Due ore di telefonata di Trump con Putin e incontro alla Casa Bianca con Zelensky
Zelensky: “L'Ucraina non cederà mai ai terroristi alcuna ricompensa per i loro crimini”
L’ONU denuncia oltre 50mila civili uccisi o feriti, tra cui oltre 3mila bambini, dall’inizio dell’aggressione russa e l’attuazione della distruzione dell’identità culturale ucraina nei territori occupati
Trump:”Rinunciate al Donbass o Putin vi distruggerà”
Il nuovo zar del Cremlino e criminale di guerra Putin ha chiesto al suo omologo presidente USA Donald Trump che l'Ucraina ceda il pieno controllo di Donetsk, una regione strategicamente vitale nell'est del Paese, come condizione per porre fine alla guerra d’aggressione. Lo hanno riferito il 18 ottobre al Washington Post due alti funzionari americani. Putin ha tentato di conquistare il territorio per 11 anni ma è sempre stato respinto dalle forze ucraine, trincerate in un'area che ritengono essere un importante baluardo contro una rapida avanzata russa verso ovest, in direzione di Kiev.
Il dittatore fascioimperialista di Washington lo asseconda e vorrebbe che l’Ucraina capitolasse su questo punto. Lo dimostra la telefonata fiume con Putin al Cremlino e il nervosismo del giorno dopo dello stesso Trump nell’incontro a Washington, alla Casa Bianca, col presidente ucraino Zelensky. Un incontro, quest’ultimo, teso e difficile dove il presidente americano ha negato a Kiev la fornitura dei missili a lungo raggio Tomahawk richiesti. È quanto emerge dalle ricostruzioni del colloquio stilate da Cnn e Axios sulla base di quanto appreso da fonti ben informate. Secondo Axios, Zelensky "sperava di lasciare Washington con impegni su nuove armi per l'Ucraina ma ha trovato Trump in uno stato d'animo del tutto diverso il giorno dopo la lunga telefonata con il presidente russo Vladimir Putin”. Trump, secondo le fonti, avrebbe chiarito che la sua priorità è la diplomazia e che la fornitura di Tomahawk potrebbe danneggiare il dialogo con Putin, come sottolineato dal Cremlino stesso. “Sui Tomahawk all’Ucraina, Trump sta bluffando” aveva dichiarato il 16 ottobre al “Corriere della Sera” Dmitrij Suslov, vicedirettore del Centro di studi europei e internazionali presso la Scuola Superiore di Economia e ascoltato consigliere del Cremlino per la politica estera. “Sono missili a medio raggio, significherebbe una sostanziale escalation, tanto più che non possono essere usati senza la presenza di personale americano sul campo: il loro impiego implicherebbe il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nel conflitto, in contraddizione con tutte le dichiarazioni di Trump sulla deescalation e le sue diverse priorità. Per questo la consideriamo una campagna di pressione,che non potrà funzionare. La Russia ha piena fiducia nella sua capacità di prevalere e conseguire i suoi obiettivi in Ucraina”.
Il tutto senza spiegare perché i missili americani con i quali l’Ucraina intende colpire le fabbriche di morte dei russi siano da considerare “escalation”, mentre i kinzhal, i kalibr e gli oreshnik russi con i quali il nazizarista Putin ammazza famiglie ucraine nel sonno ogni notte invece no.
Una delle fonti sentite da Axios riferisce di un incontro "non facile", un'altra ancora ha detto senza mezzi termini che "è andato male". "Nessuno ha gridato ma Trump è stato duro", ha dichiarato la prima fonte. "Trump ha fatto diverse affermazioni pesanti durante l'incontro e in alcuni momenti si è un po' lasciato andare all'emozione”. Il faccia a faccia sarebbe finito improvvisamente dopo due ore e mezza, con Trump che avrebbe detto: "Credo che abbiamo finito. Vediamo che succede la prossima settimana". Per poi chiedere su “Truth” a russi e ucraini di fermarsi sulla linea del fronte in cui si trovano e di fare la pace. "L'incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy è stato molto interessante e cordiale, ma gli ho detto, come ho suggerito con forza anche al presidente Putin, che è ora di smettere di uccidere e di raggiungere un accordo!" "È stato versato abbastanza sangue, i confini territoriali sono stati definiti dalla guerra e dal coraggio. Dovrebbero fermarsi dove sono. Lasciamo che entrambi rivendichino la vittoria, lasciamo che sia la storia a decidere!", ha aggiunto Trump.
