Elezioni amministrative parziali del 15-16 maggio 2011
Il 28,9% dell'elettorato ha disertato le urne alle comunali
La diserzione è aumentata dal 17,8% a Trieste e del 6,3% a Napoli. Sonora sconfitta di Berlusconi nella sua roccaforte di Milano. Arretrano PDL e PD. Il vento elettorale ha girato ma è sempre quello borghese. Le nuove sirene della "sinistra" borghese, Pisapia e De Magistris, non riescono ad attrarre tutti gli astensionisti di sinistra
Chi vuole combattere il capitalismo e le sue istituzioni, e conquistare l'Italia unita, rossa e socialista deve continuare a usare la micidiale arma dell'astensionismo

Era stato lo stesso Berlusconi a definire le elezioni amministrative parziali del 15-16 maggio un test politico di valore nazionale. Erano le prime dopo la rottura interna al PDL e la fuoriuscita di Gianfranco Fini. Coinvolgevano circa 13 milioni di elettori per il rinnovo di 1.315 consigli comunali e 11 consigli provinciali sparsi un po' in tutta Italia. Erano chiamati alle urne le elettrici e gli elettori di ben 30 capoluoghi di provincia fra i quali la roccaforte del neoduce, Milano, e poi anche Napoli, Torino, Bologna, Cagliari.

L'astensionismo
Il test ha innanzitutto decretato ancora una volta che il vincitore assoluto è stato l'astensionismo (diserzione delle urne, voto nullo e bianco). Nonostante che alle elezioni comunali la partecipazione alle urne sia regolarmente più alta rispetto a quella riscontrata nelle elezioni provinciali e regionali (inferiore però a quella delle politiche), ben il 28,9% dell'elettorato ha disertato le urne alle comunali, con un incremento dell'1,8% rispetto alle precedenti elezioni comunali che prevalentemente si sono tenute nel 2006.
Nelle 11 province (Vercelli, Mantova, Pavia, Treviso, Gorizia, Trieste, Ravenna, Lucca, Macerata, Campobasso, Reggio Calabria) ha disertato le urne addirittura il 40,1% degli elettori (+1,3% rispetto alle precedenti elezioni provinciali).
Per quanto riguarda le elezioni comunali, il record assoluto dell'incremento della diserzione va a Trieste col 17,8% e Pordenone col 12,2%. Ma assai significativi sono anche i risultati di Reggio Calabria (+7,6%), Napoli (+6,3), Fermo (+5,4%), Bologna (+5%). Tutte assai al di sopra dell'incremento medio nazionale.
Questo risultato conferma che l'astensionismo è ormai una tendenza inarrestabile. Esso continua a crescere nonostante abbia già raggiunto livelli assai elevati; nonostante l'esasperazione del significato dello specifico scontro elettorale; nonostante il proliferare di una infinità di liste civiche e locali (si pensi che a Milano erano ben 31 le liste in lizza); nonostante la messa in campo di nuove trappole partitiche ed elettorali per recuperare in particolare l'elettorato di sinistra astensionista o potenziale tale come la candidatura di Pisapia a Milano e di De Magistris a Napoli, o le liste del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo.
L'esito di queste elezioni amministrative parziali dimostra ancora una volta che l'astensionismo è una scelta di voto vera e propria, espressione di una volontà consapevole e sempre più cosciente. Un modo per punire i partiti e i politicanti borghesi, della "sinistra" e della destra borghese, per delegittimare e prendere le distanze dalle istituzioni e dai governi locali borghesi. Lo testimonia l'andamento dell'astensionismo che, pur contando ormai su un consistente "zoccolo duro" e su una diffusione ormai pressoché omogenea sul territorio nazionale, cresce o decresce sulla base del tipo di consultazione, della posta in gioco, delle problematiche specifiche del territorio, ecc.
E' il caso della Sardegna dove, in questa tornata, la diserzione delle urne cala rispetto alle precedenti elezioni comunali. Questo dato è quasi certamente da attribuire alla concomitanza in quella regione del referendum sulle centrali nucleari, molto sentito dalla popolazione sarda. In sostanza, il referendum, fra l'altro vinto alla grande, in questo caso ha fatto da traino alle elezioni amministrative. Al contrario il fortissimo balzo in avanti della diserzione delle urne in Friuli-Venezia Giulia (+14,6%) è in gran parte attribuibile al fatto che qui nel 2006, a differenza di tutte le altre regioni, le elezioni amministrative furono concomitanti con le elezioni politiche. Più in generale, in Piemonte la diserzione delle urne cala dello 0,7% per effetto soprattutto del risultato di Torino dove è diminuito dell'1,8%, In tutte le altre regioni invece, più o meno, cresce, con valori sopra il 4% in Campania e Calabria, e sopra la media nazionale in Veneto, Liguria, Marche.

