I nazisionisti distruggono Gaza City
Carneficina degli abitanti, tra cui centinaia di bambini. Esodo disperato di coloro che hanno avuto la casa distrutta, il ministro israeliano Smotrich: “Gaza, una miniera d'oro da spartire con gli Usa”. Gran Bretagna, Francia e altri Paesi riconoscono lo Stato di Palestina governato dalla destra opportunista di Maḥmūd ʿabbās (Abu Mazen)
Ridicole sanzioni dell'UE a Israele. Nonostante ciò Meloni non le condivide

Dai primi ordini di evacuazione lanciati dall'esercito occupante agli oltre un milione di palestinesi di Gaza City il 10 settembre, sarebbero circa la metà quelli che in un ennesimo esodo disperato si sono diretti verso la parte meridionale della Striscia dove lo spazio disponibile è ridotto oramai a zero.
Sono migliaia i profughi che in auto, sui camion o su carretti trainati da asini carichi di mobili ed effetti personali, si dirigono verso il sud della Striscia in cerca di un rifugio, mentre proseguono i raid su Gaza city, riporta Al Jazeera mostrando le immagini di lunghe file di persone e mezzi. "Alcune auto sono in panne o hanno esaurito il carburante, a volte si vedono auto che trainano un altro veicolo o che vengono spinte a mano. Scene disperate", commentava il corrispondente da Gaza, vedendo la coda lungo la strada costiera considerata al momento anciora uan via di salvezza per le famiglie in fuga da Gaza City sotto la minaccia dei bombardamenti. "Scene come queste si verificano da più di una settimana. Abbiamo visto famiglie dormire sul ciglio della strada. Per loro, spostarsi verso sud non significa essere completamente al sicuro. Ma stanno cercando di allontanarsi dalle zone di bombardamento verso aree designate come cosiddetti spazi umanitari, nonostante l'assenza di infrastrutture umanitarie". Infatti nella zona loro designata dall'esercito occupante non esistono infrastrutture o servizi di qualsiasi tipo per gli sfollati dal Nord.
L'altro mezzo miione di palestinesi di Gaza City è rimasto, soprattutto in tende o nelle poche costruzioni ancora in piedi ma che i sionisti continuano a demolire metodicamente. La mattina del 22 settembre il ministero della Salute di Gaza avvertiva che i due ospedali della città erano stati chiusi a causa dell'intensificazione dell'offensiva terrestre sionsita e per i danni causati dai continui bombardamenti con droni e aerei. Nella sola mattinata del 22 settembre, registrava
almeno 61 palestinesi uccisi e circa 220 feriti dal fuoco sionista nelle ultime 24 ore. Altre vittime che si aggiungono a quelle di una vera carneficina degli abitanti di Gaza City, tra cui centinaia di bambini. Donne e bambini sono la maggior parte delle vittime del genocidio palestinese il cui bilancio è continuamente alimentato dall'attacco nazisionista alla città di Gaza, diretta palesemente contro la popolazione, un bilancio arrivato al 21 settembre a 65.283 morti e 166.575 feriti, mentre più di 2.000.000 di palestinesi vivono in condizioni di sfollamento forzato in mezzo alla distruzione totale e sotto il tiro dell'esercito di occupazione.
Quello che per i palestinesi i nazisionisti hanno trasformato in una montagna di rovine per il ministro sionista Smotrich è invece un affare, “Gaza, una miniera d'oro da spartire con gli Usa”, affermava il 18 settembre alludendo al progetto di Trump di trasformare Gaza in un resort sul mare per straricchi, che piace anche al criminale Netanyahu.
A fronte dell'attacco massiccio sulla città di Gaza si è mossa l'Ue imperialista che tramite la Commissione europea presentava il 17 settembre a Bruxelles una proposta di sanzioni contro Israle che si basa su tre misure principali: la sospensione parziale dell’accordo commerciale Ue-Israele e dazi sul 37% delle importazioni; sanzioni contro i ministri Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, tre coloni, sei organizzazioni di coloni e dieci esponenti di Hamas (non potevano mancare, ndr); la sospensione di una parte dei circa 20 milioni di fondi europei destinati a Israele. Solo l’ultima misura potrebbe essere immediatamente operativa, perché rientra nei poteri diretti della Commissione, tutte le altre richiedono invece un voto a maggioranza qualificata del Consiglio se non l’unanimità. Praticamente non esistono viste le posizioni comunque contrarie soprattutto dell'asse europeo filo-nazisionista di Merz, la neofascista Meloni e il fascista Orban.
