Le sanzioni internazionali non frenano l’aggressione nazizarista russa all’Ucraina
Zelensky: “Non dare alla Russia alcun motivo di pensare di poter concludere questa guerra con un risultato ingiusto nei nostri confronti"
Articolato piano di pace europeo in dodici punti
“Il Fatto” di Travaglio sempre più megafono di Putin

"Ogni attacco della Russia è un tentativo di causare il maggior danno possibile alla vita quotidiana". Lo ha scritto il 26 ottobre il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky sul suo canale Telegram dopo i raid russi della notte. "Questa settimana, si tratta di attacchi contro edifici residenziali, contro la nostra popolazione, contro i bambini e contro le infrastrutture civili. Questi sono i principali obiettivi dei russi". In una sola settimana, ha aggiunto, la Russia ha utilizzato quasi 1.200 droni da attacco, più di 1.360 bombe aeree guidate e oltre 50 missili di vario tipo contro l'Ucraina. "Le pressioni sulla Russia hanno prodotto risultati significativi: il 19esimo pacchetto di sanzioni dell'UE e le nuove sanzioni statunitensi contro il petrolio russo. Siamo grati ai nostri partner per questi passi, ma è importante non fermarsi. Contiamo sulla sincronia di queste sanzioni tra le giurisdizioni del G7 e gli altri partner. E, naturalmente, sono necessarie ulteriori restrizioni tariffarie e sanzionatorie contro la Russia e tutti coloro che la aiutano a rimanere a galla".
Poche ore dopo tre persone sono morte e 29 sono rimaste ferite - tra cui sei bambini, il più piccolo di 4 anni - in seguito all'attacco russo sul distretto della Desna, a Kiev. Lo ha annunciato il sindaco della capitale Vitali Klitscko su Telegram spiegando che sette feriti - tra cui due bimbi - sono stati ricoverati in ospedale. Secondo quanto riferito dal primo cittadino, i detriti di alcuni droni sono caduti sul secondo piano di un palazzo. Diversi appartamenti hanno preso fuoco e l'incendio si è poi propagato ai piani superiori.
Il giorno prima Zelensky era tornato a chiedere agli alleati più sostegno alla difesa aerea del Paese dopo gli ultimi attacchi russi che hanno fatto almeno 4 morti a Kiev. "Questa notte, la Russia ha attaccato di nuovo l'Ucraina, questa volta con decine di droni d'attacco e nove missili balistici. C'è stato un attacco missilistico su Kiev. Purtroppo, ci sono state vittime", aveva riferito Zelensky. "Solo dall'inizio di quest'anno, la Russia ha lanciato circa 770 missili balistici e più di 50 missili Kinzhal contro l'Ucraina", ha continuato il leader di Kiev, ribadendo la necessità di fornire assistenza per la difesa aerea del Paese. "È proprio a causa di attacchi come questi che stiamo prestando particolare attenzione ai sistemi Patriot per proteggere le nostre città da questo orrore", ha aggiunto. "È fondamentale che i nostri partner, che ne hanno le capacità, mettano in atto quanto discusso negli ultimi giorni", ha proseguito Zelensky. "Tutto è possibile: i nostri partner dispongono dei sistemi necessari e possono già a contribuire a difendere l'Ucraina", ha concluso il presidente ucraino, "l'America, l'Europa e i Paesi del G7 possono contribuire a garantire che tali attacchi non minaccino più vite umane. I missili balistici russi richiedono una risposta da parte di Stati forti".
“La Russia sta trasformando tutto ciò che è distruttivo in uno strumento di guerra, fa parte ora delle loro tattiche e dottrine militari. Significa aggressione, creare caos e minacciare altri, non solo l'Ucraina. Se la Russia non viene ritenuta responsabile di questo, sarà un pericolo anche per altri Paesi”, ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky al Consiglio europeo riunito a Bruxelles il 23 ottobre. “Ogni giorno, siamo in un ciclo: i russi distruggono, noi ripristiniamo. La Russia sta usando tutti i tipi di armi, dai missili balistici che colpiscono le centrali elettriche ai droni in prima persona che attaccano i trasformatori locali nei villaggi. Questo terrore contro l'energia non è solo un problema locale o un conflitto tra stati lontani. Sta diventando parte di come potrebbero essere le guerre future”. Per il leader ucraino, è ora necessario “costruire le nostre politiche in modo da impedire” che tali tattiche “si diffondano o si ripetano, in Europa o altrove”.
