Elezioni regionali del 12 e 13 ottobre 2025
Record storico dell’astensionismo in Toscana: 53,6% (+13,1%)
Eugenio Giani riconfermato presidente con solo il 25% degli aventi diritto e con il “campo largo” perde per strada oltre 250 mila voti. Anche la destra neofascista arretra pesantemente in voti assoluti. La Lega raccatta un settimo dei voti presi nel 2020 solo in minima parte recuperati da FdI e Forza Italia. FdI avanza rispetto alle precedenti elezioni ma perde decine di migliaia di voti rispetto alle politiche 2022 e alle europee 2024. Toscana rossa sparge illusioni elettorali
Elettrici ed elettori di sinistra abbandonate le illusioni elettorali, usate l'astensionismo come un voto dato al PMLI e al socialismo e costituite le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo

PMLI.Toscana
Nonostante il forte ricatto politico ed elettorale, le false promesse, le lusinghe e le illusioni di “cambiamento di questo sistema” sparse a piene mani durante la campagna elettorale da tutti i candidati sia del “centro-destra” che del “centro-sinistra” e della cosiddetta “sinistra radicale”, le urne del 12 e 13 ottobre per l'elezione del presidente e del Consiglio regionale della Toscana hanno parlato forte e chiaro in favore dell'astensionismo che ha stabilito un nuovo record storico.
La valanga astensionista
Il 53,6%, ossia più di un elettore su due, pari ad 1milione 611mila e 509 elettori non si sono fatti abbindolare dalle fandonie raccontate dai tre personaggi in cerca di poltrona da presidente (Giani, Tomasi e Bundu) e dal loro stuolo di sostenitori e galoppini e si sono astenuti in massa facendo registrare un incremento rispetto alle precedenti elezioni regionali del 2020 di ben il 13,1%.
I dati certificano che 1 milione 553.732 elettori non si sono nemmeno recati al seggio; altri 27.673 hanno scelto di annullare la scheda e 12.014 invece l'hanno lasciata in bianco. Circa un centinaio sono le schede contestate.
Una vittoria astensionista netta e inequivocabile che sul piano politico, elettorale e organizzativo sconfessa, punisce e delegittima pesantemente le istituzioni rappresentative borghesi e tutti i partiti del regime capitalista, neofascista e guerrafondaio che ne fanno parte.
Il comune più astensionista è Marciana Marina, sull'isola d'Elba, dove i votanti sono stati appena il 19,12%, quasi la metà del già bassissimo 37,57% delle precedenti elezioni regionali.
Tra le province più astensioniste svettano Lucca con il 59,6% fra disertori, schede bianche e nulle; seguita da Massa Carrara con il 59,2%; Livorno con il 57,7%; Grosseto 55,1%; Arezzo 52,3%; Pistoia e Siena con il 51%; Pisa 49,9%; Prato 49,2 e Firenze 47,4.
Un risultato che poteva essere ancora più consistente senza l'inganno rappresentato dalle liste a sinistra del PD che con le loro illusioni elettoraliste hanno sottratto decine di migliaia di voti all'astensionismo. È il caso di Toscana Rossa, votata da oltre 57mila elettrici ed elettori e AVS che ha preso poco più di 89mila voti, oltre 15mila e 600 in più rispetto ai 73mila 438 voti ottenuti da Europa Verde e Toscana a Sinistra nel 2020.
Governa ancora Giani ma vince Renzi
Alla luce di ciò, Eugenio Giani, il candidato presidente del cosiddetto “campo largo” composto da Pd, Alleanza Verdi Sinistra, Movimento 5 Stelle e lista “Casa Riformista-Eugenio Giani Presidente” (la lista civica con dentro i renziani di Italia Viva, Partito Socialista Italiano, Partito Repubblicano, +Europa) eletto con 752.484 voti, pari al 25% sul corpo elettorale e al 53,9% dei voti validi, ma con una perdita secca di 225.662 voti rispetto alle regionali del 2020, ha ben poco da festeggiare. Altro che “vittoria della Toscana illuminata e riformista”, per Giani ha votato solo un elettore su quattro e la sua coalizione accusa una perdita del 7,7% sul corpo elettorale e dell'1,1% sui voti validi rispetto al 2020.
Analogamente il PD, che ha ottenuto poco più di 437mila voti in questa tornata risultando il primo partito dopo l'astensionismo, ne ha persi quasi 126 mila rispetto a cinque anni fa, oltre 53mila rispetto alle politiche del 2022 e ben 90.416 rispetto alle europee di un anno fa.