Nell'ultima settimana di settembre le attenzioni si spostano sull'80ª sessione dell'Assemblea Generale dell'Onu che celebra l'ottantesimo anniversario della fondazione dell'organizzazione internazionale, aperta il 9 settembre ma che prevede la cosiddetta “settimana di alto livello” e il dibattito generale con l'intervento dei massimi leader mondiali dal 23 al 30 settembre. E che avrà fra gli argomenti centrali quelli del genocidio di Gaza, verificato e denunciato dal rapporto appena pubblicato della Commissione d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite sui Territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est, che recita: “La Commissione conclude che le autorità israeliane e le forze di sicurezza israeliane hanno l’intento genocida di distruggere, in tutto o in parte, i palestinesi nella Striscia di Gaza”. E chiede il cessate il fuoco immediato e sanzioni, sospensione di accordi militari e commerciali, “la comunità internazionale non può rimanere in silenzio di fronte alla campagna genocida lanciata da Israele contro il popolo palestinese a Gaza. Quando emergono chiari segni e prove di genocidio, l'assenza di azioni per fermarlo equivale a complicità", affermava Navi Pillay, la presidente della Commissione istituita tra l'altro nel 2021. Già, i crimini commessi dai sionisti datano da lungo tempo, ben prima della data di “inizio della storia” che i nazisionsiti e i complici imperialisti spostano artatamente al 7 ottobre 2023. Vediamo se questa nuova importante denuncia della Commissione Onu riuscirà a scalfire il vergognoso muro di complicità imperialiste coi criminali di Tel Aviv, oppure registrerà un nuovo nulla di fatto come la precedente dell'ottobre 2024 contenuta nel rapporto che evidenziava come “Israele ha perpetrato una politica concertata per distruggere il sistema sanitario di Gaza come parte di un’aggressione più ampia su Gaza, commettendo crimini di guerra e il crimine contro l’umanità dello sterminio con attacchi incessanti e deliberati contro il personale e le strutture mediche”; attacchi e crimini che i nazisionisti continuano impuniti. Ma non sembra che a New York la condanna del genocidio dei nazisionisti, al centro delle sempre più numerose manifestazioni a sostegno della causa paòestinese come quelle del 22 settembre in Italia, sia ai primi posti dell'ordine del giorno.
La settimana del dibattito all'assemblea Onu sarà aperta di fatto dal vertice di vari capi di Stato e di governo, sponsorizzato da Francia e Arabia Saudita, del 22 settembre che rilancia la soluzione dei due Stati, quello palestinese però senza Hamas ma governato dalla destra opportunista di Maḥmūd ʿabbās (Abu Mazen), e il riconoscimento di quello palestinese che non è obbligatorio per gli aderenti secondo quanto stabilito nel precedente vertice e nella risoluzione passata all'assemblea Onu ai primi di settembre. Un documento votato persino dalla neofascista Meloni, ma che però rimandava ogni decisione alla fine di un percorso politico e diplomatico acettato da Israele e così si accodava di fatto alla ridicola posizione tedesca; quella ribadita dal ministro degli Esteri, Johann Wadephul, che in partenza per gli Usa verso la conferenza franco-saudita dichiarava che "per la Germania, il riconoscimento di uno Stato palestinese avverrà probabilmente alla fine del processo per la creazione di due Stati”. Meloni e Merz sono palesemente alla coda di Trump e Netanyahu.
Nel gruppo dei paesi europei partecipanti al summit franco-saudita spuntava il Belgio “riconosciamo la Palestina per forzare la mano di Netanyahu”, sosteneva il ministro degli Esteri Maxime Prevot, ma solo un riconoscimento simbolico, si affrettava a precisare, “lo formalizzeremo amministrativamente e giuridicamente in una seconda fase”, "senza scadenze" e quando Hamas consegnerà gli ostaggi israeliani e scomparirà dalla scena politica.
Avevano anticipato le dichiarazioni della Francia nel riconoscimento il Canada, Australia, Portogallo e il premier laburista inglese Starmer che il 21 settembre annunciava la decisione del Regno Unito di riconoscere formalmente uno stato palestinese. “Di fronte al crescente orrore in Medio Oriente, stiamo agendo per mantenere viva la possibilità di pace e di una soluzione a due stati”, annunciava in un video sui social, dove si preoccupava anzitutto di assicurare che Hamas non avrebbe avuto alcun ruolo nel futuro della Palestina. Il ministro degli Esteri inglese Yvette Cooper aggiungeva che “la storica decisione di oggi, presa insieme ad alcuni dei nostri più stretti alleati, a riconoscere uno Stato palestinese, riflette il nostro incrollabile impegno per una soluzione a due stati e afferma il diritto inalienabile del popolo palestinese all’autodeterminazione”, un diritto evidentemente emendato nella parte principale che pretende, non si sa in base a quale emendamento, di tagliare fuori Hamas, la principale organizzazione della resistenza palestinese.