Dal campo il 25 ottobre i militari ucraini hanno annunciato la riconquista della località di Torske, nel nord del Donetsk, considerata di importanza strategica per la difesa della città di Lyman. Fino a cento soldati russi sono stati uccisi e altri sono stati catturati, secondo le notizie diffuse via Telegram dallo Stato Maggiore ucraino. Prima della guerra a Torske vivevano più di mille persone. Ora la località è in gran parte distrutta. Era stata conquistata dalle forze russe poco dopo l'inizio della guerra, più di tre anni fa, poi riconquistata dagli ucraini nell'offensiva del 2022 e più di recente era finita di nuovo in mano ai russi. Mentre il giorno dopo si è appreso che le dichiarazioni russe sul presunto accerchiamento delle truppe ucraine nella zona di Kupjansk e Pokrovsk sono una completa menzogna. Lo ha affermato lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky citato da Rbc-Ucraina, commentando la notizia del Cremlino secondo la quale truppe russe avrebbero circondato fino a 5.000 soldati ucraini a Pokrovsk e Kupyansk. “Questa è una bugia totale. E non è la prima volta", ha sostenuto Zelensky.
Sul fronte diplomatico i paesi europei, insieme all’Ucraina, stanno lavorando a una proposta in dodici punti destinata a porre fine alla guerra di aggressione russa lungo le attuali linee del fronte, rifiutando allo stesso tempo le richieste di Putin agli Stati Uniti per la capitolazione di Kiev in cambio della pace. Ecco le anticipazioni 1. Cessate il fuoco immediato e arresto delle ostilità. Il primo punto prevede un cessate il fuoco immediato e il consolidamento delle attuali linee del fronte, seguito dall’adesione a un cessate il fuoco duraturo. 2. Ritiro delle truppe verso le attuali linee del fronte. Limita la presenza di formazioni armate alle linee esistenti e assicura lo status dei territori in questo modo. 3. Garanzie internazionali di monitoraggio e sicurezza. Stabilire un meccanismo di monitoraggio indipendente e garanzie di sicurezza internazionali per garantire il rispetto degli accordi. 4. Rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Rispetto della sovranità dell’Ucraina e prevenzione di eventuali modifiche alle frontiere con la forza. 5. Divieto di utilizzo della forza e rispetto della legge. Impegno a non usare la forza e a sostenere il diritto internazionale nelle relazioni tra le parti. 6. Corridoi umanitari e diritti umani. Garanzie di libero accesso per gli aiuti umanitari e la protezione dei diritti dei civili, compresi gli sfollati interni. 7. Restauro delle infrastrutture e dell’economia. Un piano per ricostruire le infrastrutture, l’energia e i trasporti distrutti e per sostenere la stabilità economica dell’Ucraina. 8. Indagini e responsabilità per reati. Stabilire meccanismi per indagare e ritenere responsabili per le violazioni dei diritti umani e i crimini di guerra. 9. Salvaguardie per le minoranze e prevenzione delle discriminazioni. Garantire i diritti delle minoranze e le pratiche non discriminatorie durante la continuazione del processo di pace. 10. Scambio di prigionieri di guerra. Creazione di un meccanismo trasparente e rapido per scambiare prigionieri di guerra e dispersi, in linea con gli standard umanitari. 11. Sicurezza dell’energia e delle infrastrutture critiche. Garantire la sicurezza delle strutture infrastrutturali critiche e la stabilità dell’approvvigionamento energetico. 12. Coordinamento internazionale e trasparenza dell’attuazione. Coinvolgere organizzazioni internazionali a supervisionare l’attuazione del piano e fornire relazioni pubbliche trasparenti sui progressi.