Dal canto suo Zelensky a chi gli chiedeva se fosse soddisfatto dall’incontro con Trump ha risposto significativamente “Sono realista”. Ossia non sono scemo. Il presidente ucraino ha ribadito che la questione più difficile durante i negoziati di pace sarà sicuramente quella territoriale, ma il raggiungimento di un cessate il fuoco deve venire prima. "La nostra posizione è che prima di tutto abbiamo bisogno di un cessate il fuoco, quindi dobbiamo sederci, parlare e capire a che punto siamo. Credo che questo sia il primo passo più importante", ha affermato Zelensky, secondo quanto riportato da Ukrinform. “Sono aperto a formati bilaterali o trilaterali di dialogo, a ogni formato che possa portarci più vicino alla pace”, ma all’indomani ha riaffermato coraggiosamente che "L'Ucraina non darà mai ai terroristi alcuna ricompensa per i loro crimini e contiamo sui nostri partner per mantenere questa posizione". Chiedendo, in un post su X, "passi decisivi a USA, Europa, G20 e G7" perché "Putin non può essere fermato con le parole".
"Sono il presidente mediatore" perché "amo risolvere le guerre". Così il presidente americano dio in terra Trump parlando alla stampa alla Casa Bianca insieme a Zelensky. "Sto mediando in una situazione non facile. È molto più facile quando le persone si capiscono, quando si incontrano, quando si piacciono. Ma non ci troviamo in questa situazione", ha detto Trump ai giornalisti affermando che "c'è molto odio" tra russi e ucraini, "Zelensky e Putin non si piacciono". Parlando dei suoi sforzi di mediazione nei conflitti nel mondo, Trump ha detto che se si risolvesse la guerra in Ucraina "questo sarebbe il numero nove" dei conflitti risolti. "Ne ho risolti otto, compreso il Medio Oriente", ma "non ho vinto un premio Nobel" per la pace, ha continuato Trump aggiungendo "non mi interessano tutte queste cose. Mi interessa solo salvare vite umane".
Per il prossimo incontro con Putin ha proposto su suggerimento del nuovo zar del Cremlino, guarda caso, l’Ungheria del suo camerata Orban. “Da Orban perché piace a me e a Putin, sarà un ottimo anfitrione, è un ottimo leader che sta facendo bene nella gestione del suo Paese”.
Di certo c’è che Putin sa come tessere le sue relazioni con Trump, affinché la trama della diplomazia di guerra somigli a quella della classica tela di Penelope, la cui ciclicità, tuttavia, non può più nascondere il dolo di chi il conflitto non lo ha mai voluto terminare. Lo si capisce dall’insistenza con la quale la Russia continua a chiedere ciò che non riesce ad avere sul campo, cioè il controllo del Donetsk, l’area più fortificata dell’Ucraina, il cui superamento assicurerebbe a Mosca un’autostrada per una successiva operazione militare che gli consenta di prendersi tutto il resto del Paese. Ma anche dal sostanziale ok ad un congelamento della linea del fronte, stratagemma che in passato è servito solo al Cremlino a progettare pazientemente una nuova invasione.
Anche la scelta di Budapest per il vertice di Putin con il suo omologo statunitense non è casuale. Lo scopo del criminale di guerra - che a Trump non sarà certo sfuggito - è di sbeffeggiare l’Europa mettendo di nuovo piede in uno stato dell’Unione, evidenziandone così platealmente l’impotenza, in barba al mandato di cattura della Corte Penale Internazionale e alle sanzioni che Bruxelles ha imposto con 19 pacchetti in quasi 4 anni, e diventando lui stesso l’arma finale di una guerra ibrida intensificatasi nel gli ultimi messi con sconfinamenti di droni e aerei, attacchi a hacker e disinformazione.
Come finirà il vertice non possiamo prevederlo ora ma di certo c’è che l’atteggiamento della Casa Bianca è tornato ad essere duro con l’Ucraina, con le prospettive di sanzioni per Mosca e di tomahawk per Kiev che sono sparite dai radar all’improvviso dopo la telefonata tra Trump e Putin. Tanto basta a Putin per guadagnare tempo, rinviando impunemente i negoziati, ritardando e diluendo il sostegno degli USA all’Ucraina e confidando nel frattempo di poter infliggere una spallata a Macron ed indebolire i governi Merz e Starmer per minare la coesione UE ed il supporto dei 27 all’Ucraina.