Il voto alle liste
Per Berlusconi si è trattato di una sonora sconfitta visto soprattutto l'esito del voto milanese. A Milano, non solo la sindaca uscente Moratti è costretta al ballottaggio dall'esito assai compromesso, non solo il PDL perde in termini di voti assoluti e percentuali più di ogni altra lista, ma Berlusconi, che era anche capolista del PDL, ha raccolto 27.972 preferenze, poco più della metà rispetto alle 53.297 preferenze di cinque anni fa e nonostante egli avesse indicato ancora in 53 mila preferenze l'obiettivo minimo da raggiungere. Un chiaro segnale di presa di distanza dal nuovo Mussolini, ma anche di delegittimazione del suo governo.
Grazie all'astensionismo, comunque, da questa consultazione elettorale escono con le ossa rotta sia il "centro-destra" che il "centro-sinistra".
Secondo uno studio sui risultati elettorali dell'Istituto Cattaneo riguardante le 13 maggiori città in cui si è votato, ossia i capoluoghi regionali e/o i comuni con almeno 100 mila abitanti, il "centro-destra" nel suo complesso (senza considerare l'UDC) ha raccolto 885 mila voti nel 2011, contro i 941 voti nelle precedenti elezioni comunali. Un calo di 56 mila voti. In quest'ambito il PDL perde circa 164 mila voti rispetto a quelli raccolti da Forza Italia e Alleanza nazionale nelle precedenti elezioni comunali. Questo calo non può certo essere attribuito alle liste del FLI che hanno ottenuto consensi non significativi in queste elezioni. Solo in parte l'emorragia del PDL va a favore della Lega Nord che raccoglie rispetto alle elezioni comunali precedenti 78 mila voti in più. C'è comunque da considerare che nel 2006 la Lega non godeva un'ottima salute. Infatti, rispetto alle precedenti elezioni regionali (tenutesi nel 2010, a parte Friuli-Venezia Giulia (2008) e Sardegna (2009), la Lega perde 25 mila voti annunciando un trend discendente del partito neofascista, razzista e secessionista di Bossi.
Sempre secondo l'Istituto Cattaneo, il "centro-sinistra" complessivamente perde ancor più del "centro-destra". Ha infatti raccolto 1 milione e 42 mila voti nel 2011 contro 1 milione 217 mila nelle precedenti comunali (-175 mila voti). Perdita più contenuta al Nord, più consistente in Emilia-Romagna (dove l'effetto dello scandalo del sindaco di Bologna Del Bono si è fatto sentire) e particolarmente marcata al centro-sud e a Napoli. Magra consolazione i 66 mila voti in più rispetto alle regionali precedenti (ma non al centro-sud) considerando il tracollo di voti che il "centro-sinistra" ebbe soprattutto alle regionali 2010.
Il PD in particolare ha perso 111 mila voti rispetto ai consensi raccolti in passato da DS, Margherita o Ulivo.
Per quanto riguarda gli altri partiti. L'IDV guadagna circa 36 mila voti rispetto alle precedenti comunali, quando ancora però non aveva conosciuto i suoi maggiori successi (a partire dalle politiche 2008). Rispetto alle precedenti elezioni regionali perde addirittura 62 mila voti, ovunque ma specie al Nord e in Emilia-Romagna.
L'UDC non sfonda. Perde 28 mila voti rispetto alle precedenti comunali e si limita a "tenere" rispetto alle regionali.
Anche il Movimento 5 stelle-Beppe Grillo non sfonda come ci si poteva aspettare dopo l'exploit delle elezioni regionali 2010. Ha comunque una buona affermazione raccogliendo complessivamente il consenso di 93 mila elettori, 26 mila voti in più rispetto alle regionali.
Federazione della sinistra di Paolo Ferrero e Sinistra, ecologia, libertà di Vendola presi complessivamente non fanno registrare alcuna variazione significativa rispetto alle precedenti comunali. Particolarmente pesante comunque il saldo per la Federazione che rispetto ai voti di PRC e PdCI nella precedente tornata elettorale perde circa 107 mila voti e diverse poltrone nei consigli comunali.