"Siamo vicini" a una soluzione diplomatica per l'Ucraina, ha detto Kirill Dmitriev, il rappresentante del presidente russo Vladimir Putin per la cooperazione economica con l'estero, in un'intervista alla Cnn del 24 ottobre. “Secondo me un incontro tra Putin e Trump accadrà presto – ha aggiunto – la Russia è interessata a porre fine al conflitto in Ucraina il più rapidamente possibile e le forze armate russe selezionano solo obiettivi militari”.
In concomitanza alla riunione del gruppo dei volenterosi il presidente ucraino ha affermato: "Dobbiamo tutti ricordare che le questioni relative all'integrità territoriale e qualsiasi presunto scambio di territori non devono premiare l'aggressore né incoraggiare future aggressioni". Zelensky ha affermato che è importante non "dare alla Russia alcun motivo di pensare di poter concludere questa guerra con un risultato ingiusto nei nostri confronti". "Solo una soluzione forte ed equa per porre fine alla guerra funzionerà davvero", ha aggiunto.
“Un cessate il fuoco immediato in Ucraina significherebbe che la parte più ampia del Paese rimarrebbe sotto il controllo delle attuali autorità di Kiev”. Lo ha dichiarato il 21 ottobre il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov al termine del colloquio con l'omologo etiope Gideon Timotheos a Mosca. Lavrov ha aggiunto anche che l'Ucraina, in caso di cessate il fuoco rimarrebbe “sotto la guida di un regime nazista”, dimenticando che quello nazista era uno stato oppressore e invasore, esattamente ciò che la Russia è da quando Vladimir Putin è al potere. E tralasciando anche “dettagli” quali gli innumerevoli gruppi neonazi assoldati dal regime per costruire a tavolino le proteste violente, che hanno portato alla guerra del 2014 e che ancora oggi praticamente tutti i partiti fascisti e di estrema destra d’Europa sostengono la Russia di Putin e partecipano a raduni che vengono organizzati in Russia da esponenti di alto rango del potere putiniano. Nel corso dell’incontro il megafono di Putin all’estero ha anche platealmente mentito, affermando che proprio la parte di Ucraina ancora libera “sarebbe l'unico posto sulla Terra dove un'intera lingua è vietata per legge", ripetendo un altro mantra della disinformazione russa, che mira a far credere che in un paese in buona parte russofono - a partire dallo stesso presidente - si impedisca alla popolazione di parlare liberamente la lingua russa, mentre è semmai vero che sono state introdotte alcune limitazioni, peraltro legittime in un paese sovrano, per evitare che l’idioma dell’aggressore venga utilizzato come strumento coloniale ed incoraggiare l’uso dell’ucraino come elemento capace di contribuire alla costruzione dell’identità nazionale, prospettiva che più di ogni altra cosa spaventa il Cremlino.
Mentre il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitri Medvedev, ha definito le sanzioni statunitensi contro il petrolio russo “un atto di guerra” contro Mosca. Il 22 ottobre gli Stati Uniti hanno annunciato un nuovo pacchetto di sanzioni tra cui misure contro le società petrolifere Rosneft, Lukoil e le loro controllate. Anche le sanzioni dell'UE contro la Russia sarebbero inefficaci e dannose per la stessa Unione europea e Mosca si riserva il diritto di rispondere in base ai propri interessi, ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova commentando l'adozione del 19° pacchetto di sanzioni.
