Non un soldato italiano a Gaza e no all'Italia nel “Consiglio di pace” neocolonialista e imperialista
Dopo la prima fase del piano di pace neocolonialista e imperialista Trump, firmato da Israele e Hamas nel giro di una decina di giorni e suggellato dalla cerimonia di Sharm altrettanto rapidamente, gli sforzi dell'imperialismo occidentale sono ora improntati alla creazione del “Consiglio per la Pace”, presieduto dallo stesso Trump, di cui farebbe parte anche l’ex premier britannico Tony Blair, e nel quale anche la ducessa Meloni auspica di trovare quella poltrona capace di dare anche all'Italia il suo “posto al sole” nella ricostruzione di Gaza.
Certo è che i nuovi crimini sionisti e le dichiarazioni di nuova chiusura dei valichi per la consegna degli aiuti umanitari da parte del boia Netanyahu, rischiano di chiudere la partita prima di averla sostanzialmente aperta.
Dopo aver sostenuto entusiasticamente il piano americano, approvando in Parlamento una mozione a favore del cosiddetto “processo di pace”, l'imperialismo italiano conta di partecipare al banchetto insieme agli altri Paesi imperialisti filo-israeliani che si aprirà per garantire a Gaza sicurezza, ricostruzione economica e infrastrutturale, e sanità.

Governo pronto a inviare centinaia di soldati a Gaza
Meloni infatti, incassa la proposta ed esulta, affermando in ogni circostanza con enfasi che “L'Italia è pronta a fare la sua parte", e che “coglierà questa grande occasione”. Ma occasione per chi?
“Sul piano della sicurezza, i nostri Carabinieri già da anni formano la Polizia palestinese, e siamo in impegnati anche nella missione Ue a Rafah. Siamo pronti a implementare questa presenza, tra l'altro già prevista nel decreto missioni, fino ad arrivare a una partecipazione a una forza di stabilizzazione che richiederebbe in questo caso anche un passaggio parlamentare, sul quale spero che una volta tanto, e sono certa che stavolta si potrebbe anche, diciamo, votare all'unanimità”, ha poi aggiunto in conferenza stampa.
Il riferimento è agli attuali 25 militari italiani che formano la missione Miabit impegnata a “insegnare” alla polizia collaborazionista di Abu Mazen le regole d'ingaggio, il controllo del territorio rispetto delle leggi (israeliane, ndr), e addirittura le tecniche di arresto per contrastare la resistenza palestinese.
L'auspicio all'“unanimità” invocato della Mussolini in gonnella è stato raccolto entusiasticamente dalle forze dell'opposizione parlamentare di cartone; infatti il leader 5 Stelle Conte di fronte ai giornalisti ha dichiarato: “Adesso l'Italia potrebbe svolgere un ruolo a Gaza, abbiamo dei professionisti apprezzati sempre in tutto il mondo con una capacità di dialogo e la capacità straordinaria di realizzare un processo di pacificazione con le popolazioni locali".
La premier cerca di nascondere la natura militare imperialista della missione che è alle porte e la giustifica pretestuosamente col senso di responsabilità nei confronti dell'alleato atlantista: “La volontà politica da parte mia c'è, se richiesto, ovviamente. Non è interposizione, ma monitoraggio del cessate il fuoco. Ha bisogno di una risoluzione delle Nazione Unite. Quando viene approvata e viene richiesta la partecipazione italiana, io lo chiedo al Parlamento, ma la mia posizione è questa”.
Infine, conclude: “La giornata di oggi non è una giornata che chiude qualcosa, è più una giornata che apre qualcosa, e quel qualcosa che apre può essere enorme, qualcosa che qualche anno noi potevamo solamente sognare”, ed infatti eccole servita sul piatto una nuova e succosa opportunità imperialista, di occupazione e profitto per le grandi aziende che rappresenta, sulla pelle di un popolo massacrato che il piano neocolonialista ha già relegato in un angolo.

