Schlein: “Democrazia a rischio”. E allora?
Per Giannini e Recalcati, su Repubblica, tutte le leggi e le azioni di Mussolini in gonnella portano solo ad un “deficit di democrazia” e sono “illiberali”, non fasciste
“Sanno fare solo propaganda. Creano un clima d'odio di contrapposizione di divisione, e noi ogni giorno ne paghiamo le conseguenze. La scorsa settimana, a Firenze, il primo ministro del mio Paese ha detto che le opposizioni sono peggio dei terroristi. In questo clima voglio esprimere la mia solidarietà a uno dei più famosi giornalisti d'inchiesta del mio Paese, Sigfrido Ranucci, perché davanti a casa sua è esplosa una bomba. La democrazia è a rischio, la libertà di parola è a rischio quando l'estrema destra è al governo”.
Queste le parole che la segretaria del PD, Elly Schlein, ha pronunciato intervenendo il 17 ottobre al Congresso del PSE ad Amsterdam e che per alcuni giorni hanno alimentato accese polemiche tra governo e opposizione sui canali social e sui media, con strascichi anche in parlamento. Parole che hanno provocato infatti un'immediata e violenta reazione da parte di Giorgia Meloni, con un velenoso post su X in cui le ha bollate in questo modo: “Siamo al puro delirio. Vergogna, Elly Schlein, che vai in giro per il mondo a diffondere falsità e gettare ombre inaccettabili sulla Nazione che, da parlamentare della Repubblica italiana e leader di partito, dovresti rappresentare e aiutare”. Dopodiché la premier neofascista ha scatenato i suoi tirapiedi, a cui si sono aggiunti Tajani, Salvini e gli altri suoi alleati della maggioranza, per inondare i social, i telegiornali e la stampa di dichiarazioni indignate e rabbiose contro la leader del PD e l'intera opposizione parlamentare.
É stata la prima volta, in effetti, che Schlein si è spinta ad accusare esplicitamente questo governo di rappresentare una minaccia per le stesse libertà democratico-borghesi, in un contesto internazionale di grande risonanza come un congresso europeo, e ciò spiega la reazione furibonda di Meloni. Tuttavia già dopo poche ore, rispondendo alle sue accuse di “diffondere falsità” sul suo governo e di gettare discredito sulla “Nazione”, la segretaria del PD faceva marcia indietro lasciando cadere il tema politico del rischio democratico e virando verso la polemica spicciola sul carattere umorale della premier: “Lei può andare alle Nazioni Unite ad attaccare le opposizioni davanti a tutto il mondo, può andare sul palco di Firenze a dire che le opposizioni sono peggio dei terroristi ma le opposizioni devono stare mute, zitte, dire che va tutto bene”, rispondeva infatti con un video Schlein, invitando la premier a smetterla col “vittimismo” e parlare invece dei “problemi concreti degli italiani”.
La codardia della “sinistra” borghese
Questa mancanza di coraggio la leader PD l'ha mostrata ancor più chiaramente il 22 ottobre in parlamento, quando la premier neofascista l'ha sfidata a ripeterle in faccia le sue accuse, provocandola in questo modo diretto: “Non è vero che in Italia è a rischio la democrazia! Voi lo sapete benissimo che non è vero che in Italia è a rischio la libertà! Ma se sapete che non è vero, perché lo andate a raccontare all'estero”? Sfida che però Schlein non ha raccolto, scegliendo di chiudere lì la polemica rispondendole con un secco e frettoloso: “Presidente, so dove mi aspetta, ma non decide lei che cosa dice l'opposizione”.
Siamo sempre alle solite. Ogni rara volta che la “sinistra” borghese accenna una timida denuncia della natura antidemocratica e antipopolare del governo Meloni (il termine neofascista non c'è proprio nel suo vocabolario), poi è subito pronta a battere in ritirata perché le manca il coraggio e la coerenza di andare fino in fondo accettandone tutte le conseguenze politiche. Com'è già successo a Maurizio Landini con la sua “rivolta sociale”, velleitariamente evocata quasi un anno fa contro la politica antioperaia e antipopolare del governo, arrivando anche a proclamare, in occasione dello sciopero generale indetto dalla Cgil contro la legge di Bilancio, che era arrivato “il momento di rivoltare questo Paese come un guanto”. Salvo poi scolorire fino all'evanescenza il suo proclama declinandolo in chiave riformista, elettoralistica e costituzionale ai primi feroci attacchi dei partiti di governo e dei media di regime. Dopodiché non ha più osato riparlare di “rivolta sociale”.
Il fatto è che i partiti della “sinistra” borghese e i loro leader non riconoscono che con il governo di Giorgia Meloni, Mussolini in gonnella, è tornato al potere il fascismo in vesti femminili, “democratiche” e costituzionali, altrimenti dovrebbero essere conseguenti e chiamare le masse a mobilitarsi per buttarlo giù con la lotta di piazza: come accadde nel 1960 contro il governo fascista Tambroni, il primo tentativo dei fascisti di tornare al potere dopo la fine di Mussolini. Tant'è forte questa loro riluttanza che non riescono nemmeno a sostenere fino in fondo che il governo Meloni è un pericolo per la stessa democrazia borghese.
Governo “illiberale” o neofascista?
Non a caso, in un editoriale sul Corriere della Sera
, Ernesto Galli Della Loggia, commentando il caso sollevato da Schlein invitava sarcasticamente la “sinistra italiana, i suoi politici e i suoi elettori, i suoi intellettuali e i suoi giornalisti,” a decidere in che Paese pensano di vivere, “se nell’Italia reale — e cioè in un Paese mediamente democratico”, oppure in “un’infelice contrada dove per l’appunto la democrazia è a rischio”; e quindi a scegliere tra “la guerra civile o contarsi”, cioè cercare di vincere le elezioni “nel prossimo giro”.
