Accogliendo l'invito delle Organizzazioni dei palestinesi in Italia
Un milione di internazionalisti/e e antisionisti/e in corteo a Roma contro il genocidio di Gaza e per la Palestina libera
Nella capitale una marea di giovani, giovanissimi, studenti, studentesse, lavoratori e lavoratrici provenienti da tutta Italia. Richieste le dimissioni di Meloni. Su uno striscione: “Il 7 ottobre, Giornata della Resistenza palestinese”. Gli arrestati siano liberati. Cancellare il foglio di via ai manifestanti fermati. Di fronte alla facciata della Basilica di San Giovanni uno striscione di carta con i nomi di 20 mila bambini ammazzati a Gaza. Rappresaglia fascista dopo la manifestazione
Il PMLI condanna la repressione meloniana dei manifestanti
“Oggi è una giornata storica. Oggi in piazza al fianco della resistenza palestinese siamo più di un milione! Il 4 ottobre non è un punto di arrivo, ma un punto di svolta. Da questa giornata deve nascere un anno di resistenza, di mobilitazioni, di scioperi, di blocchi e di iniziative concrete. Non ci saranno pause, non ci saranno compromessi: continueremo finché non sarà fermato il genocidio, finché non finirà l’occupazione, finché non saranno liberi tutti i prigionieri palestinesi, finché non sarà libera la Palestina! Gloria alla resistenza palestinese!”
Con queste parole i Giovani Palestinesi d'Italia, una delle organizzazioni promotrici della manifestazione nazionale di Roma assieme ad UDAP, Studenti palestinesi ed API, hanno lanciato un programma di azione per il futuro, sulla scia dell'entusiasmo di una manifestazione così grande che non si vedeva almeno da un ventennio, e che racchiude in se quel fiume di cortei, presidi e blocchi iniziato un mese fa alla partenza della Flotilla, e culminato con gli scioperi del 19 e 22 settembre, e 3 ottobre, di CGIL e del sindacalismo di base. Le parole d'ordine che hanno fatto da comune denominatore e da collante per tante realtà anche molto diverse fra di loro sono state la richiesta di cessate il fuoco immediato a Gaza, lo stop del genocidio e della vendita di armi verso Israele.
Una marea in piazza per la Palestina
Alle 14:30 Porta San Paolo era già completamente piena, al punto da costringere la testa a partire subito per fare spazio all'enorme flusso di studenti, lavoratori, giovani, giovanissimi e anziani, organizzati in associazioni di vario genere, movimenti o partiti, oppure singoli giunti da tutta Italia per far sentire una grande unica voce in opposizione al genocidio del popolo palestinese, a di appoggio alla sua legittima resistenza.
Presenti in piazza alcune organizzazioni politiche della sinistra istituzionale, quelle dell'area extra-parlamentare, i sindacati di base, la CGIL che ha aderito alla luce dello sciopero generale del giorno precedente assieme ad ARCI ed ANPI, i centri sociali, gruppi operai come il Collettivo dei lavoratori Ex-Gkn di Campi Bisenzio (FI) ed il Gruppo autonomo portuali di Livorno (GAP), e le organizzazioni studentesche fra le quali Osa e Cambiare Rotta che attaccano a spada tratta il governo neofascista Meloni, nel mirino dei manifestanti al pari del boia Netanyahu e del governo sionista di Israele.
“È ridicolo che Meloni sostenga che manifestare non serve a niente. Un governo degno di rappresentare il popolo italiano avrebbe dovuto interrompere immediatamente l’export di armi verso Israele. Noi continueremo a mobilitarci e bloccare tutto, dalle università alle strade”, affermano infatti gli studenti.
L'impressionante colpo d'occhio della capitale con una marea di persone e di bandiere palestinesi che esondano nelle vie laterali rispetto al tracciato ufficiale del corteo, è la dimostrazione che la mobilitazione è più viva che mai e che non ha alcuna intenzione di fermarsi senza ottenere risultati concreti.