Gli appetiti dell'imperialismo italiano
Già a margine della cerimonia di Sharm el-Sheikh, Meloni ha avuto un colloquio bilaterale con il Presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi che ha toccato anche le relazioni bilaterali dei due Paesi, con particolare attenzione al famigerato Piano Mattei nei settori della formazione e dell’energia. Gaza dal governo italiano è considerata un goloso tassello in un quadro più ampio in Medio Oriente, una golosa e imperdibile occasione per rafforzare la propria strategia di rilancio dell'imperialismo italiano nel Mediterraneo.
Oggi, mentre le macerie di Gaza testimoniano davanti al mondo intero il genocidio del popolo palestinese e l'annientamento di Gaza commessi da Israele, il governo Meloni si prepara dunque a “sedersi al tavolo della ricostruzione”, che profuma di dollari per le grandi multinazionali del nostro Paese. E, come i suoi predecessori, lo fa coprendosi con toni solenni e parole altisonanti come “pace”, “aiuto” e “stabilità”, ma dietro alle dichiarazioni umanitarie si muovono interessi e strategie che mostrano alla luce del sole cosa sia realmente la seconda fase dell'accordo per Gaza in particolare, e della guerra imperialista in generale, da sempre ed in ogni contesto al servizio del business e del profitto.
Senza perdere tempo infatti, a Palazzo Chigi si è riunita una task force interministeriale per coordinare gli interventi in Palestina. L'ha guidata Tajani, annunciando la presentazione di un piano italiano all’ONU per la “ricostruzione politica ed economica” di Gaza, con l’Autorità Palestinese del traditore Abu Mazen come interlocutore, e alcuni governi arabi come garanti.
Meloni e Tajani ostentano davanti alla stampa di regime, la ipocrita e ingannevole neutralità istituzionale, ma quello che si profila è un vecchio schema secondo il quale l’Italia è pronta a partecipare, e con grande entusiasmo, ad una “missione di pace” dopo aver sostenuto nei fatti la guerra che ha ridotto Gaza a un cumulo di macerie. Non sfugge a nessuno, in particolare alle masse popolari che continuano a manifestare nelle piazze, che chi oggi si propone come mediatore “umanitario”, allo stesso tempo continua a vendere armi ad Israele. E mentre Gaza veniva rasa al suolo, il governo neofascista preferiva il silenzio: nessuna sanzione, nessun blocco alle esportazioni, nessun riconoscimento del diritto all’autodeterminazione palestinese. E con quale credito allora gli assassini con le mani sporche di sangue parlano di “ricostruzione” e addirittura di “rinascita”?
Innanzitutto, il contingente militare è pronto a essere ampliato fino a duecentocinquanta fra militari e carabinieri per rafforzare il suo ruolo di addestratore delle nuove milizie palestinesi che saranno costituite conformemente al piano Trump, in pieno accordo con NATO e Israele, pronti a costituire quel governo “tecnico”, ma in realtà coloniale e imperialista, e che avrà con le sue unità militari, come primo compito la repressione fino alla cancellazione, delle forze della resistenza palestinese. Insomma, nella sostanza si creerà un nuovo strumento oppressivo e di controllo, seppur internazionale, distante anni luce dalla legittima volontà di piena libertà ad autonomia del popolo palestinese e della sua resistenza.
Anche per Gaza, siamo di fronte al solito protocollo di tutte le missioni militari “post-conflitto”, che si traducono immediatamente in una nuova occupazione, addestramento militare, “stabilizzazione”, e ricostruzione che fanno da terreno fertile per corruzione, violenza permanente e consolidamento del potere imperialista e coloniale contro un popolo che continua a rimanere schiavo. Tutto ciò senza dimenticare ovviamente l’essenza principale dell’imperialismo, e cioè gli appalti miliardari in uno scenario di conquista per le imprese “amiche” del governo quali Terna, Italferr, Leonardo, Webuild, Buzzi, Unicem e compagnia, che se fino a ieri sono stati complici del genocidio, ora dicono di voler “dare un contributo sociale” nella ricostruzione.