Secondo l'analisi curata dall'istituto di ricerca Swg sui flussi di voto che hanno caratterizzato le elezioni regionali in Toscana “il Movimento 5 Stelle ha portato in dote al campo largo meno della metà della propria base del 2024”. I pentastellati hanno ottenuto poco più di 55mila voti e ne hanno persi oltre 58.600 rispetto al 2020, quasi 154mila rispetto alle politiche del 2022 e e poco meno di 90mila rispetto alle europee del 2024.
Col 4,3% dei voti validi il M5S non riesce a superare la soglia di sbarramento del 5% prevista dal “Toscanellum”, la legge elettorale varata nel 2014 dalla maggioranza di “centro-sinistra” con alla testa l'allora governatore renziano Enrico Rossi, ma avrà comunque diritto a partecipare alla spartizione dei seggi nel nuovo Consiglio regionale perché in coalizione con altri partiti il M5S ha superato la seconda soglia di sbarramento del 3% fissata sempre dal “Toscanellum”.
Secondo Swg, metà dell'elettorato che alle europee dell'anno scorso ha votato Cinquestelle si è astenuto meno una quota di circa il 7% che invece ha votato AVS e Toscana Rossa. “Il campo largo ha fatto bene, ma non riesce comunque a fare il pieno”.
Il PD è riuscito a limitare le perdite grazie all'afflusso di una buona parte dei consensi persi dal “centro-destra”. Swg stima che “almeno il 10% degli elettori di Forza Italia ha scelto Giani. Si tratta della quota più grande di un totale del 18% che per Bruxelles votò centrodestra”. Il motivo? “La Toscana, per sua storia, ha una tendenza a scegliere posizioni più moderate, quindi non è anomalo lo scambio tra Forza Italia e PD”.
Infatti Giani ha vinto con un margine ancora maggiore rispetto al 2020 proprio perché ha avuto, come sempre, l'appoggio di un pezzo consistente della destra renziana, degli imprenditori e dei cosiddetti “poteri forti”: banche, finanza, fondi di investimento, fondazioni, e massoneria, che evidentemente si sentono molto più garantiti nei loro affari dal sistema di potere del Pd toscano consolidato negli anni attraverso il mercimonio di voti in cambio di posti nelle partecipate, clientelismo e scambio di favori, come peraltro conferma la recente inchiesta giudiziaria che a Prato ha costretto alle dimissioni la sindaca Ilaria Bugetti indagata per corruzione perché secondo l'accusa ha ottenuto voti e soldi in cambio di favori dall'imprenditore del tessile Matteini Bresci con incarichi in Confindustria.
Illuminante in tal senso è la battuta che per tutta la durata della campagna elettorale è circolata sotto i palchi dei comizi, attorno ai banchini di propaganda e dietro le quinte dei dibattiti rivolta da vari esponenti del “centro-destra” nei confronti dei candidati del “centro-sinistra”: “Voi fate di tutto per perdere, ma noi non ve lo permetteremo”. E con Giani vince il sistema di potere renziano, l'ala destra del PD, al quale anche la segretaria Elly Schlein, che non voleva la ricandidatura di Giani proprio per dare un “segnale di discontinuità” col renzismo, alla fine si è dovuta piegare incensando Giani alla guida della Regione come peraltro era già successo con Sara Funaro alla guida di Palazzo Vecchio.
Quando si dice: disposti a fare di tutto e il contrario di tutto pur di mantenere potere e poltrone. Il risultato è che governa Giani, ma ha vinto Renzi. Il quale non a caso si è subito intestato tutti i 12.564 voti che ha ottenuto la lista “Eugenio Giani presidente-Casa riformista” e ha già lanciato la sfida al Pd per le prossime elezioni politiche: “Casa Riformista ha fatto il 9% parlando dei problemi concreti - ha chiosato - Dobbiamo fare lo stesso a livello nazionale. Casa Riformista è la vera novità delle Elezioni Regionali. Se ci concentriamo sui problemi quotidiani degli italiani, vinceremo anche le Politiche”.
La sconfitta del “centro-destra”
È miseramente fallito invece il tentativo imbastito dalla destra neofascista che, sull'onda dei risultati ottenuti nelle due settimane precedenti alle regionali nelle Marche e in Calabria, sperava di scalzare Giani dalla poltrona di presidente.