A metà corteo è comparso anche lo striscione “Gaza we are coming” della Global Sumud Flotilla, la cui missione celebrata anche in questa splendida piazza romana, ha fatto da stimolo e moltiplicatore delle iniziative pro-Palestina dell'ultimo mese. “Oggi è una giornata storica, che segue un’altra giornata storica. Siamo commossi, perché se il nostro piccolo progetto di quaranta barche ha dato vita a tutto questo significa che ne valeva la pena. (…) Continueremo con la forza di tutta questa gente”, ha affermato Maria Elena Delia, portavoce italiana della GSF, accompagnata da alcuni reduci della missione già rientrati in Italia.
Il corteo colorato di rosso e del quadricolore palestinese nei vessilli e nei fumogeni è stato combattivo dalla testa alla coda, e ovunque sono risuonati cori e slogan, dal “Free free Palestine”, fino a “L’Italia lo sa da che parte stare, Palestina libera dal fiume fino al mare”, rilanciato a gran voce oggi e nelle manifestazioni in tutta Italia, nonostante sia accusato a torto di antisemitismo e vietato in alcuni paesi europei complici fattuali di Israele.
Pieno sostegno alla Resistenza Palestinese
D'altra parte due anni di genocidio in rete ed in TV e le sue terrificanti immagini che raccontano una pulizia etnica senza precedenti dopo l'olocausto, città rase al suolo e l'accanimento da parte dell'esercito sionista sui civili inermi, incluse donne e bambini, non lascia scampo all'immaginazione, moltiplicando la rabbia e la ragione di chi vuole rimanere dalla parte giusta. I racconti parziali, l'occultamento della storia sono stati spazzati via dall'evidenza dei fatti che se da un lato riconosce colpevole Netanyahu ed i governi complici come quello italiano, dall'altra legittima sempre di più la resistenza del popolo palestinese in lotta per la propria libertà, senza eccezione alcuna.
Ecco perché le titubanze iniziali all'indomani dell'attacco del 7 ottobre, hanno lasciato spazio ad una presa di posizione chiara e senza eccezioni, di sostegno di massa alla resistenza palestinese come un tutt'uno, unico ed inscindibile.
Questo è il significato di uno striscione con su scritto “7 ottobre Giornata della Resistenza palestinese”, slogan rilanciato in numerosi altri cartelli, così come le accuse al governo sionista d'Israele altrettanto esplicite e su larga scala poiché, in quel territorio, è Israele il male assoluto e non certo Gaza coi suoi martiri.
Una bandiera israeliana con la scritta “Terroristi” è stata stesa sull’asfalto per farla calpestare dall'intero corteo, gli slogan “Israele sionista, Stato terrorista”, ed un'altra grande bandiera con su scritto “Death to the IDF”, (Morte all'esercito israeliano) salutata al passaggio dai manifestanti, rappresentano una rivendicazione fulgida e di massa della piazza nel considerare l’azione di Hamas di due anni fa come un vero e proprio atto di legittima resistenza di un popolo accerchiato e sterminato sistematicamente da decenni.
E non a caso lo slogan usato dai Giovani palestinesi nelle locandine che hanno lanciato l'iniziativa è stato proprio “Fermiamo il sionismo con la resistenza”.
Da segnalare anche una interessante iniziativa che si è svolta al mattino per mano degli attivisti del collettivo di chiara impronta cattolica “Frà Tau”, che in varie piazze e vie del centro capitolino ha attaccato adesivi rossi con i nomi delle vittime di Gaza accanto alle pietre d’inciampo di fronte alle abitazioni degli ebrei deportati nei campi di concentramento; un modo per mostrare il cinico parallelismo “al contrario” dei due genocidi.
La repressione della polizia dello Stato neofascista
Una manifestazione così imponente ha naturalmente allarmato il ministro Piantedosi, che ha sguinzagliato la propria polizia non solo a funzioni di controllo del corteo, ma anche a interventi preventivi col chiaro intento di dissuadere dalla partecipazione le decine di migliaia di persone in arrivo con i pullman, treni ed auto private.
Cordoni e posti di blocco si sono verificati ovunque ed in particolare alle principali uscite autostradali all'ingresso della città dove il boicottaggio governativo della manifestazione è andato in scena praticamente per tutto il giorno. Addirittura due pullman, ai quali è stato detto che sarebbero stati scortati al corteo, sono stati portati verso la questura, in un vero e proprio sequestro di persona.
