Campania
Clamorosa scarcerazione del vertice camorrista dei Moccia
In libertà “per decorrenza dei termini”
Redazione di Napoli
È considerato unanimemente uno dei clan più potenti d’Europa con traffici internazionali che hanno reso i suoi componenti da guappi con la coppola ad affermati imprenditori del crimine con radici profonde nella provincia di Napoli, nella bassa Liburia, e a Roma, dove, tramite il boss Michele Senese originario di Afragola, comandano un quarto dell’intera capitale. Trattasi del clan Moccia ingabbiato dal 2022 dalla maxi-inchiesta antimafia denominata “Morfeo” che poteva dare un colpo duro se non definitivo al clan probabilmente più longevo dell’hinterland partenopeo, attivo fin dagli Sessanta con a capo Gennaro Moccia e Anna Mazza, il primo ucciso, la seconda scomparsa nel 2017, prima donna al regime di carcere duro del 41 bis dell’ordinamento penitenziario. Ecco i capi indiscussi del sodalizio criminoso: Antonio, Luigi e Gennaro Moccia; Pasquale Credentino e poi Filippo Iazzetta, Massimo Malinconico, Benito Zanfardino, Giovanni Piscopo, Francesco Di Sarno, Francesco Favella, Antonio Nobile, Gennaro Rubiconti, Giovanni Esposito.
Il giornalista antimafia Roberto Saviano è stato forse l’unico a lanciare l’allarme dopo che a fine luglio per “decorrenza dei termini”, sono stati clamorosamente scarcerati e tornati in piena libertà praticamente tutti i capoclan sfruttando un cavillo penale. Il clan Moccia è “la testa d’ariete di tutti i clan italiani”, ha ribadito Saviano, “non è un gruppo come gli altri, non si tratta semplicemente di criminali o narcotrafficanti che sono riusciti, attraverso un cavillo, a farla franca per qualche mese. Il clan Moccia è un clan di imprenditori, con una linea politica precisa e una negoziazione continua con le istituzioni e con la società civile. Da anni la loro tesi è quella di considerare il denaro sporco 'legittimo' purché non alimenti altro crimine”.
Per capirne la caratura criminale basta pensare che l’attuale capo Antonio Moccia, figlio di Anna Mazza, uccise a sangue freddo e a soli 13 anni, Tonino Giugliano per vendicarsi a sua volta dell’assassinio di suo padre Gennaro, fondatore del clan. Questo “consorzio imprenditoriale” criminale è capace di gestire i cantieri dell’alta velocità ferroviaria, la distribuzione di frutta, verdura e formaggi nei mercati ortofrutticoli di Roma, nei supermercati e persino a Barcellona, oltre ad essere proprietari di decine di ristoranti nella Capitale e businessman
nella distribuzione di benzina: nel loro raggio d’azione la fruttifera gestione dello smaltimento olii esausti e rifiuti in diverse province italiane. Il livello camorristico organizzativo del sodalizio è ben strutturato e organizzato, come ha indicato l’inchiesta Morfeo, con una “confederazione di gruppi locali con struttura piramidale, ai vertici ci sono i 'senatori', figure che possono in autonomia decidere degli affari ma ascoltando sempre le direttive della famiglia che rimane egemone così da avere due anime - una legale ufficiale una illegale sommersa”. Riciclandosi secondo la legalità borghese, il clan può mettere a segno appalti “legalmente” oppure costruire “legalmente”, e pertanto non andrebbe perseguito, nonostante il danaro per le diverse operazioni da svolgere sia riciclato o di provenienza illegittima.
La Procura di Napoli, guidata da Nicola Gratteri, subìto lo scacco, ha annunciato che ricorrerà presso la Corte di Cassazione per chiedere l’annullamento del provvedimento che ha scarcerato il clan Moccia.
1 ottobre 2025