A Bologna
La polizia di Meloni carica i Giovani palestinesi che celebrano il 7 ottobre, l'evento storico della resistenza palestinese
Cortei non autorizzati anche a Torino e in altre città
Solidarietà del PMLI e de “Il Bolscevico”
Migliaia di antisionisti e di antisioniste hanno risposto positivamente alla chiamata dei Giovani Palestinesi d'Italia in Piazza del Nettuno, a Bologna, per il secondo anniversario del 7 ottobre 2023. “Viva il 7 ottobre, Viva la resistenza palestinese” era lo slogan dell'iniziativa ed anche il titolo che nei giorni precedenti è circolato sui social e sui volantini per pubblicizzare l'iniziativa.
Alla manifestazione, osteggiata come vedremo da tutti partiti parlamentari e dall'intero apparato politico-istituzionale, e presidiata dalla polizia di Piantedosi con una blindatura senza precedenti, hanno aderito altre associazioni palestinesi, centri sociali, sindacati di base e molti collettivi studenteschi, su tutti Cua, Cambiare Rotta e Osa.
Il sindaco PD di Bologna invoca la repressione
Nonostante la giornata si inserisse in una settimana di mobilitazione permanente del fronte pro Palestina, la Questura di Bologna aveva già vietato la manifestazione attribuendole un carattere “filo-terroristico”. Stavolta però anche l'amministrazione comunale della città felsinea targata PD aveva stigmatizzato l'iniziativa; nella mattinata del 7 ottobre infatti il Comune di Bologna aveva rivolto un ultimo ed accorato appello ai promotori della manifestazione affinché vi rinunciassero, auspicando una eventuale gestione dell'ordine pubblico per mano delle forze dell'ordine, “coerente con le disposizioni della Prefettura e della Questura”. Una legittimazione preventiva a 360 gradi della repressione di stampo fascista a suon di manganelli che poi effettivamente la polizia di Piantedosi ha riservato, come vederemo, ai manifestanti. Alcuni assessori PD si erano spinti a dire che “Festeggiare il 7 ottobre è una cosa orribile che danneggia gravemente la causa palestinese”, ma peggio di loro ha fatto proprio il primo cittadino di Bologna, Matteo Lepore, che non solo ha sposato fin da subito il divieto, ma ha addirittura tirato in ballo la Costituzione borghese del '48 per effettuare di fatto un indegno parallelismo tra la Resistenza Palestinese e la sua azione militare del 7 ottobre, con le manifestazioni fasciste.
“Ovviamente le forze dell'ordine saranno pronte – ha detto Lepore - ad intervenire qualora questo divieto dovesse essere violato come per altre manifestazioni che nella storia della nostra città sono state vietate o spostate in altri luoghi. È successo per Forza nuova o CasaPound, succede ogni qualvolta qualcuno indice una manifestazione che ha degli elementi che sono contro la nostra Costituzione o contro la legge.” Insomma, una esplicita chiamata “alle armi” senza possibilità di fraintendimento, per schiacciare il diritto – quello sì anche costituzionale – di manifestare, nel solco della recente legge sulla sicurezza e della politica repressiva del governo neofascista Meloni.
I manganelli di Piantedosi e Lepore
Ed infatti, forti dell'appoggio e della protezione di tutto l'arco istituzionale, non appena alcuni dei partecipanti hanno iniziato a parlare al megafono e al microfono, le “forze dell'ordine” borghese di Piantedosi e Lepore sono intervenute per sequestrare con la forza megafono e casse. Nel frattempo il lato di strada di Via Rizzoli si è via via riempito di blindati, fino a circondare l'intera piazza Nettuno e ad accerchiare di fatto i manifestanti situati sul lato della Sala Borsa.
A quel punto i manifestanti radunati sul lato opposto hanno protestato gridando di lasciarli uscire, “Liberi tutti!”, “Fateli passare!”, “Vergogna”, in modo da permettere ai manifestanti di raggiungere il centro della piazza, sorvolata anche da un elicottero della polizia.
“Questa è la democrazia italiana che impedisce di manifestare, questo è il sionismo che dobbiamo combattere, e lo sanno bene i palestinesi che lo combattono da 75 anni. È vergognoso, come si impedisce di manifestare. Lo diciamo anche alla giunta di questa città, è una scena indecente davanti al sacrario dei caduti.”, affermavano i manifestanti con un megafono scampato al sequestro.
Dopo l'allentamento di pochi metri del cordone, i manifestanti accerchiati sono entrati in piazza Maggiore al grido di “Palestina libera”, chiedendo a gran voce il corteo, ma all'incrocio di via Archiginnasio con via Orefici, si sono trovati la strada nuovamente sbarrata dai blindati e dalla polizia che ha ordinato loro di sciogliere l'assembramento. “Corteo non autorizzato – hanno ripetuto - lasciate la piazza alla spicciolata”, come da nero copione fascista.
Da lì a poco, nel caos generato dalla repressione mussoliniana, in via Rizzoli gli sgherri di Piantedosi e Lepore hanno attaccato i giovani che si rifiutavano di disperdersi rivendicando il proprio diritto a manifestare, con scudi e manganellate, che fra gli altri hanno colpito anche una giornalista, e idranti.