Intanto il megafono del nuovo zar del Cremlino e criminale di guerra Putin in Italia, il direttore de “Il Fatto ” Marco Travaglio, non si cheta un attimo. I suoi sproloqui quotidiani ammorbano i suoi editoriali falsi e tendenziosi. Ne “L’amaro calice” del 24 ottobre scrive: “Da 36 mesi esatti, sui 44 di invasione russa, Kiev non guadagna un metro quadrato di terreno: nell’ultimo anno ha perso in media circa 500 kmq al mese. Ma la vera questione non è quantitativa. È qualitativa: da un anno i russi demoliscono la “cintura fortificata” di 50 km tra Sloviansk e Kostantinovka (Donetsk), creata da Nato e Kiev dal 2014 con trincee, campi minati e città fortificate. E sembrano ormai prossimi a sbriciolarla, con l’ingresso nello snodo logistico, ferroviario e minerario di Pokrovsk e di lì in altre roccaforti fino a Kupyansk (oblast di Kharkiv). Dietro quella linea fortificata non c’è più una trincea: solo steppa indifesa fino a Dnipro e a Kiev. Perciò Zelensky, mentre finge che i russi siano in stallo, continua a implorare gli alleati di “fermare Putin”. Ma può fermarlo solo lui con un’offerta che non possa rifiutare. Le nuove sanzioni gli fanno il solletico, anche quelle petrolifere Usa. E non sarà qualche Tomahawk o Patriot in più a ribaltare le sorti della guerra. Perciò Trump ha rinviato il vertice con Putin: tra un mese, con l’inverno, si saprà dov’è giunta l’offensiva russa e forse Zelensky sarà costretto ad arrendersi non a Mosca, ma alla realtà. In tre anni e mezzo è passato (e l’UE con lui) dal “vinceremo recuperando tutti i territori” al “non recupereremo i territori ma non ne cederemo nessuno”. Ora s’illude sulla tregua, che è il rifugio dei disperati: nessun esercito vincente concederebbe mai settimane o mesi di respiro al nemico perdente. Presto o tardi dovrà decidersi a bere l’amaro calice, che tre, due e un anno fa era molto meno amaro. Ma gli euro-folli non hanno fretta: tanto paghiamo tutto noi ”.
Gli faceva eco sul Fatto del 24 ottobre l'ex ambasciatrice Elena Basile: “La Russia è intervenuta in Ucraina dopo tentativi diplomatici reiterati dal 2007 al 2021 nei quali chiedeva che l’occidente considerasse le legittime preoccupazioni di sicurezza di Mosca, minacciate dall’eventuale ingresso di Ucraina e Georgia nella Nato.
Fandonie ripetute da Travaglio il giorno prima in TV alla compiacente trasmissione “Otto e mezzo” su La7, dove ha osservato che “Putin non è Netanyahu, non è un alleato, un vassallo di Trump a cui dare gli ordini. Putin è il capo di una grande potenza, dello Stato più grande del mondo, del più grande arsenale nucleare del mondo. Non lo fermi facendogli la faccia feroce mandando qualche Patriot o qualche Tomahawk. L’unico che può fermare Putin è Zelensky, che in questo momento sta perdendo, facendogli un’offerta che non possa rifiutare. Non è Putin che chiede la tregua agli ucraini, sono gli ucraini che chiedono la tregua a Putin. E perché? Perché sanno che se crolla quel fortilizio dietro non c’è più niente ”. Travaglio ha altresì aggiunto che Putin “dice sempre la stessa cosa: ‘Io mi prendo il Donetsk, o me lo date tutto e lo barattiamo con un pezzo di Zaporizhzhia, un pezzo di Kherson, un pezzo di Dnipropetrovsk, un pezzo di Kharkiv. Se non me lo date me lo prendo’. Ed è quello che sta succedendo con devastanti costi umani per gli ucraini ed economici per noi ”. Sul fronte occidentale, il direttore del Fatto critica l’efficacia delle sanzioni: “La tregua non ci sarà mai, perché chi è in vantaggio non dà qualche settimana o qualche mese di respiro a chi è in svantaggio. Sta a noi occidentali decidere che cosa vogliamo fare: noi europei stiamo facendo quello che Einstein definiva la follia, cioè ripetere sempre lo stesso comportamento, sperando che dia risultati diversi. Faremo la ventunesima sanzione, la ventiduesima, la ventitresima, e ci renderemo conto che purtroppo quello che conta è il risultato sul campo ”. E dulcis in fundo ha spiegato come sia meglio per tutti che l’Europa spinga l’Ucraina a cedere il Donbas perché tanto Putin se lo prenderà comunque. Ebbene sì, perché nello straordinario mondo di Travaglio e dei putiniani è cosa buona e giusta incoraggiare l’estorsore e bullizzare chi sta con la vittima, negare la sovranità ed il diritto all’autodeterminazione di un popolo e plaudire al suo oppressore.
 

29 ottobre 2025