Vergognoso accordo sulle assunzioni per l'Expo 2015 18.500 lavoratori gratis. Agli altri un tozzo di pane Letta vuole estendere l'accordo in tutta Italia Cambiate le regole sindacali, più flessibilità Sono state tante le promesse fatte dal governo sul drammatico problema della disoccupazione e sull'impegno a favorire un lavoro sopratutto ai giovani. La questione viene spesso rilanciata dai sindacalisti di regime e più o meno da tutti gli esponenti dei vari partiti borghesi, in particolar modo quelli della "sinistra" borghese e dal rinnegato del comunismo, il nuovo Vittorio Emanuele III, Giorgio Napolitano. Tutti a lamentarsi di un lavoro che quando c'è è sempre più precario, frammentato e con paghe da fame e innumerevoli sono i richiami al bisogno di una maggiore "dignità", a estendere i diritti di tutti i lavoratori e a far crescere salari tra i più bassi di tutta l'Europa. Quando però si giunge a discutere di queste cose e si arriva nel concreto si scopre che quanto detto non sono altro che chiacchiere, demagogia e promesse per acchiappare voti alle elezioni e consensi nell'opinione pubblica. Nella realtà viene sempre riproposta la vecchia ricetta capitalistica che prevede per i lavoratori più sfruttamento, meno tutele e stipendi sempre più miseri. Il tutto accentuato dal particolare e lungo periodo di crisi capitalistica che impone alla classe operaia e alle masse popolari una medicina ancora più amara per poter salvaguardare i profitti dei padroni. E l'accordo firmato tra i sindacati milanesi e la società Expo 2015 spa che gestirà l'esposizione universale rientra a pieno titolo nell'ottica di rispondere alla crisi capitalistica aiutando le imprese a danno dei lavoratori. In un primo momento il governo aveva pensato di fare un apposito emendamento per l'Expo di Milano da inserire nel "Decreto Lavoro" ma i contrasti tra le due maggiori fazioni borghesi, PD e PDL, lo aveva impedito. L'emendamento, presentato dall'ex ministro berlusconiano Sacconi, raccoglieva le richieste degli industriali ed era privo della benché minima regola e limitazione alla flessibilità, tanto che il partito di Letta ed Epifani, pensando anche alle reazioni del proprio elettorato, ha preferito rimandare il tutto a un'intesa tra le parti, fiducioso nel collaborazionismo di CGIL, CISL e UIL che puntualmente hanno firmato un accordo che recepisce in gran parte la liberalizzazione totale che voleva appunto Sacconi. Vergognoso è l'aggettivo adatto per descrivere l'intesa che cambia le regole sindacali e ignora qualsiasi contratto nazionale, anche quello già molto debole del Commercio, Turismo e Servizi. Balza subito agli occhi come per un evento a cui si stima occorrano quasi 20.000 lavoratori si richiedono ben 18.500 volontari, ossia si fa ricorso a lavoro totalmente non retribuito. Questa cifra è calcolata pensando di occupare giornalmente 475 lavoratori gratis per un massimo di 5 ore al giorno e 2 settimane complessive durante i 6 mesi dell'Expo. Agli altri invece, i "più fortunati", verrà concesso un tozzo di pane. In sostanza di sicuro ci sono gli attuali 200 posti di lavoro che diventeranno 325 quando Expo 2015 sarà a regime. Poi ci sono 340 posti di apprendistato riservati a giovani con meno di 29 anni, con la creazione di tre nuovi profili non previsti dal contratto (tecnico, specialista e operatore di grandi eventi) con specifici piani formativi. Sono 300, invece, i contratti a tempo determinato, che sono stati resi più flessibili con l'ampliamento dei limiti quantitativi di utilizzo (minimo 6, massimo 12 mesi). Una parte delle assunzioni sarà effettuata attingendo alle liste di mobilità e disoccupazione. Le opportunità di stage, in totale 199, saranno indirizzate ai giovani e saranno retribuite alla misera cifra di 516 euro mensili. In totale un migliaio di posti di lavoro sottopagati e alla completa mercé della borghesia milanese e nazionale senza che alla fine dell'Expo (31 ottobre 2015) venga garantita l'occupazione stabile ad un solo lavoratore. E questa sarebbe "la straordinaria opportunità" data ai giovani e al rilancio dell'occupazione in Lombardia e in Italia? In questi termini si sono espressi il sindaco "arancione" di Milano Pisapia (SEL), il segretario della CGIL cittadina Graziano Gorla, il governatore leghista della regione Maroni oltre ai ministri e allo stesso presidente del Consiglio Enrico Letta, che benedicono l'accordo seppur con toni diversi, tutti accomunati dalla volontà di dare mano libera allo sfruttamento della forza-lavoro togliendo ogni vincolo alla precarietà e alla flessibilità; solo Sacconi si dice scontento e insiste: non basta. Quest'accordo è stato presentato dai vertici sindacali confederali di Milano e dal commissario unico di Expo 2015 spa, Giuseppe Sala, come transitorio e legato a questo evento ma già il presidente del Consiglio Letta, assieme agli industriali, alle istituzioni locali, a tutti i partiti che siedono in parlamento, lo invoca a gran voce come modello da estendere in tutta Italia e a tutti i settori produttivi. Di più, il governo ha già dato un ultimatum alle segreterie confederali che scadrà il prossimo 15 settembre. Il ministro del lavoro Enrico Giovannini ha minacciato che se per quella data non sarà trovata un'intesa a livello nazionale che ricalchi quella raggiunta per l'Expo, il governo ritornerà sui suoi passi e farà un decreto legge per liberalizzare ulteriormente i rapporti di lavoro. Questo evento è nato per soddisfare gli appetiti del capitale finanziario e immobiliare e sta coprendo con milioni di metri cubi di cemento Milano e il suo hinterland già fortemente urbanizzato, risucchiando denaro pubblico distolto dagli urgenti bisogni delle masse popolari milanesi e lombarde Perciò il PMLI si è sempre battuto contro l'Expo di Milano 2015. Adesso, com'era prevedibile, scopriamo che dopo aver riempito le tasche dei padroni delle aziende interessate all'evento, molte delle quali in odor di mafia, l'esposizione non lascerà nessun posto di lavoro stabile. Anzi, l'accordo sulle assunzioni per l'Expo 2015 è usato da governo e padroni come cavallo di Troia per estendere la flessibilità e il precariato e scardinare definitivamente il Contratto Nazionale di Lavoro. 31 luglio 2013 |