La stessa sorte di altri manifestanti è toccata al nutrito gruppo dell'Ex-GKN, bloccato per ore dalla polizia che ha sequestrato le aste degli striscioni e delle bandiere. “Da dovunque arrivano voci di controlli ripetuti e senza senso su macchine e bus. - hanno scritto i lavoratori in una nota social - Per quel che ci è dato di capire o sapere da qua, è la più grossa campagna di boicottaggio estesa e capillare immaginabile contro un corteo nazionale.”
Dopo aver attraversato viale Aventino, piazza di Porta Capena, via di San Gregorio, Colosseo, via Labicana e via Merulana, la testa del corteo ha raggiunto piazza San Giovanni ornata da uno striscione sul quale erano riportati i nomi di ventimila bambini e bambine uccise a Gaza, accompagnata da numerosi cori a favore di Francesca Albanese, mentre la coda si era mossa da poco da Piramide, luogo del concentramento. Un altro boato ha risposto all'avvio del collegamento telefonico con la Freedom Flotilla partita da Otranto e che ora si trova a Creta in attesa di proseguire verso Gaza.
Sul finire della manifestazione, alcune migliaia di manifestanti hanno tentato di bloccare la stazione di Roma Termini com'era accaduto nei giorni precedenti lì ed in altre città, ma lo sbarramento di blindati e le decine di agenti in assetto antisommossa li ha respinti a suon di lacrimogeni e di idranti, mentre i manganelli meloniani si abbattevano contemporaneamente anche sulla testa di altri giovani studenti a Santa Maria Maggiore, via Merulana, Labicana, Manzoni, per poi dirigersi verso piazza San Giovanni.
In particolare in via Lanza si sono verificati i più spudorati accerchiamenti da parte delle “forze dell’ordine” ai manifestanti, ripetuti però in diversi punti della città a testimoniare un'azione pianificata e congiunta della polizia di Piantedosi e Meloni che non si è risparmiata violenze sproporzionate nei confronti dei manifestanti, lanci di lacrimogeni ad altezza uomo e il massiccio uso di idranti.
Alla fine si conteranno diversi feriti, soprattutto studenti universitari rilasciati con ferite lacerocontuse alla testa, suturati direttamente in piazza dai medici pro Pal, 262 identificati dei quali dodici già denunciati, e 2 arresti, per i quali gli organizzatori del corteo hanno realizzato un presidio il mattino seguente davanti al Tribunale di piazzale Clodio dove si è tenuta l'udienza per direttissima, come se si trattasse di pericolosi “terroristi”. Noi ci associamo a coloro che hanno chiesto immediatamente il loro rilascio e la cancellazione del foglio di via ai manifestanti fermati.
La rappresaglia fascista protetta dalla polizia
In via Napoleone III i manifestanti hanno protestato lanciando oggetti e petardi contro la sede dell'organizzazione fascista Casapound, che occupa illegalmente un edificio pubblico sotto protezione delle istituzioni nazionali e capitoline. La rappresaglia degli squadristi non si è fatta attendere, e si è concretizzata intorno alle 23 quando un gruppo di circa trenta squadristi provenienti proprio da via Napoleone III, con il volto coperto da caschi e armate di bastoni, ha aggredito i clienti del bar dello Statuto, molti dei quali indossavano kefiah o portavano bandiere della Palestina dopo la giornata di mobilitazione. Gli squadristi, dopo aver intonato il canto fascista “Faccetta nera” e il motto “Boia chi molla”, hanno sfondato l'ingresso del Bar con bastonate, calci e sedie, lanciandole anche contro i presenti, mentre li aggredivano fisicamente con pugni e calci.
Una vera e propria spedizione punitiva durata diversi minuti, all'interno dei quali è transitata anche un’auto delle forze dell’ordine. “Li abbiamo chiamati – sostengono diverse testimonianze - ma invece di fermarsi ed entrare nel locale, hanno proseguito la marcia senza interrompere le violenze”. Un'altra prova della complicità della polizia dello stato neofascista coi propri camerati che noi come tanti altri denunciamo da tempo.
