestina l'utilizzo delle fake news ha assunto un ruolo cruciale. Israele e coloro i quali sostengono le posizioni sioniste affermano che sono false le notizie diffuse dopo il 7 ottobre 2023. Falsa la notizia secondo cui il Mossad sarebbe stato informato di attività sospette e di una pianificazione degli attacchi del 7 ottobre, falsi i dati sulle morti nella striscia di Gaza e sulle aggressioni perpetrate dai coloni in Cisgiordania, false le morti per denutrizione in quanto diffuse dal ministero degli esteri di Hamas, falsa la caduta di un drone su una barca di Flotilla. Israele punta sulla sua autorevolezza, facendo calare ex cathedra la propria verità, togliendo qualsiasi possibilità di contraddittorio.
Tuttavia l'azione sionista non si limita a smentire i dati "gonfiati" e provenienti da un'organizzazione terroristica, ma confeziona veri e propri spot - che di recente sono stati diffusi da Google, da altri giganti del web e da organi di stampa - relativi alle condizioni di vita sulla striscia di Gaza, con mercatini imbanditi di frutta e generi alimentari. Queste fake news sono smentite da dichiarazioni degli stessi ministri del governo assassino di Netanyahu e da organizzazioni umanitarie che operano senza alcun tornaconto. A smentirle, sebbene parzialmente, è persino la Chiesa, che ha subito uno dei tanti danni da bombardamento per errore. Nonostante la chiara propaganda mediatica di Israele le istituzioni si muovono con lentezza pachidermica. L'Europa, che dovrebbe e potrebbe essere nume tutelare dei diritti dei popoli, appare incerta, gli Stati Uniti sono già apertamente schierati a favore di un futuro mega resort per capitalisti, il mondo islamico è chiaramente mosso da fini imperialistici in cui la religione - unico collante delle popolazioni arabe - è un ostacolo; le altre potenze parimenti hanno interessi economici.
Grazie alle fake news rischieremo poi di lasciare ai posteri l'idea che questa sia stata una giusta guerra e non un'invasione, uno sterminio indiscriminato e un genocidio.

24 settembre 2025