Addirittura il Ministero Università e Ricerca (MUR), che persiste nelle collaborazioni col sistema accademico-militare-industriale israeliano, propone di avviare corsi telematici per il popolo palestinese colpito dallo scolasticidio e la costruzione di una nuova università in cooperazione con l’Italia. Una vera e propria ipocrisia sporca di sangue che assieme all'impegno militare imperialista, configura l’ennesimo tentativo di apparire innocente davanti alle masse popolari e di ripulire l’immagine di uno Stato che partecipa a tutte le fasi della guerra per profitto e interventismo imperialista.

L'Italia rimanga fuori da Gaza e dall'occupazione neocolonialista
Abbiamo denunciato fermamente nei precedenti numeri de Il Bolscevico che per i nazisionisti e i filosionisti il piano “Trump” si gioca sostanzialmente su tre punti: il già avvenuto rilascio immediato degli ostaggi, il disarmo della Resistenza palestinese e la cancellazione di Hamas.
L'esercito sionista si è ritirato dalla Striscia in forma temporanea e parziale, dal momento che si è riposizionato in modo da colpire quando e come vuole, disegnando un futuro peggiore della situazione precedente con Gaza ridotta a un lager e sotto un asfissiante assedio militare israeliano. Se a ciò aggiungiamo il “Consiglio di pace” presieduto da Trump assieme a Blair e ad altri filosionisti, è chiaro che il popolo palestinese che dovrebbe essere protagonista e padrone del suo futuro, non ha voce e viene relegato a un ruolo di totale subalternità e nuova schiavitù.
Ciò è stato detto chiaramente anche dalle più combattive componenti della resistenza palestinese e dal Partito Comunista Palestinese che hanno rimarcato l'urgenza di interrompere il genocidio con la tregua, ma anche quella di costruire un percorso politico nazionale unificato con tutte le forze e gruppi palestinesi che rifiutano “qualsiasi tutela straniera”, poiché la determinazione della forma di governo nella Striscia di Gaza e dei fondamenti delle sue istituzioni è una questione esclusivamente interna palestinese.
È proprio per questo motivo che Meloni non deve inviare alcun militare italiano a Gaza, e non deve partecipare al “Consiglio” per non coinvolgere l'Italia in un organismo neocolonialista e imperialista che schiaccia sul nascere qualsiasi aspirazione del popolo palestinese che in quelle terre dovrebbe essere l'unico sovrano.
Ora è compito dei sinceri antimperialisti denunciare e contrastare con ogni mezzo l'interventismo e l'ingerenza imperialisti mascherati da "missione umanitaria" che sono una flagrante violazione del diritto internazionale e della inviolabilità della sovranità territoriale degli Stati. Ecco perché noi, che da sempre siamo degli antimperialisti conseguenti, diciamo no all'invio di soldati italiani a Gaza e no alla partecipazione dell'Italia nel “Consiglio di pace” neocolonialista e imperialista. Così come continuiamo a chiedere il ritiro di tutti i militari italiani inviati all'estero con il pretesto delle "missioni umanitarie", ovunque essi siano.
Fra l'altro, vietare l'impiego di militari italiani in conflitti fuori dai confini nazionali, significherebbe semplicemente rispettare rigorosamente l'art.11 della Costituzione del '48, sulla quale ogni governo borghese, sia di destra sia di “sinistra”, ha giurato pur continuando a farne carta straccia.
La solidarietà si fa inviando aiuti umanitari, sanitari e medici, mettendoli a disposizione del governo legittimamente scelto dal popolo palestinese (in questo caso) e non con forze armate e militari che rappresenteranno soltanto un nuovo esercito di occupazione a Gaza.
Con spirito intenazionalista e antimperialista, apprezziamo e appoggiamo quanto affermato dal fronte di resistenza palestinese all'indomani dell'avvio della tregua: “Insistiamo nel continuare la resistenza in tutte le sue forme fino al pieno conseguimento dei nostri diritti, in primo luogo la fine dell'occupazione, l'esercizio dell'autodeterminazione e la creazione di uno Stato indipendente e pienamente sovrano con Gerusalemme come capitale”.

22 ottobre 2025