Elezioni regionali nelle Marche e in Valle d'Aosta del 28 settembre 2025
L'ASTENSIONISMO SALE ANCORA
NELLE MARCHE AL 51,4%
IN VALLE D'AOSTA AL 41,5%
Nelle Marche il “campo largo” non riesce a battere la destra neofascista.
In Val d’Aosta l'autonomista Union Valdôtaine batte gli altri partiti. Acquaroli (FdI) rieletto presidente delle Marche con appena il 25,5% degli aventi diritto ma perde per strada 23.507 elettori. Tonfo della Lega di Salvini. Se ne avvantaggia il partito neofascista della Meloni che però perde decine di migliaia di voti rispetto alle politiche 2022 e alle Europee 2024. Il PD perde voti. Il M5S continua a crollare
L'elettorato di sinistra abbandoni le illusioni elettorali, Usi l'astensionismo come un voto dato al pmli e al socialismo e costituisca le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo
Con le elezioni regionali nelle Marche e in Valle d’Aosta di domenica 28 settembre e, per la prima regione, anche lunedì 29 settembre, ha preso avvio la stagione degli appuntamenti elettorali che da qui alla fine di novembre coinvolgeranno ben 7 regioni su 20 e una buona parte dell’elettorato italiano.
Molto atteso era in particolare il risultato delle Marche essendo il primo test significativo per capire cosa aspettarsi da quelli successivi; per valutare, da una parte, la tenuta elettorale del governo a distanza di tre anni dall'insediamento; per regolare meglio i conti all'interno della coalizione di destra dove c'è in gioco la presidenza del Veneto e nel prossimo futuro quello della Lombardia e Fratelli d'Italia vuole confermare la sua leadership anche territoriale; e per capire, dall'altra, l'efficacia effettiva del cosiddetto “campo largo” che nella speranza dei protagonisti (dal PD, a M5S, AVS, Italia Viva di Renzi), avrebbe dovuto inaugurare l’assalto ai governi regionali in mano alla destra per poi puntare a quello nazionale nel 2027.
Non è quindi un caso che tutti i massimi leader nazionali dei vari partiti, sia di destra che di “sinistra” del regime capitalista neofascista, compresa Meloni, la Mussolini in gonnella, si siano spesi in prima persona e senza risparmio di energie a sostegno dei propri candidati locali. Un impegno che sta già proseguendo per il prossimo appuntamento elettorale in Calabria del 5 e 6 ottobre.
Ma nonostante la pioggia di euro che il governo ha fatto arrivare nelle Marche, in particolare agli imprenditori e alle varie consorterie, nonostante i vari ricatti morali e politici della “sinistra” borghese sulla necessità di “battere la destra” sul piano elettorale, niente è riuscito ad impedire che le elettrici e gli elettori disertassero in massa le elezioni.
Il dato più significativo e per certi versi clamoroso, è che nelle Marche più di un elettore su due si è astenuto (ha disertato le urne, annullato la scheda o l’ha lasciata in bianco). Nelle Marche l’astensionismo si è infatti attestato al 51,4% con un incremento rispetto alle precedenti elezioni regionali del 2020 del 7,5%.
In Valle d’Aosta, una regione con una forte tradizione di partecipazione alle urne, l’astensionismo si attesta al 41,5% con un significativo incremento rispetto al 2020 del 5,8%.
Nelle Marche la crescita dell’astensionismo è dovuta soprattutto a chi ha disertato direttamente le urne, compiendo così una scelta ben più netta, evidente e coraggiosa. La diserzione nelle Marche si è infatti attestata al 50% con un incremento del 9,7% rispetto al 2020. A Macerata la diserzione è arrivata al 53%, ad Ascoli Piceno al 51%. Ad Ancona e Fermo l’incremento supera il 10%.
Anche in Valle d’Aosta l’incremento della diserzione è più marcato rispetto alle altre due componenti dell’astensionismo. Infatti la diserzione si è attestata al 37% con un incremento del 7,5%.
