Alle elezioni amministrative parziali del 27-28 maggio sfiduciate alla grande le istituzioni borghesi e le coalizioni della destra e della "sinistra" borghese
L'aumento della diserzione dalle urne ha colpito di più il "centro-sinistra"
Il 41,9% dell'elettorato alle provinciali e il 26% alle comunali diserta le urne. Dura lezione dell'astensionismo di sinistra al governo Prodi. Prova fallimentare del Partito democratico. Crolla Rifondazione. Il "centro-destra" batte il "centro-sinistra"
L'astensionismo è l'unico voto che esprime il dissenso verso i partiti borghesi e le istituzioni capitalistiche e il consenso al pmli e al socialismo

Le elezioni amministrative parziali che si sono tenute il 27-28 maggio 2007 interessavano 10 milioni di elettori (un quinto dell'intero corpo elettorale italiano), 7 province e 830 comuni, di cui 27 comuni capoluogo. Un test assai significativo a un anno dalle elezioni politiche che hanno visto prevalere di misura la coalizione del dittatore democristiano Prodi su quella del neoduce Berlusconi.
Chi ha vinto? Gli elettori che non si sono fatti incantare né dalle sirene della "sinistra" borghese, né da quelle della destra. Ha vinto l'astensionismo che ha sfiduciato alla grande le istituzioni borghesi e le coalizioni della destra e della "sinistra" borghese.

L'ASTENSIONISMO VOLA
L'astensionismo cresce rispetto alle politiche, come ormai è consuetudine, ma cresche anche rispetto alle amministrative del 2002 riprendendo quel trend positivo che nelle ultime consultazioni si era parzialmente arrestato. Nelle provinciali ha disertato le urne addirittura il 41,9% dell'elettorato, con un incremento rispetto al 2002 del 6,8%. Nelle comunali il dato è del 26%, +2,4% rispetto al 2002.
L'astensionismo totale (diserzione dalle urne, voto nullo e bianco) in alcune province rasenta ormai il 50% dell'elettorato: Varese 48,7%, Ancona 47%, Vicenza 44,9%, Como 44,4%, Genova, 43,4, Vercelli 39,5%. Ha influito lo scarso interesse per le elezioni dei consigli provinciali ormai quasi svuotati di poteri a favore dei governatori e dei neopodestà comunali, tanto che c'è chi già ne chiede la soppressione? In parte è così, ma non spiega fino in fondo questi risultati stratosferici.
Il dato di Genova, forse il più significativo per il corpo elettorale interessato, lo dimostra. Alle provinciali l'astensionismo è al 43,4%, alle comunali è solo poco sotto con il 41%. Evidentemente, in questo caso, non ha contato tanto il tipo di elezione, quanto la volontà dell'elettorato di esprimere attraverso l'astensionismo la propria protesta e la propria opposizione alla politica del "centro-sinistra", che governa Genova da trent'anni, non solo a livello locale ma anche a livello del governo centrale.
La crescita dell'astensionismo è stata alimentata soprattutto dall'elettorato di sinistra che ha voluto così dare una dura lezione al governo del dittatore democristiano Prodi. Si tratta di un astensionismo che viene dalle fabbriche del nord, dalle periferie urbane, dalle città martoriate dalla Tav, dalle basi Usa e dagli inceneritori, e viene da quell'elettorato di sinistra che si era illuso che il governo della "sinistra" borghese avrebbe seguito una politica diversa e opposta a quella del governo della destra. Ebbene, questo risultato conferma che l'elettorato di sinistra non è più disposto come nel passato a firmare cambiali in bianco a chicchessia ed è pronto a chiedere il conto di promesse fatte e non mantenute.
Come a Genova dove l'astensionismo cresce del 5,1% e l'Ulivo (DS + Margherita) perde addirittura il 6,9% sul corpo elettorale, pari a 41 mila voti rispetto al 2002 soprattutto nelle zone operaie di Ponente. Stesso discorso per La Spezia dove l'astensionismo cresce del 7,2% e l'Ulivo crolla del 7,8%. A Vicenza l'astensionismo cresce addirittura del 6,3% e l'Ulivo perde il 5,2%, così come le sue stampelle governative PRC e PdCI che perdono complessivamente un altro 1,8%. La protesta contro la base Usa si è riversata così in gran parte nell'astensionismo che ha punito in modo marcato la "sinistra" borghese, ma anche la destra. Qui perdono infatti anche Forza Italia e UDC, AN è al palo, la Lega Nord avanza ma ai danni della Liga Veneta che precipita. Nemmeno la lista "Alternativa comunista", nata proprio per raccogliere i voti di protesta, va oltre lo 0,2%.
Significativo è l'aumento della diserzione dalle urne nelle città del centro Italia, la roccaforte storica della "sinistra" borghese. Incrementi del 5,2% alle comunali nella provincia di Bologna, 5,9% a Modena e 3,7% a Parma, 6,7% a Firenze, 4,7% a Livorno e a Pistoia, addirittura l'11,1% a Pisa, 6,3% a Terni.