In ogni caso vedremo dove porteranno queste dichiarazioni che il criminale Netanyahu ha già stoppato, "uno Stato palestinese non ci sarà”, neanche affidato all'Anp del collaborazionista Abu Mazen, “l'Autorità Nazionale Palestinese è parte del problema e non della soluzione. Questo è anche il motivo per cui gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni all'Autorità Nazionale Palestinese e impedito ai suoi alti funzionari di entrare nel suo territorio”, spiegava il portavoce del ministero degli esteri sionista. Come dire, Trump non ha concesso il visto ai dirigenti dell'Anp per partecipare all'assemblea Onu, e la pensa come noi. Abu Mazen, che in prima battuta definiva “la decisione del Regno Unito un passo verso una pace giusta e duratura", era liquidato da Trump e dal criminale Netanyahu mentre gli altri suoi sostenitori imperialisti stavano zitti. Non taceva invece il governo di Tel Aviv che prefigurava quale riposta l'annessione totale della Cisgiordania. Ma non solo, in un vdertice coi capi militari il criminale Netanyahu rilanciava: "Siamo impegnati in una lotta in cui stiamo prevalendo sui nostri nemici e dobbiamo distruggere l'asse iraniano, e abbiamo il potere di farlo. Questo è ciò che ci aspetta nel prossimo anno, che potrebbe essere un anno storico per la sicurezza di Israele".
La posizione ufficiale di Hamas era espressa dal leader Osama Hamdan che da Qatar dichiarava ad Al Jazeera Mubasher che anzitutto “lo Stato palestinese è un diritto naturale del popolo palestinese, garantito dal diritto internazionale e dalle convenzioni internazionali”, peraltro già riconosciuto da una larga maggioranzaa di 147 paesi fra i 193 membri dell'Onu. Agli ultimi arrivati dice che “non riconoscerlo prima è stato un errore". Ricordava che era stata l'Operazione Al-Aqsa Flood del 7 ottobre 2023 della Resistenza ad aver riportato in primo piano la causa palestinese e sottolineava che il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte di alcuni paesi occidentali rappresenta un passo importante nella giusta direzione ma che non è sufficiente da solo e che sono necessarie misure concrete per stabilire uno Stato palestinese sul campo, con Gerusalemme come capitale, e consentire al popolo palestinese di decidere il proprio destino e costruire il proprio Stato indipendente. Sottolineava che non vi è alcun segnale da parte dell'occupazione israeliana o dell'amministrazione statunitense che indichi una reale volontà di avviare un processo negoziale, affermando che Israele non vuole porre fine alla guerra né negoziare, e che il mondo intero sta iniziando a rendersi conto che l'occupazione rappresenta una minaccia per la sicurezza e la pace nella regione. Indicava che la via d'uscita dall'attuale crisi richiede un accordo globale per porre fine all'occupazione e all'aggressione e consentire al popolo palestinese di stabilire il proprio stato indipendente. "L'entità sionista vuole creare un grande stato nella regione che assorba i paesi arabi e parti di altri paesi. Chiediamo alla comunità internazionale di boicottare l'occupazione e di assediarla economicamente e politicamente per costringerla a riconoscere i diritti dei palestinesi", precisava il leder di Hamas che proseguiva, “la leadership di Hamas non teme le minacce dell'occupazione volte a colpirla e non ritireremo le nostre posizioni. Ci aspettiamo passi concreti dalla comunità internazionale verso la creazione dello Stato palestinese."
Ripeteva che qualsiasi negoziato deve basarsi sulla cessazione completa dell'aggressione, sulla riapertura dei valichi, sull'autorizzazione all'ingresso illimitato degli aiuti, sull'inizio della ricostruzione e sull'attuazione di un equo scambio di prigionieri. E sottolineava che qualsiasi futura gestione di Gaza deve essere palestinese, nazionale e rappresentativa della volontà del popolo. Infine dichiarava che l'idea di disarmare la resistenza o costringere il popolo palestinese a rinunciare ai propri diritti non è all'ordine del giorno, affermando che la resistenza è il modo naturale per affrontare l'occupazione e che qualsiasi soluzione parziale non produrrà alcun risultato senza la fine dell'occupazione stessa. E concludeva, “sconfiggere il popolo palestinese è impossibile”.