Ovviamente l'editorialista del CdS
sa invece benissimo che per la maggior parte dei suoi colleghi della “sinistra borghese” tale scelta non si pone neanche in astratto, dal momento che non mettono assolutamente in dubbio la legittimità di Meloni a governare e la “solidità” delle libertà e della democrazia borghesi in Italia. Infatti questi giornalisti di “sinistra” si sono subito precipitati a fare le pulci alla Schlein, criticando il suo collegamento dell'attentato al direttore di Report
agli attacchi alla libertà di inchiesta e di parola da parte del governo: “Evocazione del tutto sconclusionata e arbitraria”, scrive Alessandro De Angelis su La Stampa
, ammonendo l'opposizione che “sull’'allarme democratico' le élite pensose e ululanti hanno perso già le scorse elezioni”. Mentre Massimo Giannini su Repubblica
, già autore della definizione di “a-fascista” per la premier neofascista, invitando Schlein a non farsi “fuorviare dalla trappola del 'mandante morale'”, si spinge solo fino a rimproverare a Giorgia Meloni un certo “deficit di democrazia che ha cumulato nella sua longeva legislatura”.
Di seguito a Giannini, nella stessa pagina di Repubblica
, Massimo Recalcati assicura che “in Italia non è certo più tempo di camicie nere in marcia su Roma e di Mussolini con la gonna che commissionano l’attentato a Ranucci come il Duce ordinò alla banda Dumini l’assassinio di Matteotti”. Dopodiché i due elencano alcuni tra i peggiori atti e provvedimenti del governo, dagli attacchi alle manifestazioni al decreto Sicurezza, dal premierato alla separazione delle carriere, dalle leggi-bavaglio all'occupazione della Rai, limitandosi però a definirli “illiberali”, e non fascisti quali essi manifestamente sono.
Non c'è peggior cieco di chi si ostina a non vedere ciò che è accaduto in questi tre anni di governo Meloni, e che conferma quel che denunciava lucidamente e con lungimiranza il Documento del CC del PMLI nell'ottobre 2022, al suo insediamento parlamentare: “Il regime capitalista neofascista è contrassegnato principalmente dalla manomissione da destra della Costituzione del 1948, dal presidenzialismo di fatto del presidente della Repubblica e del premier, dall'accentramento dei poteri nelle mani del capo del governo e dall'emarginazione del parlamento, dal taglio dei deputati e dei senatori, dalla soppressione della legge elettorale proporzionale, dalla legge elettorale maggioritaria con sbarramento, dalla creazione di governi non espressi dalle elezioni, dalla limitazione dei diritti di sciopero e di manifestazione, dai decreti sicurezza, dalla militarizzazione delle città, dai “patti sociali”, dallo svuotamento dei diritti sindacali, dal corporativismo, dalle privatizzazioni, dalle controriforme delle pensioni, della sanità, della scuola e della Rai, dalla meritocrazia, dalla struttura verticale del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che fa capo al premier, dall'accreditamento di Fratelli d'Italia come un partito istituzionale e costituzionale, dalla protezione delle organizzazioni fasciste come Forza Nuova, e CasaPound e simili, dalla politica estera e militare interventista e imperialista. La ciliegina sul regime sarà messa quando si realizzerà ufficialmente il presidenzialismo, come si propone il nuovo governo.”
Per non ripetere il tragico errore del '22
Eppure l'attentato terroristico a Ranucci, al quale riconfermiamo la solidarietà del PMLI e de Il Bolscevico
, è stato un chiaro segnale intimidatorio contro la libertà di informazione, e i giornalisti e gli intellettuali della “sinistra” borghese dovrebbero esserne fortemente allarmati invece di minimizzare e sottovalutare il suo risvolto politico: che sia maturato negli ambienti dell'eversione nera, o in quelli filosionisti, o in quelli degli intrecci politico-mafiosi, tutti oggetto di recenti inchieste di Report
, è chiaro che l'attentato è stato sicuramente incoraggiato dal clima di attacchi alla libertà di inchiesta e di espressione, e segnatamente a Report
e al suo direttore, perseguiti accanitamente e sistematicamente dal governo neofascista Meloni, e in particolare da FdI.
Purtroppo i partiti, i giornalisti e gli intellettuali della “sinistra” borghese si comportano col governo Meloni come i loro predecessori liberali, socialdemocratici e riformisti si comportarono con Mussolini durante la sua ascesa al potere, combattendolo solo sul piano parlamentare e costituzionale invece di mobilitare i lavoratori e le masse popolari a sconfiggerlo in tempo con lo sciopero generale e la lotta di piazza, lasciando così campo libero alla sua instaurazione della dittatura fascista aperta.
Il nostro auspicio è che le forze politiche e sindacali della “sinistra” borghese si sveglino, e alla svelta, convincendosi della giustezza e necessità della proposta del PMLI di dare vita al più presto ad un vasto fronte unito di tutte le forze antifasciste, democratiche e progressiste, senza distinzioni di partito, convinzioni politiche o religiose, per cacciare via il governo neofascista Meloni con la lotta di piazza. Per non lasciare che la premier neofascista distrugga impunemente anche le residue libertà democratico-borghesi e completi col premierato e la controriforma della giustizia il piano della P2 di Gelli e Berlusconi.
29 ottobre 2025