Assassinato un ministro libanese a Beirut Cristiani maroniti anti-Siria in piazza. Hezbollah e Fpm: "un omicidio contro di noi" Via subito le truppe italiane dal Libano Pierre Gemayel, ministro dell'Industria nel governo libanese, è stato ucciso in un agguato il 21 novembre mentre attraversava il quartiere cristiano di Sin el-Fil a Beirut. Oltre al ministro è morto anche un componente della scorta. Saad Hariri, leader della coalizione antisiriana e figlio dell'ex premier Rafiq Hariri ucciso a Beirut nel 2005, interrompeva la conferenza stampa che stava tenendo per confermare la notizia e lanciare l'accusa contro il governo di Damasco: "crediamo che dietro tutto ciò ci sia la mano della Siria". La Siria smentiva qualsiasi coinvolgimento e condannava l'assassinio che "mira a destabilizzare il Libano e minacciare la sua pace civile" ma a rafforzare il coro antisiriano dello schieramento libanese che sostiene lo zoppo governo di Siniora pensavano i paesi imperialisti, Usa in testa. "Crediamo che ora ogni nazione abbia il dovere di sostenere il governo di Siniora" dichiarava il sottosegretario di Stato Usa, Nicholas Burns, chiamando al sostegno di un governo delegittimato dalle dimissioni di sei ministri ma che aveva illegittimamente approvato il documento dell'Onu sul tribunale internazionale per l'omicidio di Hariri, come richiesto dai padrini imperialisti. Da Washington il presidente americano George Bush accusava Siria e Iran di voler fomentare l'instabilità del Libano e invitava l'Onu ad agire subito per insediare il tribunale speciale. A dire il vero secondo l'ambasciatore statunitense all'Onu John Bolton "ci sono prove del coinvolgimento siriano nell'omicidio di Rafik Hariri" dall'inchiesta già svolta dall'Onu e quindi la sentenza del tribunale è già scritta dalla Casa Bianca. Dare il via il più presto possibile al processo internazionale contro la Siria che già si presenta come una farsa orchestrata in particolare da Usa e Francia e non bloccare la crisi libanese lasciando alle parti di procedere nel negoziato per la formazione di un nuovo governo è il problema principale dei paesi imperialisti. Infatti, poche ore dopo l'assassinio di Gemayel, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dava il via libera alla creazione del tribunale internazionale per giudicare i presunti assassini dell'ex primo ministro Rafik Hariri. L'inchiesta internazionale è guidata dal procuratore belga Serge Brammertz. Il tribunale avrà fra gli 11 e i 14 giudici per il primo grado e l'appello, scelti dal governo libanese e dall'Onu. La pubblica accusa sarà nominata dal Segretario generale dell'Onu e resterà in carica per tre anni; la corte avrà sede fuori dal Libano. Usa e Francia in particolare hanno lavorato per puntellare il governo guidato da Siniora e impedire una maggiore presenza nell'esecutivo dei rappresentanti sciiti di Hezbollah e Amal e del Movimento patriottico dei cristiano maroniti di Michel Aoun nelle trattative di quasi un anno fa patrocinate dall'Arabia Saudita. E nelle più recenti dopo il successo della resistenza libanese guidata da Hezbollah contro l'aggressione sionista. Anche il governo Prodi finge di non sapere delle manovre franco-americane sul Libano, o finge di ignorarle lavorando per conto proprio; comunque in sintonia con i compari imperialisti si muove a sostegno di Siniora. Condannando l'assassinio di Gemayel il ministro degli Esteri D'Alema ha infatti sottolineato che "non soltanto l'Italia, ma l'intera comunità internazionale, si adoperi per rafforzare il governo Siniora, condizione per la stabilità del Libano". Quando i paesi imperialisti lavorano piuttosto per la divisione in Libano appoggiando solo la parte filooccidentale rappresentata dal Movimento di Hariri, dai drusi guidati da Walid Jumblatt e dalla destra cristiano maronita di Gemayel e Geagea. Una ragione di più per rivendicare l'immediato ritiro delle truppe straniere, a cominciare da quelle italiane, dal Libano. L'assassinio di Pierre Gemayel è contro di noi, dichiaravano Hezbollah e il Free Patriotic Mouvement (Fpa) dei cristiano maroniti di Aoun. Trad Hmadeh, uno dei ministri di Hezbollah che si sono dimessi ricordava che "avremmo voluto scendere in piazza per chiedere uno Stato forte, un governo di unità nazionale e una riforma del sistema elettorale. Abbiamo chiesto di discutere. Non abbiamo avuto risposte. Ora il governo non è più legittimo, e noi vogliamo utilizzare il nostro diritto a manifestare. Però questo assassinio ci ha costretti a rimandare tutto, perché stiamo vivendo giorni di lutto. Speriamo che presto si arrivi a passi positivi. Altrimenti scenderemo in piazza. Non rinunciamo ad avere un terzo più uno dei ministri, così dice la nostra Costituzione. Per garantire il diritto di veto. Sennò quella dell'opposizione diventa una presenza solo formale". Il direttore dei telegiornali della televisione libanese Al Manar, vicina a Hezbollah, sottolineava che "l'uccisione di Pierre Gemayel è un crimine orribile che la leadership degli Hezbollah ha condannato nei termini più duri possibili. Un puro atto di terrorismo compiuto per spingere il paese verso il caos e la guerra civile e per bloccare la campagna di mobilitazione pacifica preparata dall'opposizione per ottenere un governo di unità nazionale o nuove elezioni, il cui inizio era previsto per oggi. Una battaglia per il rispetto della democrazia e della costituzione. Il governo Siniora è infatti illegittimo e incostituzionale dal momento che in esso non è più rappresentata una delle comunità principali del paese. Non si può stabilizzare il Libano senza un governo autorevole che goda del consenso dell'intero paese". Issam Abou Jamra, viceresponsabile del Fpm, esprimeva la dura condanna dell'organizzazione cristiano maronita e sottolineava che può trarre profitto dall'assassinio di Gemayel chi "vuole destabilizzare l'attuale panorama politico libanese. Sicuramente non ne beneficerà l'opposizione che chiede un governo di unità nazionale ed è pronta a mobilitarsi per ottenerlo". Il 23 novembre in una Beirut che si fermava per il primo dei tre giorni di lutto nazionale diverse centinaia di migliaia di persone partecipavano ai funerali di Pierre Gemayel. In piazza i cristiano maroniti anti-Siria e tutto lo schieramento che sostiene il governo Siniora trasformavano i funerali in una manifestazione contro il governo di Damasco. Le accuse da Beirut erano nuovamente respinte dal governo siriano che tramite il ministro Boutheina Shaban condannava "un crimine che assesta un colpo formidabile alla sicurezza, alla stabilità e alla pace. Chi l'ha compiuto vuole la dissoluzione dell'intero Medio Oriente". "Il caos in Libano è un chiaro pericolo per Damasco" ribadiva la consigliera del presidente Assad che faceva notare come l'attentato sia avvenuto "in pieno giorno in un quartiere controllato dall'intelligence. La Siria non ha più alcuna influenza in questo senso in Libano, né perseguiamo la politica degli assassini. Altri invece la impiegano come strumento politico, assumono decisioni ufficiali a livello ministeriale, decretano omicidi mirati per ottenere risultati politici". Un chiaro riferimento a Israele i cui assassini con autobombe in Libano "passano sotto silenzio". 29 novembre 2006 |