Il voto a Milano e Napoli
Non abbiamo in questa occasione la possibilità di prendere in esame i risultati elettorali delle singole città e province. Qualche parola in più va comunque spesa per Milano e Napoli. Qui, vista la posta in gioco e i candidati scesi in campo la battaglia elettorale è stata certamente più dura anche per la propaganda elettorale astensionista del PMLI.
Il primo dato che emerge è che le nuove sirene della "sinistra" borghese, Pisapia a Milano e De Magistris a Napoli, non sono riusciti ad attrarre tutti gli astensionisti di sinistra come si erano anche ufficialmente proposti di fare.
A Milano l'astensionismo totale (diserzione delle urne, voto nullo e bianco), rispetto alle precedenti comunali, rimane stabile al 34%, anche se diminuisce leggermente in termini assoluti di voti per effetto presumibilmente della contrazione del corpo elettorale rispetto al 2006.
A Napoli addirittura l'astensionismo totale cresce del 7,1% rispetto alle precedenti comunali 2006. Si tratta evidentemente di un risultato eccezionale e assai significativo.
A Milano Giuliano Pisapia, se da una parte ha impedito un'ulteriore emorragia di elettori di sinistra verso l'astensionismo, per sua stessa ammissione, deve la sua affermazione anche ai consensi raccattati a destra. Del resto, Giuliano Pisapia, ora vicino a SEL di Vendola, avvocato penalista, figlio di Giandomenico non è affatto sgradito alla destra della borghesia milanese. Di origine cattolica, Pisapia ex "sessantottino", con "Autonomia operaia" fondò il collettivo di via Decembrio a Milano. Nell'80 fece 6 mesi di carcere perché imputato di partecipazione a banda armata ("Prima linea"), poi prosciolto. Quindi si avvicina a Democrazia proletaria e riprende la redditizia carriera di avvocato. E' stato anche deputato come "indipendente" nelle file del PRC per due legislature e presidente della Commissione Giustizia della Camera.
Pisapia comunque ha raccolto qualche voto in meno rispetto al candidato del "centro-sinistra" alle elezioni comunali 2006, Ferrante. La sua affermazione e la possibilità di giocarsela al ballottaggio è soprattutto dovuta al calo verticale di consensi della Moratti che ha ottenuto in questa circostanza 80.009 voti in meno rispetto al 2006 quando era passata al primo turno.
A Napoli l'ex PM Luigi De Magistris (già PCI oggi IDV) che riesce ad andare al ballottaggio con il candidato del "centro-destra", Gianni Lettieri, superando il candidato del "centro-sinistra" (PD, SEL, Verdi) Mario Morcone, si è avvantaggiato del tracollo di consensi del PD, che perde addirittura 88 mila voti rispetto al 2006, ma ha anche fatto incetta di voti a destra. De Magistris è stato infatti premiato in modo consistente dal voto disgiunto di chi ha votato PD, SEL o liste di "centro-destra) per il consiglio comunale e ha invece espresso la preferenza per il candidato a sindaco dell'IDV. De Magistris ottiene 127.920 preferenze, quasi il doppio rispetto alle liste che lo sostenevano. L'IDV resta sostanzialmente ferma. Rispetto alle liste che li sostenevano, mancano invece 9.869 voti a Mario Morcone, 1.972 voti a Roberto Fico (Movimento 5 stelle), 4.479 voti al Raimondo Pasquino (UDC, FL, API) e ben 7.002 voti alle liste che sostenevano Lettieri.
Peraltro sia Pisapia che De Magistris si vantano di aver ottenuto voti anche dal "centro-destra". In più De Magistris si definisce un liberale e a favore dell'economia di mercato.

Il vento elettorale e l'abbattimento di Berlusconi
Il vento elettorale ha sì girato un po' più verso il "centro-sinistra" rispetto al "centro-destra" ma è rimasto un vento elettorale borghese.
Non è nelle urne elettorali che avvengono le rivoluzioni, né fioriscono le nuove primavere. Lo sanno bene a Napoli dove il "nuovo risorgimento" dell'ex operaista e pure uomo della sinistra dell'allora PCI revisionista, Bassolino, si è dimostrato peggio del medioevo. Lo stesso è stato per la "primavera" di Orlando a Palermo, di Bianco a Catania, di Vendola in Puglia.
La politica del "meno peggio" non ha mai pagato l'elettorato di sinistra né tantomeno i fautori del socialismo. Al contrario è una politica che riflette una logica aberrante, autofrustrante e che ostacola invece di favorire la difesa degli interessi delle masse popolari sfruttate e oppresse verso le quali si spargono ulteriori illusioni elettoraliste, parlamentariste e governative. Secondo questa logica per battere Berlusconi si dovrebbe favorire Bersani, o addirittura l'irriducibile democristiano Pierferdinando Casini, o il fascista ripulito Gianfranco Fini.
Chi vuole combattere il capitalismo e le sue istituzioni e conquistare l'Italia unita, rossa e socialista deve continuare a usare la micidiale arma dell'astensionismo e unirsi al PMLI per continuare a lavorare perché l'astensionismo spontaneo, almeno quello di sinistra, si trasformi in un astensionismo consapevole, attivo e operante contro il sistema capitalista e per il socialismo. Dobbiamo continuare la battaglia contro le illusioni elettorali, governative e costituzionali insistendo sulla tattica dell'astensionismo elettorale e la strategia delle istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, continuare la battaglia per far crescere la coscienza che ci vuole un nuovo 25 Aprile per abbattere il nuovo Mussolini e marciare verso l'Italia unita, rossa e socialista.

18 maggio 2011