Dopo il golpe sul federalismo municipale Asse di Napolitano con Bossi e Calderoli per rilanciare il federalismo fiscale Il capo dello Stato consolida il canale istituzionale con la Lega, riapre la partita sul federalismo dei comuni pur bocciato dal parlamento, sollecita tutti al "massimo sforzo di condivisione", altrimenti, sa bene, c'è il rischio del referendum abrogativo Bossi promette ai suoi: "il colle farà da sponda. Chiudiamo in due mesi". Calderoli: "Abbiamo un Presidente davvero riformista" Mercoledì 9 febbraio il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha incontrato al Colle, per cinquanta minuti, in un clima definito "cordiale e rispettoso" dai suoi collaboratori, i ministri Umberto Bossi, leader della Lega Nord razzista, xenofoba e secessionista, e Roberto Calderoli, l'architetto della "riforma" federalista che spezzetterà l'Italia in venti staterelli entro l'estate. L'incontro nasceva dall'esigenza, fortemente sentita da Napolitano, di recuperare sul federalismo "la più ampia convergenza, come del resto è avvenuto quando venne approvata la legge delega del maggio 2009 e in occasione dei primi decreti attuativi", occasioni in cui il governo Berlusconi ottenne l'appoggio della "sinistra" borghese. Per il nuovo Vittorio Emanuele III è urgente tornare al più presto a quel "clima costruttivo", che teme momentaneamente compromesso dall'approvazione golpista del federalismo municipale da parte del governo del neoduce Berlusconi ma che ha sinora consentito a maggioranza e "opposizione" di collaborare insieme per arrivare nei tempi stabiliti (entro due mesi) all'approvazione definitiva del federalismo fiscale, "riforma" fondamentale per il rafforzamento del regime neofascista, dei monopoli nazionali e dei medi e grandi capitalisti del Nord all'interno dell'Europa imperialista. "Riforma" che al tempo stesso, come rivelano gli studi e le analisi di queste settimane diffusi CGIA Mestre, Censis e CGIL, amplifica le ingiustizie sociali ed economiche, allargando le distanze tra redditi alti e bassi e tra Nord e Sud. L'iter stabilito nell'incontro L'ennesima e stucchevole richiesta di Napolitano di "massima condivisione", che mira a evitare il ricorso al voto di fiducia oggi e a un referendum popolare abrogativo domani, è stata accolta dai due caporioni fascio-leghisti, Bossi e Calderoli, che hanno sottolineato come la strada scelta dal consiglio dei ministri sul federalismo municipale sia esattamente quella indicata dal capo dello Stato, dal momento che in mattinata il consiglio dei ministri aveva approvato le "osservazioni" da inviare alle Camere sul federalismo fiscale. Per quanto riguarda l'eventuale voto di fiducia, i due ras secessionisti hanno sottolineato che il consiglio dei ministri si è solo limitato ad autorizzarlo e, hanno concluso con la consueta arroganza, in fin dei conti "tutto dipenderà dalla discussione parlamentare". In pratica, il voto di fiducia sarà utilizzato solo come ultima opzione, nel caso di una discussione parlamentare accesa (eventualità poco probabile, considerati i precedenti e gli appelli del capo dello Stato alla "condivisione", chiaramente rivolti anche all'"opposizione"). Insomma, l'incontro con il Quirinale, sensibile sì alle questioni procedurali ma a sua volta favorevole nella sostanza al federalismo (fosse anche fondamentalmente di marca fascio-leghista e di chiara natura secessionista, perciò in contraddizione con la Costituzione democratico-borghese del '48, secondo cui la Repubblica è "una e indivisibile" e "riconosce e promuove le autonomie locali", non di certo lo spezzettamento in venti staterelli) ha ringalluzzito Bossi, che a fine giornata annunciava trionfante: "Il Colle farà da sponda. Entro fine marzo portiamo a casa il federalismo, abbiamo calcolato i tempi". Gli faceva eco Calderoli, secondo il quale "l'incontro è andato veramente bene, abbiamo un Presidente davvero riformista. Il capo dello Stato ci ha dato la rotta per portare a casa il federalismo anche dopo il pareggio in Bicamerale". Tanto entusiasmo, pare, si spiegherebbe anche per l'appoggio ricevuto da Napolitano per convincere i presidenti delle Camere, in special modo il fascista ripulito Fini, ad accettare uno spostamento di parlamentari (almeno in Bicamerale e nelle commissioni più importanti) per consentire al governo di andare avanti con la legislatura e le "riforme" necessarie al regime neofascista. E le "opposizioni"? Di certo non tolgono il sonno ai fascio-leghisti. Da un lato si distingue un Bersani, PD, ancora implorante delle attenzioni della Lega ("ci sono solo due forze con radici autonomistiche: il PD e la Lega") pregata di abbandonare il neoduce Berlusconi. Dall'altra un Fini, FLI, quanto mai opportunista e tattico. "Ci aveva promesso che l'avrebbe votato - rivela l'entourage leghista -, ma anche lui può migliorare". Chissà, magari grazie ai suggerimenti di Napolitano. 16 febbraio 2011 |