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“Dumping fiscale” e dolce vita dei super-ricchi: Milano, la nuova Babele dei paperoni

di Cartesio – Napoli
C’è un paradosso che attraversa questo tempo: mentre le vite popolari si precarizzano e si consumano tra contratti a termine e contratti-capestro, altrove si costruisce una nuova sovrastruttura della ricchezza che si chiama norma, legge, offerta pubblica. Si chiama incentivo fiscale. Si chiama, in termini più crudi e meno eufemistici, dumping fiscale . L’inchiesta di “PresaDiretta” - che ha intitolato una puntata proprio “La Grande Ricchezza” - fotografa uno scenario che non è più marginale: Milano diventa calamita dei super-ricchi, approdo europeo per chi può permettersi il lusso di scegliere la propria residenza come si sceglie un cappotto. Questo fenomeno, della migration of the golden class , non è casuale, ma strutturale: è il risultato di politiche deliberate, regole create per attrarre capitale umano ricco e, con esso, capitale finanziario e rendite immobiliari.
La norma che ha aperto la breccia è, in forma embrionale, la “regola del forfettone” per i nuovi residenti: uno schema che consente a chi trasferisce la residenza fiscale in Italia di pagare una somma forfettaria sulla totalità dei redditi esteri, invece che l’ordinaria imposta progressiva. Introdotto nei fatti con manovre e decreti dell’ultimo quinquennio o poco più (regime per i nuovi residenti, consolidatosi dal 2017/2018), questo meccanismo - inizialmente a 100.000 euro all’anno per i big, ora a 200.000 (sempre bruscolini per chi ha patrimoni stratosferici) - è divenuto il biglietto di invito per i patrimoni mobili e mobiliari d’Europa (e non solo!).
Il quadro antropologico risultante è semplicistico e brutale: il capitale nomade, dotato di passaporto e portafoglio, trova in Italia non più soltanto il clima e il bel vivere, ma una “casa fiscale”. Il risultato è visibile nelle statistiche e nelle analisi: Milano è segnalata tra le città europee con la maggiore densità di individui ad alto patrimonio netto (fra cui svariati russi ed americani), scalando le classifiche e diventando, secondo diverse rilevazioni recenti, la terza capitale europea per ricchezza privata, dopo Londra e Parigi. Questo flusso ha effetti concreti (a favore dei paperoni e degli speculatori): crescita della domanda di immobili di lusso, impennata dei prezzi e conseguente espulsione spaziale delle classi medie inferiori e popolari.
Non stupisce quindi la rissa diplomatica recente: quando uno Stato proclama con orgoglio la sua capacità di attrarre 4.000 milionari, voci dalla Francia e da altri Paesi parlano di “fiscal dumping” e il governo italiano, tra alti e bassi, cerca di argomentare che si tratti di scelta strategica per lo sviluppo. Ma la strategia, dico senza ipocrisia, ha il volto della definizione classica: socializzazione delle perdite e privatizzazione delle rendite. Lo Stato abbatte la pressione fiscale sui ricchi; i ricchi, con la loro presenza fisica, generano bolle immobiliari e mercati esclusivi; la società civile paga il conto con affitti insostenibili, salari bassi e servizi pubblici sottofinanziati. E questa è la chiave per capire perché anche il ceto medio si stia gradualmente proletarizzando. Coloro che si percepiscono nei ceti-medi sono una minoranza, circa il 40%, mentre l’85% della popolazione (sondaggio Demos-Fond Unipolis) reputa che le differenze fra chi ha poco e chi ha molto siano esplose.
Meno del 40% dei lavoratori autonomi si considera ceto-medio, mentre oltre il 50% di essi si percepisce come appartenente a ceti medio-bassi. Anche fra gli operai, il 63% di essi è tornato a percepirsi come collocato decisamente in fondo alla scala sociale, quasi al pari di chi vive di espedienti, non essendo in grado di provvedere ai beni necessari alla propria famiglia. C’è poi un dato fondamentale da osservare: il meccanismo non è solo una misura fiscale. È un dispositivo politico-culturale che legittima la nuova mitologia del “ricco che porta lavoro”. Ma chi parla di “moltiplicatore” dimentica che i consumi ostentati dei super-ricchi alimentano settori specifici (boutique, servizi esclusivi, compravendita d’arte, intrattenimento) senza produrre forza lavoro aggregata né salari dignitosi per chi lavora nei settori produttivi e dei servizi di massa. Il capitale del ricco è consumo di lusso, non investimento produttivo diffuso.
E allora che fare? La questione non è di etica personale dei paperoni (che possono anche essere filantropi): è politica pubblica. Tuttavia, chi governa o amministra oggi ha il vizio dell’adulazione del capitale: lo invita, lo corteggia, lo premia. E così il politico che dovrebbe tutelare la comunità diventa intermediario del capitale globale. Si tratta di un processo di egemonia: il consenso per la redistribuzione verso l'alto. È l’ennesimo atto di violenza normativa che trasforma la legge in strumento di accumulazione. Milano, “terza culla d’Europa” per ricchezza, scala la classifica dei milionari e delle rendite e rischia di perdere definitivamente consistenza politica e coesione sociale. Quando il centro diventa un museo del lusso, la periferia diventa deposito di precarietà. Se pensiamo che la ricchezza sia una panacea e non una sfida democratica, abbiamo già perso.
Chi governa deve riscoprire la politica come cura della "polis", non accettare che sia una cosa sporca o una vetrina per miliardari in cerca di dolce vita. Altrimenti le città si consumeranno in passerelle d’élite, mentre la maggioranza sociale si consumerà in sfratti, pendolarismi e salari che non bastano. Questo è il paradosso che “PresaDiretta” ha messo in scena: la grande ricchezza, vista come festa privata, è la tragedia pubblica per la moltitudine. In un contesto del genere, il socialismo non va visto come sogno, bensì come necessità ferrea. La spinta verso il socialismo e la richiesta di libertà emergono naturalmente dall'esame della realtà; prendono forma nel cuore e nella mente di coloro che non accettano di osservare passivamente il deterioramento della convivenza tra gli esseri umani.
Studiamo le opere dei cinque Maestri per avere una crescente cultura e conoscenza marxista-leninista, una maggiore coscienza di classe ed una visione sempre più proletaria del mondo e di noi stessi!
 

1 ottobre 2025