Nel corso della campagna elettorale buona parte dei ministri del governo neofascista Meloni hanno fatto la spola tra Roma e la Toscana per tirare la volata al candidato presidente Alessandro Tomasi, ai partiti e alle liste che lo sostenevano. Mussolini in gonnella Meloni per FdI, i suoi vice Salvini per la Lega e Tajani per FI più il boss di Noi Moderati Maurizio Lupi addirittura hanno organizzato un'adunata in Piazza San Lorenzo a Firenze dove hanno tenuto insieme il comizio di chiusura della campagna elettorale. Ciononostante la coalizione della destra neofascista arretra pesantemente in voti assoluti su tutti i fronti.
La Caporetto della Lega
A uscirne con le ossa rotte è soprattutto la Lega che raccatta appena un settimo dei voti presi nel 2020 e il vice di Salvini, il generale xenofobo e razzista Roberto Vannacci, a cui la Lega ha affidato l'organizzazione della campagna elettorale in Toscana, subisce una Caporetto senza precedenti. In un solo colpo la Lega ha perso oltre 25 mila voti rispetto alle europee dell'anno scorso; oltre 67mila voti rispetto alle politiche del 2022 e quasi 298mila rispetto alle regionali del 2020. Ottiene poco più di 55.600 voti, pari all'1,9% degli aventi diritto e al 4,4% sui voti validi. Percentuale che come per i Cinquestelle consentirà alla Lega di usufruire del premio di coalizione previsto dal “Toscanellum” e di avere almeno uno scranno nel Consiglio Regionale.
La valanga di voti persi dalla Lega è stata recuperata solo in minima parte da
da FdI che avanza di 121mila voti rispetto alle precedenti elezioni regionali del 2020 ma perde quasi 147mila voti rispetto alle politiche 2022 e ben 113.726 voti rispetto alle europee del 2024. Analogamente Forza Italia recupera poco meno di 9mila voti rispetto alle regionali di cinque anni fa ma ne perde 35.701 rispetto alla politiche del 2022 e oltre 25 mila rispetto alle europee del 2024.
Tomasi perde anche in casa
Il candidato presidente Alessandro Tomasi è riuscito a fare anche peggio. Perde il confronto non solo con Susanna Ceccardi, la candidata del “centro-destra” che cinque anni risultò sconfitta con 719.266 preferenze, mentre Tomasi si è fermato a quota 570.741 con un saldo negativo di quasi 150mila voti persi che tradotto in percentuale fa -5,1% sul corpo elettorale rispetto al 2020. Tomasi, eletto sindaco di Pistoia tre anni fa, è stato battuto in casa addirittura dallo stesso Giani che a Pistoia ha preso il 49% contro il 47% di Tomasi. La lista civica che porta il suo nome non è andata oltre il 4%, mentre Fratelli d'Italia, il partito del sindaco, ha preso il 31% mentre il PD sfiora il 40% trainato nelle preferenze dall'ex portavoce di Giani, Bernard Dika.
A parte Grosseto, Giani ha battuto Tomasi in tutte le altre città e province governate dal “centro-destra”.
Toscana Rossa fuori dai giochi
La terza candidata presidente, Antonella Bundu e la lista Toscana Rossa, pur avendo preso più voti della Lega e del Movimento 5 Stelle rimangono fuori dai giochi. “Siamo soddisfatti perché quando siamo partiti ci davano allo 0,5% e adesso siamo attorno al 5%... ma, al tempo stesso siamo preoccupati perché la gente continua a non andare a votare perché c'è questo bipolarismo forzato” ha commentato la Bundu.
Col 5,18% di consensi personali e il 4,21% dei voti validi ottenuti dalla lista “rimaniamo esclusi dal Consiglio regionale per una manciata di voti in virtù di una legge elettorale antidemocratica che prevede uno sbarramento del 5% per le liste che si presentano autonomamente - ha aggiunto in post del 14 ottobre su Facebook il segretario nazionale del PRC Maurizio Acerbo - La nostra candidata presidente è al di sopra del 5% ma la lista no. Si tratta di una discriminazione visto che nelle coalizioni lo sbarramento è al 3%. Commentando i risultati durante la maratona di Mentana il neoeletto Giani ha dichiarato che sarebbe contento dell'ingresso in Consiglio di Antonella perché arricchirebbe il pluralismo. Se questo spirito democratico fosse reale Giani dovrebbe proporre al campo largo di modificare una legge voluta dal PD per tenere fuori dal consiglio la sinistra radicale”.