Di fronte a un così forte astensionismo che sconfessa, punisce e delegittima pesantemente i governi e le istituzioni rappresentative regionali, e tutti i partiti del regime capitalista neofascista, nessuno può cantare vittoria: né la destra neofascista, né la “sinistra” del regime. L'astensionismo è il primo “partito” in tutte e due le regioni. Nelle Marche distanzia il secondo partito, Fratelli d'Italia, di ben 40 punti percentuali. In Valle d'Aosta distanzia l'Union Valdôtaine di poco meno 30 punti percentuali.
La precarietà, la povertà crescente, la crescita della morosità delle famiglie in affitto, il crescente numero di persone che rinunciano alle prestazioni sanitarie, come certificano gli ultimi rapporti Caritas e Ires Cgil sulle Marche, la dicono lunga sul “buongoverno” di Acquaroli ma anche sui precedenti governi di “centro-sinistra” che hanno lasciato sole e trascurato gli interessi delle masse popolari più povere, lavoratrici, disoccupate, terremotate marchigiane.
La destra neofascista
Meloni ha commentato, gongolando, che è stato “premiato il buon governo” del suo fedele pupillo Francesco Acquaroli (cresciuto nelle file del MSI) riconfermato governatore delle Marche col 52,4% dei voti validi. Le cose non stanno proprio così. Francesco Acquaroli nel 2020 fu eletto con 361.186 voti, pari al 27,5% degli aventi diritto. Quest’anno è stato riconfermato ma con 337.679 voti, ossia 23.507 voti in meno, e una percentuale sugli elettori del 25,5%, ossia -2,5% rispetto al 2020. Contraddicendo la regola non scritta secondo cui al secondo mandato i governatori o i sindaci raccattano più voti che nella precedente consultazione. Acquaroli dunque può contare sul consenso di appena un quarto dell'elettorato marchigiano.
Il partito neofascista della Meloni, Fratelli d'Italia, guadagna quasi 40 mila voti rispetto al 2020, ma ne perde 66 mila rispetto alle politiche 2022 e 60 mila rispetto alle più recenti europee 2024. I voti guadagnati da FdI rispetto al 2020 sono interni alla sua coalizione, in particolare frutto del dissanguamento della Lega neofascista, xenofoba e razzista di Salvini. Quest'ultima, nel 2020 era il terzo partito nelle Marche, dopo l'astensionismo e il PD, avendo ottenuto ben 139.438 voti. Quest’anno ne ha ottenuti meno di un terzo, ossia 41.823, con una perdita di ben 97.633 voti. Non è più il primo partito della coalizione e lascia il passo persino a Forza Italia che guadagna una manciata di voti rispetto al 2020 e alle europee 2024 e ne perde qualcuno rispetto alle politiche.
Anche in Valle d'Aosta il tonfo della Lega, che passa da 15.841 voti nel 2020 agli attuali 5.062, avvantaggia leggermente Fratelli d'Italia e Forza Italia. In questa regione la sconfitta per la Lega è particolarmente cocente perché nel 2020 era riuscita per la prima volta a strappare il primato all'Union Valdôtaine e a divenire il primo partito dopo l'astensionismo. Oggi è stata superata anche da Forze Italia.
In Val d'Aosta, dove la legge elettorale non prevede l'elezione diretta del presidente che sarà invece nominato dal consiglio regionale, l'autonomista Union Valdôtaine è di nuovo prima fra tutti i partiti. Non potrà governare da sola e quindi come è ormai di norma dovrà stipulare un accordo con la destra o con il “centro-sinistra”. Cinque anni fa, per esempio, per eleggere il presidente della regione Erik Lavévaz (poi sostituito da Renzo Testolin) si era accordata col PD e altre forze, escludendo la Lega nonostante avesse ottenuto più voti di tutti.
Il “campo largo”
La strategia di Elly Schlein e del PD di scalzare elettoralmente la destra neofascista attraverso il cosiddetto “campo largo” è miseramente fallito. L'alleanza si è rivelata inefficace e fragile. Nonostante ciò la Schlein ha ribadito che “il nostro impegno unitario con la coalizione progressista al fianco dei nostri candidati continua con grande determinazione”. Vedremo cosa ne pensano gli altri alleati e come andranno le prossime consultazioni. Certo è che i numeri sono tutt'altro che incoraggianti.
