Vendola, il rinnegato candidato nella lista Avs in Puglia
Dalla sua relativa scomparsa dalla scena pubblica, per riemergerne ogni tanto solo per le sue vicende private familiari, dopo il rinvio a giudizio nel 2015 per la vicenda “Ambiente svenduto” sull'inquinamento dell'ex Ilva di Taranto e lo scioglimento del suo partito Sinistra ecologia e libertà nel 2016, Nichi Vendola è tornato alla ribalta a fine estate come candidato a consigliere regionale per Sinistra italiana in Puglia, di cui è stato governatore per 10 anni e dove conta di avere ancora una base elettorale.
A far rumore sul suo rientro in scena è stata più che altro la polemica agostana scatenata dal candidato unico del cosiddetto “campo largo” (PD, M5S, AVS e IV) alla corsa alla presidenza della Regione Puglia, l'ex sindaco di Bari e attuale parlamentare europeo del PD, Antonio Decaro, non appena ha appreso della candidatura dell'ex governatore, dopo che già si era inalberato per l'autocandidatura a consigliere regionale dell'attuale governatore uscente, Michele Emiliano: “Non voglio essere ostaggio delle decisioni di chi mi ha preceduto. La Puglia non ha bisogno di un presidente a metà. Non è una questione personale. È una questione politica”, aveva infatti dichiarato Decaro, stizzito all'idea di ritrovarsi con ben due ingombranti ex governatori a mettere bocca sulle sue scelte in Consiglio, e minacciando di ritirare la sua candidatura se questi non ritiravano le loro.
Il tira e molla è andato avanti per un po', con Elly Schlein che, per evitare la catastrofe a solo tre mesi dalle elezioni, era riuscita a convincere Emiliano a “fare un passo di lato” rinunciando a candidarsi, ma con il leader di SI, Fratoianni, spalleggiato anche da quello dei Verdi, Bonelli, insieme al quale ha fondato AVS, che faceva sapere di considerare la candidatura di Vendola come una linea del Piave invalicabile, dopo che AVS aveva già dovuto ingoiare la rinuncia ad un suo candidato per la presidenza della Calabria, per far passare quello del M5S Pasquale Tridico, e dopo essere stata esclusa dalle trattative tra M5S e PD sulla ricandidatura di Giani per la Toscana. “Negli ultimi due anni si è votato in 9 regioni, e il candidato non è mai stato espresso da AVS. Noi siamo i più unitari, ma c’è un limite”, aveva sbottato il segretario di SI (di cui Vendola è il presidente), che sulla minaccia di ritirarsi di Decaro aveva ribattuto seccamente: “Nessuno è indispensabile”.
Riflettori della stampa borghese sul suo ritorno
Alla fine Decaro ha dovuto cedere, confermando la sua candidatura nonostante quella di Vendola, anche se adesso è Emiliano che torna alla carica, per non essere da meno del suo predecessore, pensando magari di presentarsi con una lista propria. Un pasticcio non ancora del tutto risolto, insomma, che ben rappresenta il grado di squallore a cui è giunta la lotta per accaparrarsi le candidature alle cariche amministrative e istituzionali all'interno delle stesse coalizioni della destra e della “sinistra” borghesi, dove ormai non contano nemmeno più i partiti quanto i singoli capibastone e potentati delle varie consorterie in cui sono frammentati, con le rispettive clientele territoriali e nazionali, che si giocano la partita sul proprio “appeal” elettorale personale piuttosto che sulle diverse posizioni ideologiche, politiche e programmatiche, che del resto tendono ormai ad uniformarsi in un unico calderone demagogico di tipo “centrista”.
L'imbroglione falso comunista, trotzkista e narcisista Vendola ne è un esempio classico, che torna a ripresentarsi in Puglia sfruttando la sua rete clientelare e il suo “carisma” mediatico di comunista da salotto, sempre coltivato in questi anni con presentazioni di suoi libri di poesie, spettacoli teatrali e comparsate televisive, e dopo che la condanna a tre anni e sei mesi per concussione aggravata per l'affare Ilva subita nel 2021 è stata annullata di fatto nel 2024, quando per un cavillo di competenza territoriale gli avvocati dei Riva, gli ex proprietari condannati per l'inquinamento e le morti provocate dall'acciaieria, sono riusciti a far annullare il processo di Taranto, che ora deve ripartire da zero a Potenza.