PUNITA LA "SINISTRA" BORGHESE
La prima prova elettorale del Partito democratico in gestazione registra un fallimento pieno. DS e Margherita, che si sono presentate unite, sono in caduta libera.
Stessa sorte spetta al PRC che paga sonoramente l'appoggio al governo Prodi. A Genova, La Spezia e Vicenza perde un terzo del proprio elettorato, a Varese e Como lo dimezza, ad Ancona ne perde un quarto. Solo a Vercelli mantiene i suoi voti. Nemmeno i dirigenti del PRC riescono a nascondere l'evidenza e ammettono: "Finiamo penalizzati dall'astensionismo operaio".
Il PdCI se ne avvantaggia, ma assai parzialmente e non dappertutto. A Vicenza, per esempio, anche il partito di Diliberto tracolla da 11.947 voti del 2002 ai 3.909 voti attuali. La lista del "Partito comunista dei lavoratori" del trotzkista dichiarato Marco Ferrando, là dove si è presentata come a Genova e Ancona, non va oltre lo 0,5%.
Il "centro-destra" batte il "centro-sinistra" ma non per proprio merito. Non c'è stato travaso di voti da sinistra a destra. La casa del fascio si è semplicemente avvantaggiata per la perdita di voti a sinistra da parte dell'Ulivo verso l'astensionismo. Forza Italia, AN e UDC in generale perdono voti. Solo la Lega Nord riesce in parte a compensare tali perdite al Nord.
Alla fine dei conti il "centro-destra" riesce a mantenere le sue quattro province e il "centro-sinistra" due su tre che ne aveva. A Genova si andrà invece al ballottaggio. Su 27 comuni capoluogo il "centro-sinistra" conferma al primo turno solo 4 comuni sui 12 che aveva e strappa al "centro-destra" solo L'Aquila (dove passa il candidato della "Sinistra democratica", il mussiano doc Massimo Cialente) e Agrigento (dove al ballottaggio passa Marco Zambuto, ex UDC che ha cambiato sponda). La casa del fascio invece mantiene già al primo turno 9 dei 15 comuni che aveva e ne strappa ben 5 al "centro-sinistra": Alessandria, Asti, Monza, Verona e Gorizia. In 7 comuni capoluogo si va al ballottaggio.
Il cane da guardia della Camera, Fausto Bertinotti, ha commentato così il risultato elettorale: "L'aumento dell'astensionismo alle elezioni amministrative è indicativo del fenomeno che stiamo tutti discutendo: la crisi della politica. Se si parla di crisi della politica, poi qualche fenomeno di astensionismo bisogna aspettarselo". La verità è che non è genericamente la politica ad essere in crisi. Tant'è vero che l'astensionismo è maggiormente cresciuto dove le masse popolari sono impegnate nelle lotte in difesa dei propri bisogni e dei propri interessi. In crisi è la fiducia delle masse nella politica borghese, nei partiti del regime e nelle istituzioni capitalistiche.

QUALIFICARE L'ASTENSIONISMO
L'astensionismo è una scelta di voto vera e propria, sempre più si configura come una scelta elettorale e politica ben precisa. Occorre che l'elettorato di sinistra prenda sempre più coscienza che l'astensionismo è l'unico voto che esprime il dissenso verso i partiti borghesi e le istituzioni capitalistiche, ma anche il consenso al PMLI e al socialismo.
Una volta compreso che la musica non cambia se al governo locale o centrale ci sta la "sinistra" borghese invece che la destra, che il governo Prodi come Berlusconi fa la guerra e serve i padroni, allora non si può più indugiare a trarre le dovute conclusioni sul piano politico, organizzativo ed elettorale. Ogni ritardo indebolisce il PMLI e la lotta di classe e rafforza la classe dominante borghese e i partiti ad essa asserviti.
Per il PMLI, come ha detto il compagno Scuderi nel suo discorso per il 30° compleanno del Partito: "Non essere in parlamento e nei consigli comunali, provinciali e regionali non significa certo stare con le mani in mano. Anzi significa concentrarsi totalmente nella lotta di classe al di fuori delle istituzioni borghesi, fare fuoco e fiamme creando le istituzioni rappresentative delle masse astensioniste e fautrici del socialismo e battendoci in prima linea nei luoghi di lavoro, di studio dove siamo presenti su tutte le questioni che interessano le masse: in primo luogo il lavoro, il salario, la pensione pubblica senza tagli e l'aumento delle pensioni minime e sociali, il rinnovo dei contratti di lavoro, la casa, la sanità pubblica senza ticket, l'acqua pubblica, la scuola e l'università pubbliche, gratuite e governate dalle studentesse e dagli studenti, i servizi sociali, i servizi pubblici, l'assistenza pubblica ai disabili e ai non autosufficienti, lo sviluppo e l'industrializzazione del Mezzogiorno".
Abbandonare al proprio destino i partiti della "sinistra" borghese, ivi compresi i partiti falsamente comunisti che reggono la sottana a Prodi, e lavorare per costruire un grande, forte e radicato PMLI: è questo oggi il compito del proletariato cosciente, delle ragazze e dei ragazzi rivoluzionari che vogliono veramente conquistare l'Italia unita, rossa e socialista.

30 maggio 2007