Lacrime di coccodrillo, specie se si pensa che l'attuale legge elettorale per la Toscana, la Legge Regionale del 26 settembre 2014, n. 51, è stata approvata dalla maggioranza di “centro-sinistra” e dalla prima giunta regionale capeggiata dal governatore Pd Enrico Rossi di cui facevano parte oltre che l'IdV di Di Pietro e la Sinistra ecologia e libertà di Vendola e Fratoianni anche la Federazione della Sinistra costituita il 5 dicembre 2009 al Teatro Brancaccio di Roma e composta proprio dal Partito della Rifondazione Comunista, Partito dei Comunisti Italiani, Sinistra Europea, Socialismo 2000, la Rete dei Comunisti e Associazione 23 marzo "Lavoro-Solidarietà".
La verità è che l'accozzaglia di falsi partiti comunisti: PRC, Potere al Popolo e Possibile che sostengono Bundu sono delusi non soltanto dal fatto che non sono riusciti ad eleggere nemmeno un candidato, quanto perché la loro nuova trappola elettorale Toscana Rossa non è riuscita a drenare a sufficienza l'astensionismo e a ingannare del tutto gli elettori per continuare a tenerli legati mani e piedi al carro della classe dominante borghese e del sistema capitalista.
Altro che “riduzione del pluralismo con leggi antidemocratiche” che fra l'altro loro stessi hanno contribuito a varare; il vero problema per Toscana Rossa, come ha confessato il riformista Acerbo nel suddetto post su Facebook è: “La crescita dell'astensionismo è il dato più inquietante e la vera emergenza del paese. Invece di inseguire i centristi bisognerebbe riconquistare la fiducia delle classi popolari”. Ecco qual è la missione di questi riformisti ammantati di rosso.
Toscana Rossa si è presentata come alternativa ai due poli capeggiati da Giani e Tomasi, non c'erano altre liste di “sinistra” a contendergli il terreno, perfino il Pd, sicuro della vittoria di Giani, e diversi altri esponenti del “centro-sinistra” a cominciare dall'ex governatore Enrico Rossi che della Bundo ha detto: “Antonella è mia amica, è una persona straordinaria ed è candidata nella lista di Toscana Rossa” fino all'ex leader di Lotta Continua Adriano Sofri che questa volta hanno evitato perfino di agitare lo spauracchio del “voto utile contro le destre” suggerendo di fatto alla Bundo di cercare tra gli astensionisti i voti utili alla sua elezione che invece è clamorosamente fallita con “grande dispiacere” di Giani che le ha promesso di “migliorare la legge elettorale”.
Votare per il PMLI e il socialismo
Questa, come tutte le altre tornate elettorali precedenti, conferma che la lotta per battere la destra neofascista, il governo Meloni e più in generale il regime capitalista neofascista e cambiare l'Italia non può essere vinta con un voto espresso ogni 5 anni dentro i seggi elettorali ma con la lotta di classe che deve divampare fuori dalla urne nelle piazze di tutta Italia fino a creare le condizioni per l'insurrezione armata contro il capitalismo e per conquistare il potere politico del proletariato e il socialismo.
Nel frattempo, invitiamo tutto l'elettorato di sinistra, compresi gli oltre 150mila elettori che in toscana hanno votato Toscana Rossa, AVS e in parte anche M5S ad abbandonare completamente le illusioni elettorali, parlamentari, governative, costituzionali, borghesi e riformiste e ad impugnare con forza l'arma dell'astensionismo per infliggere colpi ancora più devastanti al regime capitalista neofascista, alle sue istituzioni, ai suoi governi e a tutti i suoi partiti. A considerare il voto astensionista come un voto dato al PMLI e al socialismo. Non quindi un astensionismo passivo e disorganizzato, ma un astensionismo tattico cosciente, qualificato in senso proletario rivoluzionario e organizzato.
Noi invitiamo le astensioniste e agli astensionisti di sinistra, avanzati e coscienti a fare un passo avanti, a schierarsi apertamente col PMLI e a lottare insieme per il socialismo e il potere politico del proletariato. Perché solo col socialismo si può realmente e totalmente cambiare l'Italia sui piani economico, politico, istituzionale, sociale, culturale e morale e trasferire il potere dalla borghesia al proletariato.
Disertare le urne e battersi col PMLI per il socialismo e il potere politico del proletariato e al tempo stesso lavorare per creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari, basati sulla democrazia diretta: questo dovrebbe essere l'impegno delle elettrici e degli elettori di sinistra per tutte le prossime elezioni comunali, regionali e nazionali.

22 ottobre 2025