Fra gli altri commenti registriamo quello di Kristyan Benedict, di Amnesty International, riferito alla dichiarazione di Starmer ma valido per tutti: “il riconoscimento è senza dubbio significativo, ma sarà un gesto vuoto se il Regno Unito non cercherà anche di porre fine al genocidio, all'occupazione illegale e al sistema di apartheid di Israele contro il popolo palestinese. Affinché il riconoscimento o qualsiasi 'soluzione politica' sia efficace, deve essere saldamente radicato nel rispetto dei diritti umani e della giustizia internazionale. Il Regno Unito deve agire ora per garantire che Israele revochi il blocco su Gaza, smantelli gli insediamenti illegali, ponga fine all'apartheid, rispetti il diritto al ritorno dei palestinesi e sostenga il diritto delle vittime di tutte le parti alla giustizia e al pieno risarcimento. Le parole da sole non fermeranno le atrocità. Il riconoscimento deve essere legato a una reale assunzione di responsabilità: il Regno Unito deve bloccare le esportazioni di armi, disinvestire dalle aziende che continuano a vendere armi a Israele, sanzionare i funzionari israeliani implicati in crimini di diritto internazionale e interrompere il commercio con gli insediamenti. Il sistema di occupazione e apartheid deve essere posto fine e deve essere fatta giustizia: qualsiasi cosa di meno mentre i palestinesi continuano a essere massacrati dalle forze israeliane in un genocidio in corso sono solo parole vuote".
Il genocidio nazisionista a Gaza continua in varie forme, malamente nascosto nei bollettini dell'esercito occupante, pieni di vittorie contro ipotetiche basi della resistenza che in realtà sono tende di rifugiati o le ultime abitazioni civili rimaste in piedi ma che sono presi per oro colato e rilanciati da buona parte dei media imperialisti. Lo testimonia una denuncia dell'organizzazione Medici Senza Frontiere (MSF) del 18 settembre su un attacco deliberato contro una loro autocisterna che distribuiva l'acqua nel quartiere di Sheikh Radwan, nella parte orientale di Gaza City. “Il percorso e gli orari degli spostamenti del veicolo erano stati comunicati in anticipo alle autorità israeliane, come il nostro team fa quotidianamente. Questo attacco non può essere liquidato come un errore. Si è trattato di un tentativo deliberato di sabotare la distribuzione di acqua ai civili che non possono lasciare la zona, in particolare i malati e i più vulnerabili che vivono in tende o tra le macerie di quelle che un tempo erano le loro case”, denunciava MSF, il cui coordinatore per le emergenze a Gaza chiedeva “alla comunità internazionale e anche al governo israeliano di garantire l’accesso agli operatori umanitari e agli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza e in particolare a Gaza City”, denunciava che “l’unico ostacolo all’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza City è il governo israeliano. A 50 chilometri da ogni punto della Striscia di Gaza ci sono scorte alimentari. Se questo ostacolo venisse superato, gli operatori umanitari avrebbero la possibilità di consegnare gli aiuti” e assicurava che “MSF rimarrà nella Striscia di Gaza il più a lungo possibile. Data la situazione così instabile e pericolosa, stiamo valutando ora per ora se possiamo continuare a operare a Gaza City. Abbiamo bisogno che gli ospedali e le cliniche continuino a funzionare anche lì. Continueremo le nostre attività lì il più a lungo possibile”.
Riportiamo infine quanto dichiarato dalle Brigate al-Qassam, l'ala militare di Hamas, in un comunicato rilanciato dalla libanese Al Mayadeen il 20 settembre dopo un attacco contro i soldati occupanti nella parte meridinale della Striscia e concluso con un bilancio di una decina di soldati uccisi o feriti; l'organizzazione della resistenza palestinese avvertiva l'esercito occupante: “non vi temiamo. Siamo pronti a mandare le anime dei vostri soldati all’inferno. Abbiamo formato un esercito di martiri, preparato migliaia di imboscate e ordigni esplosivi, e Gaza sarà il cimitero dei vostri soldati”, “i nostri mujahidin sono stati addestrati a collocare ordigni esplosivi all’interno dei vostri veicoli militari. I vostri bulldozer diventeranno bersagli primari e una via per aumentare il numero dei prigionieri che deteniamo”. Le brigate sottolineavano che i prigionieri israeliani erano dispersi nei quartieri della città di Gaza, e il loro destino era legato alle decisioni prese dalla leadership sionista: “Non ci preoccuperemo delle vite dei vostri prigionieri, fintanto che Netanyahu ha scelto di ucciderli. Il proseguimento e l’espansione di questa operazione criminale garantisce che non riceverete alcuno dei vostri prigionieri, né vivo né morto”. La dichiarazione si concludeva: “È una lotta per la vittoria o il martirio”.
 
24 settembre 2025