Dopo le cariche in centro, i manifestanti si sono riversati in piazza Verdi e nella zona tra via della Moline e via Righi, dove c’è stata un’altra carica da parte delle forze dell’ordine alla quale i manifestanti hanno risposto con coraggio, lanciando bottiglie e sanpietrini contro gli agenti in tenuta antisommossa.
Alla fine, l'assalto meloniano alla manifestazione di Bologna ha issato a trofeo per il Ministro Piantedosi una manifestante arrestata ed altri tre fermati e denunciati a piede libero. Tutti e quattro devono rispondere, a vario titolo, di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale in concorso. Numeri e denunce che potrebbero aggravarsi con la visione delle immagini girate in quelle ore, anche nei confronti della trentina di persone già identificate. Possiamo però essere certi che nessun provvedimento sarà preso nei confronti degli agenti picchiatori che hanno causato decine di feriti, fra i quali almeno tre giornalisti e reporter.
La CGIL prende le distanze dai manifestanti
Se stavolta il PD ha avuto un ruolo attivo nella repressione della piazza di Bologna, confermando che molti suoi esponenti dichiarano di sostenere la causa palestinese in in modo parziale e opportunistico, non meglio ha agito la CGIL. Il sindacato di Corso Italia, attraverso i suoi funzionari bolognesi ha preso le distanze dai manifestanti, giustificando così l'azione dei manganelli meloniani. “Quelli che abbiamo visto ieri sera in piazza a Bologna – hanno affermato in una nota - sono scontri e posizioni che dal nostro punto di vista danneggiano tutto il movimento per Gaza, la Palestina, con la Global Sumud Flottila e le altre importantissime iniziative umanitarie in corso e che non hanno nulla a che vedere con il movimento sindacale e dei lavoratori.”
Un errore grave che mette ancora una volta a repentaglio i passi in avanti fatti dall'organizzazione su questo tema, inclusa l'unità di merito raggiunta con enormi sforzi col sindacalismo di base che ha portato allo sciopero congiunto e partecipatissimo del 3 ottobre.
Il 7 ottobre in piazza anche a Torino
Aperto da uno striscione con su scritto "Il genocidio non è finito, siamo resistenza, continuiamo a bloccare tutto", anche la Torino antisionista è scesa in piazza il 7 ottobre, nonostante il divieto della Questura. Un partecipato corteo non autorizzato, organizzato dal Coordinamento Torino per Gaza, è partito da piazza Castello raggiungendo in tarda serata Piazza Vittorio, sulle note di Bella Ciao.
Numerosi gli slogan contro Meloni, Salvini e Tajani, a testimoniare che la complicità del governo neofascista italiano con Israele, il suo codardo e complice atteggiamento nei confronti dell'abbordaggio illegale alla Global Sumud Flotilla, ha contribuito in maniera decisiva a far maturare una importante unità nelle lotte per la liberazione e l'indipendenza del popolo palestinese. Anche la Questura di Torino alla fine denuncerà “i responsabili delle violazioni all'autorità giudiziaria", ma ciò non fermerà di certo i manifestanti e la mobilitazione per la Palestina libera in una città che è stata fra le protagoniste fin dai primi giorni di lotta di due anni fa.
Solidarietà militante del PMLI
Ai manifestanti e alle manifestanti in piazza il 7 ottobre, identificati o trattenuti dalla polizia e sui quali si è scagliata la mannaia repressiva del governo Meloni, il Partito marxista-leninista italiano esprime la propria totale solidarietà militante, antifascista e antisionista, esortandoli a innalzare ancora una volta e sempre più in alto la bandiera dell'antifascismo e dell'antimperialismo con lo stesso coraggio che li ha sempre contraddistinti. Quando aumenta il livello della contraddizione e della partecipazione, è normale che aumenti anche la repressione dei governi fascisti.
In questo caso la tolleranza verso le piazze del 3 e 4 ottobre è stata cancellata il 7, proprio perché i fatti del 7 ottobre demarcano il vero confine, quello che in ultima analisi divide chi sta veramente con il popolo palestinese e le sue legittime ambizioni di libertà “Dal fiume al mare”, e chi invece lo appoggia parzialmente, in nome di un compromesso che tollera sempre, in un modo o nell'altro, il ruolo dominante di Israele in Medioriente e quello di schiavo subalterno e accerchiato del popolo palestinese in lotta.
Anche per noi il 7 ottobre fu un atto di resistenza, legittimo e di portata storica, e subito lo indicammo nei nostri manifesti e nelle posizioni che i nostri compagni e le nostre compagne sostennero coraggiosamente nelle piazze e nei loro luoghi di lavoro politico, di studio e di vita. Siamo molto contenti che adesso siano molti, anche tra coloro che erano in passato diffidenti o contrari al punto di attaccarci pubblicamente, a convergere su quello che a noi apparve chiaro fin dal primo momento.
Andiamo avanti, dunque, in un fronte unito sempre più ampio e determinato per chiedere la fine del genocidio e la libertà del popolo palestinese che potrà essere conquistata soltanto con la formula di uno stato e due popoli.
15 ottobre 2025