Il candidato del “campo largo”, l'indagato, ambizioso e arrivista Matteo Ricci ottiene solo il 44,4% dei consensi, pari al 21,6% del corpo elettorale. I voti ottenuti sono 286.209, apparentemente 12 mila voti in più del candidato perdente del “centro-sinistra” alle elezioni regionali 2020 che di voti ne aveva ottenuti 274.152. Ma nel 2020 il Movimento 5 stelle, che allora ottenne 63.355 voti, correva da solo, mentre quest'anno è all'interno della coalizione. Peraltro proprio il M5S ha più che dimezzato i suoi consensi rispetto alle precedenti regionali passando dai 63 mila voti, agli attuali 28.836. Secondo i primi flussi elettorali elaborati da Opinio per Rai l'elettorato di sinistra del M5S che ha abbandonato il partito di Conte non è tornato nel PD o verso altre liste, ma è confluito in maggioranza nell'astensionismo, mentre un 13% di chi nel 2020 lo aveva sostenuto, quest'anno ha votato per Acquaroli.
Lo stesso PD non gode buona salute. Rispetto alle precedenti elezioni regionali perde circa 28 mila voti. Solo sommando la lista PD con quella del candidato Ricci, si possono mascherare le perdite. Che comunque sono cospicue anche rispetto alle politiche (-3,7% sul corpo elettorale) e alle europee (-3,5%). AVS perde terreno rispetto alle politiche e alle europee e si ferma all'1,8% del corpo elettorale.
Alla sinistra della coalizione era presente solo il PCI che ha ottenuto 3.388 voti pari allo 0,3% del corpo elettorale.
Il “campo largo” non è riuscito a battere la destra neofascista. Un'alleanza tutt'altro che consolidata che ora rischia di uscire di strada già alla prima curva. Soprattutto se la tregua e la pace apparente al vertice del PD dovesse lasciar posto alle contraddizioni interne rimaste latenti.
L'appello del PMLI
La verità è che la battaglia contro la destra neofascista, il governo Meloni e più in generale contro il regime capitalista neofascista, non la si vince votando i partiti del “campo largo” o di qualsiasi altra trappola elettorale escogitata dai partiti della “sinistra” del regime.
Questa battaglia può essere vinta solo con moti di piazza fino a creare le condizioni per l'insurrezione armata contro il capitalismo e per conquistare il potere politico del proletariato e il socialismo.
Nel frattempo, sul piano elettorale, l'elettorato di sinistra, compresi i 3.388 elettori che hanno votato PCI, ha un'arma valida, concreta, efficace da impugnare per dare dei colpi devastanti al regime capitalista neofascista, alle sue istituzioni, ai suoi governi e a tutti i suoi partiti, che è quella di abbandonare completamente le illusioni elettorali, parlamentari, governative, costituzionali e riformiste e usare l'astensionismo come un voto dato al PMLI e al socialismo. Non quindi un astensionismo passivo e disorganizzato, ma un astensionismo tattico cosciente, qualificato in senso proletario rivoluzionario e organizzato.
Noi invitiamo le astensioniste e agli astensionisti di sinistra, avanzati e coscienti a fare un passo avanti, a schierarsi apertamente col PMLI e a lottare insieme per il socialismo e il potere politico del proletariato. Perché solo col socialismo si può realmente e totalmente cambiare l'Italia sui piani economico, politico, istituzionale, sociale, culturale e morale e trasferire il potere dalla borghesia al proletariato.
Disertare le urne e battersi col PMLI per il socialismo e il potere politico del proletariato e al tempo stesso lavorare per creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari, basati sulla democrazia diretta: questo dovrebbe essere l'impegno delle elettrici e degli elettori di sinistra per le prossime elezioni regionali in Calabria, Toscana, Veneto, Puglia e Campania e più in generale per i prossimi appuntamenti elettorali.
1 ottobre 2025