Non per nulla la stampa borghese ha subito riacceso i riflettori su di lui, quasi come ai vecchi tempi in cui lo dava (e lo pompava) come probabile leader di tutto il “centro-sinistra” in crisi, accreditando il progetto del suo padrino Bertinotti, poi rivelatosi fallimentare, di costruzione di un “nuovo soggetto politico” che riunisse tutte le anime della “sinistra” borghese. Tant'è che dopo l'annuncio della sua candidatura è stato intervistato da Corriere
, Stampa
e Repubblica
nel giro di pochi giorni (che hanno toccato solo di striscio la faccenda Ilva), e ha ricevuto anche diversi inviti televisivi. In uno di questi (Tele Sveva
), rispolverando la consueta loquela misticheggiante ed ecumenica, ha così spiegato la sua lunga assenza dalla scena politica: “Io non mi sono mai ritirato, ma in questi anni ho scritto due libri e ho girato tutta l’Italia per presentarli, sono due libri di poesie, ma agganciati alle catastrofi del mondo e alla necessità di dire parole di salvezza per l’umanità”.
Le ambizioni elettorali dell'imbroglione narcisista
Nell'intervista a Repubblica
ha spiegato di essersi candidato perché “c’è un pezzo di Puglia, la mia terra, che mi ha chiesto di tornare in pista, di dare una mano. E c’è il progetto di Alleanza Verdi Sinistra che considero prezioso per il futuro del centrosinistra”. E ha aggiunto che da consigliere il suo ruolo sarà quello di pontiere “con il cattolicesimo democratico, con l'arcipelago del civismo, con la cultura liberal democratica”. Ruolo del tutto consono, infatti, alla sua vera natura di liberale, cattolico e anticomunista, autoproclamatosi “comunista eretico e libertario” ed ecologista, che ha già recitato in passato per ingannare i sinceri comunisti e i movimenti per i beni comuni e carpire i loro voti per soddisfare il suo narcisismo e carrierismo borghese, in particolare nella scalata alla presidenza della Puglia.
Non a caso, sempre in questa intervista, non ha speso una parola per denunciare la restaurazione del fascismo in Italia con il volto della Mussolini in gonnella, ma ha confuso le acque sostenendo che “non è il vecchio fascismo che avanza, ma dall’America viene una spinta verso un nuovo fascismo delle criptovalute, dell’intelligenza artificiale, della criminalizzazione dei poveri e del dissenso”. Per chi volesse approfondirla, Il Bolscevico
ha seguito passo passo la carriera politica di questo rinnegato, in particolare nell'esauriente articolo del 24 febbraio 2010 dal titolo “da “comunista” a liberale – La nuova veste dell'imbroglione trotzkista Vendola” (https://www.pmli.it/nuovavestevendola.htm).
Ma forse il suo progetto è più ambizioso della conquista di un seggio nel Consiglio regionale, magari è quello di servirsene solo come trampolino di lancio per presentarsi candidato in parlamento (dove è già stato dal 1992 al 2005 col PRC) alle prossime elezioni politiche, come diversi commentatori hanno ventilato, anche se la Segreteria di SI li smentisce categoricamente. Lui però fa il pesce in barile, rispondendo che “per il momento spero di essere utile per AVS e per il centrosinistra impegnandomi nel Consiglio regionale della mia terra”.
Il ruolo grave e infamante nello scandalo Ilva
Neanche la macchia della condanna per lo scandalo dell'ex Ilva in cui è stato compartecipe rappresenta un ostacolo, dal momento che attualmente il processo è tornato alla fase delle indagini preliminari e potrebbe anche finire in prescrizione. Senza contare che ormai le denunce e le condanne dei politici sono state politicamente ed eticamente sdoganate come fatti secondari e ininfluenti ai fini delle candidature o del mantenimento di cariche pubbliche, per non dire che fanno curriculum. E in ogni caso, da Berlusconi in poi, sono regolarmente attribuite alla malevolenza di giudici e pm faziosi e complottardi.