A questa rappresaglia squadrista compiuta dai fascisti in prima persona si aggiungono altre gravissime aggressioni compiute da squadracce di ebrei sionisti, com'è accaduto il 2 ottobre a Roma, dove gli studenti e gli insegnanti del liceo artistico Caravillani sono stati selvaggiamente aggrediti e malmenati all'interno e davanti alla scuola da una ventina di energumeni provenienti dall'adiacente sinagoga, solo perché a conclusione della loro assemblea avevano gridato in coro “Free Palestine”. Si possono evidentemente permettere tali aggressioni perché godono della piena protezione da parte del governo neofascista Meloni.
Meloni dimettiti o sarà la piazza a buttarti giù
Come evidenziano anche le realtà palestinesi in un comunicato diffuso qualche giorno dopo la manifestazione, oltre a denunciare lo Stato sionista d'Israele, il corteo di Roma ha mandato un segnale chiaro al governo della ducessa Meloni, e cioè che il governo neofascista italiano, complice del genocidio, non rappresenta la volontà del suo popolo.
Oltre alla piazza del 4 ottobre, altri milioni di persone in lotta per la Palestina e contro l'imperialismo ed il fascismo che Meloni rappresenta nel nostro Paese, erano già scese in piazza negli scioperi dei giorni precedenti, in una marea progressista ed antifascista che ha chiesto a gran voce di andarsene a casa.
“Il corteo di ieri - scrivono le associazioni nel comunicato - ha preteso a gran voce le dimissioni di un governo che continua a sostenere vergognosamente le ambizioni coloniali di Israele e il cosiddetto “piano Trump” che vorrebbe imporre una resa incondizionata della Resistenza palestinese, ma quest’ultima ha rifiutato la “soluzione del disarmo”. Questo governo deve quindi rispondere alla volontà espressa dal popolo italiano e interrompere ogni relazione politica, economica e militare con Israele, deve liberare Anan e gli altri prigionieri palestinesi ingiustamente detenuti in Italia, e deve dimettersi così come richiesto dal popolo.”.
Il fronte palestinese ha giustamente sottolineato l'importanza dell'unità della lotta sindacale che ha portato allo storico sciopero del 3 ottobre unitario di CGIL e sindacalismo di base che solo in questo modo ha potuto paralizzare le piazze, i porti, le stazioni, gli aeroporti e le autostrade, facendo diventare la lotta per la liberazione della Palestina ”parte integrante delle lotte sociali in Italia”.
I marxisti-leninisti italiani sono completamente d'accordo, e in un comunicato stampa rilasciato nel pomeriggio del 3 ottobre hanno condannato immediatamente la repressione meloniana dei manifestanti definendo le occupazioni di massa di autostrade, stazioni, porti, aeroporti, scuole e università politicamente giustificate e legittime.
“Meloni, Mussolini in gonnella, - si legge nel comunicato - ha lasciato nelle grinfie del criminale di guerra e nuovo Hitler Netanyahu i connazionali e ora scaglia le forze repressive del regime capitalista neofascista contro le masse internazionaliste e antisioniste che scendono da giorni in piazza per difendere la giusta causa del martoriato popolo palestinese, pagando di persona, anche economicamente scioperando. Meloni, nemica del popolo italiano, e amica privilegiata del dittatore fascista Trump, se ne deve andare a casa. Se non lo fa i marxisti-leninisti auspicano che le masse e le forze politiche, sindacali, sociali, culturali e religiose antifasciste si ribellino cacciandola da Palazzo Chigi attraverso moti di piazza.”
L'ammirazione e la solidarietà militante con la quale il PMLI saluta i manifestanti e le manifestanti in lotta, è uno stimolo ad andare avanti, e noi con loro, in questa lotta fondamentale per il popolo palestinese, ma anche per tutti gli altri, incluso il nostro, schiacciati dal capitalismo, dal proprio governo borghese, e dall'imperialismo dell'Est o dell'Ovest.
8 ottobre 2025