Assassinata la Bhutto il PPP accusa il governo Al Qaeda e i talebani negano ogni responsabilità Musharraf reprime nel sangue la ribellione dei seguaci dell'ex primo ministro Il 27 dicembre la principale candidata dell'opposizione al governo del presidente Musharraf è stata assassinata al termine di un comizio a Rawalpindi. La leader del Partito popolare pachistano (Ppp) è stata colpita da almeno due proiettili sparati a breve distanza da un killer mentre un altro attentatore suicida si faceva esplodere a poca distanza; nell'attentato restavano uccise una trentina di persone. Già lo scorso 19 ottobre, appena rientrata dall'esilio in Pakistan per la campagna elettorale, Benazir Bhutto che era stata due volte primo ministro dal 1988 al 1990 e dal 1993 al 1996, era sfuggita a un attentato suicida a Karaci che aveva provocato circa 150 morti e oltre 500 feriti tra i suoi sostenitori. Allora la Bhutto aveva indicato quali possibili responsabili dell'attentato personaggi vicini al governo e in particolare dei servizi segreti che nel 1999 avevano appoggiato il colpo di Stato che aveva portato al potere il generale Pervez Musharraf. Gli stessi indicati dai dirigenti del Ppp quali responsabili per l'assassinio del 27 dicembre. Tra l'altro la Bhutto si apprestava a denunciare i brogli preparati da Musharraf per le elezioni legislative più volte rinviate dal governo e previste infine per l'8 di gennaio. Un dossier preparato dal suo partito accusava la commissione elettorale di aver pubblicato liste elettorali con 50 milioni di elettori a fronte di almeno 80 milioni di aventi diritto; chiedeva la sospensione dei sindaci, proconsoli governativi che si apprestavano a impiegare i soldi statali per comprare voti; chiedeva la nomina di una Commissione elettorale neutrale e denunciava che l'organo cui fare appello per i brogli, la Corte suprema era stata epurata e riempita di magistrati fedeli al governo. La sera del 27 dicembre il presidente Musharraf proclamava tre giorni di lutto nazionale e indicava quali responsabili dell'assassinio "i terroristi contro i quali stiamo combattendo". Una fantomatica rivendicazione a nome di Al Qaeda arrivava puntuale alla redazione di Karachi del giornale Asia times. Successivamente membri del governo accusavano i talebani. Il 28 dicembre rappresentanti del governo mostravano ai giornalisti un video che voleva dimostrare che Benazir era morta per l'onda d'urto prodotta dallo scoppio dell'attentatore suicida, battendo la testa contro l'auto sulla quale viaggiava a velocità ridotta tra due ali di folla, al termine di un comizio a Rawalpindi. Una versione di comodo, avallata tra l'altro dal quotidiano britannico Times, e smentita da portavoce di Al Qaeda e dei talebani. "È un complotto del governo, dell'esercito e dei servizi di intelligence" pachistani affermava Al Qaeda mentre il 29 dicembre il portavoce talebano Maulvi Omar dichiarava che "i leader tribali hanno le loro tradizioni. Noi non colpiamo le donne". Anche il marito della Bhutto, Asif Ali Zardari, non aveva dubbi: "È opera del governo". Alla notizia della morte della Bhutto migliaia di militanti del Partito del popolo pakistano accorrevano all'opedale dove era ricoverata e davano vita alle prime manifestazioni di protesta. Manifestazioni che in breve tempo diventavano rivolte in varie parti del paese dove i dimostranti assalivano sedi del partito di Musharraf, stazioni di polizia, uffici elettorali, stazioni ferroviarie e banche. La protesta durava tre giorni con migliaia di dimostranti in piazza che si scontravano con la polizia. Proteste che saranno stroncate col pugno di ferro da Musharraf con almeno 47 morti. Il 2 gennaio la Commissione elettorale annunciava ufficialmente che le elezioni legislative per rinnovare l'Assemblea nazionale, il Parlamento federale di Islamabad, e le quattro assemblee delle province federate di Sindh, Punjab, Belucistan e North West Frontier erano ulteriormente rinviate al 18 febbraio. 3 gennaio 2008 |