Una scusa di cui si serve anche Vendola, atteggiandosi a vittima di collaboratori infedeli e di malagiustizia, come fece dopo la condanna del 2021 (“una mostruosità giuridica, l'ennesima prova di una giustizia profondamente malata”, la definì allora). E che continua a fare ancora oggi, come in questa piagnucolante intervista al Corriere del Mezzogiorno
del 20 agosto, in cui ha detto: “Certo, ho fatto errori che non rifarei. Ho sempre pensato che si dovesse scommettere sulla buona fede degli interlocutori. E mi sono fidato anche di chi non meritava fiducia. L’errore più grande è stato mettere sulle mie piccole spalle la sorte del più grande stabilimento siderurgico d’Europa, credendo di riuscire nel miracolo di coniugare il diritto al lavoro e il diritto alla salute, e invece rimanendo impigliato in un grottesco teorema giudiziario. Ma ho sempre fatto politica solo per passione e questo lo sanno tutti”.
Quello che definisce ancora oggi spregiativamente “grottesco teorema giudiziario” altro non è invece che il ruolo gravissimo e infamante da lui avuto nel coprire e assecondare i Riva, condannati per “concorso in associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro”, che emerge chiaramente dalle dettagliatissime indagini e intercettazioni della procura di Taranto e della guardia di finanza, ruolo che arrivò fino al punto da essere definito nel capo di accusa come “perfetta unità di intenti esistente sull'asse Vendola-Ilva, che porta i vertici Ilva a spendersi anche in sede ministeriale affinché non vengano intrapresi percorsi che possano nuocere al presidente Vendola”.
Il paradosso delle accuse di AVS a Vendola
In particolare la sentenza di condanna di Vendola ha riconosciuto l'accusa di concussione per aver minacciato il medico Giorgio Assennato, direttore di Arpa Puglia, di non riconfermarlo nell’incarico perché stava per diffondere un comunicato nel quale evidenziava la necessità di ridurre il ciclo produttivo dello stabilimento siderurgico di Taranto, quando nel luglio del 2010 le emissioni di diossina e benzo (a)pirene avevano raggiunto livelli di emergenza a Taranto. Per impedire che il comunicato uscisse costringendoli a ridurre la produzione, i vertici dell'Ilva si rivolsero a Vendola, e prontamente questi, il 6 luglio 2010, chiamò il responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva, Girolamo Archinà, chiedendogli di riferire ai Riva che “il presidente non si è defilato”. E infatti il 15 luglio Vendola convocò una riunione con i vertici del gruppo Riva per concordare insieme una via d'uscita, tenendo Assennato fuori alla porta “perché ricevesse un segnale forte”. E la via d'uscita fu quella di non fermare né rallentare il processo produttivo altamente inquinante, ma di effettuare un semplice “monitoraggio diagnostico” in continuo che in sostanza affossò le raccomandazioni di Assennato.
(Per approfondire la vicenda rimandiamo all'articolo de Il Bolscevico,
“Vendola era al servizio dei Riva”, dell'11 dicembre 2013: https://www.pmli.it/20131211_vendola.html ).
L'aspetto ancor più grottesco, per non dire indecente, di questo ritorno in campo del rinnegato, imbroglione e narcisista neoliberale, è che mentre si presenta con AVS, il portavoce di Europa Verde e deputato di AVS, Angelo Bonelli, quello che si vanta di aver dato il via all'inchiesta “Ambiente svenduto” con un esposto del 2010, si è nuovamente costituito parte civile per conto del suo partito contro lo stesso Vendola e tutti gli altri imputati nel processo “Ambiente svenduto” che è ripartito a Potenza, con la richiesta di un risarcimento di 400 mila euro. In particolare perché, come si spiega nell'atto, il presidente della Puglia Vendola non rispose mai ufficialmente alle ripetute richieste dei Verdi di “autorizzare un'indagine epidemiologica al fine di identificare le cause che hanno determinato un numero considerevole di tumori e decessi anche in età infantile”. Anzi, la risposta di Vendola, prosegue il documento, “arrivò sui giornali dove definì Bonelli un 'avvoltoio che diffama e fa terrorismo psicologico'”.
E ciò sorvolando sul fatto che anche il suo sodale di gruppo in parlamento, Nicola Fratoianni, segretario di SI e di AVS, all'epoca assessore della giunta pugliese, era stato coinvolto in quel processo con l'accusa di favoreggiamento di Vendola per la concussione nei confronti di Assennato. E che se non è entrato anche lui nel nuovo esposto di Bonelli, è solo perché il suo reato era stato prescritto dalla sentenza del 2021, pur condannandolo a pagare le spese processuali. Questo per sottolineare di che pasta sono fatti certi politicanti dell'imbelle opposizione parlamentare.
1 ottobre 2025