Intanto dal campo dell’aggressione nazizarista russa all’Ucraina si apprende che da novembre 2024 a luglio 2025, oltre 25.000 fra soldati e ufficiali russi che combattevano in Ucraina hanno disertato le proprie unità: lo scrive Ukrinform, che cita il canale Telegram della Direzione centrale di Intelligence del Ministero della Difesa ucraino. "Da novembre 2024 a luglio 2025, oltre 25.000 soldati e ufficiali del solo Distretto Militare Centrale - uno dei cinque distretti operativi all'interno della struttura dell'esercito occupante - hanno disertato le proprie unità. Le modalità delle fughe variano: alcuni hanno abbandonato le proprie posizioni direttamente sul campo di battaglia, altri sono spariti dai luoghi di stanza, mentre altri semplicemente non sono tornati dalle loro licenze, per cura o per vacanza", si legge nel rapporto. L'intelligence ha registrato oltre 30 casi di diserzione che hanno coinvolto militari russi fuggiti con armi e persino veicoli da combattimento. Le ragioni principali delle diserzioni sono descritte come intollerabili condizioni di servizio: nonnismo e abusi diffusi da parte dei superiori, una "catastrofica carenza di rifornimenti" e il sentirsi "carne da cannone" sul fronte. Il rapporto rileva inoltre la "pratica sistematica" delle esecuzioni per questi soldati russi che "rifiutano di morire per le ambizioni del Cremlino". L'Intelligence ucraina, ricorda Ukrinform, ha di recente intercettato una conversazione in cui "un comandante russo minacciava di giustiziare i suoi subordinati che si erano rifiutati di attraversare un fiume, affermando di non sapere nuotare”.
“Tre anni e mezzo dopo l’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia, la guerra ha raggiunto una fase ancora più pericolosa e mortale per i civili ucraini” ha dichiarato Volker Turk al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra. Dall’inizio dell’offensiva russa contro l’Ucraina nel febbraio 2022, il suo ufficio ha registrato oltre 50mila civili uccisi o feriti, tra cui oltre 3mila bambini. E non si intravedono segnali di rallentamento. Nel 2025, il numero delle vittime è aumentato del 40% rispetto all’anno precedente”. Oltre ai bombardamenti, l’ONU denuncia un sistema di repressione che prende di mira i civili nelle zone occupate. I residenti “sono stati arrestati arbitrariamente per strada e poi trattenuti in detenzione per settimane, mesi o persino anni, ha spiegato l’alto funzionario, descrivendo queste pratiche come sparizioni forzate. Il suo ufficio ha documentato 90 esecuzioni sommarie e 38 decessi in custodia dovuti a “torture, mancanza di assistenza medica o condizioni di detenzione deplorevoli”. Le recenti modifiche alla legislazione russa, ha affermato, “hanno istituzionalizzato l’impunità del personale militare, consentendo che esecuzioni extragiudiziali, torture e maltrattamenti restino impuniti”. Anche i residenti delle aree occupate nel sud e nell’est del Paese sono sottoposti a forti pressioni per ottenere la cittadinanza russa, condizione per l’accesso ai servizi di base. Chi rifiuta rischia intimidazioni, deportazione o confisca dei beni.
Infine il 15 ottobre il Comitato ONU per i diritti economici, sociali e culturali (CESCR) ha riconosciuto che nei territori occupati dalla Russia viene attuata una politica sistematica di distruzione dell'identità culturale ucraina. La relazione segnala il divieto dell'istruzione in ucraino, la persecuzione per l'uso di simboli nazionali, la distruzione delle istituzioni culturali e le rappresaglie contro coloro che mantengono la lingua e l'identità ucraina. Le scuole ucraine si chiudono in massa, i programmi educativi vengono riscritti secondo gli standard russi e la lingua ucraina viene eliminata dall'istruzione, dai media e dallo spazio pubblico. I docenti sono costretti a utilizzare libri russi, e l'uso di simboli ucraini o lo svolgimento di attività culturali è perseguito.
Dulcis in fundo continua la propaganda assordante dei putiniani nostrani capitanati dal “Fatto” di Travaglio, per cui un giorno sì e l’altro pure Mosca vince, sta vincendo, ha già vinto. Tutto questo ignorando con encomiabile ostinazione le perplessità dei maggiori analisti militari e le ormai praticamente univoche analisi della stampa internazionale, cui non è sfuggito ad esempio il totale fallimento dell’offensiva russa dell’estate 2025 che è andata assai peggio della controffensiva ucraina dell’estate 2023, che Travaglio deride praticamente a giorni alterni. Eppure i suoi pezzi sono un profluvio di numeri di km conquistati e reclutamenti massicci, che da bravo propagandista si limita a riportare come se fossero il segnale di una impetuosa avanzata. La realtà è che l’armata del nuovo zar del Cremlino è impantanata da più di tre anni. Da novembre 2022 si parla di uno stratosferico 1% del territorio ucraino rubato, aree fatte principalmente di campi di grano e insediamenti diroccati. Nessun centro strategico o città di rilievo è stata conquistata e la stessa Pokrovsk, la cui caduta era data per imminente tre anni fa, è sempre meno imminente. Per questo alla fine Putin ha provato persino a circuire Trump per farsi dare da lui quel pezzo di Donetsk che non riesce a conquistare sul campo mentre continua a scatenare un inferno di fuoco sui civili, per i quali Travaglio non ha mai speso una sola parola.
22 ottobre 2025